Prof. Dr. Horst Seidl (Pont. Univ. Lateranense)
giugno 2009
Su un incontro con professori e studenti cinesi
Invitato
anche quest'anno, 2009, per la terza volta, a fare conferenze al Department of Philosophy e al Department of Humanity della
Shanghai Normal University
(SHNU), ho fatto conferenze su domande presentatemi prima dalla parte di
colleghi e studenti, come queste:
1. La filosofia antica orientale e quella
occidentale hanno forse qualcosa in comune? 2. Quale utilità o profitto la
filosofia può avere per la vita quotidiana della gente? 3. Che cos' è la metafisica,
nel senso occidentale, e come rapportarla alla dottrina marxista? 4. Quale
significato hanno i concetti principali della metafisica occidentale: sostanza,
essenza, il trascendentale e il trascendente, l'analogia dell'essere e sim.? 5.
Come si definiscono la persona, la libertà, il bene morale? 6. Che cos'è la
cultura che sta alla base delle culture individuali, come quelle dell'occidente
e dell'oriente? 7. Che cos'è la religione e il suo rapporto con la filosofia?
Esiste Dio? 8. Come valutare Nietzsche e Heidegger
che sono ritenuti come grandi filosofi del nostro tempo? È valida la loro
critica a Platone e Aristotele? 9. Qual'è la teoria
della scienza di Karl Popper, abbastanza noto in Cina?
Senza di poter riferire qui in dettaglio i dibattiti, che sono
seguiti dopo le mie conferenze, vorrei almeno caratterizzarli in generale e
costatare l'infaticabile
slancio, la seriosità e l'interesse dei professori e degli studenti con cui si
impegnavano, nonostante le difficoltà della lingua, perché tutto doveva essere
tradotto o dall'inglese in cinese o vice versa.
Alla 1. questione la risposta risultò positiva: nonostante
le notevoli differenze la filosofia antica occidentale (Socrate, Platone,
Aristotele) e quella orientale (Laotse, Kungtse / Confucius) hanno in comune
una profonda saggezza, la quale sa riferire la molteplicità delle esperienze
umane a ciò che le unisce e mette ordine nelle cose. Mi impressionava il
realismo dei cinesi: hanno presupposto senz'altro che la filosofia si occupa
delle cose e degli uomini esistenti.
La 2. questione si è posta già espressamente in Aristotele
(Ethica Nicom. VI, 12-13),
il quale confronta la saggezza / sapienza (sophia) con la prudenza (phronesis), impegnata, in modo molto utile, in una
vita buona, perfetta. Egli paragona la prudenza con la sapienza come la
medicina con la salute; la prudenza è utile perché conduce al fine della vita
perfetta, al quale invece la sapienza appartiene. Perciò essa non è più utile
per determinate azioni, bensì "utile" per la stessa vita intera.
Riguardo alla 3. questione la mia risposta poteva basarsi
sul realismo, molto apprezzato dai cinesi, spiegando che la tradizionale
metafisica, nella sua parte introduttiva, nell'ontologia, si riallaccia al semplice
esserci / esistenza delle cose ― per cui sono considerate come
"l'ente in quanto tale" ― e prosegue poi con la domanda delle
cause del loro essere. Ne risultano quattro cause: la materia, da una parte, e
le cause formali, efficienti e finali, dall'altra. Negli enti viventi esse vengono
chiamate corpo e anima. Infine, la metafisica ricerca di queste cause
immanenti, di nuovo, la loro causa dell'essere e arriva a una prima causa
trascendente, vuol dire non più presente in una altra cosa. Il materialismo riconosce
soltanto la causa materiale, integrando in essa le altre tre, perché non
dispone di una definizione della materia. Invece la considera come l'unica
realtà.
Riguardo alla 5. questione che concerne l'uomo, la risposta
era che la persona non è nient'altro che l'uomo in quanto individuo (non in
quanto membro della specie umana). Poiché l'essenza è la forma specifica sotto
la quale l'individuo è tale quale è: un cane un cane, un cavallo un cavallo e
un uomo un uomo, è chiaro che anche l'uomo ha ontologicamente la sua essenza,
il che era evidente per i cinesi. Si ha discusso la tesi esistenzialista occidentale
di oggi secondo cui l'uomo non avesse una essenza ma soltanto una configurazione
storica, sempre di nuovo da auto-determinarsi creativamente. Se invece l'uomo
ha la sua essenza, nella quale egli vuole mantenersi con la sua volontà
naturale, allora si può definire, con la tradizione occidentale, la libertà
come qualità della volontà, che significa non solo l'assenza della violenza, ma
positivamente la disposizione per realizzare la bontà / perfezione dell'uomo.
In quest'ultima consiste pure il bene morale, con le virtù.
La discussione della 6. questione è arrivata a un denominatore
comune tra le culture diverse; infatti, in ultima analisi, si tratta sempre
dell'educazione ("coltivazione") delle capacità umane ―
corporali, psichiche e spirituali ― tramite attività creative (fino a
quelle artistiche) che si esprimono in idee guidatrici (sul mondo, sull'uomo e
su Dio) e in una determinata forma (o stile) della vita degli individui nonché
di ogni popolo. Questa soluzione ha piaciuto a colleghi e studenti.
Riguardo alla 7. questione vi era un frainteso
(esistenzialista occidentale) che identifica filosofia con religione. Dovevo
chiarificare che la religione riguarda il rapporto dell'anima con Dio, che presuppone
una evidenza soggettiva della sua presenza. L'attività primaria dell'uomo in
quanto religioso è pregare dinnanzi al Dio presente. La domanda: "Esiste
Dio?" non è dunque una domanda religiosa, ma neanche una domanda
filosofica, perché "Dio" non è una categoria filosofica bensì
religiosa.
Inoltre sembra
conveniente distinguere tra le confessionali religioni positive mondiali (buddismo,
induismo, cristianesimo, islam ed altre) e una disposizione naturale religiosa
insita in tutti gli uomini. Si tratta di una pietà di cui parlava già Confuzio, ma anche Platone (nel dialogo Eutyfro)
e su cui Tommaso d'Aquino basa la sua quaestio De religione. La filosofia, invece,
si dedica alla ricerca delle cause di tutte le cose in quanto enti, e così è diventata l'inizio delle
scienze in Europa.
Alla 8. questione risposi che Nietzsche è un filosofo
nichilista della cultura, come anche Heidegger, interessato
ai conflitti umani "esistenziali", alla sorte storica degli uomini dinnanzi
alla morte ecc. La descrizione di tali fenomeni è più psicologica che
filosofica. Egli adopera la fenomenologia di Husserl,
il quale la ha introdotta come "psicologia trascendentale" (oppucato dei "fenomeni psichici"). Certamente,
chi è interessato in vissuti psichici si annnoia
dell'essere dell'ontologia tradizionale come "vuoto", come dice Heidegger che cerca di riempirlo con vissuti psichici di situazioni
estreme (di angoscia, di fastidio, di indifferenza ecc.) e di introdurre una
nuova "ontologia fondamentale". Tuttavia, quei vissuti esistenziali non
hanno nulla a che fare con l'essere formale delle cose, a cominciare dal loro
semplice esserci / esistere, che Heidegger trascura
completamente. Egli cerca "l'essere" come un fondamento problematico
nel pensiero dell'uomo – e si allontana dal realismo. Vale la pena di
riprendere la ontologia classica senza la quale non disporremmo neanche del
concetto di "realtà", che è provento dalla dottrina metafisica dei
trascendentali (di cui uno è il reale).
Riguardo alla 9. questione, senza di entrare nella teoria
della falsificazione di Karl Popper, si mostra facilmente che essa risulta dal
moderno empirismo (proveniente da Bacon, Locke e
Hume) cosicché alla conoscenza scientifica, che sorpassa l'esperienza, manca il
rapporto con la realtà. Rimane sempre la possibilità di falsificarla. Le
scienze invece arrivano a conoscenze universali, che riferiscono a strutture e
leggi permanenti, oltre le percezioni sensibili del momento.
Certamente la filosofia deve essere critica, senza perdere
però il realismo che riconosce la priorità delle cose alla conoscenza umana,
nel loro esserci ed essere qualcosa determinato. Altrimenti si cade nel moderno
che mette al primo posto la riflessione critica dell'io pensante.
Dinanzi alle scienze empiriche naturali, i quali mostrano
una enorme utilità e grande successo, senza aver bisogno della filosofia, la
domanda è sorta: perché dunque studiarla? La mia risposta era questa: è vero,la filosofia non ha il compito di fare ricerca alle cose, come le
particolari scienze lo fanno; tuttavia essa offre un orientamento a tali ricerche.
Le scienze naturali, ricercando nel mondo materiale, non riflettono sui scopi o
fini della loro ricerca, che deve servire all'uomo. Per es. vi sono alcune
tecnologie che allontanano l'uomo dalla natura e lo rendono malato. Mettere le
attività umane in un contesto globale è compito delle scienze umane e della
filosofia. Anche le domande come queste considerate qui, non vengono discusse
dalle scienze naturali, ma dalla filosofia.