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Da quale setta religiosa è emerso Gesù?

di Sid Green

Traduzione di Luca Bergamasco

Articolo originale
Copyright

In varie occasioni, in discussioni sia pubbliche che private, ho reso noto il mio punto di vista sull'affiliazione di Gesù alla setta degli Esseni, ma ho avuto risultati "misti", perché, per poter fare una dimostrazione convincente, c'è bisogno di qualcosa di più che un riassunto ridotto all'osso. Benché questo articolo non sia una completa spiegazione dell'ipotesi, mi permette di elencare diversi punti in un modo più formale di quello che è possibile quando l'argomento è trattato come un dettaglio di un qualche altro dibattito o conversazione. Applicherò i miei ragionamenti come se stessi parlando di una figura storica accertata, in quanto ciò mi permette di evitare la necessità costante di specificare che le stesse considerazioni si applicano altrettanto bene ad una persona storica che ad un mito. Se si dimostrasse che il Gesù dei Vangeli non è storico, è comunque certo che i suoi inventori non piazzarono la loro creatura in una situazione umana senza tenere in conto la natura del suo ambiente sociale e delle sue affiliazioni. Offro pertanto queste poche parole nella speranza che esse possano essere considerate almeno degne di discussione, e che possano provare qualche critica generale e qualche commento costruttivo.

Considero insostenibile la classificazione di Gesù come esponente della scuola di pensiero Farisaica, specialmente alla luce delle scoperte della seconda metà del ventesimo secolo, e ci sono ora ragioni considerevoli per riesaminare delle supposizioni che sopravvivono da molto tempo. Eppure ci sono ancora persone che sostengono che Gesù apparteneva alla scuola Farisaica, e che stava cercando di purificare una fede che era uscita dai binari, così come Martin Lutero avrebbe fatto in seguito nei confronti della Chiesa. Stabilire la verità sulla faccenda è di primaria importanza per coloro che, come me, non sono né studiosi biblici né cristiani, ma che vedono il Nuovo Testamento come un qualcosa di simile ad un romanzo giallo la cui soluzione non è ancora stata determinata. Il rifiuto della teoria Farisaica in favore di quella Essena apre, in effetti, nuove piste d'indagine che, come ho scoperto personalmente, danno molte soddisfazioni. Alcuni dati delle Scritture, interpretati a partire da un'ipotesi di base Essena, mi ha portato delle idee produttive in contesti nei quali l'ipotesi Farisaica non porta da nessuna parte. Peraltro, questo è l'argomento di un dibattito differente, dato che il mio scopo qui è tentare di spiegare un apparente "tacito accordo" sulla natura Farisaica degli insegnamenti di Gesù, e di mostrare perché io ritenga che tale ipotesi sia probabilmente errata.

Per molti secoli abbiamo avuto molte più conoscenze sui Farisei che non sui Sadducei o sugli Esseni. Quando si riscontra che Gesù è d'accordo con alcuni insegnamenti o pratiche dei Farisei, è facile concludere prematuramente che deve quindi essere stato un loro seguace. È sin troppo facile dimenticarsi o ignorare che, anche se tra gli Ebrei vi erano diverse scuole di pensiero, tutti gli Ebrei religiosi osservavano, ed osservano, la Torah.

Abbiamo avuto anche delle informazioni aggiuntive, ma sembra che queste siano spesso state trascurate. Sappiamo, per esempio, che Gesù aveva in comune con i Farisei la fede in una vita dopo la morte, e sappiamo che i Sadducei non avevano tale fede. È forse questa una buona scusa per saltare alle conclusioni? Per duemila anni abbiamo avuto il resoconto indipendente di Giuseppe Flavio (nel suo Bellum Judaicum - "La guerra Giudaica"), che ci descrive la vita dopo la morte in cui credevano gli Esseni, la quale corrisponde piuttosto bene al modello cristiano, compresi un paradiso per i buoni ed un luogo di eterno tormento per i malvagi.

Il Nuovo Testamento pullula di esempi del disprezzo di Gesù per i Farisei, pertanto non siamo qui a spaccare il capello in quattro sull'osservazione maligna occasionale che avrebbe potuto essere una mera aberrazione del comportamento di Gesù. E nemmeno si può asserire che una condanna così categorica sia in realtà solo una serie di osservazioni che Gesù fece ad alcuni Farisei, erroneamente considerata un attacco generale a tutti i Farisei. Un esempio tipico, preso tra dozzine di possibili esempi, si trova in Matteo 23, 15:

"Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, poiché siete capaci di attraversare il mare e un intero continente per fare un solo proselito, e quando ci siete riusciti lo rendete figlio della Geenna[a] il doppio di voi". [Matteo 23, 15]

Questa, certo, è roba pesante, ma Gesù va ben oltre i puri insulti, dando ai suoi seguaci esplicite istruzioni di non obbedire agli insegnamenti dei Farisei, salvo quando questi insegnino la Torah [Matteo 23, 2-10]. Egli attacca proprio la loro filosofia, e non solo il loro comportamento. Alla luce di una così manifesta mancanza di simpatia per i Farisei, è difficile capire come certi commentatori siano così pronti a considerarlo allineato con quella tendenza. Sembrerebbe che abbiano applicato il meccanismo attribuito a Sherlock Holmes, eliminando i Sadducei come "impossibili", e pertanto, selezionando i Farisei come "ciò che rimane", "per quanto improbabile". In un simile processo di eliminazione, però, devono rimanere in gioco sia gli Esseni che i Farisei, il che rende ogni fretta di accordarsi su un'interpretazione Farisaica oltremodo reprensibile. Ancora con riferimento a Matteo 23, 2-10, è chiaro che la fede nella Legge, la Torah, era un concetto comune sia a Gesù che ai Farisei, ma non abbiamo mai avuto ragione alcuna di dubitare che la Torah fosse il nocciolo della fede dell'Ebraismo in tutti i suoi aspetti, compreso l'Essenismo.

È vero che, quando apparvero i Rotoli del Mar Morto, ci fu una comprensibile tendenza sensazionalista che legava Gesù ed il Cristianesimo con ogni aspetto di ciò che si veniva a scoprire. Gli stessi studiosi facenti parte del team di traduttori non ne furono immuni. La reazione è stata una tendenza a respingere ogni ipotesi di Essenismo in Gesù in una maniera più vigorosa di quello che potrebbe essere necessario o giusto. Alcuni di coloro che rifiutano l'ipotesi Essena fanno obiezioni triviali, a volte addirittura frivole, senza offrire niente di simile ad una prova consistente. Jonathan Campbell, per esempio, in un libro altrimenti eccellente e molto istruttivo [5], offre un paio di fragili argomenti che sembrano non tenere in contro la possibilità che il comportamento di Gesù, in quanto Messia praticante, avrebbe potuto essere diverso da quello di un Esseno qualunque. Campbell dice che gli Esseni non predicavano in pubblico, ed erano molto riservati, mentre Gesù, ovviamente, predicava in pubblico, e non era riservato (questo, nonostante i palesi esempi del comportamento criptico di Gesù riportati nel Vangelo di Marco, e giustificati in Marco 4, 10-12). Egli cita Giuseppe Flavio a supporto della sua tesi su come avrebbe dovuto comportarsi Gesù se fosse stato un Esseno, ma naturalmente Giuseppe Flavio non ci dà nessun indizio su come avrebbe potuto comportarsi un Messia. La conclusione di Campbell sull'argomento è che gli Esseni si stavano avvicinando alla fine della loro esistenza, e che erano sul punto di abbandonare le pagine della storia. Questo "fattore cronologico (...) fa a pugni con l'identificazione di Gesù come un semplice Esseno". Egli sembra suggerire che, mentre le molte migliaia di aderenti all'Essenismo non erano chiaroveggenti, possiamo invece assumere che Gesù lo fosse, ed avrebbe pertanto evitato di allinearsi con un gruppo che nel giro di mezzo secolo sarebbe stato sterminato dalle legioni Romane. Se invece voleva dire qualcosa di diverso da ciò, dobbiamo dire che questo "qualcosa" non appare affatto chiaro da ciò che scrive.

Benché un'insufficienza di informazioni su qualunque altra setta ebraica del primo secolo oltre ai Farisei possa forse spiegare parte del problema che sorge studiando i vari commentatori, Giuseppe Flavio ci dice che nel primo secolo, prima della Guerra Giudaica, l'Ebraismo contemplava tre sette principali: Farisei, Sadducei ed Esseni. La setta degli Esseni è quella alle cui credenze ed alle cui caratteristiche Giuseppe Flavio dedica più spazio, ed asserisce addirittura (Vita) di essere personalmente stato un novizio Esseno. Da un punto di vista storico, magari Giuseppe Flavio non ci ha dato tutti i dettagli, ma comunque ci ha dato qualcosa, ed inoltre è un qualcosa che alcuni studiosi hanno deciso di trascurare, almeno per quanto possa riguardare le preferenze settarie di Gesù.

Possiamo aspettarci che Giuseppe Flavio abbia identificato i tre gruppi più significativi, e che le preferenze individuali tra l'intera popolazione ricadessero, a grandi linee, in una delle tre categorie. Egli comunque ci dice, in senso generale, che c'erano delle diversità nell'Ebraismo del primo secolo. Anche a questo fatto è stato dato poco peso, in conseguenza dell'eliminazione della maggior parte di ciò che esisteva e della sua sostituzione con una corrente unica, la tradizione rabbinica, che deriva dal Farisaismo, ed è oggi considerata come metro di riferimento dell'intero Ebraismo. Uno studioso talmudico, Hyam Maccoby, nel suo libro "The Mythmaker"[6], ipotizza che Gesù sia stato un Fariseo, e respinge le prove contrarie come semplice prova dell'ostilità cristiana nei confronti degli Ebrei[b]. Il libro nomina gli Esseni solo una volta, dove si rende necessario il supporto Esseno per attestare la corruzione dei Grandi Sacerdoti - che, ovviamente, erano Sadducei. Nell'indice compare un secondo riferimento, ma questo sembra essere stato rimosso, forse in una delle ultime revisioni. Sto cercando essenzialmente di mostrare qui che le prove di una partecipazione Essena nel panorama dell'Ebraismo del primo secolo meritano un approccio più bilanciato, e che è ragionevole contemplare un Gesù allineato con, o sostenitore di, un punto di vista Esseno piuttosto che Farisaico.

Avendo mostrato che la scuola ebraica Farisaica è stata percepita in maniera non equilibrata, vorrei ora esporre alcune prove ulteriori del fatto che era improbabile che questa fazione potesse attirare le preferenze di Gesù. Spero di mostrare un'alternativa accettabile, ma, naturalmente, dobbiamo prima mettere per esteso parte di ciò che oggi effettivamente sappiamo della concorrenza: gli Esseni.

Quelle poche fonti di informazione dell'antichità, come Giuseppe Flavio, Plinio e Filone, sono utili, ma anche aggiungendo i dati supplementari fornitici da alcuni Padri della Chiesa, come Egesippo ed Ippolito, la nostra conoscenza è imperfetta. Plinio il Vecchio, nella sua Historia Naturalis, identifica un luogo, vicino al mar Morto, dove gli Esseni hanno una qualche base di riferimento, ma ci dice ben poco di più. Giuseppe Flavio, nella Guerra Giudaica, ci dà più informazioni, dicendoci qualcosa delle loro pratiche comunitarie e della loro teologia. Descrive la loro fede in un'anima spirituale eterna, caratteristica che potrebbero condividere con i Farisei, ma che è decisamente in contrasto con i Sadducei, secondo lo stesso Nuovo Testamento. A volte si dice che le differenze tra la sua testimonianza e quella di Filone (nei suoi Quod omnis probus liber sit e Hypothetica) mostrano che: o c'erano diversi tipi di Esseni, o uno dei due storici è in errore. In errore o meno, aspettarsi da una setta che essa sia rigidamente conformista e priva di varianti nel suo modo di presentarsi all'esterno, è chiedere troppo. Sembra che i gruppi Esseni differissero tra loro su questioni come il celibato, il pacifismo, ed il vivere in mezzo alla comunità globale o in accampamento separati dal resto della società ebraica. Da questo fatto non possiamo dedurre che essi fossero in contrasto gli uni con gli altri, così come non possiamo affermare che esista un simile contrasto tra, per dire, i Cattolici "laici" e gli ordini monastici di clausura. Filone conferma la presenza di varianti e differenze, contribuendo alle nostre conoscenze con una descrizione, a grandi linee, di due tipologie principali, una delle quali è piuttosto diversa dagli Esseni di Giuseppe Flavio. Il suo secondo tipo, i Terapeuti o "Esseni contemplativi", dei quali anch'egli scrisse (De Vita Contemplativa), è sicuramente differenziato in maniera più marcata, anche se mostra molte somiglianze.

Del primo elemento della trinità di sette descrittoci da Giuseppe Flavio, ossia i Farisei, di ha frequente menzione nel Nuovo Testamento, ove essi vengono condannati da Gesù con lo stesso disgusto ma con forza anche maggiore di quanto egli mostri nei riguardi del secondo elemento, i Sadducei. Il terzo gruppo, quello degli Esseni, non è però nominato per niente. Nei passi del Nuovo testamento dove vengono identificati per nome i seguaci di Gesù, si parla di "Nazorei" o de "La Via", ma il termine "Nazorei" è esplicitamente riferito alla setta solo in un versetto del libro degli Atti degli Apostoli [Atti 24, 5]. In tutti i quattro Vangeli, però, così come negli Atti, Gesù è identificato come "il Nazareno" o "il Nazoreo", ma è stato esercitato, probabilmente all'inizio del secondo secolo, un grande sforzo, da parte dei Cristiani, per far sì che sembrasse che questo termine volesse dire "originario di Nazaret", argomento di cui non discuterò oltre in questa sede. Solo negli Atti si utilizza il termine "la Via" con riferimento ad una setta, con una mezza dozzina di riferimenti distinti. Poiché, dopo la rivolta degli Ebrei, non si sentì più parlare né degli Esseni, né dei Sadducei, e poiché quasi duemila anni ci separano ormai da loro, la nostra conoscenza nei loro riguardi si è basata, fino a poco tempo fa, su quel poco che era sopravvissuto.

Non voglio suggerire che i Nazorei, o Nazareni (nel seguito dell'articolo si utilizzeranno indifferentemente i due termini - NdT), coincidessero necessariamente con l'Essenismo ortodosso (se pure esisteva un qualcosa come l'Essenismo ortodosso). Quello che voglio suggerire è che erano in comunione con esso, piuttosto che con uno degli altri due candidati; che essi derivavano dall'Essenismo; e che non divergevano poi troppo da esso. Voglio suggerire che essi erano in contatto in maniera normale e regolare con le correnti principali dell'Essenismo. Le differenze riscontrate tra le testimonianze dateci da Filone e Giuseppe Flavio sono certo ben in accordo con quello che sappiamo di qualunque altra setta religiosa: ovvero, che ci saranno sempre delle suddivisioni, delle "sotto-sette", che prestano più attenzione ad alcuni aspetti del credo comune che non ad altri. Una buona possibilità, per come la vedo io, è che i Nazareni fossero più interessati agli aspetti escatologici dell'Essenismo di quanto non fossero i loro confratelli, che non erano ancora convinti del fatto che un Messia era già apparso. In alcuni passi dei Rotoli, come ad esempio 1Qsa, dove si descrive il pasto sacro, il Messia viene indicato con lo stesso termine utilizzato da Ezechiele: il "Principe", o, in Ebraico, nasì. È abbastanza facile capire che quelli che credevano che il messia fosse già tra loro potevano essere ben indicati da un termine come "Messianisti". Una simile parola, se avesse seguito l'uso riscontrato in 1Qsa, sarebbe stata basata sulla radice nasì. Sono personalmente convinto del fatto che nasì sia la base del termine "Nazoreo", che, ovviamente, ci è arrivato come forma grecizzata di un nome ebraico, la cui derivazione è sempre stata estremamente nebulosa.

L'evento cruciale per l'estensione delle nostre conoscenze sugli Esseni fu la scoperta del "Documento di Damasco", effettuata da Solomon Schechter nel 1896, che pose fine ad un'ininterrotta penuria di nuove informazioni sull'argomento che era durata per diciotto secoli. Un altro mezzo secolo dopo si ebbe lo sviluppo più importante in assoluto: i Rotoli del Mar Morto, che vennero alla luce a Qumran, un sito che si accorda molto bene con i riferimenti geografici forniti da Plinio nell'identificare un gruppo di Esseni separati. Seguì un ritardo scandaloso nella loro pubblicazione, un ritardo che non è mai stato spiegato in maniera soddisfacente, ma, con il passare di quasi un altro mezzo secolo, siamo infine stati in grado di vedere, specialmente grazie ai frammenti recuperati nella Grotta 4, che il Documento di Damasco di Schechter è intimamente collegato alla comunità di Qumran. Apprendiamo però ben più di questo.

Tutti i commentatori dei Rotoli del Mar Morto concordano nel riferirci che gli Esseni praticavano un pasto rituale "eucaristico" a base di pane e vino, il che ha una notevole affinità con il rituale cristiano, specialmente perché i Cristiani credono, come credevano gli Esseni, che il Messia sia fisicamente presente al pasto. Si dice anche che la comunità Essena di Qumran avesse "senza dubbio una setta battista[4]", cosa che i Cristiani furono fin dall'inizio, e che i Farisei non furono mai. Alcuni di coloro che si oppongono alla possibilità di un collegamento su questo punto, hanno evidenziato l'ipotetico fatto che Giovanni il Battista battezzasse con un processo "una volta per tutte", come facevano i primi Cristiani, mentre il battesimo Esseno era una procedura cui una singola persona era sottoposta più volte. Questa ipotesi, però, fa una serie di assunzioni di base che vanno ben oltre quello che effettivamente ci dice il Nuovo Testamento sulle attività e le procedure seguite dal Battista. In effetti, il Nuovo Testamento suggerisce che il battesimo di Giovanni fosse un processo di redenzione dei peccati, ma presumibilmente non conferiva ai battezzati l'immunità da ulteriori peccati futuri. Potremmo anche ammettere la possibilità che bagni rituali multipli possano aver subito un'evoluzione nella forma e nel significato tra le comunità cristiane primitive. Come l'Eucarestia cristiana iniziò come un sentito banchetto di pane e vino, che portava a volte ad episodi di ubriachezza ed eccessi di golosità (1 Corinzi 11, 17-22), per evolvere alla fine in un'ostia simbolica messa sulla lingua, allo stesso modo la pratica battesimale può essersi evoluta da un processo ripetuto ad un unico sacramento iniziatico.

I primi studi sui Rotoli del Mar Morto portarono a capire che le attese escatologiche degli Esseni erano in parte diverse da quelle delle altre due fazioni, con l'idea che ci sarebbero stati due Messia - un Messia reale, o Davidico, ed anche un messia religioso e giusto. Robert Eisenman ha però mostrato, con il suo lavoro sul Genesis Florilegium[2], che questi due Messia erano intesi come coincidenti in una stessa persona. Il personaggio di Gesù come ci viene descritto nel Nuovo Testamento sembra corrispondere a questa formula con notevole precisione, dato che è sacerdotale e non ha una personalità guerrafondaia, ma è comunque un discendente di Re Davide.

La comunità degli Esseni di Qumran guarda ad una figura del passato nota come "il Maestro della Giustizia", mai identificata per nome, che dovrebbe ricomparire alla fine dei tempi. Questa sola ragione sembra sufficiente ad ipotizzare con ragionevolezza che questa figura abbia qualche connessione con il Messia. Benché sia vero che due o tre studiosi, in particolare Vermes[3], abbiano preferito la lettura "un maestro di giustizia" (verrà alla fine dei tempi) a quella "il Maestro della Giustizia" (etc.), questo parere non esclude proprio niente. Al contrario, "tira dentro" la possibilità che lo stesso Gesù credesse di essere proprio lui quel maestro, o fu ritratto come quel maestro, probabilmente insieme al suo ruolo come giusto Messia. Questo sarebbe certo accettato più facilmente dell'idea che egli fosse "Il" Maestro della Giustizia, forse risorto. D'altro canto, se l'espressione vuole effettivamente dire "Il" Maestro della Giustizia, è notevolmente evocativa dell'idea della parusìa del Messia cristiano, che è parte integrante di quella tradizione.

Viene fatto osservare [2] che gli Esseni di Qumran designavano sé stessi con l'espressione "la Via", in maniera sistematica e nella maggior parte del materiale proveniente dai Rotoli. Il contesto che incorpora questa definizione è spesso vario, ma è coerente su questa tematica. Essi, ad esempio, si definiscono come "i Perfetti della Via", e parlano del tempo della "Preparazione della Via nei territori selvaggi". La Regola della Comunità (1QS) dà una lista dei "precetti nei quali il Signore (Maskil, o "Maestro della Giustizia") camminerà nei suoi commerci con tutti i viventi..." Uno di questi dice quanto segue:

"Egli terrà nascosti gli insegnamenti della Legge agli uomini dell'ingiustizia, ma impartirà la vera conoscenza ed il giusto giudizio a coloro che hanno scelto la Via" (da Vermes[3]).

Questo testo è interessante anche in relazione all'allusione fatta da Marco [Marco 4, 10-12[c]] alla natura criptica delle parabole di Gesù, citata in precedenza, dove la vera comprensione è riservata ai soli discepoli.

Ancora a proposito de "la Via", ritorno alla dichiarazione di Paolo nel capitolo 24 degli Atti, che associa direttamente "la Via" alla setta dei Nazareni (Atti 24, 14, che si riferisce all'accusa portata in Atti 24, 5). I versetti 14 e 15 in effetti riportano quanto segue:

Anzi ti confesso che io servo al Dio dei miei padri, secondo la Via che essi chiamano setta, credendo a tutto ciò che è conforme alla legge e che è scritto nei profeti. Ho in Dio speranza, che anch'essi condividono, che vi sarà una risurrezione dei giusti e degli iniqui. [Atti 24, 14-15]

Ippolito (Refutatio Omnium Haeresium) riporta a nostro beneficio la fede degli Esseni in un'anima immortale: su questo punto è in perfetto accordo con Giuseppe Flavio. Ippolito però è un po' più esplicito. C'è sicuramente un'anima, e c'è un paradiso ove migrano le anime dopo la morte. Questa però sembra essere una sistemazione provvisoria, poiché verrà il "giorno del giudizio". In quel tempo i corpi fisici, trasformati in una condizione immortale ed incorruttibile, saranno riuniti alle anime dei trapassati, e da lì in avanti i buoni vivranno per sempre nella gioia, ed i malvagi saranno torturati per l'eternità. Quest'idea di una resurrezione sia per i buoni che per i malvagi coincide così bene con le convinzioni di Paolo che coloro che vorrebbero negare una connessione tra i Nazareni, la Via e gli Esseni dovranno certamente fornire una qualche spiegazione convincente del vero significato di Atti 24.

C'è un argomento sul quale Paolo fu attaccato molto frequentemente dagli apostoli di Gerusalemme, e che lo portò in piena contraddizione e disaccordo con il Gesù che più tardi sarebbe stato rivelato nei Vangeli: il fatto che "non una iota, non un apice cadrà dalle legge" [Matteo 5:18], riecheggiato anche in Giacomo 2, 8. Al proposito, la Regola della Comunità riflette la stessa impostazione mentale, con il suo brano: "(...) senza deviare a destra o a sinistra, e senza calpestare anche una sola delle Sue parole" (da Eisenman[2]).

Un'altra espressione con cui gli Esseni di Qumran si definivano abitualmente è "i poveri", o Ebionim[4],[2], il che riflette le informazioni dateci da Giuseppe Flavio e Filone, e confermate dai Rotoli, secondo le quali essi rifiutavano la proprietà privata e la ricchezza, e donavano agli altri i loro beni terreni quando diventavano membri della setta. Si possono individuare echi di diversi passaggi del Nuovo Testamento. Coloro che, si suppone, erano d'accordo nel permettere a Paolo di diffondere il suo vangelo tra i Gentili, gli dicono "ricordati dei poveri, il che, alla luce di Galati 2, 10, e senza alcuna forzatura nell'interpretazione, può essere visto come la comunità di Gerusalemme che gli perdona il suo ministero presso i Gentili. Giacomo 2, 5 è un'ulteriore riferimento neotestamentario che viene spiegato da questa interpretazione, mentre Romani 15, 26 identifica la comunità di Gerusalemme proprio in questo collegamento concettuale[d]. Infine, Eusebio di Cesarea ci dice che gli "Ebioniti" erano una setta che derivava direttamente dagli insegnamenti dell'apostolo Giacomo a Gerusalemme, ovvero uno di coloro che dissero a Paolo "ricordati dei poveri".

Dai Rotoli del mar Morto apprendiamo inoltre che, a quanto pare, gli Esseni di Qumran proibivano completamente il divorzio, come fa Gesù nel più antico dei quattro Vangeli, Marco, mentre i Farisei lo consentivano, ed erano impegnati in un dibattito sul tema delle possibili cause di divorzio ammissibili. Dal momento che tutti e quattro i Vangeli vennero alla luce molto tempo dopo che la Chiesa di Paolo era stata creata e stabilizzata, ed in effetti dopo la morte di Paolo, ci aspetteremmo che tutti e quattro avessero assunto una o l'altra delle posizioni Farisaiche al proposito. Padre Joseph Fitzmyer[1] propone però che l'episodio, narrato in Marco, di Gesù che viene interrogato dai Farisei, sia una sfida deliberata da parte dei Farisei su un terreno di loro scelta, una questione specifica delle loro differenze con gli insegnamenti Esseni. Il dibattito Akiva - Hillel - Shammai tra i Farisei riguardava, rispettivamente:
- se un uomo può divorziare da sua moglie a suo piacimento (Akiva),
- o solo nel caso in cui la trovasse in qualche modo indecente (Hillel),
- o solo in caso di adulterio (Shammai).
Alcuni studiosi ripetono ancora che questo è l'alfa e l'omega delle convinzioni ebraiche sulla questione - senza considerare i Rotoli; il fatto che questa sia solo una discussione intra-Farisaica non sembra interessarli molto. Una volta ancora, con o senza i Rotoli, il Vangelo di Marco ci presenta Gesù che risponde ad una questione cardinale con una regola senza compromessi sulla faccenda, regola che visibilmente non è un'interpretazione Farisaica. La versione di Matteo, che chiaramente o utilizza Marco come fonte, o ha una fonte comune con Marco, ritorna peraltro alla posizione Shammai "salvo in caso di adulterio": secondo la versione di Matteo, la domanda principale dei Farisei viene espansa a rappresentare la visione estrema della scuola di pensiero Akiva. Questo ampliamento dell'originale di Marco sembra indicare l'adattamento di una norma altrimenti sconveniente, che in origine coincideva alla perfezione con il punto di vista Esseno.

A parte i numerosi esempi di devastante condanna dei Farisei da parte di Gesù, e la rivelazione negli Atti che concorda in modo tanto preciso con gli scritti di Ippolito, abbiamo altri indizi, benché labili, nel Nuovo Testamento. Molte volte sono stati fatti commenti sugli usi e costumi degli Esseni riguardanti la vita della comunità e la divisione dei beni materiali, notata sia da Giuseppe Flavio che da Filone, in quanto essi costituiscono uno straordinario parallelo con la descrizione dei comportamenti dei primi seguaci ebrei di Gesù, così come vengono ritratti in Atti 2, 44-45, ed ancora in Atti 4, 32-25. Le istruzioni che Gesù dà al giovane che gli chiede che cosa deve fare per essere salvato (Luca 18, 22 e Matteo 19, 21) offrono un ulteriore, interessante paragone.

Gli Esseni condividevano con i Sadducei alcune norme rituali di igiene che erano contrarie alle pratiche Farisaiche. Nei Vangeli sinottici troviamo effettivamente Gesù che battaglia fieramente con i Farisei su questioni igieniche. In effetti, i Farisei erano noti per le loro fastidiose pratiche di igiene e per il lavaggio rituale delle mani, un tema che essi, ancora una volta, sembrano scegliere in maniera specifica come terreno di confronto nei riguardi di Gesù e dei suoi seguaci (Matteo 15, 1-2).

Nonostante i Rotoli, resta una persistente e continuativa tendenza ad usare i Farisei come metro con il quale giudicare l'Ebraismo del primo secolo, e questo fatto deve inevitabilmente portare a conclusioni inappropriate. Padre Joseph Fitzmyer, importante teologo cattolico, ed una delle maggiori autorità sui Rotoli, fa notare[1] che i Farisei non erano per niente il solo punto di riferimento, come ci appare anche solo da Giuseppe Flavio, senza far ricorso alla ricchezza del materiale dei Rotoli.

Naturalmente, coloro che non approvano l'ipotesi di un Gesù Esseno saranno in grado di sottolineare i fattori che ci portano in direzioni diverse da quelle che ho scelto io; tali punti dovrebbero essere compresi e discussi, ed in seguito si potranno esaminare le prove a favore di queste argomentazioni. Possiamo essere tutti d'accordo sul fatto che gli Ebrei religiosi prima del 70 EC osservavano tutti la Torah. Questo implica che c'era un'enorme base di convinzioni comuni a tutte le varie fazioni. Grazie alla ricchezza delle nuove informazioni forniteci dai Rotoli, possiamo cominciare a vedere un complesso mondo di Ebraismo non Farisaico che ha sia affinità che divergenze con il Farisaismo. Sembra anche avere dei paralleli con ciò che conosciamo del primordiale Cristianesimo Ellenistico (Paolino), ed ulteriori, ma diversi, paralleli con quel poco che sappiamo dei seguaci ebrei di Gesù prima della rivolta degli Ebrei. Pertanto, non ci sono scusanti per l'utilizzo di puri esempi di osservanza della Torah allo scopo di collegare Gesù con una qualunque delle sette attive nell'ambito dell'Ebraismo del primo secolo. Eventuali esempi di punti di concordia tra Gesù ed i Farisei che fossero meno banali, e non solo semplici illustrazioni di osservanza della Torah, dovrebbero essere soppesati contro le differenze che pure si possono vedere; ed in ogni caso, si deve dimostrare che essi precludono ogni altra possibilità, prima che si possano trarre conclusioni da essi.


Note:

[1] Joseph A. Fitzmyer, S.J.: "Responses to 101 Questions on the Dead Sea Scrolls" 1993. [indietro]

[2] Robert Eisenman/Michael Wise: "The Dead Sea Scrolls Uncovered" 1992. [indietro]

[3] Geza Vermes: "The Complete Dead Sea Scrolls in English" 1962-1997. [indietro]

[4] Matthew Black: "The Scrolls and Christian Origins" 1961 (reprinted 1983). [indietro]

[5] Jonathan Campbell: "Deciphering the Dead Sea Scrolls" 1996. [indietro]

[6] Hyam Maccoby: "The Mythmaker" 1998. [indietro]


Note del traduttore:

[a] Geenna è il termine utilizzato nei Vangeli per indicare l'inferno. Il termine deriva dal nome della Valle di Ge-Hinnon, vicino a Gerusalemme, che era utilizzata come discarica della città. All'epoca, per eliminare i rifiuti li si bruciava: pertanto, nella valle della Geenna ardevano fuochi pressoché perenni. La doppia caratteristica: discarica di immondizia + fuoco eterno, rendeva facile identificare la valle con l'inferno dei peccatori. [indietro]

[b] Per una sintesi dell'ipotesi di Hyam Maccoby, si vedano i seguenti brani (in inglese):
Jesus and the Jewish Resistance, tratto dal libro: Revolution in Judea: Jesus and the Jewish Resistance
The Problem of Paul, tratto dal libro: The Mythmaker: Paul and the invention of Christianity
Un riassunto molto sintetico è anche disponibile nel mio articolo GDN: un caso ancora aperto, disponibile nella sezione Originali di questo sito [indietro]

[c] [Marco 4, 10] Quando fu solo, i discepoli con i Dodici lo interrogarono sulle parabole [11] ed egli rispose loro: "A voi è stato dato il mistero del regno di Dio, ma per quelli che sono fuori tutto avviene in parabole, [12] affinché
vedendo vedano, ma non intendano
e ascoltando ascoltino, ma non comprendano,
perché non avvenga che si convertano
e sia loro perdonato
"
La citazione di Gesù è da Isaia 6, 9-10. [indietro]

[d] In effetti la Bibbia CEI parla di "una colletta per i poveri che si trovano tra i santi in Gerusalemme"; la lettura è confermata dalle altre Bibbie a mia disposizione (CEI interconfessionale, Nuova Riveduta evangelica, Revised Standard Version anglicana, Vulgata cattolica). A parte il fatto che già nel 50-60 EV la Chiesa batteva cassa (come tutte le sette religiose agli esordi, peraltro), si deve notare che in questo brano l'identificazione "poveri" = "comunità di Gerusalemme" è abbastanza vaga. A meno che non si voglia dare questa lettura: la comunità di Gerusalemme era definita come "i Santi", ed i grandi capi si facevano chiamare "i Poveri": il significato è stato poi distorto nel tempo, per motivi diversi. Questa ipotesi, però, mi sembra richiedere un po' troppa "lettura tra le righe". [indietro]


L'autore mi ha richiesto di inserire la seguente precisazione:

Sid Green è un appassionato di studi neotestamentari. Non ha una formazione specifica, derivante da studi storici e/o teologici. Le idee espresse nel presente articolo sono da ritenersi sue proprie, e non espressive della linea di pensiero di qualche scuola religiosa o storico/filosofica.
Per ulteriori informazioni, scrivete direttamente a Sid Green.

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