SOREN  Kierkegaard



 
 

 

 

«Io ho un solo amico, è l'eco: e perché è mio amico? Perché io amo il dolore e l'eco non me lo toglie.
Io ho un solo confidente, è il silenzio della notte. E perché è il mio confidente? Perché il silenzio tace».

 Kierkegaard fa parte dei cosiddetti tre filosofi asistematici, con Schopenhauer e Nietzsche, che concludono l'Ottocento. Avendo ancora innanzi il Novecento.  

«Lasciamo che gli altri si lamentino che i tempi sono cattivi; 
io mi lamento che il nostro tempo è miserabile, poiché è senza passioni... 
I pensieri degli uomini sono sottili e fragili come merletti, essi stessi miseri 
come le ragazze che fanno i merletti. 
I pensieri delle loro menti sono troppo meschini per essere peccaminosi. (...) 
Fanno il loro dovere, queste anime da bottegai, ma si permettono 
però come gli ebrei di grattare un poco le monete 
credendo che per quanto il Signore sia esatto nella sua contabilità, 
si possa sempre riuscire a truffarlo un tantino».

Kierkegaard, Aut-aut, in Opere, a cura di Cornelio Fabro, Piemme, 1995, vol. I

 

 "Nella specie animale – dice Kierkegaard – vale sempre il principio che  il singolo è inferiore al genere. Il genere umano ha la caratteristica, appunto perché ogni singolo è creato ad immagine di Dio, che il Singolo è più alto del genere". Invece secondo il suo pensiero,ogni singolo uomo è direttamente coinvolto nel suo destino e la ricerca della verità non è mai oggettiva o distaccata bensì appassionata e paradossale. Kierkegaard considera come suo compito essenziale quello di inserire la persona singola, con tutte le sue esigenze, nella ricerca filosofica.

L’esistenza – sostiene Kierkegaard – corrisponde alla realtà singolare, al Singolo; e non coincide mai con il concetto : un uomo singolo, concreto, determinato non ha certo un’esistenza puramente concettuale. Invece la filosofia hegeliana pare solo interessata ai concetti : essa non si preoccupa di quell’esistente concreto che siamo io o tu. Il sistema hegeliano ha inoltre la pretesa di spiegare tutto e di dimostrare la necessità di ogni evento. Ma l’esistenza non può essere ingabbiata in un sistema. Ed è sempre la singola esistenza che tiene in scacco tutte le forme di immanentismo e di panteismo, con cui si tenta di ridurre, annullare o riassorbire l’individuo singolo nell’universale.

Ad Hegel che sosteneva l’identità di interno ed esterno, esprimendo così il principio dell’appartenenza inseparabile che i contrari hanno nel concetto, e grazie a cui è possibile la dialettica, il movimento, il progresso, Kierkegaard afferma l’opposto : quanto minore sarà l’esteriorità, tanto maggiore sarà l’interiorità (si pensi alle figure di Socrate e di Cristo: esteriormente erano persone comuni, Socrate era anche piuttosto bruttino; ma interiormente …). Di qui anche la contestazione del passaggio hegeliano dalla quantità alla qualità, che è per Kierkegaard una "superstizione", in quanto si crede che, con l’aumentare delle determinazioni quantitative, venga fuori una qualità nuova, mentre la quantità è strutturalmente diversa dalla qualità. Infine, all’identità hegeliana di soggetto e oggetto, essere e pensiero ecc., Kierkegaard risponde che la vita intera è basata sulla contraddizione, sul paradosso e non vi è superamento di contrari bensì alternative impegnative che si escludono a vicenda : non vi è nessun et et ma solo un aut aut : o questo o quello, la vita è una scelta continua. La vita di ogni individuo è aperta ad un ventaglio di possibilità che comportano la scelta libera e responsabile del soggetto.

Nello stadio estetico l’esteta è colui che vuole vivere nell’attimo, cercando dI coglierne la pienezza. Egli intende fare della sua vita un’opera d’arte, da cui sia bandita la noia, la tristezza, la monotonia. "Godi la vita e vivi il tuo desiderio", dice l’estetica, che trova il suo modello nella figura del Don Giovanni  il quale sa porre il suo godimento nella limitazione e nell’intensità dell’appagamento. In questo stadio però non è possibile, secondo Kierkegaard., né scelta autentica né libertà : infatti l’esteta lascia alle circostanze decidere per lui. Inoltre l’ultimo sbocco della vita estetica è la disperazione. Essa sorge dall’aver voluto basare la vita solo su se stesso e non sugli altri e su Dio. "Chiunque vive esteticamente è disperato, lo sappia o non lo sappia; anzi, forse più di ogni altro è disperato colui che non sente in sé nessuna disperazione".

Kierkegaard evidenzia la dialettica del desiderio: individua tre stadi; nel primo si ha il desiderio "sognante" inteso come presentimento,preparazione,vagheggiamento ideale di un oggetto d'amore. Il secondo stadio rappresenta il desiderio "cercante" che vuole scoprire l'oggetto del desiderio; il terzo è il desiderio "bramante" irresistibile e vittorioso. 

Nell'opera Don Giovanni  identifica l'infedele come colui che non ama una donna ma tutte le donne e piu' precisamente l'idea di femminilità che ogni donna incarna. Don Giovanni vive nell'attimo: vedere e amare sono per lui la stessa cosa; costituiscono un momento che si ripete all'infinito senza complicazioni morali o intellettuali. ma Kierkegaard lo definisce piu' un "ingannatore" che un seduttore: la sua potenza seduttrice deriva dalla forza del desiderio, ma per essere un vero seduttore gli manca il tempo per elaborare un progetto. 

La figura dell'esteta non è un seduttore nel senso comune del termine: non gli importa di possedere fisicamente una donna, quanto di goderla esteticamente. L'arte del seduttore intellettuale consiste nell'incantare la donna con le sue doti dello spirito, portandola all'abbandono assoluto per godere di tale smarrimento, senza però perdere la padronanza di sè e tenendo sempre pronta l'arma dell'ironia. Nell'opera emerge una visione dell'amore paradossale: l'amore porta l'uomo ad essere schiavo della donna,la cui caratteristica essenziale è l'assurda pretesa di credersi indispensabile nella vita dell'amante. Invece è proprio l'assenza della donna e non la sua presenza a rendere grande un uomo. La donna è l'essere piu' seducente della terra, tanto perfetta quanto imperfetto è l'uomo:un essere capace di ingannare sia gli uomini che gli dei. Ma vi è una categoria di uomini, definiti seduttori che si accorge dell'inganno, "mangiano solo l'esca senza essere presi" Ma tra la donna e un seduttore c'è un intesa segreta: ad ogni donna corrisponde un seduttore, deve solo trovarlo "godere dell'inganno senza essere ingannati". Attraverso la dialettica amore-donna, l'autore arriva alla definizione dell'inconsistenza etica del principio del piacere.

 

Nella vita etica, l’uomo si sottopone ad una forma, si adegua all’universale e rinuncia ad essere l’eccezione. La vita etica è raffigurata dalla figura del marito  e dall’elogio del matrimonio. E’ l’uomo che sceglie se stesso, che in questa scelta afferma la continuità della sua vita, l’impegno e non la fuga dalle responsabilità; in una parola, accetta la ripetizione. Essa è la possibilità di riconfermare il passato, accettando ogni volta e in modo nuovo di amare la stessa donna, di avere gli stessi amici, di esprimersi nella stessa professione. La ripetizione indica la serietà della vita, è il coraggio etico della vita. Come uomo etico, il marito ha il dovere di conformarsi alla legge morale che è universale, ma nello stesso tempo egli rischia di perdere nella anonimità e nella folla la sua personalità e la sua autonomia. Inoltre nello stadio etico ci si imbatte nella contraddizione del pentimento. Infatti, se l’uomo sceglie se stesso fino in fondo, trova, secondo Kierkegaard, la propria origine, cioè Dio, nel senso che c’è in noi un’ansia di infinito che non si lascia racchiudere nei limiti di marito e lavoratore. Ma poiché di fronte alla maestà divina l’unico sentimento che l’uomo può provare è quello della propria inadeguatezza morale, cioè della propria colpevolezza, l’esito finale della vita etica è appunto il pentimento. L’uomo etico viene così messo di fronte al peccato, il quale però non è più una categoria etica bensì religiosa. Col pentimento dunque si esce dalla sfera dell’etica per entrare in quella della religione, il che richiede il salto della fede, che è un salto ancora più radicale di quello che divideva l’ambito etico da quello estetico.

 

 

IL  PENSIERO  DI  SÖREN  KIERKEGAARD

Una  Mappa  Concettuale
Mappa concettuale del pensiero di Soren Kierkegaard  -  © 2000  Alberto Maldino


 

 

 

Vita estetica
  • Assenza dell’atto di scelta  
  • Negazione dell’ autocoscienza individuale  
  • Predilezione del momento, a scapito della continuità  
  • La sensualità nella seduzione: Don Giovanni  
  • La musica come espressione somma dell’oscillazione estetica
  • La disperazione come via d’uscita, in quanto scelta
 
Vita etica
  • Scelta di sottoporsi alla possibilità dilemmatica fra bene e male  
  • Traduzione in realtà degli universali contrastanti  
  • Esposizione all’angoscia vertiginosa  
  • Insanabile inadeguatezza dell'uomo di fronte all'universale disperazione 
  • Socrate 
 
Vita religiosa
  • Superamento della disperazione  
  • “Salto” verso la fede (irrazionale ed anti-etica)  
  • Il Singolo direttamente di fronte a Dio  
  • Paradosso e scandalo nell’incarnazione di Cristo