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 Libro del mese   

Anno 2014


Teorici del pensiero politico
ed economico
FEBBRAIO 2014 Prima edizione, maggio 2011

L'Autore

Gabrio Casati è un autore collettivo. Dietro questo nome si cela una pluralità di esperti legati da vincoli di amicizia. Ha esordito nel 2006 sulle pagine del quotidiano (oggi cessato) Il Riformista. Questo è il suo primo libro.

Gabrio Casati

Luigini contro contadini
Il lato oscuro della Questione Settentrionale

Editore

Guerini, Milano, 2011.
Collana "Sguardi sul mondo attuale".

ISBN 978-88-6250-328-0

Casati
La citazione del titolo proviene da un'opera di Carlo Levi, L'orologio. In essa, l'autore di Cristo si è fermato a Eboli tracciava un profilo dell'Italia e dei suoi destini. Levi distingueva tra i «Luigini», ovvero i parassiti, quelli che si spartiscono le rendite senza aver lavorato, e i «Contadini», cioè quelli che si spezzano la schiena dalla mattina alla sera e che non hanno santi in paradiso. L'autore assume questa dicotomia come punto fermo: è il paradigma su cui intraprende l'analisi scientifica.

Per vedere se esiste veramente una Questione settentrionale, l'Autore analizza diverse statistiche economiche scorporando i dati su base regionale. Le fonti sono autorevoli (Agenzia delle entrate, Unioncamere, ecc.). Se il Nord avesse un andamento uniforme e tale andamento fosse distinto da quello del Sud, allora si avrebbero delle ragioni per concludere che in Italia esiste una questione settentrionale. Vediamo cosa si scopre da queste analisi:
  1. L'evasione fiscale è più alta in Lombardia e in Campania. Questi sono i valori assoluti. Ma i valori relativi (ovvero il rapporto tra PIL regionale ed evasione) sono molto diversi. Quattro regioni del Sud hanno un rapporto evasione/PIL che supera il 60%, mentre la Lombardia scivola all'ultimo posto con il 13%. Al penultimo e al terzultimo posto si collocano Emilia-Romagna e Veneto.
  2. Nel 2009 "Centro Studi Sintesi" ha voluto misurare la capacità di spesa in rapporto al reddito pro capite dichiarato in ciascuna regione. Se i due valori sono coerenti (ipotesi di partenza), la popolazione è virtuosa, cioè dichiara quello che guadagna veramente. I risultati mostrano un'Italia divisa in due tra un Centro-Nord sostanzialmente fedele e un Sud caratterizzato da un'ampia infedeltà fiscale. 
  3. Una ricerca Unioncamere sul residuo fiscale delle Amministrazioni pubbliche effettuata nel 2008 mostra che solo sette regioni registrano un saldo positivo. Quindi, il rapporto tra Contadini e Luigini è sbilanciato a favore di questi ultimi. Di queste sette regioni, le prime quattro si trovano tutte al Nord (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte).
Quindi, dall'analisi dei dati su base regionale si osservano delle nette differenze. Queste differenze, peraltro hanno sempre base territoriale: i valori economici e finanziari del Centro e del Nord sono in territorio positivo, "ce la fanno", il Sud invece è in profondo rosso. Però l'autore conclude che non esiste una Questione settentrionale poiché le regioni che tengono su l'Italia non sono tutte quelle del Nord, ma sono solo tre: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Mi sembra un tesi bizzarra! Prima si afferma che i «Contadini» sono solo tre su venti e poi si conclude che non è in dicussione la causa nazionale!

L'Autore sostiene che non tutte le regioni settentrionali sono virtuose. Faccio una semplice osservazione: al Nord ci sono tre regioni a statuto speciale. Ne ha tenuto conto Gabrio Casati? Queste regioni ricevono grossi finanziamenti dallo stato centrale: probabilmente ricevono più di quello che danno. Ecco perché non appaiono insieme alle tre regioni virtuose. La controprova? Poniamoci questa domanda: nelle classifiche sulla vivibilità, Trento, Udine ed Aosta hanno lo stesso punteggio delle regioni del Sud oppure hanno lo stesso punteggio delle regioni del Centro e del Nord? La risposta è ovvia.

Qualche anno fa Gianfranco Miglio proponeva di ridefinire l'architettura istituzionale attraverso la creazione delle macroregioni; inoltre proponeva che il rapporto tra esse e lo stato centrale fosse definibile mediante un contratto. Egli intendeva dire che le due parti dovevano essere alla pari.
Gabrio Casati invece non mette in discussione la "causa nazionale". Il suo ragionamento conclusivo contiene una premessa e una conclusione. La premessa è il dato di fatto, ciò che è innegabile, che tutti possono vedere; la conclusione rappresenta un punto di vista consapevole, ciò che può essere visto solo chi guarda in profondità. Premessa: «L'Unità d'Italia, come tutte le esperienze non più pienamente di successo, deve essere rivista nella sua pratica attuazione». Conclusione: è «un problema distributivo» (pag. 59). Chi paga «ha diritto a una qualche contropartita» (pag. 60). Lo Stato centrale (che non si mette in discussione) deve «giustificare giornalmente» il vantaggio e l'interesse che derivano ai pochi «Contadini» dall'appartenere ad esso (pag. 62).

Contesto questa conclusione: il quadro che può essere colto da chi osserva in profondità è che nonostante 150 anni di unità politica il Paese non si è ancora unito. Questo libro, che iintendeva presentarsi come un'opera «politicamente scorretta» (Prefazione di Giulio Sapelli), risulta invece scritto sul solco di un tracciato ampiamente battuto.
Alla fine si scoprono anche gli altarini. Pochi giorni dopo aver finito questo libro ne ho preso uno sulla storia d'Italia. Ebbene, ho scoperto che un Gabrio Casati è veramente esistito. Il conte Gabrio Casati (1798-1873) fu podestà di Milano dal 1837 al 1848. Durante il fatidico 1848 presiedette il Governo provvisorio milanese. Non capisco perché gli autori del libro non hanno voluto scriverlo.