S. Atanasio, chiesa di rito Bizantino, costruita da Papa
Gregorio XIII (1582) per il servizio liturgico degli alunni del Pontificio
Collegio Greco. Attualmente è anche usata dalla Comunità Cattolica
Bizantina di Roma (Ufficio: via dei Greci, 46 00187 Roma). Nelle domeniche
e nelle feste la Divina Liturgia ha inizio sempre alle ore 10.30. Ogni
sabato e vigilie di feste alle ore 19.00 ha luogo l'Esperinòs.
SETTIMANA SANTA E
PASQUA IN S. ATANASIO A ROMA
2005
“Credo in un solo
Signore Gesù Cristo
...e patì e fu sepolto e
il terzo giorno risuscitò,
secondo le Scritture”
DOMENICA - PALME
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ore 10.30
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Benedizione delle Palme
Liturgia di S. Giovanni Crisostomo
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ore 18,45
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Akoluthia del Nymphios
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LUNEDI’ SANTO
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ore 18.45
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Liturgia dei Presantificati
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MARTEDI’ SANTO
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ore 18.45
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Liturgia dei Presantificati
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MERCOLEDI’ SANTO
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ore 18.45
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Liturgia dei Presantificati
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GIOVEDI’ SANTO
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ore 10.30
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Esperinòs e Liturgia di S. Basilio
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ore 18.00
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Ufficio della Passione
(Lettura dei 12 Vangeli)
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VENERDI’ SANTO
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ore 10.00
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Ora nona - Esperinòs
Deposizione dalla Croce
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ore 18.00
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Epitaphios thrinos
Enkomia
Processione
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SABATO SANTO
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ore 10.00
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Esperinòs e Liturgia di S. Basilio
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ore 23.00
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Mesonyktikòn
Anastasis
Orthros
Liturgia di S.Giovanni Crisostomo
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DOMENICA DI PASQUA
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ore 10.30
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Liturgia di S.Giovanni Crisostomo
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ore 19.00
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Esperinòs
Proclamazione dell’Evangelo in varie lingue
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Xristo;" ajnevsth ejk
nekrw'n qanavtw/ qavnaton pathvsa"
kai;
toi'" ejn toi'?" mnhvmasi zwh;n carisa;meno".
Cristo è risorto
dai morti, con la morte ha calpestato la morte
e a quanti giacevano nei sepolcri ha
donato la vita.
U
ngjall nga varri Zoti Krisht, me vdekje vdekjen dyke shkelur,
edhe të varrosurve
një jetë ja duroi të re.
LA RESURREZIONE
CARDINE DELLA VITA CRISTIANA
“Cristo è risorto dai morti, con la morte ha
calpestato la morte
e ai morti nei sepolcri ha elargito la vita”.
La resurrezione è il cardine della fede e della
vita cristiana. Tutti i cristiani, che proclamano il simbolo
niceno-costantinopolitano, confessano che il Cristo “il terzo giorno è
risuscitato, secondo le Scritture”. La liturgia bizantina prevede una
celebrazione che, attraverso il ciclo dell’oktoichos delle domeniche con
inizio nel giorno di Pasqua, dà unità e coerenza all’intero anno liturgico
e determina l’orientamento etico quotidiano.
Il teologo Gregorio Palamas (1296-1359), santo
della Chiesa ortodossa, nella sua omelia sul sabato santo, ha messo in
rilievo tre dimensioni: la fede nella risurrezione di Cristo, l’attesa
della risurrezione di tutti gli uomini, la risurrezione a vita nuova di
ogni credente, che per il battesimo partecipa già alla morte e alla
risurrezione di Cristo. L’insieme viene visto dal Palamas nella prospettiva
della redenzione, nell’economia di salvezza. Il Cristo “apertamente
dimostra la sua onnipotente potenza vincendo la morte del corpo,
risuscitando dopo tre giorni dai morti, salendo al cielo dove siede alla
destra del Padre con quella carne che per noi portò e secondo la quale
morì. Così ci diede fiducia anche nella risurrezione dai morti, nella
apocatastasi in cielo e nell’eredità nel Regno” (PG;151, Omelia 16, n.19).
Dal sepolcro vuoto di Cristo all’alba di “quel”
primo giorno della settimana sgorga una luce che illumina l’intera
concezione della vita cristiana: il senso della vita, il significato della
morte, il valore delle opere della luce. Il tutto è visto nella prospettiva
di un orizzonte nuovo senza confini. E senza esclusioni. Il Palamas cita la
prima lettera di S. Pietro: “E darà la vita anche ai corpi di tutti nel
giorno in cui ha stabilito di risuscitare e giudicare tutto il genere umano
come il capo degli apostoli ci ha insegnato: Cristo morì una volta per
tutte per i peccatori, giusto per gli ingiusti, per presentarci a Dio;
messo a morte nella carne, ma reso vivo. E in spirito andò a portare
l’annuncio anche alle anime incarcerate (1Pt 3, 18-19), cioè alle anime
dei morti a partire dall’inizio del tempo” (PG, Ibidem, n. 17).
La risurrezione quotidiana della “vita
intermedia” – come il Palamas chiama lo stadio di vita sulla terra – è
determinata dal battesimo. Si fonda sulla lettera di S. Paolo ai Romani che
cita: “Se infatti siamo divenuti partecipi della sua natura con una morte
simile alla sua, lo saremo anche della sua resurrezione” (Rom 6,5).
Ciò implica, secondo l’espressione palamita, “la
vita secondo l’evangelo di Cristo” (Ibidem). Essa si sviluppa in un
rinnovamento che “di giorno in giorno” progredisce verso la conoscenza di
Dio, la giustizia e la santificazione con uno scardinamento
dell’inclinazione alle passioni e un trasferimento del desiderio sui “beni
intellegibili”.
Pasqua 2005
Eleuterio F. Fortino
Concluse
le votazioni sinodali
Il 14 gennaio 2005,
presente il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, sono
stati letti i risultati delle ultime votazioni del Sinodo Intereparchiale.
Nelle prime due
sessioni erano stati approvati, nella loro sostanza, tutti gli schemi: Nella terza sessione
erano stati esaminati e votati tutti gli emendamenti.
In questo periodo si
sta svolgendo il lavoro di ritocco degli schemi sulla base delle richieste
sinodali:
·
I Presidenti delle
singole Commissioni sinodali hanno introdotto nei testi gli emendamenti
votati;
·
quindi è compito
della Commissione Centrale di Coordinamento (CCC) fare una attenta lettura
dei singoli schemi e della coerenza del loro insieme;
·
al termine la CCC
trasmetterà agli Ordinari il
testo definitivo.
·
Infine, dopo il loro
esame, gli Ordinari lo trasmetteranno alla Santa Sede per la competente recognitio-approvazione.
Il Prefetto della
Congregazione per le Chiese Orientali, nel presentare i sinodali al Santo
Padre nell’udienza del 14 gennaio, ha spiegato:
“Il Sinodo
Intereparchiale è una forma particolare di Sinodo, per la quale si richiede
il consenso della Santa Sede sia per la convocazione sia per l’approvazione
definitiva degli atti perché essi possano avere valore normativo”.
Il Santo Padre ha
sottolineato:
“Il vostro Sinodo ha
posto l’accento su temi essenziali…E’ vostro intendimento curare una solida
formazione radicata nella tradizione orientale e atta a rispondere in
maniera efficace alle sfide crescenti della secolarizzazione” (Besa-Fede).
La pasqua secondo s.
atanasio il grande
LETTERE FESTALI
Al primo concilio ecumenico di Nicea (325), preso l’accordo sulla
data comune di Pasqua, era
stato affidato alla Chiesa di Alessandria – città illustre per conoscenze
scientifiche – il compito di stabilire di anno in anno la data per la
celebrazione della santa Pasqua e di comunicarla alle varie Chiese locali.
Veniva ufficializzata una prassi già iniziata e continuata da tre
predecessori di Atanasio (Dionigi, Pietro e Alessandro).
Sono pervenute fino a noi le lettere circolari di S. Atanasio sul
tema della Pasqua, conservate in lingua siriaca e copta.
Ora sono state integralmente tradotte in italiano per la prima
volta (Atanasio di Alessandria, Lettere Festali, Introduzione-traduzione e note
di Alberto Camplani, Edizioni Paoline, 2003, pp. 697).
La prima segnalazione di questo genere letterario cristiano si
ritrova nella Storia Ecclesiastica di Eusebio che si riferisce al vescovo
Dionigi (234-264). Qui si riporta il titolo sempre dato in Alessandria:
“Lettera festale” (“Epistolē heortastikē”, cioè lettera riguardante
la heortē/festa per
eccellenza, la Pasqua).
Le lettere festali di S. Atanasio pervenuteci vanno dal 329 al 373,
anno della sua morte.
La lettera festale non si limitava soltanto alla comunicazione
della data della Pasqua (con la quaresima e il periodo pentecostale), ma
conteneva un insegnamento su aspetti della Pasqua, di carattere catechetico
e mistagogico, per la formazione del popolo di Dio.
Sono pertanto lettere di carattere semplice e non contengono la
precisione e il vigore delle altre opere di S. Atanasio. Vi si riscontrano
anche informazioni sulla vita della Chiesa in Egitto e molti elementi utili
per la storia della liturgia.
Nelle “Conferenze” di Cassiano (secolo V) troviamo una descrizione
interessante:
“Nella provincia di Egitto si osserva questo costume di antica
tradizione. Compiuto il giorno dellEpifania – che i sacerdoti di quella
provincia definiscono come quello del battesimo del Signore, ma anche come
quello della sua nascita secondo la carne, e per questo celebrano la
solennità di ambedue i misteri non in due volte, come nelle provincie
occidentali, ma in una sola festa celebrata in quel giorno – le lettere del
Pontefice di Alessandria sono indirizzate a tutte le Chiese d’Egitto, nelle
quali sono fissati sia l’inizio della quaresima sia il giorno di Pasqua,
non solamente in tutte le città, ma anche in tutti i monasteri”.
(EFF)
LETTERA QUINTA DI S.
ATANASIO
Riportiamo gran
parte della V Lettera festale di S. Atanasio scritta per la Pasqua dell’anno 333:
1.
Bene passiamo di festa in festa, fratelli miei, bene procediamo di
preghiera in preghiera e di digiuno in digiuno, e aggiungiamo festività ad
altre festività.
La festa
E’
infatti di nuovo giunto il tempo che pone un nuovo inizio per noi, la
notificazione della santa Pasqua, durante la quale il Signore fu immolato,
mentre noi, per così dire, mangiamo il cibo della vita e, come da una
sorgente, nel suo sangue prezioso ristoriamo la nostra anima in ogni
momento, in quanto continuamente siamo assetati. Noi infatti ardiamo sempre
dal desiderio; essa, d’altra parte, è presente su coloro che hanno sete, e
agli assetati rammenta quell’espressione che il nostro Salvatore, nel suo
amore per gli uomini, offrì nel giorno della festa: Se uno ha sete,
venga da me e beva (Gv 7, 37).
2.
Non soltanto allora, quando qualcuno gli si avvicinava, egli guariva la sua
sete, ma, ogniqualvolta uno lo chieda, generosamente si realizza per lui
l’accesso al Salvatore. Infatti la grazia della festa non è limitata a un
solo momento né si sbiadisce il suo splendore scintillante, ma essa non
solo si rende vicina in ogni momento, illuminando l’intelligenza di coloro
che la desiderano, ma possiede anche una potenza durevole in coloro che
sono già stati illuminati nella mente e che riflettono giorno e notte sulle
sante Scritture, quale è quell’uomo che riceve la benedizione, secondo
quanto è scritto nei santi Salmi: Beato l’uomo che non è entrato nel
consiglio dell’empio e non si è posto sulla via dei peccatori e non si è seduto
sul seggio dei corruttori, ma la sua volontà è nella legge del Signore e
nella sua legge mediterà giorno e notte. Infatti non lo illumineranno
più nè il sole, nè la luna, nè la schiera delle altre stelle, ma rifulge
dei raggi eccelsi di Dio.
3.
Dio, miei cari, è il Dio che fin dall’inizio ha stabilito la festa per noi,
la quale egli chiese come pegno che fosse celebrata ogni anno. Questo causò
il sacrificio di suo Figlio in vista della salvezza, e questo ci ha dato
come fondamento della santa festa, alla quale ciascun anno porta
testimonianza, essa che ciascun momento rende manifesta in una stagione
come questa. Questi per mezzo della croce attraverso questo mondo ci
conduce in avanti. E anche questo momento Dio causa la gioia della salvezza
splendida che viene da lui: ci raccoglie in una medesima assemblea e ci
riunisce tutti, in ogni luogo, nello spirito, donandoci preghiere comuni e
quella grazia comune che deriva dalla festa. Tale è infatti il miracolo del
suo amore per gli uomini: coloro che sono nella lontananza li riunisce nel
medesimo luogo, coloro che appaiono distanti quanto al corpo, li rende non
più lontani grazie alla concordia d’animo (…).
6.
Perciò siamo sensibili alla grazia, miei cari, e, se non risultassimo
all’altezza, restituiamoli in proporzione alla forza che abbiamo… Mostriamo
riconoscenza vivendo con retta fede (...).
8.
Viviamo in questo modo in santi digiuni, come da lui stesso sono stati
stabiliti, e per mezzo di essi troveremo la via verso Dio (… ).
9.
Noi, fratelli miei, superiamo i pagani per il fatto che facciamo festa con
trasparenza d’animo e purezza di corpo; i giudei perché non riceviamo più
un tipo o un’ombra, ma splendiamo della luce della verità e volgiamo lo
sguardo al sole di giustizia; gli scismatici perché non scindiamo la
tonaca di Cristo, ma in una sola casa, la Chiesa cattolica, mangiamo la
Pasqua del Signore, colui che con l’imposizione delle sue leggi sante ci
conduce verso la virtù, al cui esercizio la festa esorta.
La Pasqua
10.
E’ infatti realmente Pasqua astinenza
dalla malvagità in nome della virtù e passaggio dalla morte alla
vita. E questo lo si potrebbe imparare da un antico tipo: mentre
infatti un tempo erano zelanti nel passare dall’Egitto a Gerusalemme, ora
invece ci trasferiamo dalla morte alla vita; e mentre un tempo
passavano dal Faraone a Mosè, ora invece noi ascendiamo dal diavolo al
Salvatore; e come allora il tipo del soccorso era testimoniato ogni anno,
così anche oggi celebriamo la memoria della nostra salvezza, digiunando,
meditando di morire per poter vivere, e vegliamo non come se fossimo
tristi, ma come se aspettassimo che il Signore arrivi, una volta tornato
dal banchetto, affinchè possiamo idealmente congiungerci gli uni agli
altri, affrettandoci ad annunciare il segno della vittoria contro la morte.
11.
Possa accadere così, miei cari, - il discorso infatti lo esige - che
sempre e in modo totale, al
presente, ci comportiamo e viviamo in modo da non dimenticare le buone
azioni di Dio, né da desistere dall’ascesi che è nella virtù, come esorta
l’espressione apostolica: Ricordatevi di Gesù Cristo che è risorto dai
morti. Non viene imposto un tempo limitato per il ricordo, ma (questo
tempo pasquale è annunciato) affinchè esso sia a noi presente nei nostri
propositi in ogni momento. Ma a causa della pigrizia di molti, ritardiamo
di giorno in giorno: pertanto incominciamo in questi giorni! Infatti a
motivo di questo è stato prestabilito un tempo per il ricordo, che ai santi
indichi la retribuzione della chiamata, persuada invece i negligenti come
un rimprovero.
12.
Quindi in tutti i giorni che restano perseveriamo nella condotta della
virtù, pentendoci, come è giusto, per tutte le cose disprezzate, di
qualsiasi cosa si tratti. Non c’è infatti nessuno che sia puro
dall’impurità, anche se la sua vita sulla terra durasse una sola ora, come
testimonia il più costante, Giobbe. Protesi verso il futuro, preghiamo di
non mangiare indegnamente la Pasqua
per non essere sopraffatti dai pericoli. Per coloro infatti che fanno festa con purezza la Pasqua è cibo celeste; ma per coloro che
la fanno in modo impuro e stolto c’è pericolo e ignominia. E’ scritto
infatti: Colui che mangia e che beve indegnamente è reo della morte del
nostro Signore. Perciò non trapassiamo alla semplice celebrazione della
festa, ma prepariamoci ad offrire l’agnello divino e a toccare i cibi
celesti. Purifichiamo le mani, mondiamo il corpo, preserviamo la mente
tutta da ogni menzogna, non dandoci all’ubriachezza e ai piaceri, ma noi
tutti rendendoci intimi nei confronti del nostro Signore e degli
insegnamenti divini, cosicchè, puri sotto ogni aspetto, possiamo essere
partecipi del Logos.
La data della Pasqua dell’anno 333
13.
Cominciando i santi digiuni il quattordici di pharmouthi e riposandoci il
diciannove dello stesso mese di pharmouthi, sorge splendendo su di
noi la Domenica (il giorno del Signore, la Pasqua), il venti dello stesso
mese di pharmouthi (15 aprile), a partire dal quale aggiungiamo le
sette settimane della Pentecoste con preghiere, comunione con il prossimo,
amore reciproco e la buona intenzione che più di ogni altra cosa
riconcilia. Così infatti siamo eredi del regno dei cieli per mezzo di Gesù
Cristo, attraverso il quale siano al Padre gloria e potenza, nei secoli dei
secoli, amìn.
Vi salutano tutti i fratelli che sono con me. Salutatevi l’un
l’altro col un bacio santo.
(E’ finita la V lettera festale del santo
Atanasio)
La Chiesa di S.
Atanasio dei Greci al Babbuino
La
chiesa, costruita per ordine di Grgorio XIII da Giacomo Della Porta in soli
3 anni, fu consacrata nel 1583. E' annessa all'attiguo Pontificio Collegio
Greco che ospita studenti greci, arabi (melkiti) ed italo-albanesi.
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