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 Libro del mese   

Anno 2013


Area linguistica e semiotica
GENNAIO 2013 Prima edizione, 2008



L'Autrice

Beatrice Mortara Garavelli  è professore emerito di Grammatica italiana all'Università di Torino.

Bice Mortara Garavelli
(a cura di)


Storia della punteggiatura in Europa


Editore

Laterza, Roma-Bari, 2008.
Collana "Enciclopedie del Sapere"


ISBN

La punteggiatura! È dalle scuole superiori che desidero sapere qual è stata la sua evoluzione! È un argomento intrigante perché: 1) è modellata sul discorso naturale (la sua ragion d'essere è la lingua naturale, è serva delle inflessioni e delle pause del discorso), ma non è naturale: è stata inventata; 2) è interlinguistica (i segni sono uguali per tutte le lingue).

Desideravo da tanto tempo sapere quando erano stati inventati questi segni. Il libro traccia una storia della punteggiatura di tutte le principali lingue europee, non tralasciando neanche quelle non indoeuropee (basco e lingue ugro-finniche). Lo spazio dedicato all'italiano, ovviamente, primeggia (145 pagine); ma le pagine riservate al francese e al tedesco (80 pp. ciascuna), permettono di avere un quadro esauriente. La trattazione dell'inglese (55 pagine), invece, è troppo stringata nella parte dal Seicento ad oggi.

In apertura del libro, Anna Laura e Giulio Lepschy tratteggiano un affresco introduttivo (è una lezione di linguistica generale).
Dicevo dello spazio dedicato all'italiano. Prima ancora delle lingue romanze vi è un capitolo riservato all'interpunzione nell'antichità greca e latina. Partire dall'età antica è importante, soprattutto il greco è stato fondamentale. Una delle scoperte che ho fatto in questo libro è che gli accenti nella lingua italiana furono "importati" dal greco. L'operazione fu fatta dal famoso stampatore veneziano Aldo Manuzio alla fine del Quattrocento. Ma questa è solo una delle scoperte che ho fatto con questo libro.

Ho scoperto anche che in età antica si usava scrivere tutte le parole vicine (scriptio continua). Solo leggendo ad alta voce, come si usava abitualmente, si sarebbe capito il senso.

In età carolingia emerse l'esigenza di una migliore comprensione a prima vista dei testi. Cos'era successo? Che il latino non era più parlato. Fino all'età romana, la scriptio continua non presentava problemi poiché il latino era una lingua viva. Accostarsi a un testo non richiedeva troppo sforzo. Quando invece la lingua dei testi non fu più la lingua parlata, emerse una nuova esigenza: arricchire il testo con segni che rendessero più facile l'interpretazione. Fu una delle molle più potenti che fecero scattare in Occidente gli studi sui metodi di interpunzione. Fino ad allora le pergamene scritte in latino contenevano due soli segni: il punto (in tre versioni: basso, medio e alto, con grado crescente d'importanza) e i due punti. I due punti avevano una funzione diversa rispetto ad oggi: indicavano la fine del testo. La logica è: se un punto segna la fine di un periodo: due punti sono la fine di tutto.

Nel Medioevo, il segno di fine opera nei testi latini divenne ";". Lo stesso segno esisteva già nei testi greci, ed era usato nel senso di punto interrogativo.

Alla fine del Quattrocento, Aldo Manuzio adattò alcuni segni finora usati solo per il greco ai testi latini. Le innovazioni furono quattro:

  1. Il segno "," piacque a Manuzio poiché scende (anche se di poco) sotto la riga ed è quindi diverso dagli altri. Manuzio fu il primo ad usarlo in senso moderno;
  2. Il segno ";" fu impiegato non più per indicare la fine del testo, ma per delimitare due proposizioni dello stesso livello gerarchico (cioè come si fa oggi);
  3. Il segno dell'apostrofo fu mutuato anch'esso dal greco;
  4. Manuzio fu il primo stampatore a reintrodurre gli accenti, caduti in disuso in latino e utilizzati soltanto nei testi in greco.
Come nell'evoluzione delle specie viventi, quando si verifica un'esplosione evolutiva numerosissime nuove specie appaiono sulla faccia della Terra, poi la Natura s'incarica di selezionare quelle più adatte, così nelle fasi iniziali della codifica della punteggiatura, apparvero più definizioni per uno stesso segno, che poi si ridussero invariabilmente ad una. Un esempio: alla fine del Cinquecento esistevano numerose definizioni del "punto esclamativo": "punto ammirativo", "affettuoso", "patetico"!