Ecco "l'ultimo saluto" rivolto ai colleghi nel maggio 2003
da Gerardo Bizzarro, al momento delle sue dimissioni:

Cari colleghi,

colgo l’occasione di questo collegio per ringraziare quanti di voi hanno tentato di dissuadermi dalle dimissioni, dimostrandomi stima e affetto personalmente o attraverso le firme apposte ad una petizione consegnatami.
Come sono arrivato a maturare questa decisione?

In questi ultimi anni purtroppo ho, e forse abbiamo, assistito ad un progressivo cambiamento della materia su cui noi docenti lavoriamo: gli studenti. Non trovo più davanti a me, nel lavoro, una reazione positiva da parte dei ragazzi, per il bene dei quali, per 35 anni qua dentro ho lavorato. Non c’è più quel clima di collaborazione fra me e loro che un tempo registravo.

A cosa pensano quando vengono da me? All’università, ad altri corsi, ad altre mille materie che con il loro strumento hanno poco a che fare. Dov’è l’amore spassionato che noi della vecchia scuola mettevamo nell’imbracciare i nostri strumenti, quell’amore che ci coinvolgeva totalmente quando ci tuffavamo nella musica? Non lo vedo, non lo riscontro più, e qui nasce l’amarezza. Sarete d’accordo con me nel considerare che noi veniamo da un mondo che sta scomparendo e alla cui fine non voglio assistere.

Credo di non essere il solo a pensarla in questo modo, ma purtroppo spesso mi sono sentito abbandonato in questa battaglia contro un tale peggioramento.
Quanti miei appelli sono caduti nel vuoto! Non voglio pensare, e non lo penso, che abbiate colpa in tutto ciò perché capisco come sia difficile dentro le proprie classi, con i singoli allievi o negli uffici percepire questi problemi che noi docenti di materie collettive sentiamo sommati e ingranditi
Spesso ho creduto che la situazione potesse essere arginata e quindi mi sono permesso, da vecchio docente quale sono, di consigliare e ammonire.
Purtroppo questi miei appelli spesso e volentieri sono stati considerati attacchi personali o prese di posizione cocciute e come tali ignorate.

Così a poco a poco ho visto mutare il mio stesso livello di aspettativa verso l’orchestra.
In altri tempi, nel 1985, ho eseguito in occasione della Giornata per l’Europa una V sinfonia di Beethoven con un’orchestra di juniores formata da 92 elementi contro i 40 di oggi, mentre una seconda orchestra Seniores, formata da 102 strumentisti suonava la V sinfonia di Ciaikoski.
Riuscivamo a produrre in quegli anni brani di notevole importanza quali la sinfonia n°8 di Dvorak, “La Valse” di Ravel, le sinfonie n°2 e 4 di Ciaikovski per una produzione della RAI che ci vedeva affiancati con le orchestre di allievi del Conservatorio di Mosca e americano e potevo anche creare formazioni cameristiche che eseguivano “Il Borghese Gentiluomo” di Strauss e altri brani di notevole difficoltà.
Oggi, invece, non riesco a produrre per un saggio, nemmeno una Jupiter” di Mozart o una V Sinfonia di Beethoven.

Di fronte a questa realtà non solo mi sono visto perso ma anche attaccato; e a 61anni sono stanco di combattere contro i mulini a vento per poi scaricare tensioni e nervosismi nel mio ambiente familiare.
Non sono stanco, invece, di fare musica, di lavorare, di studiare; ho ancora dentro di me mille energie che forse fuori di qui potrebbero essere più utili e maggiormente apprezzate, se non altro perché motivate dall’amore che un uomo può comunicare con il suo lavoro.

Gli amici non sempre mi hanno sostenuto o forse ho sbagliato io ad aspettarmi troppo da loro, credendo che in nome della musica nelle quotidiane battaglie mi sarei trovato non un amico accanto ma molti colleghi che, superati i piccoli screzi personali, volessero lottare insieme condividendo il desiderio di raggiungere un obiettivo comune.

Annovero tra questi amici anche il Direttore, dal quale mi sarei aspettato, se non un riconoscimento per i 35 anni di insegnamento, almeno un segno di umana stima verso la mia persona, in questa difficile scelta delle dimissioni.
Decisione presa sì per affermare la mia autonomia di pensiero e le profonde convinzioni didattico-musicali (che qualche volta contrastavano con l’andamento generale), ma, soprattutto, perché queste qualità, che io ritenevo essere un patrimonio utile per la scuola e per la formazione degli studenti, non sono state né comprese e, meno ancora, valorizzate da chi, forse aveva il dovere di farlo, in nome dell’interesse superiore.

Gerardo Bizzarro

Milano 19 maggio 2003