"L'INTIMA NATURA DELLE COSE AMA NASCONDERSI" (Eraclito)

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Oggi che la confusione delle virtù, dei principi e del valore ha toccato livelli oserei dire barbarici, con buona pace degli homines novi, l'artista - in possesso della techné, del talento necessario e dell'ispirazione (illumi-nazione dell'intelletto a opera di Dio) - che cede per naturale disposizione all'enthusiasmós o ispirazione in Dio (en-, theós) non può non aderire alla propria anima quale principio spirituale e immortale.

Tale adesione, chiamata, è l'energia che attraversa le spire del prezioso solenoide, avvolgente il nucleo della creatività: dopo attivata, essa attrae immagini le più vaghe e trascelte (è cosa risaputa che il concetto di "bello" non risponde più ai canoni del passato).Non è un attrarre immagini in modo indistinto. Esse subi-scono un processo di depurazione, spoliazione, private del dolore dell'individuazione. Con l'arte la violenza si mostra nella sua fluidità (lezione del mai abbastanza compianto Giorgio Colli), il giuoco nel suo trionfo. Ciò che essa recupera sono rappresentazioni nascenti, ricordi primitivi, attimi: la vita senza l'aspetto fatale plumbeo, concatenato, decadente, declinante; la vita nella sua struttura ascendente, dal presente al passa-to, sconnessa in istanti e folgorazioni.

 

 

 

 

 

 

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Non è dell'arte arrestarsi al frammento isolato, perdersi in esso; la sua aspirazione è contraria alla spinta cosmologica, trascorre da un attimo a un altro, sino a giungere a quello che è il ricordo, in direzione dell'immediato, di qualcosa che non è più un attimo, che non è ricordo di nulla. Questo flusso da attimo ad attimo ha un riflusso dove l'artista comincia a "discendere" (nel senso della nékuia o discesa agli inferi), a dire quello che ha veduto. Lui ha abbandonato il presente ed è vissuto nel passato; ora vuole ritornare e intesse una catena di rappresentazioni - l'opera d'arte - per raggiungere gli altri uomini nel presente. II suo regresso non era una distruzione del mondo: lui è demiurgo che arricchisce la trama delle rappresentazioni.

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L'artista quindi viene contrassegnato come demiurgo; ma è anche mystes, l'iniziato ai misteri, e sciamano, cioè colui che dialoga col vento e la pioggia, con l'albero e la pietra, con gli animali della terra, del cielo e dell'acqua. Ha la facoltà di essere ubiquo. Ubiquità che non significa soltanto presenza contemporanea in luoghi diversi, "scarto", metafora, ma il dono di uscire da sé, invasato dal Dio, per andare in cerca della bellezza, non più solamente kallós, bensì "urto emozionale".

L'astratto (prosegue Colli) " è un tramite per giungere, per alludere allo scotimento emozionale, ... anzi il mondo intero che ci circonda, nella sua apparente corposità, è null'altro che astrazione, e senza volerlo né saperlo noi lo interpretiamo come tramite di una emozione squassante."

Codesta emozione, fors'anche conoscenza intellettuale (theorìa) e quindi contemplazione, è una parola o nicchia dorata in cui si rifugia la fruizione dell'opera d'arte: una parte infinitesima del Lógos. Richiamo di pura stupefazione: ritornare fanciulli per prestare ascolto, capire e vedere ciò che per natura sua propria è celato.

 

Chi si sofferma a considerare che un atomo di ferro o di carbonio hanno in sé una complessità disarmante, capace di annichilare qualsiasi intelligenza? Che in un atomo, invisibile, è contenuta la spiegazione dell'universo?

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II nostro mondo di gólem, dimentichi del Lógos, ha ridotto a res nullius la persona stessa: governa il potere per il potere e il denaro, in una parola "colui che nega"; poi che si è smarrita l'anima che è nelle cose (in senso aristotelico) e nell'uomo. Robusti all'opposto, armato di vaghissima pietas, raccoglie i cascami della quotidiana superbia e li presenta, dopo averli riscattati e purificati, quasi un rito, come offerta alla Bellezza: uno dei volti innumeri di Dio.

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Non mai pago della ricerca, egli abbandona le strade militari per inoltrarsi nei sentieri dell'anima alla ricerca dell'opera, quale forma della sua particolare passione -arte come forma della passione, ma la passione par-tiene alla conoscenza-, nella certezza che non solo troverà se stesso, ma anche il suo "primo fattore".

Al di là poi delle mode, per loro natura ondivaghe e fallaci, di cui il mondo contemporaneo ama inebriarsi più del dovuto, Robusti insegue e persegue un intento creativo coerente, pur nelle inevitabili cadute e resurre-zioni felici, che son proprie dell'arte. Gli ultimi esiti suscitano emozioni rattenute, mai gridate, che attraggono l'osservatore nella pacata contemplazione di forme elementari e materiali primigeni, quasi raffigurazioni di mandala sciamanici atti a polarizzare l'attenzione dei partecipanti, coinvolti in un rito religioso di rendimento di grazie ed offerta.

Corrado Pellegrini

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