Non sono ancora riuscito a leggere l'ultima versione del De
locandae Rebus; spero che questa accozzaglia di parole possa in
qualche modo inserirvisi.
Cmq, fatemi del male, ditemi sinceramente quello che ne pensate.
Buona lettura (c'è un premio speciale per chi riesce ad arrivare
vivo in fondo)
Ero seduto su uno sgabello, in un angolo di una stanza affollata,
piena di fumo e di strani odori, non tutti sgradevoli... Non ricordavo
- non sapevo - cosa ci facevo li', anzi non sapevo nemmeno bene
chi fossi. Dalle nebbie della memoria un ricordo: la Locanda delle
Arti.Fantastiche, così era il nome della locanda in cui mi trovavo!
Ma come ci ero arrivato? E soprattutto, chi ero e cosa avevo da
fare in questa locanda?
"Ho sete, e fame! - gridai a quello che mi sembrava l'oste
- portami un barile di birra e una porzione di tutto quello che
hai in cucina... E non perdere tempo a cuocerlo troppo, qualunque
cosa sia."
Così un problema almeno era risolto. Restava il mistero delle mie
identita'.
Ma perchè mai avevo detto mie?
"Calma, ragazzo! Cerchiamo di ragionare"
"Non credo che ti sarà facile- sussurrò una voce- ma provaci
pure, se vuoi..."
Mi guardai in giro, pronto a spellare lo spiritoso, ma nessuno mi
stava a meno di un paio di tavoli di distan-za...
"Chi sei?, e dove sei? Fatti vedere, che ti faccio naso e muso
un solo profilo!"
"Guardati allo specchio"
"GU!?"
"Figliolo, non fare quella faccia da pesce lesso! Forse è
meglio se prima mangi e bevi - soprattutto bevi - perchè è ora
di spiegarti qualcosa che non ti piacerà molto."
Non ci capivo niente, ma il consiglio di questa voce, fantasma o
stregone che fosse, mi sembrava sensato.
"Oste, ho ancora sete, e fame! Pensandoci bene, portamene due,
di barili di birra"
Finalmente arrivò la birra, e miracolosamente sapeva di birra,
e non era nemmeno troppo calda.
La cameriera, poi, era uno spettacolo che avrebbe tirato su il morale
a un morto.
Poco dopo, rifocillato e riconciliato con il mondo, compreso il
mio fantasma, mi misi a fare l'inventario dei miei beni, nella speranza
di capire qualcosa se non su di me almeno sul mio mestiere e sullo
scopo della mia presenza in questo posto.
Allora: uno spadone a due mani, due daghe, quattro pugnali, una
mazza ferrata, una scure piccola, un'azza, uno scudo (ammaccato),
una frusta chiodata, una balestra, un aggeggio a metà tra una lancia
e un'alabarda, una garrota, un tirapugni, un paio di guantoni chiodati,
una sacca con un'armatura - che sembrava messa insieme con i pezzi
di almeno altre quattro o cinque armature, e che certamente aveva
bisogno di una buona passata di olio - un borsellino vuoto...
Una cosa era certa: non ero un tipo pacifico. E non ero esattamente
ricco...
Poi c'era una borsa di seta, coperta di glifi incomprensibili e
di simboli esoterici; conteneva un libro dalla rile-gatura consumata,
con le pagine slabbrate, coperte di caratteri ancora più strani
di quelli tracciati sulla bor-sa... Sembrava prezioso, mi sarebbe
tornato buono da impegnare per pagare l'oste, visto che non avevo
trovato nemmeno un pezzo di rame.
"Non osare nemmeno pensare di farlo, brutto scimmione sottosviluppato,
se non vuoi che ti trasformi in un... in un... in un faltyn!"
Accidenti a lui, neanche avessi pensato di regalarlo al Nemico!
Eppure sentivo che non avrei comunque potuto dar via il libro più
di quanto avrei potuto tagliarmi un brac-cio... Anche se quel libro
e quella borsa non quadravano con il resto, li sentivo miei, esattamente
come le armi.
E infine c'erano una spada e un elmo... La spada era strana, sembrava
possedere una specie di magia... Non la magia degli stregoni o dei
maghi, era piuttosto la magia di un oggetto destinato ad uno scopo
e con-sapevole di questo scopo, uno scopo poco piacevole ma non
malvagio. Aveva un fodero nero, lucido, senza alcuna decorazione;
l'elsa era semplice, ricoperta di corda, con una guardia circolare,
e sembrava modellarsi sul palmo della mia mano. Lentamente estrassi,
solo in parte, la lama: era splendida, diritta, sottile, la sua
brunitura la faceva apparire quasi nera, e la luce fumosa delle
torce ne traeva riflessi argentei, quasi volesse salutarmi. Vi erano
incise delle rune, in una lingua che mi era del tutto ignota, anche
se mi ricordavano qualcosa, qual-cosa che avevo la sensazione che
avrei preferito non ricordare meglio. Sapevo solo quello che volevano
dire nella mia lingua:
Yrch'mahhel è il mio nome
Dall'alba dei tempi
Molte mani mi hanno impugnata,
Molte volte ho portato
La morte...
Mai serviro'
Un servo del male.
Yrch'mahhel, la spada forgiata per un
dio, rubata nella fucina degli dei prima che questi potessero infonderle
la loro magia. Yrch'mahhel, l'arma perennemente assetata di sangue.
Yrch'mahhel, che vale più di ogni tesoro terreno. Yrch'mahhel, il
Flagello degli Orchi. Ora era mia.
"Nostra, ragazzo, nostra" intervenne il mio amico fantasma.
E l'elmo... l'elmo... Era molto di più di un elmo. Era bello, tanto
da incutere paura. Un cilindro di acciaio nero un po' svasato, fuso
apparentemente in un sol pezzo, con una crociera di rinforzo all'altezza
del viso, di un materiale che sembrava argento, ma che sapevo essere
molto più duro del più duro acciaio; e per cimiero due corna, che
descrivevano una strana curva verso il basso e all'interno, giungendo
quasi a coprire la fessura della bocca, e le cui punte si dirigevano
in avanti e di nuovo in alto. Non capivo a quale animale appartenessero,
erano enormi, spesse alla base quanto il mio polso, a sfiorarle erano
spiace-volmente calde, quasi fossero vive... Nell'elmo scorreva la
magia, tanta magia da uccidere chi avesse osato indossarlo; eppure
ero sicuro di averlo calzato, e spesso. Non sapevo che magia fosse,
anche se avevo il sospetto che fosse nera come il cuore di un orchetto,
ma ero certo che fossi riuscito a dominarla e a sfuggire alla sua
malia.
"Non certo da solo, mio incolto amico." Avrei dovuto fare
due chiacchiere con questo incorporeo chiacchierone, prima o poi...
Ma dovevo assolutamente riuscire a ricordare chi fossi, e chi fossi
stato. Per il momento sapevo solo che ero qualcuno di diverso da quel
che ero in passato. Mi guardai intorno, e vidi che ancora non mi si
era accostato nessuno. Se accettavano Orsi, Elfi, Nani, e persino
il Faltyn, perchè io ero così isolato? Non ero mai stato particolarmente
affascinante, e in quel momento dovevo essere anche abbastanza sporco
e sudato, ma... Avevo la sensazione che ci fosse qualcosa di importante
che mi sfuggiva "Qualcosa? Con le cose che ti sfuggono si potrebbe
riempire una biblioteca!"
E in quel momento incrociai per un attimo lo sguardo di un umano -
Fritz Tegularius, così l'aveva sentito chiamare - E seppi!
"Death Dealer! Io sono Death Dealer, il commerciante di Morte-.
Ma sono anche Enzo Portolano... I miei ricordi sono confusi, so che
ero seduto al computer - ma non ricordo cos'è un computer - sono
stato risucchiato qui in questa Locanda, e sono diventato - anzi sono
tornato ad essere - il Death Dealer. E chi mai sarà la voce che mi
parla nella testa? Basta, sono stufo di pensare, ho bisogno di distrarmi."
"In effetti quello che hai fatto finora è già un miracolo per
la tua mente primitiva e ignorante..." "Ora basta! Chi sei
tu che osi ridere di me? Dove sei, dannato buffone?"
"Sono Abdul AlHazared, e sono dentro questo corpo, esattamente
come te, mio rude ed inca$$oso amico"
In quel momento mi si accostò la procace cameriera, e mi lasciai
distrarre dal panorama. "Dimmi, fanciulla, vuoi sedere accanto
a me e farmi compagnia?"
"Ma non farmi ridere, e vai a darti una lavata, che sei peggio
del drago del mezzelfo! Ti ho portato il con-to..."
"Ehm, in questo momento sono un po' a corto di spiccioli, va
bene una cambiale?"
"Rufus, un altro scroccone!!!"
"Lascia fare a me, ragazzo, prima che tu combini qualche guaio
- mi sentii di colpo incapace di muovermi e di parlare, e poi cominciai
-
"Mia cara fanciulla, il tuo sguardo mi ha ferito così profondamente
che mi sono smarrito: non so piu'' dove sono, in che terra, in che
tempo, a stento ricordo il mio nome... Sono sicuro che una così adorabile
persona non vorrà negare ad un viaggiatore un po' spaesato la grazia
di una parola gentile; dimmi, ti prego, dove siamo, e quale è mai
il pericolo che sento incombere su questa Locanda, un pericolo tale
da incutere timore anche a questo gruppo di valorosi.
E per le poche cose che ho consumato - la mia mano si mosse in un
gesto di indifferenza, spinta da una volontà che era la mia e non
lo era, ad indicare la montagna di piatti e di boccali davanti a me
- sta pur certa che prima che questa storia sia finita in un modo
o nell'altro sarà ripagata. Ma ora, ti prego ancora, parlami, lascia
che io possa consolare la mia anima affaticata e ferita con la musica
della tua voce, come il mio corpo stanco si sta pascendo della luce
dei tuoi occhi..."
"Eh?! Non sembravi così educato, a guardarti. Siamo nella Locanda
delle Arti.Fantastiche, e siamo assediati dagli Orchetti, e ti basti
questo per adesso. Se sei abituato a combattere, come credo - indicò
il mucchio di ferraglia alle mie spalle - forse potresti ren-derti
utile; per il conto potrai parlarne con Rufus, ma ti avverto che con
lui le paroline dolci non serviranno a molto..."
"Anche stavolta ti ho tirato fuori dei guai, mio improvvido amico."
"E' ancora da stabilire se siamo amici o no! E non è che la
tua spiegazione mi abbia chiarito un gran che: cosa vuol dire che
sei in questo corpo? Que-sto è il mio corpo!"
"No!"
"No? E di chi sarebbe?"
"Di un povero diavolo che ho attirato in questo mondo e in questo
tempo per potermi incarnare e poter com-battere il mio Nemico... Purtroppo,
la possibilità della tua esistenza in un mondo e in una situazione
come questa era talmente forte che sei stato attratto da quel corpo,
mentre varcava il Portale che io ero riuscito a creare con la magia
degli Altri Dei. E così adesso siamo in due, anzi in tre."
"Non ci ho capito niente"
"Non ne dubitavo! Ti sarebbe piu'' semplice pensare che io sono
un potente stregone che ti ha attirato in questo posto per combattere
le forze del male? Sarai ricompensato degnamente."
"E perchè non me l'hai detto subito?"
"Lasciamo perdere..."
Ho rubacchiato un po' di idee in giro
per la mia biblioteca ( ma d'altra parte "il plagio è la base
della cultura", ed anche questa è una citazione), ditemi un
po' cosa posso farci, a parte accendere il fuoco nel camino della
Locanda.
PS: ho adoperato i due tipi di virgolette
per distinguere DD e gli altri personaggi concreti, tipo Claudia ("")
da Abdul ("").
Complimenti a te, o eroico lettore che giungesti fino alla fine di
questa ardua impresa!
Rivolgiti pure al Faltyn per ritirare il tuo premio...
>:o)))
Abdul AlHazared |