Home page      

 Libro del mese   

Anno 2013


Teorici del pensiero
politico ed economico
SETTEMBRE 2013 Prima edizione, aprile 2012

L'Autore

Michael Spence è professore emerito in Management presso la Scuola di Economia per laureati di Stanford (USA). Nel 2001 è stato insignito del Premio Nobel per l'Economia.

Michael Spence

La convergenza inevitabile
Una via globale per uscire dalla crisi

Editore

Laterza, Roma-Bari, 2013
Collana: "Anticorpi"

Ed. or. The Next Convergence. The Future of Economi Growth in a Multispeed World.

Spence
Nel 1950 il mondo era diviso nettamente in due: da una parte i Paesi sviluppati, dall'altra i Paesi in via di sviluppo. I primi comprendevano solo il 15% della popolazione mondiale. A partire dalla metà del secolo scorso è iniziato un processo che ha portato nuovi Paesi a raggiungere il club dei ricchi: il Giappone in primis, poi le Tigri asiatiche. Recentemente, Paesi come Cina e Brasile hanno moltiplicato il reddito medio rispetto alla metà del secolo.

Secondo l'Autore, entro il 2050 il differenziale tra il primo blocco di Paesi e il secondo si ridurrà ulteriormente. Da qui il titolo: la convergenza inevitabile.
Il libro è diviso in quattro parti.

Parte Prima (da pag. 11 a pag. 62): cos'è successo dal 1950 al 2000? Nel 1950 l'Asia era l'ultimo continente in fatto di sviluppo. Era superata anche dall'Africa, ricca di materie prime. Successivamente, mentre l'oro e i diamanti sono diventati un fattore di instabilità per l'Africa, l'Asia si è avviata sulla strada dello sviluppo. Negli anni novanta l'Africa è rimasta ferma, mentre Asia meridionale e orientale hanno sorpreso per l'accelerazione del loro sviluppo, andando al di là delle previsioni degli economisti. Il Paese che ha clamorosamente superato le previsioni è stata la Cina: praticamente nessuno aveva previsto per il colosso asiatico una crescita sostenuta del 9 per cento annuo. In conclusione, nella seconda metà del XX secolo, "i risultati sono stati più o meno l'esatto contrario delle previsioni" (pag. 30)

Gli economisti hanno cercato, a posteriori, di spiegare questo fenomeno, creando un modello composto da due variabili: fattori interni e fattori esterni. L'Autore taglia corto: non ha realmente senso parlare di cosa abbia causato cosa. Tutto è codeterminato (p. 50).


Parte seconda: la crescita alta e sostenuta nei Paesi in via di sviluppo (da p. 64 a p. 158): perché questo processo di modernizzazione è cominciato nel secondo dopoguerra? La risposta è nell'economia globale: la crescente liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, unita ai trasferimenti di conoscenze e tecnologia. L'esito del primo processo è la creazione di un mercato mondiale; il secondo fattore, la conoscenza, è il bene più importante per il capitale umano.

Quali sono i Paesi in cui c'è stata crescita e quali sono le misure prese dai governi che hanno favorito un'accelerazione prolungata della crescita? Le economie a crescita sostenuta sono tredici: Giappone, Hong Kong, Taiwan, Cina, Corea del Sud, Indonesia, Malaysia, Singapore, Thailandia, Oman, Brasile e Botswana.
Gli “ingredienti interni fondamentali” sono: affidarsi ai mercati e agli incentivi; investire una quota fissa e costante del PIL. L'importanza degli investimenti pubblici sta nel fatto che rendono più remunerativi gli investimenti privati (p. 92). Il problema dei Paesi in via di sviluppo è sempre stato il sottoinvestimento (p. 100)
La qualità della democrazia di uno Stato è stato un fattore importante ai fini della crescita alta e sostenuta nei tredici paesi considerati? Realisticamente, la risposta è no. C'è un numero significativo di paesi a crescita alta che non si possono definire democrazie. (p. 133)

Terza Parte: la crisi e le sue conseguenze (da pag. 162 a pag. 234)
La crisi scoppiata nel 2008 con il fallimento del colosso Lehman Brothers ha interrotto un periodo di crescita prolungata. È stata la prima crisi dell'economia globale. L'Autore esplora l'impatto della crisi e le sue conseguenze sui Paesi in via di sviluppo. La crisi sembra aver definitivamente convinto gli economisti e i governanti che il sistema finanziario internazionale sia periodicamente soggetto a fasi d'instabilità (pag. 176). Inoltre, la formazione di enormi bolle speculative ha accreditato l'opinione che sia mancata un'autoregolamentazione del mercato. Scrive Spence: “È alquanto dubbio che la regolamentazione esterna possa bastare a garantire la stabilità finanziaria […]. Le proprietà autoregolatrici del sistema sono necessariamente una componente importante” (pag. 182).

Quarta parte: il futuro della crescita (da p. 236 a p. 350)
Dopo aver spiegato perché l'economia globale rende possibile una crescita alta e sostenuta, ed aver analizzato il processo di convergenza che va avanti dal 1950, l'Autore si chiede qual è la tendenza per i prossimi quarant'anni, fino al 2050. Quali sono le tendenze positive, le onde lunghe che devono essere cavalcate dai Paesi emergenti? Innanzitutto bisogna chiedersi se tali nazioni saranno in grado di mantenere il ritmo che hanno tenuto finora. Spence è molto chiaro: le economie emergenti sono in grado di gestire il proprio successo, quindi cresceranno ancora; al contrario, il sistema economico globale non ha le capacità per adattarsi a questo processo di lunga durata. Poi passa a descrivere le sfide più importanti che attendono, Cina, India e Brasile, i nuovi “colossi” dell'economia globale.

I tre capitoli successivi riguardano l'influenza che fenomeni esterni all'economia, però globali, possono esercitare sui Paesi emergenti: il possibile esaurimento delle materie prime, il riscaldamento globale e l'enorme sviluppo delle tecnologie informatiche.

Negli ultimi capitoli si parla della possibilità di una governance globale, cioè della possibilità di creare regole cui corrispondano poteri a livello mondiale. Questa possibilità è stata intravista nei primi anni della crisi; ma le soluzioni sono venute da politiche di livello nazionale e continentale. Il vecchio G7 (otto con la Russia) è stato depotenziato a vantaggio del G20, ma questo organismo rimane una conferenza di Stati sovrani e non un ente con poteri propri.