LA CITTA' DI MAZARA

VICENDE STORICHE
Mazara del Vallo è una cittadina la cui fortuna fu nel passato legata alla sede vescovile ed è legata oggi al porto ed all'industria della pesca e conservazione. Il territorio di Mazara appartenne in antico alla regione selinuntina, posta come è fra i due fiumi Arena e Mazaro. Della preistoria del territorio mazarese si conosce poco: lo abitarono gli Elimi ed è probabile che prima di questi vi si fosse insediata una rada popolazione fin da molti millenni avanti Cristo, a somi glianzà di quanto avvenne lungo la linea di colline che seguono la costa da Paceco in poi verso sud. Anche se di un tale insediamento fino ad oggi non sono state scoperte vestigia non essendosi praticate splorazioni, la esistenza del porto-foce del Mazaro rende più che plausibile l'ipotesi. È certo che nelle età punica e romana il territorio fu abitato, benché la città di Mazara non esistesse come tale. I ritrovamenti effettuati durante i lavori di una draga nel porto (1930) dimostrano incontestabilmente che un centro abitato era situato sulla foce del Mazaro; in rapporto a ciò conver­ rà attribuire un valore relativo alle molte leggende, tramandate dall'antichità classica e dai primi secoli del cristianesimo, rimaneggiate da umanisti ed eruditi locali. Durante il periodo delle invasioni barbariche il territorio mazarese segui presumibilmente le sorti del resto della Sicilia occidentale; che sotto il dominio bizantino sia fiorita una cittadina abbastanza ricca si può desumere dalla preziosità dei gioielli rinvenuti a Campobello di Mazara. Mazara divenne una città solo durante il dominio musulmano, poiché il suo porto-foce era il meglio situato per le comunicazioni con l'Africa. Dopo la battaglia combattuta il 15 luglio dell'827 a Capo Granitola (il primo sbarco aveva avuto luogo proprio a Mazara giugno 827) i musulmani, impadronitisi della Sicilia occidentale, fecero di Mazara il porto di comunicazione con tutti i luoghi del Mediterraneo da loro occupati: ed attesa la vastità dell'impero musulmano, ben si comprende la vastità dei traffici che si accentrarono in Mazara.Dell'epoca musulmana non ci rimane alcuna descrizione di Mazara; ma siamo autorizzati ad estendere a tale periodo la descrizione che ne fa Edrisi, nel Libro di re Ruggero, dopo averla visitata nel 1154. «Mazara, splendida ed eccelsa città, cui nulla manca, non ha pari né simili, se si riguardi alla magnificenza delle abitazioni e del vivere, se all'eleganza dell'aspetto e degli edifici, questa città non ha più dove arrivare. Aduna in sé quante bellezze non aduna al­tro soggiorno, ha mura forti e alte, palazzi ben acconci e puliti, vie larghe, stradoni, mer­cati zeppi di merci e manifatture, bellissimi bagni, spaziose botteghe, orti e giardini con elette piantagioni Da tutte le parti vengono mercanti e viag­ giatori a Mazara e ne esportano la roba che abbonda nei suoi mercati. Il suo distretto vastissimo abbraccia graziosi casali e masserie. Scorre a pie delle sue mura il fiume Wadi al Magnum, nel quale caricano le navi e svernano le barche» Un grande castello musulmano, restaurato dai normanni, esisteva ancora nel XVI sec. nel centro della città, in piazza del Marchese. Certo Mazara musulmana fu città floridissima, tanto da attirare uomini di cultura: vi venne nel 962 il poeta Ibn Rasiq, dalla corte zirita di Mahadia e vi compose tra l'altro 1' Umdah e l'Unm ùda; vi nacquero il letterato Abu Ali Hassam, il teologo e giurista Abu abd Allah, il celeberrimo giurecon sulto Imam el Mazari. Quest' ultimo, della scuola giuridica malekita, nacque nel 1059 e mori a 83 anni a Mahadia; venne sepolto a Monastir dove ancor oggi il suo sepolcro è venerato. Nonostante un tale splendore, di Mazara musulmana nulla ci resta, se non una lapide, un cippo e due vasi, illustrati dall' Amari. Col 1072 si impadroni di Mazara Ruggero il Normanno e, dopo un vano tentativo sara ceno nel 1075, ne rimase padrone. La città continuò ad essere florida, molta terra fu concessa a privati ed a chiese, onde evitare l'eccessivo sviluppo dei feudi, una comunità musulma-na sopravvisse accanto a quella ebraica fino al XV secolo. Al periodo normanno risale forse l'usanza di porre croci sulle case coloniche, per distinguere quelle abitate da cristiani da quelle abitate da contadini musulmani che rimasero quasi indisturbati, e continuarono ad assicurare la floridez­za della agricoltura mazarese. A Mazara, nei cui dintorni erano pi ù facili gli sbarchi mu­sulmani, il conte Ruggero sen­ tì la necessità di costituire un forte presidio cristiano; e nel 1093 diede mano alla costruzione della Cattedrale dedicata al SS. Salvatore e costituì il Vescovato, affidandogli la giurisdizione su tutta la Sicilia occidentale, dalla foce del Belice ai territori di Corleone e Palermo fino al golfo di Ca stellammare. Solo col XIX sec. la Diocesi mazarese ha subito notevoli riduzioni, creandosi la nuova diocesi di Trapani; ulteriori diminuzioni ha subito recentemente. Durante il dominio svevo e quello angioino, Mazara, pur rimanendo città regia, ebbe u na speciale posizione perché particolarmente protetta e vigilata dai propri vescovi. Benché guelfa, la città di Mazara si affrettò ad aderire alla rivoluzione del Vespro, vivendo per cinque mesi nel regime repubblicano. Fra i promotori della rivoluzione in Mazara fu un Ugo di Talach, mercante catalano, che sembra un miste rioso personaggio: dopo il Vespro il Talach ebbe in do noil feudo di Arcudaci, il pii ricco e vasto di tutta la S ìci lia occidentale. Ugo venne nominato da « Pietro Giustiziere del Val di Mazara e il 26 gennaio 1283 rag giunse l'esercito regio con 11 cavalieri e 20 fanti forniti dall'università mazarese e con 1C fanti forniti dal Vescovo quale signore del Casale di Bizyr. Ma in Mazara sopravvisse una fazione guelfa; era vescovo Guglielmo de Ferro, fratello d ì Berardo che capeggiava in Marsala la fazione pisana contro quella genovese capeggiata da Enrico de Mari. Episodio oscuro: il fratello del Vescovo ebbe partita perduta e ne rimane un lungo strascico di piraterie. Mazara partecipò onorevolmente alla guerra del Vespro ed ospitò più volte re Federico III, che le concesse vari privilegi tra i quali uno per la fiera franca dal 21 luglio al 21 ago­sto d'ogni anno. Più difficile si fece la situazione sotto i suc­cessori di Pietro II, Ludovico, Federico IV; nella seconda me­ tà del XIV sec. anche Mazara subì il contraccolpo dell'anarchia feudale: dal 1377 al 1392 fu dominata dai potenti Chiaramonte; nel 1392, venuto in Sicilia re Martino il Giovane con la regina Maria e col duca di Mont Blanc, Mazara fu per la prima volta concessa in feudo a Nicolo Peralta (fino al 1397); tale dominio non fu gra dito alla cittadinanza che lottò strenuamente per tornare al regio demanio e vi riuscì; il 28 dicembre 1398 fu finalmente visitata da re Martino. In tutte queste turbinose vicende Mazara fu certo danneggiata economicamente e il suo commercio sfiori.
Nonostante tale stasi Mazara continuò a prendere parte attiva alla vita anche politica della Sicilia occidentale e partecipò come protagonista al patto con Trapani, Marsala, Monte San Giuliano, Castelvetrano e Partanna, stipulato in Salemi il 1 novembre del 1411 in difesa della regina Bianca. Al breve regno di Ferdinando I segue quello assai pi ù lungo di Alfonso, detto il Magnanimo dai poeti. Questo sovrano, oberato da spese enormi per le sue guerre, che non tutte ri­ dondarono a beneficio dell'Iso la, fu costretto a vendere le terre demaniali per procurarsi denaro: e Mazara fu da lui venduta proprio a quel Bernardo Cabrerà contro il quale la città si era decisamente schierata nel 1411. Furono 31 anni di do minio feudale, mal sopportati dalla cittadinanza. Dopo tenta­ tivi anche sanguinosi il popolo fu finalmente autorizzato a riscattarsi nel 1444 (l'infeudazio ne è del 1418); uno dei Sindaci, cioè rappresentante e patrocinatore del popolo fu il vescovo, Giovanni IV, della famiglia La Rosa, il quale personalmente intervenne a due atti stipulati il 20. maggio e 3 giugno 1444 dal notaio trapanese Francesco Milo, con mercanti catalani. Mazara, sotto il dominio dei conti di Modica, attraversò vicende tutt'altro che liete; in mancanza di documenti diretti, se ne ha anche la prova indiretta nell'atteggiamento del Vescovo che fu messo talvolta nell'impossibilità di accudire a tutta la Diocesi e, per esempio, non potè efficacemente intervenire in Trapani all'epoca della sedizione provocata da frate Cornelio francescano.Inoltre, divennero di nuovo preoccupanti le incursioni saracene; Tunisi aveva concluso una alleanza con l'Egitto per una controcrociata; tra agosto e ottobre del 1424 l'infante Pietro conduce una spedizione contro le coste tunisine; nel giugno del 1425 è in armamento a Tunisi una grande flotta alla quale si uniscono navi fornite da tutte le città di Barberia. Entro i primi cinque giorni di agosto del 1425, mentre la flotta effettua uno sbarco a Cipro, la flotta tunisina tenta un primo sbarco a Mazara: 1500 saraceni, sbarcati, assalirono per tre volte la città e tentarono di ardere la Porta Palermo; respinti di lì ritentarono per tre volte a Porta. Mokarta, vicino al Castello, ponendo anche scale per valicare le mura. La resistenza fu strenua ; i saraceni ebbero 200 morti e feriti, dei Mazaresi morirono una bambina di dieci anni, un canonico ed un contadino. Fu effettuata poi una sortita a cavallo che indusse i saraceni a imbarcarsi di nuovo, lasciando due lettere dentro la chiesa di San Vito: vi era scritto che il re di Tunisi voleva la terra di Mazara perché era la più vicina al suo regno e disponeva dell'alleanza del re di Granata, del Sultano d'Egitto, dei Turchi e dei Genovesi. Fu questo il pi ù grave episodio della guerra siculo-sarace na che culminò nei massacri di Malta (1429).Dopo tanti pericoli e dolori, Mazara ebbe pochi anni di tranquillità. E nel 1450 fu ceduta in feudo al duca di Calabria, divenuto re di Napoli alla morte di Alfonso. La città fu rivenduta ancora ai conti de Cardona e rimase sotto la loro signoria per dieci anni (1521-31). Se ne riscattarono e da allora può ben dirsi che la storia di Mazara abbia perduto la fisionomia propria, per adagiarsi nel corso comune della storia siciliana. Se la storia mazarese non ebbe pi ù una vera individualità politica, mantenne però una notevole individualità culturale. Nel Quattrocento, sul finire del secolo, essa fu sede di pubbliche scuole; e nella seconda metà del secolo stesso ebbe celebrati umanisti, come Paolo Ferro, oratore, grammatico e poeta; Callimaco Monteverde, autore di epistole; Filone, ora­ tore ed epigrammista; Tommaso Schifaldo, umanista e uomo di fede. Il sec. XVI ci ha tramandato la memoria di Gian Giacomo Adria, medico celeberrimo ai suoi tempi ed umanista di valore del quale, tra molte altre perdute, sono superstiti sette opere delle quali solo tre edite. Fu autore di opere di medici­na, di poesie religiose, di studi sulla storia e topografia della sua citt à e del territorio. Poeta in volgare ed in latino fu an­che Ippolito d'Ippolito, consi­derato ai suoi tempi tra i più illustri scrittori siciliani. Col 1675 fu gettata la prima pietra del Collegio dei Gesuiti che ebbero grande influenza sulla vita culturale mazarese fino al XVIII secolo. Al XVII secolo appartiene anche il poeta Vincenzo Arnao, mentre il sacerdote Nicolo Antonio de Federi cis scrisse una storia di Seli nunte e Mazara. Anselmo San sone fu autore di opere desti­nate alla rappresentazione ( è superstite una tragedia); solo il nome si conosce di Ferdin nando Pompiano (secolo XVI), autore di drammi, di Agostino Fiorito (secolo XVI) autore di tragedie greche e latine e del notaio Bartolomeo Irienti (1709 -1777) che scrisse vari drammi sacri e «La ficaretìda», opera burlesca.
SATIRO DANZANTE
Presso il museo di Mazara si trovala statua del Satiro danzante, rinvenuta nella primavera del 1998 durante una battuta di pesca nel canale di Sicilia tra Pantelleria e Capo Bon in Tunisia da un motopeschereccio mazarese , è un rarissimo esempio di statuaria bronzea greca del V secolo a.c.
E' alta poco più di 2 metri e pesa 96 Kg. Il Satiro, flesso sul fianco destro, con le braccia distese in avanti, è colto nell'attimo in cui sta compiendo un salto di danza sulla punta del piede destro sollevando contemporaneamente la gamba sinistra. I capelli, resi a fitte ciocche sottolineate da sottili incisioni, sono agitati dal pathos della danza orgiastica, che sconvolge ogni regola di equilibrio.
conferendo a tutto il corpo un movimento enfatico. Straordinariamente conservati gli occhi, in calcare alabastrino in origine integrato con pasta vitrea colorata. Secondo l'iconografia del satiro in estasi, già nota dal IV sec., la statua doveva tenere con la mano destra il tirso, attributo di Dioniso mentre il braccio sinistro reggeva una pelle di pantera e la mano sinistra una coppa di vino. Plinio cita il "satiro periboetos ", "di cui si parla molto (famoso), quale opera del IV secolo del celebre scultore Prassitele . Al termine periboetos , Platone dà il significato di "colui che grida freneticamente", come epiteto riferito al dio Ares . Il satiro (in greco s?t????, sàtyros ; al plurale s?t????, sátyroi ) è una figura mitica maschile, compagna di Pan e Dioniso , che abita boschi e montagne. È una divinità minore, personificazione della fertilità e della forza vitale della natura, connessa con il culto dionisiaco . I satiri a partir dal IV secolo sono raffigurati come esseri umani barbuti con corna , coda e zampe di capra .Vengono rappresentati come esseri lascivi, spesso dediti al vino , a danzare con le ninfe ed a suonare il flauto
Oggi la vita di Mazara è imperniata su due attività. I copiosi raccolti di uva danno materia ad una buona industria vinicola, in parte orientata verso la produzione di vini tipo Marsala. La pesca, sempre più perfezionata, del pesce azzurro, da lavoro ad una flotta di motopescherecci che è la più nu­merosa ed importante d'Italia ed alimenta il lavoro di numerosi impianti conservieri i quali producono ed esportano pe­sci sott'olio di ottima qualità e tali da non temere il confronto con alcun prodotto italiano o straniero. Tuttavia Mazara merita di venir considerata in primo piano fra le città della Sicilia occidentale per le sue attrattive turistiche.

Il nucleo più antico della città è lungo la riva sinistra del fiume Mazaro, verso la foce; qualche buon pezzo è conservato presso la Biblioteca e Museo comunale. Quanto ai monumenti più antichi, già accennammo che si presumono trasportati qui da Lilibeo come materiale da costruzione, salvo naturalmente qualche mosaico. Del periodo classico rimangono tre urne cinerarie, i tre sarcofaghi bellissimi conservati nella Cattedrale, sei lapidi del­ le quali una trovata in piazza Mokarta. Di età incerta è il mosaico semplicissimo trovato presso le fondamenta della chiesa di S. Nicolò Regale, sulla riva del fiume; è presumibile che la zona dei mosaici, e quindi l'abitato tardo romano, si estenda alle spalle di tale chiesa e sotto la piazza del mercato ittico.

Delle epoche barbarica e bizantina sono le collane e monete conservate nel Museo di Palermo (vedi Campobello di Mazara) e la memoria, solo la memoria poiché i luoghi sono stati trasformati dai cavatori di tufo, di luoghi di culto cristiani in grotte. Dell'epoca araba sono due preziosi vasi, descritti e studiati dall'Amari, dei quali uno è nel Museo dì Palermo e l'altro pare sia finito fuori d'Italia, venduto a privati. Altri oggetti e monumenti arabi sono andati parimenti dispersi o distrutti.All'epoca normanna risalgono tre grandi costruzioni. La (Cattedrale fu trasformata, con insipienti restauri, in un tem­pio secentesco; da pochi anni è stato ripristinato quanto si è potuto: l'abside ricorda all'esterno quella di Monreale. Il Castello era riuscito a sopravvivere persino ai tumulti del Risorgimento: ma venne demolito nel 1880 per dar posto ad una villetta; ne è superstite appena una porta. San Nicolo Regale fu chiesa eretta nel 1102; deturpata nel XVII sec., è stata in parte restaurata; ha architettura simile alla chiesa dell'Ammiraglio di Palermo ed appartiene al piccolo nucleo di chiese normanne superstiti in provincia.

Poco lontano da Mazara è una quarta chiesa normanna, S. Maria delle Giummarre o S. Maria dell'Alto, dove la folla accorre nella notte del 15 agosto d'ogni anno. Le detur­ pazioni successive non sono riuscite a nascondere del tutto la chiesa dell 'XI secolo e 1' annesso pìccolo convento dei Basiliani, sorgente forse su una più antica costruzione ara­ ba. In restauri recentissimi, stanno venendo in luce alcuni affreschi. Il moderno sviluppo edilizio ha quasi distrutto le tracce di Mazara aragonese; ne sono su perstiti alcune finestre, bifore e trifore dei secoli XIV e XV. Nel primo Cinquecento lavorano per Mazara Bartolomeo Berrettaro e i Gagini (varie sculture nella Cattedrale); sono notevoli le pitture del Carreca e del Velasquez.

Ricchissimo il tesoro della Cattedrale, costituito da tutti i doni fatti i dai Vescovi.Anche nelle altre chiese di Mazara si trovano opere d'arte meritevoli di ammirazione. Nel Palazzo Vescovile è pregevole un soffitto in legno del XVI secolo.Di palazzi privati grandiosi e artistici è rimasto solo il ricordo; mediocremente conser­ vato è quello dei Cavalieri di Malta. A Mazara esistono, oltre alle scuole medie superiori, anche tre istituti culturali degni di menzione: la Biblioteca con l' annesso archivio comunale; il Museo; e l'Archivio vescovile. Quest'ultimo specialmente, poco o niente affatto utilizzato dal pubblico, è degno di attenta esplorazione.

Abbiamo voluto delineare per sommi capi le vicende di Mazara. Ma al forestiero che voglia cogliere nel suo intimo lo spirito vitale della città, consigliamo di soffermarsi sulle gettate del porto o di recarsi in Transmazaro, tra gli stabilimenti sonanti di lavoro. Al turista che voglia cogliere invece l'intimo soffio del passato, suggeriamo di osservare le bianche casette, le piccole croci sui fastigi delle case di campagna; se poi vuoi sentir risuonare una nota tipica di Mazara, si rechi in piazza Guglielmo Marconi, dimentichi la vasta ed elegante piazza della Cattedrale, e concentri la sua attenzione sulle tre cupole rosse che compariranno ai suoi occhi. Vedrà allora una Mazara per metà cristiana e per metà araba, cristiana nello spirito e araba per costruzione, che è un po' il simbolo della Sicilia tutta.