MARSALA

Marsala è un importantissimo centro industriale della provincia e, nel particolare settore della industria vinicola, vanta un complesso specializzato tra i più importanti d' Europa. Nella economia marsalese di oggi ha importanza assoluta mente preponderante il vino. Marsala, Trapani e Mazara sono le città che possono vantare una migliore attrezzatura, in modo particolare la zona del Marsalese che ha complessi industriali con una grande potenzialità produttiva. Quanto al vino Marsala tipico prodotto della zona di Marsala, la sua industrializzazione risale alla fine del XVIII sec. ed all'opera di Woodhouse, Ingham ed altri che ne intra­ presero la tipicizzazione perché esso era ed è il solo che sui mercati possa esercitare una efficace concorrenza in confronto con i tipi similari spagnoli e portoghesi. Fin dall' epoca napoleonica, infatti, il Marsala penetrò in Inghilterra, ed è ancora noto il contratto di fornitura alla flotta dell' ammiraglio Nelson. Attualmente il maggiore complesso industriale è il vecchio stabilimento Florio, risultato a sua volta dalla fusione delle più antiche ditte Woodhouse, Ingham, Whitaker, Cambiila. Gli stabilimenti Florio di Marsala sono un monumen­ to dell'industria italiana, degni di stare a pari con i capolavori delle arti; con i loro chilome­tri di botti, di tini, di stipe essi sono la poesia del lavoro fatta realtà; la cantina dei lie­ viti, dove ciascuna botte porta un nome e una data noti ai buongustai di tutto il mondo, è una cassaforte di vini preziosi ed insostituibili, la cui visione è suggestiva quanto quella del tesoro di una banca di stato, del tesoro di una cat­ tedrale gotica, di una galleria di capolavori della pittura. Una visita agli stabilimenti Florio è, per chi voglia vera mente conoscere la Sicilia viva, la Sicilia che lavora e combatte la sua lotta per l'esistenza, doverosa. Sull 'industria vitivinicola e sulla produzione di fragole e fiori in serra gravita tutta la vita economica di Marsala. La città, durissima­ mente provata dalla guerra è tutt'altro che completamente ricostruita, ha un porto che è attivo per il commercio del vino Marsala; del resto l'agricoltura è assolutamente specializzata e anche il locale Istituto tecnico ad indirizzo agrario è specializzato ed ha un cantina sperimentale.Molto lavoro hanno gli artigiani del legno, abilissimi nella costruzione di recipienti gigan­ teschi o minuscoli per la conservazione e il trasporto del vino. Lavorano anche piccoli forni per terre cotte, i quali fruttano le abbondanti crete locali; non è nota nella storia una ceramica artistica marsalese, ma non è impossibile che in antico nel territorio marsa­ lese si producessero oggetti più estetici degli attuali accessori per l'edilizia (tegole, mat­ toni, condutture). La lavorazione è caratteristica perché avviene in latomie risultanti dallo sfruttamento delle cave di pietra tufacea; i piccoli for­ni e poche abitazioni nelle la­tomie stesse danno una im­pronta caratteristica a un sobborgo della città, lungo la linea ferroviaria. In antico Marsala era sede della coltivazione della canna da zucchero e dava la massima produzione della provincia; so­no ricordate coltivazioni disse­ minate in tutto il territorio; ci ò obbliga a pensare che an­che il regime idrico fosse di­verso da quello attuale poiché la canna da zucchero esige co­ piose irrigazioni. Di tale col­tura si perde ogni traccia col XVII secolo. Marsala è in complesso una città relativamente moderna, di cui anche l'edilizia dimostra lo sviluppo urbanistico ed eco­ nomico piuttosto recente, lega to allo sviluppo dell'industria vinicola. Ma esiste ancora una, tradizione culturale, oggi ac­centrata nella Accademia Lili betana; vi è una pubblica bi­ blioteca comunale con preziosi codici antichi .

I PUNICI E MOZIA

GRANCHIO E DIO FLUVIALE ad imitazione di una maoneta Agrigentina (nelle vicinanze affluisce il fiume Birgi che nel V secolo a.c. era navigabile fino a Segesta)

La Civiltà

Navigatori arditi, per primi varcarono le Colonne d' Èrcole, solcarono gli Ocea ni, circumnavigarono l'Africa sei secoli prima di Cristo. Inventori di nere navi veloci, scrutatori sapienti del sole e dell'Orsa Mino­re, si orientavano con essi durante le esplorazioni di terre lontane, o nelle traversate dei deserti e dei mari, che percorrevano con carovane e vascelli per fondare empori e porti. Pirati temerari, rapitori di fanciulle e principesse, mercanti astuti dai calco­lati baratti: gioielli, avori, cammei, ottimo artigianato in cambio di oro ed argento. Geniali architetti, costruitono, su commissione, il tempio di Salomone e le mura fortificate di Biblos; costruirono anche la prima grande citt à marinara della storia: la maestosa Cartagine. Non furono loro a scoprire il vetro (se ne trovano antichissime tracce nelle civilt à egizia e babilonese) ma, certo, fu dal proliferare di botteghe sulla costa feni­ cia che la pasta vetrosa, perfezionata nelle sue forme e nelle sue realizzazioni, partì alla concquista del mondo. Idearono l'alfabeto, la pi ù mirabile svolta della civiltà; lo donarono ai Greci e, tramite Cuma, ai Latini. Per la porpora non ebbero concorrenti: con infinite metrature di stoffa tinta, un'arte si trasform ò in un grande potere economico. Per rifornirsi di stagno par­ tivano dalle citt à marinare di Biblo, Sidone, Tiro e Kition e toccando i più importanti approdi del Mediterraneo, superando le fatidiche Colonne d'Èr cole (lo Stretto di Gibilterra), rag­ giungevano la Cornovaglia, e spin­ gendosi più a nord, in Groenlandia, la mitica Thule, oggi scalo per i voli tran­ spolari. Si ritiene che gi à nel VI se­ colo a.C. i Fenici avessero circum­ navigato l'Africa, raggiungendo dal­ la parte opposta il punto di partenza. Nell'816 a.C., poich é i rap­ porti con i popoli vicini erano diven­ tati difficili, caricarono tutte le loro ricchezze sulle loro numerosissime navi e si trasferirono nel nord Afri­ ca, dove fondarono la prestigiosa Cartagine.

L'insediamento a Mozia

I Fenici scelsero Mozia quale loro colonia perch é presentava tutte le carat­ teristiche tipiche dei loro insediamenti: posizione vicino alle coste, e, soprattutto, pre­ senza di acque basse, che consentivano sia un agevole approdo alle navi, che la for­ mazione, con l'evaporazione delle acque, delle saline, tipiche anch'esse degli inse­ diamenti cartaginesi. La storia di Mozia si ferma al 397 a.C. anno in cui venne distrutta da Dio nisio il Siracusano; ma la civilt à e la cultura fenicia non sono andate distrutte; oggi a distanza di 2400 anni possiamo, grazie alle mirabili testimonianze presenti nel territorio, I

l giovane con la tunica

Nel 1979, durante una campagna di scavi in localit à "Cappiddazzu", quartiere "industriale" dell'antica Mozia fenicia, (a circa due metri di profondità, sotto un cumulo di massi) venne scoperto quello che, per tanto tempo, è stato chiamato "II Gio vanetto di Mozia". Si tratta di una monu­ mentale statua di tipo greco, in marmo ionico della Tessaglia, al­ ta poco meno di un metro e no­ vanta, risalente alla seconda met à del V secolo a.C. e, forse, faceva bella mostra nell'agorà di Mozia, esposta all'aperto.

I Thofet

Di Mozia si era perduto anche il nome, fino a mezzo secolo fa: essa veni­ va chiamata Isola di San Pantaleo. Fu Giuseppe Whitaker, che aveva acquistato l'isola per farne la sua riserva di caccia, a scoprire, attraver­ so gli innumerevoli rinveni­ menti di monete, punte di frec­ ce, vasellame futile e i due Tho fet, che l'isola di San Panta­ leo altro non era che la presti­ giosa Mozia. Gli archeologi sono riusciti a portare alla luce il Tempio dove avvenivano i sa­ crifici dei primogeniti, sacri­ ficati per mezzo della giugulazione alle divinità fenicie Tanit e Baal Hammon.. Significative sono le maschere in terracotta che esprimono il sorriso sardonico, di gioia e di dolore che si doveva mostrare alle divinità, quando si offriva in sacrifcio alle dività come primizia, il figlio maschio primigenito. A Mozia esistono 1300 stele, testimonianza ognuna di un bambino sacrificato.

La strada subacquea

Dalla parte principale dell'isola di Mozia, "Porta Nord", parte una strada subacquea ancora percorribile; essa è lunga 1770 metri e unisce l'isola con la necropoli di Birgi. Bene, se allora vi fossero state le automobili, questa sarebbe stata la prima au­ tostrada del mondo perch é dell'autostrada possiede tutte le peculiarità. La strada è stata costruita a circa 50 cm di profondità; ai margini della sede stradale vi sono dei muretti di circa 45 cm. d'altezza, eretti per impedire che, con l'oscu­ rità o in presenza di acque torbide, i carri che la percorrevano potessero uscire fuo­ ri strada (un po' come i nostri attuali "guardrail"). La storia di Marsala non ha un vero punto d'inizio, poich é si riallaccia, senza soluzione di continuit à, con la preistoria. Lilibeo venne fondata, sul pro­ montorio, dopo la distruzione di Motya; ma se è certo che la città in quanto tale, cioè circondata da mura, non può farsi risalire ad epoca anterio re, è altrettanto certo che una popolazione preesistente allo stanziamento fenicio abitava i territori prospicienti a Motya ed il promontorio di Lilibeo prima che vi venissero i Car­ taginesi. In tal senso può am­ mettersi anche una estrema antichità di un villaggio o di un gruppo di villaggi sicani dei quali non conosciamo il nome, ma ogni affermazione, più o meno basata sulla tradizione, sulla precedenza di Lilibeo ri­ spetto ad ogni altra città sici­liana è per lo meno infondata allo stato attuale delle nostre conoscenze.

LILIBEO ROMANA

A Llilibeo. sede della tomba della Sibilla, i Romani venerarono soprattutto Apollo, il cui simbolo di identificazione era la lira (il vaticinio)

Ad ogni modo il complesso Motya-Lilibeo si è rivelato di estremo interesse archeologico; Lilibeo di recente ha dato documenti romani di una grandiosità insospettata che si aggiungono alla necropoli, coi suoi bronzi e le sue edicole dipinte del II secolo d.C., ed ai resti vari di murature e di mosaici scoperti sporadicamente. Il monumento pi ù importante nelle vicinanze di Capo Boeo, fuori Porta Nuova, è un edificio termale completo, anche se di piccole proporzioni, che attesta le raffinate abitu­dini della tarda romanità. Si entra in un atrio tetrastilo, in un peristilio con portico per il | passeggio; intorno sono le sale i di trattenimento e le sale con pavimento riscaldato. Si iden­ tificano lo spogliatoio, sale per sudare, un calidarìum, un frigidanum. E poi cisterne, impianto di riscaldamento, pareti doppie per l'aria calda. Delle lussuose decorazioni marmoree vi sono tracce; sopravvivono i mosaici, di impronta siciliana, come dimo­ stra la triquetra, e in parte di influenza africana. Essi raffi­gurano lotte di belve, un cane a lla catena, la Gorgone, una c apra nella spalla, simboli delle stagioni. I mosaici ornamentali sono a viticci sboccianti da anfore, o presentano motivi diversi come ruote, stelle, nastri. L'insieme non è grandioso ma di notevole finezza e di estremo interesse. All'archeologia marsalese ap­ partengono anche varie iscri­ zioni delle quali alcune, su ste­ le lapidea, sono state disposte nel cortile del palazzo comunale ed un'altra è ancora murata presso il portone del palazzo tra le cui fondamenta fu rinvenuta. Molto materiale marsalese di trova nei Musei di Trapani e di Palermo.

Col Cristianesimo l'antica Lilibeo acquista nuove glorie: vi si forma uno dei pi ù antichi nuclei cristiani siciliani fin dal III secolo: in una lettera del 21 ottobre 447 papa Leone Ma­ gno ricorda uno dei vescovi si­ciliani, Pascasino di Lilibeo, dal quale si fa rappresentare al Concilio di Calcedonia e dichiara che la diocesi stessa rimonta al tempo di papa Zosimo (417-418); Pascasino stesso ebbe a soffrire cattività, e probabilmente con lui subì persecuzioni la comunità cristiana di Lilibeo per la incursione vandala del 440. Ai tempi di papa Gregorio Magno fu Vescovo di Lilibeo un Teodoro, mentre la città era sede dì un luogotenente del Pretore. Di Marsala premusulmana fanno testimonianza le cata­ combe di Vigna Spalla, Conceria gli ipogei nelle chiese dei Niccolini e di S. Francesco, un mosaico gi à noto nel XVIII secolo alcuni toponimi. Si ha soltanto la memoria, tramandata in una epistola di Gregorio Magno, di una Adeodata la quale per fondare un monatero dotò a ciascuna monaca un piccolo appezzamento di vigneto, e di un cenobio maschile.Lilibetano è il filosofo Probo •Con il dominio saraceno antica Lilibeo scompare, insieme con la sua diocesi. Il nome ritorner à solo tra gli eruditi del '500.

Qualunque sia il significato del nuovo nome (Porto di Allah o Porto Insigne) è certo che i Normanni trovarono Marsala semidistrut ta ed è probabile che una pri­ ma distruzione essa avesse su­ bito sin dall'epoca della con­ quista musulmana, come so­ spetta l'Amari. Il geografo Edrisi attribuisce a Ruggero I il ripopolamento e la recinzio­ ne con mura, e scrive che do­po di allora «essa si è riem­ pita di case, mercati e magaz­ zini». Certo non doveva essere un luogo forte né importante se, nella riorganizzazione delle diocesi siciliane, i Normanni preferirono stabilire la sede dell'estremo Vescovato occi­ dentale a Mazara invece che nella sede dell'antichissimo Ve­ scovato lilibetano.

Dopo i Normanni Marsala visse come piccola citt à, con un porto attivo; alla fine del XIII secolo vi si svolse una lotta fra mercanti pisani e li­guri, che si innesta poi nelle vicende del Vespro. Nel 1283 Marsala è la terza fra le città della nostra attuale provincia, venendo subito dopo Erice e Trapani: ma è presumibilmente la città più ricca perché forni­sce all'esercito di re Pietro 35 cavalieri, mentre Erice ne da solo 32 e Trapani 31. È ancora da studiare la funzione di Mar­ sala e dei suoi mercanti nella preparazione del Vespro. Nel 1345 Marsala fu sede di un vi­ ceconsolato catalano; nel 1374 vi abitano non meno di 663 fa­ miglie (circa cinque anime per ogni famiglia), dedite certo ali' agricoltura ed al commercio; vi è anche una numerosa colo- nia ebraica che, fino al secolo successivo, intrattiene fiorenti commerci con mercanti liguri.

Marsala, stretta fra Mazara che è sede di un Vescovo, e Trapani che si avvia a diventare il centro di tutta l'attività economica della Sicilia occi­dentale ha una storia tutta propria e di particolare riso­ nanza; è provato un movimen­to di emigrazione di grandi fa miglie: i De Ferro, per esem­pio, vanno a stabilirsi a Tra­pani. Ma ciò non le vieta di essere una città intellettuale: vi ha i natali, nel XV secolo, il celebre umanista e frate dome­ nicano Schifaldo, più tardi In- quisitore generale in Sicilia, non indegno, per certi rispetti, di stare accanto al più celebre Pietro Ransano, il quale fu autore di scritti religiosi, di epigrammi e di commentari su Giovenale, su Persio e su Orazio. Nello stesso secolo XV vive a Marsala un poeta in volgare siciliano, scoperto la prima volta dal Pitrè e riscoperto recentemente, la cui poesia merita d'esser conosciuta se non altro come una delle pochissime amorose del '400 siciliano (si conserva fra gli atti del notaio Sansone). La vivacità di Marsala nel XV sec. è attestata anche dalla attiva partecipazione dei suoi cavalieri alle guerre di re Alfonso: un Antonio Grignani, ad esempio, partecipò alla spedizione contro le Gerbe (il suo sepolcro, una delle più belle tombe siciliane, è nella chiesa del Carmine). Espulsi gli ebrei, decadendo tutta la Sicilia, Marsala segue la sorte dell'Isola tutta sotto il dominio spagnolo. Risorgerà solo, come abbiamo già accen­ nato, con l'industria ed il commercio del vino, tra la fine del XVIII ed i primi anni del XIX secolo. Dello sbarco di Garibaldi coi Mille, delle ulteriori vicende della città non è il caso di parlare. Dal 1968 Marsala è sede di Tribunale. Una visita turistica a Marsala deve comprendere essenzialmente i mosaici romani di capo Boeo, l'antiquarium, le catacombe, gli stabilimenti della Florio e la Madrice. Questa, rifatta e restaurata di recente, conserva alcune belle statue del XV e del XVI sec. (Gagini e scuola) ma soprattutto gli stupendi arazzi, quasi sconosciuti perché purtroppo vengono esposti solo in occasioni eccezionali.

museo degli arazzi

Furono donati alla Madrice di Marsala da Antonio Lombardo, arcivescovo di Messina, nato a Marsala nel 1523 ed ivi ordinato sacerdote nel 1547, già vescovo di Mazara, morto nel 1596. Alla Madrice egli donò tra l'altro un grande quadro, la «Purificazione di Maria», copia di un quadro del messinese Girolamo Alibrandi, preziosissima perché l'originale andò distrutto nel terremoto messinese del 1908. La copia, del 1593, è firmata da Antonio Riccio Messinese, allievo di Polidoro da Caravaggio: l'arcivescovo figura a sinistra in basso, a mezzo busto, in atto di adorazione.

II museo degli Arazzi, annesso alla Chiesa Madre, raccoglie 8 splendidi esemplari di Arazzi appartenenti alla scuola fiamminga del ' 500, tessuti con lana e seta rap­ presentanti scene della guerra romano-giudaica combattuta da Vespasiano e dal figlio Tito. Gli arazzi furono donati alla Chiesa Madre di Marsala nel 1589 dall'Arci­ vescovo di Messina Mons. Antonio Lombardo, illustre marsalese, cappellano di corte a Madrid, poi Vescovo di Mazara, al quale li aveva donati la Regina di Spagna Maria I Tudor, figlia di Enrico Vili. Gli Arazzi, esposti nel Museo, sono degli autentici capolavori, tessuti con lane e sete pregiate, con­ servano ancora oggi, intatta la loro bellezza, la vivacit à dei colori, l'imponenza delle immagini. Di sicura la­ vorazione fiamminga, si pensa siano stati prodotti a Bruxelles, da autore sconosciuto, nonostante compaia una sigla - una T intreccia ta con una C o G - posta nella cimosa di cia- scun esemplare; gli ispirazione pittorica sicuramente raffaellesca, e risultano ope­ re di notevole valore artistico e storico. Le dimen­ sioni degli arazzi so­ no notevoli: il pi ù grande misura cm. 534 x 354 ed il più piccolo cm. 253 x 354, sono delle com­ posizioni di ineguagliabile bellezza, per la finezza della lavo­ razione, per la sor­ prendente bellezza de gli sfondi, per la splendida cromatura che dosa mirabilmente i toni delicati del verde e del rosso con i toni più forti e deci­ si del giallo e del blu cobalto che si armo nizzano con il bruno e il rosato. Tutti gli arazzi hanno un largo bordo lavorato in eguale maniera, ci ò rende ogni singola opera parte di una inestimabile unica collezione.