Antonio Montanari Tam Tama di Ottobre 2003
Sommario 882. Favole (26.10.2003) 881. Scordarsi (19.10.2003) 880. Fascino (12.10.2003) 879. Se cè la stoffa (5.10.2003)
Tama 882. Favole Una volta i bambini li facevano nascere sotto i cavoli. Con lo sviluppo industriale, sono arrivate le cicogne. Ora non ci credono più nemmeno allasilo. Dicono che sono favole. Come quelle che raccontano con finto candore i massoni. Nel 2003 hanno ingrossato le loro fila: mille nuovi iscritti al GrandOriente dItalia, governato da un romagnolo, Gustavo Raffi, che va orgoglioso della corsa al grembiulino che affascina soprattutto i giovani. Letà media degli iscritti è scesa da 54 a 42 anni. Che cosa cercano i nuovi adepti nella massoneria? Sono attratti dagli studi esoterici e filosofici, spiega Raffi. Diceva un vecchio motivetto, che in due si canta meglio una canzon damore. In gruppo, si fanno meglio quegli studi. Soprattutto si può essere aiutati dai più esperti, senza bisogno di lezioni private. Uno da solo non combina niente in tali campi minati, dove si deve per forza ascoltare il parere di chi sa o crede di sapere cose arcane, ignorate dal volgo e rifiutate dalla cultura comune. Le riunioni in loggia (ha spiegato Raffi davanti alle telecamere di Giuliano Ferrara), servono a questi studi. Non sono occasioni per un mutuo soccorso nelle carriere come la gente pensa con perfidia (e forse invidia). Raffi ha tentato di demolire il mito di una massoneria che spartisce le fette della torta di uffici e poltrone, con la stessa carica di simpatia che un attore usa per proporre una propria maschera. Ma il pubblico a teatro sa che si tratta appunto di una maschera, quando applaude e si lascia trascinare nella finzione. Davanti alla recita dellavv. Raffi si prova la stessa sensazione: tutto sa di uninvenzione in cui però sembrano credere soltanto lui ed i suoi seguaci, unicamente perché dicendo cose diverse cadrebbe il mito della segretezza su scopi ed iscritti che impera ancora misteriosamente, nonostante le dichiarazioni di trasparenza e dapertura alla società. A Repubblica, Raffi ha detto che il loro principio è la ricerca dellarmonia: «Il partitismo divide, ma la politica affratella». Dunque le cose andrebbero così. In loggia si ritrovano adepti che militano in diversi partiti (anche dopposta linea in Parlamento). Discutono tranquilli e si mettono daccordo su nobili scopi da realizzare assieme. Una volta seduti sugli scranni della Camera o di un Consiglio comunale, essi riescono a dimenticare larmonia imposta dalla loggia? Se cercano di raggiungerla nei fatti, non è una favola, poveri noi. Antonio Montanari [Ponte n. 38, 26.10.2003]
Tama 881. Scordarsi Il miglior giornalista è quello che dimentica oggi quanto ha scritto nel passato. Ne è esempio vivente (ad multos annos) una firma più che celebre, Giorgio Bocca. Su Repubblica dell8 ottobre ricordando la tragedia del Vajont di quarantanni fa, ha composto un pezzo da smemorato in cui si legge: «Sul Corriere della Sera il giorno dopo la strage è apparso un editoriale intitolato Fatalità. Lo ha firmato un noto scrittore di Belluno che non sa niente della diga e del Vajont». Bocca, invece, era arrivato sul posto quasi sùbito, si era informato e quindi sapeva tutto. Però pure Bocca invocò la fatalità come spiegazione del tragico evento. Sul Giorno dell11 ottobre 1963 sostenne infatti: «Nessuno ha colpa, nessuno poteva prevedere». Andò poi sul tono filosofico e moraleggiante: «Ci vogliono queste sciagure per capirlo: terribile forza della natura che si scatena a caso. Non uno di noi moscerini vivo, se davvero la natura volesse muoverci guerra». Sullo stesso numero del Giorno un altro inviato espone opinioni diverse. Descritto il panorama «da primo giorno dopo il diluvio», ripercorre la recente storia del Vajont ponendo in risalto le voci che hanno contestato la presunta sicurezza della diga. Infine si domanda se fosse stata «una congiura di fatalità» ad aver portato la morte nel Vajont, e risponde: «Non si sa nulla. Nessuno sa nulla». Questaltro inviato continuò ad indagare fino a chiamare in causa, sempre sul Giorno, i responsabili della diga sul monte Toc (la società Sade) per il crollo di quei 270 milioni di metri cubi che fecero inondare e distruggere sei interi paesi. I nomi che restano più impressi sono quelli di Longarone, Erto e Casso. 1910 vittime. Per aver scritto la verità, questinviato fu denunciato. Al dibattimento presso il Tribunale dellAquila, lo stesso Pubblico Ministero ne chiese lassoluzione additandolo ad esempio di professionalità. Di questo collega, Bocca non sè ricordato. Non poteva ricordare i suoi meriti. Li ha dovuti oscurare, ignorandoli. Quel collega del Giorno, fu pure inviato a Saigon. Di lui Enzo Biagi scrisse: è stato l'unico dei nostri che capì come andavano a finire le storie del Vietnam. Le sue corrispondenze fecero ribollire a Roma il Ministero degli Esteri. Quellinviato del Giorno, era riminese. Aveva debuttato a Bologna. Quando scomparve tre anni fa, il bollettino dellOrdine emiliano-romagnolo dei giornalisti non gli dedicò un rigo. Si chiamava Guido Nozzoli Antonio Montanari [Ponte n. 37, 19.10.2003]
Tama 880. Fascino Scrisse Giovenale: «Cosa farò a Roma? Non so mentire». Aggiunse: «A Roma tutto ha un prezzo». Un altro rassicurò contemporanei e posteri: il denaro non puzza. Al contrario del letame che un bello spirito ha sparso davanti all'abitazione romana del presidente del Consiglio. Nunzio D'Erme, questo il suo nome, è un consigliere comunale di Rifondazione e consulente del sindaco per la «partecipazione democratica». Veltroni forse lo ha scelto durante la notte del grande buio. Ora che la luce è tornata, è il caso che cambi idea. Il bello spirito non sa che il letame concima: favorisce la crescita. E che la gente, pestando l'oggetto reso celebre da Cambronne, dice che porta fortuna. Se questa è la cultura dell'opposizione (e della «partecipazione democratica» nella capitale), il governo non ha nulla da temere. Piuttosto i grattacapi glieli procura qualche amico della maggioranza che vota con Rifondazione un articolo della legge sulla tv, che vieta ai bambini di apparire nella pubblicità. Niente più pannolini con creature in carne ed ossa. D'ora in avanti soltanto bambolotti. Per i cavalli a dondolo, truccheranno Bertinotti, persona dal viso gentile: ora aspira anche ad impersonare Pinocchio se accontenterà chi gli ha chiesto di giurare che «mai più farà cadere un governo di centro-sinistra». Intanto per la parte della Fatina si esercita (il profilo lo favorisce) l'on. Casini che ha lanciato un nuovo modo di esercitare le funzioni di presidente della Camera: invitare nelle proprie stanze domestiche gli amici che stanno al governo (Bea rlusconi, Fini e Follini) per cercare di metterli d'accordo. Dicono che Casini non abbia provato alcun imbarazzo. Neppure di stomaco. Merito del cuoco o della propria costituzione fisica, non certo di quella della Repubblica. Alla conferenza sulla Costituzione europea, Berlusconi ha reagito ai tentennamenti dei colleghi promettendo di risolvere tutto presto e bene. Con il sorriso che un'attrice usava per reclamizzare la seduzione di un sapone, ha detto: convincerò i riottosi con il fascino. Sempre allegro, il Cavaliere. Domenica ha minacciato Tremonti: lo impiccherò se non cala le tasse. A Rimini abbiamo dei problemi, con nostra gente che profitta del voto per fare affari? Niente nomi e cognomi, soltanto soprannomi. Intanto un sondaggio di «Domenica in» su chi ha stufato gli italiani, dava Berlusconi vincente. Forse si è fatto aiutare dagli amici per chiudere la Rai, da sempre covo sovversivo. Antonio Montanari [Ponte n. 36, 12.10.2003]
Tama 879. Se cè la stoffa Nicoletta Sacchi, milanese, non è un nome noto. Inutile cercarlo nelle liste di miss, veline o divette fotografate su quasi tutti i settimanali. Non è bionda, come le giornaliste preferite da Fede per il TG4. Il quotidiano inglese The Guardian lha schierata fra i 25 ricercatori più bravi degli ultimi ventanni («The giants of science»). Il suo modo di vestire dà ragione alla stilista Miuccia Prada: labbigliamento esprime anche la conoscenza (nel senso di pensiero). Abito sobrio, buona testa. Le fanciulle che risparmiano sulla stoffa per esibire le grazie naturali, meritano il dubbio sulla quantità di materia grigia presente nella loro graziosa scatola cranica. Nicoletta Sacchi non lavora in Italia, ma negli Usa a Buffalo, come medico. Ha fatto un percorso inverso a quello che Berlusconi suggeriva laltra settimana agli industriali di Nuova York: venite in Italia dove ci sono belle segretarie, e si può anche morire felici perché non esiste più la tassa di successione. Non è unemigrante povera, la Sacchi, ma una studiosa umiliata dal sistema Italia. Non le è mai riuscito di «avere un laboratorio per mettere le radici a Milano», dove pure ogni tanto ha insegnato dopo aver anche vinto dei concorsi. Questa è la nuova Italia. In cui alle nozze del principe dei sottaceti signor Savoia la Rai ha dedicato una diretta quasi che abitasse al Quirinale come il bisnonno scappato dopo lannuncio dellarmistizio. Al TG5 abbiamo visto il neo sposo in una commossa comparsata in studio, solitamente riservata a protagonisti di qualche più significativa impresa. Non condivido la diagnosi di Filippo Ceccarelli («La Stampa») secondo cui «un Paese che si prende sul serio non dovrebbe prendere troppo sul serio» quella dinastia. Non confondiamo tra il Paese e la classe dirigente politico-giornalistica. I Grandi Quotidiani per divagarci ci offrono quasi tutti le cronache savoiarde al posto di compromettenti resoconti su Telekom Serbia, e su alcuni compagni di merende a Palazzo Chigi inseriti nella commissione parlamentare assieme a truffatori e massoni, in un inedito servizio di spionaggio creato per sputtanare Prodi. Il Paese di oggi, ammette Licio Gelli (ex P2), è quello che lui progettava trentanni fa. Ma i politici ora al governo e suoi vecchi amici, gli appaiono molto modesti, mediocri e «tutti ricattabili». Alcuni li ha persino finanziati in passato (Fini, dice lui). Parole illuminanti nellItalia del buio non soltanto elettrico. Antonio Montanari [Ponte n. 35, 5.10.2003]
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