Nel 168 A.C. (dopo la vittoria contro la
coalizione dei Galli, Etruschi ed Umbri) iniziò la colonizzazione romana che
modificò profondamente il territorio: furono bonificate le paludi, disboscata
la selva che copriva la zona ed effettuata la centuriazione orienta secondo gli assi cardinali.
Nel 187 A.C. fu costruita la via
Emilia che ricalcava il sentiero preistorico. Dall'abitato di Forlimpopoli
usciva una strada che portava diritto verso il fiume. Tale strada
attraversava il fiume Ronco mediante un ponte, di cui sono state scoperte due
imponenti arcate.
Il ponte mostra segni di riparazioni
in tempi diversi; nei pressi dell'ultima arcata furono trovate macine intere
da mulino e uno scivolo in pietra che convogliava le acque in uscita. La
presenza di un mulino ad acqua prova che quell'invenzione di origine
orientale era già giunta in Italia e crea la figura del mugnaio e del mulino
come centro di aggregazione. Questo è il probabile fulcro dell'insediamento
di Selbagnone.
Durante il VI-VII secolo D.C. si
verificò un raffreddamento del clima che provocò una serie di grandi
alluvioni e la distruzione del ponte con lo spostamento di quasi 150 metri
del corso del fiume. Infatti sotto il terrazzo fluviale sono stati rinvenuti
10-12 metri di sabbia e ghiaia. Furono queste sovralluvioni che coprirono,
con circa tre metri di argilla la grande villa romana scoperta recentemente
nel territorio di Forlimpopoli. Lungo questo fiume sono sempre stati presenti
mulini: quello di Selbagnone ha lavorato dal 150 D.C. al 1957. Era alimentato
da un canale che proveniva da Meldola e serviva prima il Molinaccio e la
Gualchiera. Questo antico canale modificò il suo corso a seguito della
variazione dell'alveo del fiume Ronco. Rimangono tracce delle antiche
condotte presso il mulino Neri. Attingendo acqua nel punto più profondo del fiume
il mulino poteva macinare anche quando tutti gli altri erano fermi. In questi
periodi doveva supplire alla loro inattività e macinare almeno dieci
"stare" di farina al giorno. La sua ricchezza era dimostrata dalla
"visenda", cioè dalla capacità di non fare attendere i contadini
per la macinatura, data la presenza di scorte di farina già macinata. Questo
antico canale fu sostituito dal canale Doria, che si originava in prossimità
del ponte dei Veneziani a Meldola.
Attualmente il suo corso, vero reperto
di archeologia industriale, risulta mancante della parte terminale, allorché
si danneggiò il ponte sopraelevato che attraversava il fiume stesso.
Altri mulini sorgevano nella zona lungo il canaletto, oggi
Ausa Nuova, che si snodava lungo i confini tra Forlì e Forlimpopoli. Questi
mulini presero impulso sotto gli Zampeschi, signori di Forlimpopoli, che non
potevano usare quello di Selbagnone, perché di proprietà Forlivese. Edificarono
altri due mulini (Il Molinaccio e il Brunoro) dove i forlimpopolesi erano
obbligati ad andare e che la signora Battistina Savelli sovrintendeva
affinché i cittadini non fossero frodati. Nella zona di Selbagnone sono da
annoverare diversi mulini da Guado, erba tintoria della famiglia delle
Crocifere. Nel 1550 il giro di affari di questa pianta a Forlimpopoli era di
20.000 ducati l'anno. Da qui i pani di guado partivano alla volta della
Lombardia e di Venezia. Legati ai mulini erano i maceri, oggi quasi
completamente distrutti. Nel secolo successivo, l'introduzione dell'indaco
dall'oriente, portò ad un declino della coltivazione di questa pianta (Isatis
tinctoria) tanto che oggi essa è scomparsa.
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