Antonio Montanari Tam Tama di Agosto-Settembre 2002
Sommario 842. Tappeti (28.7) 842. Bel colpo (29.9) 841. Facce (22.9) 840. In ginocchio (15.9) 839. Lezioni (1.9) 838. Colpi di sole (25.8) 837. Battute (4.8)
Indice del Tam Tama 2002 Tama 842. Bel colpo Non è vero che due comici facciano un giornalista. La teoria ha avuto tra i più recenti sostenitori Massimo D'Alema al quale quand'era al governo (sono sue parole) la lettura dei quotidiani provocava forti crampi allo stomaco. Adesso la teoria è stata messa in pratica da Silvio Berlusconi. Ce l'ha fatta. Nel senso che è riuscito finalmente ad allontanare Enzo Biagi dallo spazio di primissima serata su Rai Uno. E nel significato che ci ha fregato l'unica voce giornalistica indipendente che esisteva su quella rete. Hanno scritto che i due comici raccolgono milioni di ascoltatori. Secondo alcuni, sono tutti bambini. Al di sotto dei quattro anni, aggiungo, e cioè (sperando che non mi denuncino al Telefono azzurro), incapaci d'intendere ma non di volere guardare oscenità come la scenetta in cui un malato di Parkinson è picchiato duramente dai due a stomaco e genitali, perché non riesce a fargli una foto. E' forse il nuovo metodo Montessori dell'Italia più moderna, ovvero come ti educo il pupo. Intanto impara a menare, che poi per sparare avrai tempo: con le lezioni del telegiornale, i discorsi di qualche politico impegnato nella caccia agli emarginati (fratelli d'altre contrade, uomini come noi, gli extracomunitari), qualche ripassino con mafia e camorra. Per chi vuole essere non sollazzato ma informato, resta la speranza che Biagi ritorni, magari in un circuito di piccole tivù consorziate fra loro. Non ha dato fastidio il suo continuo successo. Ha innervosito il suo parlare placido, ma privo di ossequi, paure, riverenze e strizzatine d'occhio. Insomma la sua correttezza. Merce sempre più rara. E non soltanto a casa nostra. Una lunga lezione sul tema è stata svolta sul Corrierone da un economista, Marco Vitale, a proposito dei recenti episodi giudiziari americani che hanno coinvolto molti manager. Il governo Usa ha reagito inasprendo le pene. Noi in Italia, che facciamo sempre gli americani, abbiamo invece alleggerito il reato di falso in bilancio. Vitale accusa soprattutto «la caduta continua della credenza in standard etici oggettivi», seguendo il Finacial Times secondo cui non si crede più in un fondamento morale valido per tutti. Biagi ne avrebbe parlato. Al suo posto si mandano in onda le scenette deficienti. Avevano promesso una televisione edificante con cui educare le masse. Prendiamo atto che questa è soltanto la prima mossa. Un bel colpo. Al basso ventre del parkinsoniano picchiato. Antonio Montanari [Ponte n. 34, 29.9.2002]
Tama 841. Facce In un Paese normale come il nostro, un'acqua minerale è reclamizzata da uno spot che ha come sottofondo musicale il Dies irae della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi. In un Paese leggermente civile, in cui la Pubblicità non fosse considerata come da noi il Motore Immobile di tutto il sistema tolemaico dell'economia (con al centro il profitto di pochi ma buoni), trasmettere quello spot farebbe arrossire qualcuno seduto davanti alle leve di comando del potere mediatico. Da noi no, perché le facce di bronzo non possono ovviamente cambiare colore. In un Paese normale come il nostro, un vicedirettore della Rai dopo due mesi di servizio se ne va con una liquidazione di 750 (dicesi: settecentocinquanta) milioni di vecchie lire. Vecchie ma ancora capaci di fornire un bel gruzzolo, con la piccola fatica di convertirle numericamente in euro. In un Paese normale come il nostro, un'illustre attrice di varietà depreca la passata elezione a Miss Italia di una ragazza di colore. E da un grande atleta di colore presente quest'anno in giuria al concorso, si becca una risposta educata: sopra una certa età certe cose non si capiscono, avrebbe detto il simpatico ragazzo, incurante di scendere al livello della persona che voleva contestare. In un Paese normale come il nostro, succede che il direttore del TG1 Fabrizio Del Noce (anni 54) dia pubblicamente del «vecchio rimbambito» (citazione testuale, tra virgolette) ad altra persona a lui non gradita, di anni 62. In un Paese diverso dal nostro, ci si sarebbe interrogati se otto anni di differenza a cavallo della cosiddetta terza età, possano legittimamente e scientificamente giustificare un simile giudizio. Da noi, no. Il direttore del TG1, chiunque esso sia, per una lunga tradizione politica che ha quasi l'età stessa del signor Del Noce, è uno degli Italiani intoccabili, riveriti, temuti, dispotici ed onnipotenti. Gli antichi dicevano: «Sono amico di Platone, ma ancor più amico della Verità». I moderni preferiscono: sono amico di Tizio, perché mi fa fare carriera. Non accusiamo i politici attuali. Rispetto al recente passato, manca solamente un poco di galateo. Del Noce ha avuto una reazione istintiva, quasi per farci vedere di quale pasta sia fatto. Non è stato ipocrita. Soltanto puerile. Ai bambini si perdona tutto: la pipì in salotto, il ruttino nella sala da pranzo. Però Del Noce non ha più l'età. Il suo non è il volto dell'innocenza. Ma da direttore del TG1. Antonio Montanari [Ponte n. 33, 22.9.2002]
Tama 840. In ginocchio Nei nuovi libri di Storia, scritti per i Licei da Emilio Fede e Gigi Marzullo, si leggerà che una pagina decisiva nella costruzione della Nuova Europa non è stato l'arrivo dell'Euro («causa di inflazione per la sbadataggine degli Italiani mai educati a contare dalla nefasta scuola bolscevica dei ministri cattolici»), bensì il matrimonio celebrato a Madrid, «davanti a teste coronate, politici e vip», tra la figlia ventenne del premier spagnolo José Maria Aznar, Ana, e l'ex consigliere politico del suocero, Alejandro Agag. Fede e Marzullo scriveranno: «In Italia si dibatteva ancora una volta su quale leader l'opposizione dovesse immolare all'altare delle eterne rivalità politiche (il navigatore D'Alema conte Max o il regista Moretti Nanni). Il governo nazionale cercava di arginare la stupidità di attempati signori dediti ad uno sport estremo definito da loro stessi girotondismo. Le trasmissioni televisive del gaio Frizzi Fabrizio proponevano il concorso di Miss Italia come educandato per le nuove generazioni italiche. All'estero intanto qualcuno faceva meglio di noi». E giù la commossa cronaca delle superbe nozze: lei sei metri di strascico, lui uno dei 1.100 invitati. Solita abitudine di dir bene soltanto di quanto proviene dall'estero. Marzullo e Fede dimenticano che, a parer generale, la sposa era un po' bruttina (troppo rassomigliante al padre), mentre la dama più bella della cerimonia è risultata, senza alcun legittimo sospetto, la signorina Azzurra Caltagirone, accompagnatrice ufficiale del nostro presidente della Camera Pierre Casini in qualità di fidanzata. Non abbiamo letto sui giornali una frase che avrebbe pronunciato l'on. Berlusconi inginocchiato (letteralmente: messo in ginocchio dal vuoto di bilancio procuratogli dal ministro Tremonti), durante il rito: «Lei, signorina Azzurra, meriterebbe qualcosa di più del presidente di un'aula sorda e grigia: non so, ci vorrebbe un premier canterino ed esuberante come me. Ma ho già due mogli alle spalle, mi consenta. Una delle quali, oltretutto, mena». Da Roma Francesco Cossiga ha dichiarato che tutto è stato «ridicolo, dopo Johannesburg, dove tutti si sono riempiti la bocca di parole sugli aiuti a poveri e ammalati». Ridicolo, per chi vuol presiedere in Europa «un partito cristiano nato dalla Resistenza». Lette queste parole, a Madrid i nostri hanno dovuto assumere un analgesico. Dopo averne regolarizzato l'ingresso con la legge Fini-Bossi. Antonio Montanari [Ponte n. 32, 15.9.2002]
Tama 839. Lezioni Il discorso di Romano Prodi al Meeting ha dimostrato che, fortunatamente, in Italia la politica e l'Università ce la fanno ancora a produrre qualcosa di buono da esportare, oltre all'alta moda, alle canzoni di San Remo ed alla mozzarella affidata ad interim al corpo diplomatico per incrementarne la vendita sui mercati esteri, in sostituzione dei libri scritti da tal Manzoni Alessandro, in atti considerato «sconosciuto». Ascoltando integralmente via radio il messaggio di Prodi al popolo di CL, mi è venuto da pensare a quella frase famosa di JFK: «Non chiedete che cosa possa fare per voi il vostro Paese, ma domandatevi che cosa potete fare voi per il vostro Paese». Non ha offerto barzellette od aneddoti divertenti. Non è venuto meno alla dignità oratoria, tenendo fede al principio che la forma è anche sostanza. Prodi è uno che ha il senso della Storia e delle proporzioni. Fa lavorare i cervelli e non usa il solletico, tipico delle scenette di Totò. Non si considera l'eroe che salva dalla rovina la protagonista del fotoromanzo. Conosce la parola impegno come fonte di scelte maturate non all'improvviso, ma in una lunga militanza ideale, nella quale la componente spirituale non è dichiarata per attirare voti. La testimonianza personale è, per uomini e donne della sua provenienza, un dovere morale più forte dello stesso impegno politico e dei poteri d'un consiglio d'amministrazione. Oltre alle macerie ed alle vittime del nazifascismo (categoria politica che oggi molti parlamentari italiani preferiscono colpevolmente dimenticare), la Storia ha lasciato sul terreno d'Europa nel 1945 anche la luce di una speranza che ha preso forma in un progetto unitario: Prodi ne ha parlato serenamente, senza esibizionismi da avanspettacolo, ma con tutta la serietà che l'argomento comporta, soprattutto per quanto riguarda l'allargamento dell'Unione. Senza l'Unione, l'Europa non ha futuro. La vicenda dell'euro ha richiesto a tutti noi dei sacrifici (con precedenti governi), ed ora viene utilizzata da parecchi malfattori per alzare i prezzi delle vendite al minuto, giocando sulla scarsa capacità di calcolo che quasi tutti abbiamo nel convertire mentalmente la nuova moneta nelle vecchie lire. Ma non possiamo giocarci il futuro dell'Europa, cioè quello nostro e dei nostri figli, al bingo degli opportunismi di bottega, con la complicità politica di chi, non potendo dare lezioni, non ha neppure l'umiltà di mettersi a studiarle. Antonio Montanari [Ponte n. 31, 1.9.2002]
Tama 838. Colpi di sole Il senatore dell'opposizione Mario Cavallaro (appartenente alla Margherita) passerà forse alla Storia per aver presentato il mese scorso un emendamento alla legge sul legittimo sospetto, favorendo involontariamente la maggioranza di governo, contro la quale egli si era sempre battuto con sprezzo del pericolo e tenace volontà. La sua gloria mondana sino a quell'incidente di percorso parlamentare, era dovuta unicamente al fatto d'aver partecipato alla compagnia allestita da Nando Dalla Chiesa per rappresentare la commedia «Il partito dell'amore», una divertente satira sul governo Berlusconi. Ma si sa che chi di sfottò ferisce, di ridicolo perisce. Cavallaro aveva indossato per l'occasione i panni dell'on. Buttiglione. Abbiamo motivo di credere che la sua partecipazione all'azione teatrale sia stata tanto fervida da fargli scambiare pirandellianamente la vita con la scena. A forza di recitare per finta i pensieri dell'on. Buttiglione, Cavallaro ne ha subìto il fascino al punto di comportarsi in Senato come se fosse stato invece ancora sopra il palcoscenico. Fu così, questa è la nostra ipotesi (ed in fin dei conti, la giustificazione più semplice e meno lesiva della sua capacità politica): fu così che Cavallaro anziché ostacolare il governo lo ha tranquillamente favorito, suscitando ilarità nella maggioranza (che grata avrebbe invece dovuto far finta di nulla) e in quanti lo hanno eletto: costoro, conoscendolo bene, mai hanno ipotizzato che il loro idolo fosse divenuto un amico del giaguaro. Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, per la serie una ne dico e cento non ne penso, ha sostenuto: è vero che le carceri italiane scoppiano, ma non perché (come crede l'opposizione) vi siano troppi detenuti per ogni cella, ma al contrario perché per ogni cella la legge prevede un numero troppo basso di detenuti. Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera, trattando del suo ruolo di garante sopra le parti in un sistema parlamentare passato dal proporzionale al maggioritario, ha proposto sul tema una riflessione «proporzionale alla sua importanza». Per la serie: ho finito le parole, riciclo quelle che sono rimaste in frigo. Abbiamo infine letto che il passaggio dal proporzionale al maggioritario doveva servire per «assicurare al governo una larga base parlamentare che gli permettesse di agire indisturbato». Per la serie, niente di nuovo sotto il sole: è una frase tolta da una biografia di Mussolini. Antonio Montanari [Ponte n. 30, 25.8.2002]
Tama 837. Battute I gabbiani sporcano con la cacca le barche ormeggiate alla nuova darsena? Niente paura, e soprattutto niente falchi per dar loro la caccia, com'è stato sperimentato dividendo in due la città. Il suggerimento divertente per risolvere il problema, viene dall'amico assessore Tiziano Arlotti: i proprietari dei natanti sono ricchi e possono permettersi pure di comperare pannoloni da far indossare ai gabbiani. Da Rimini a Roma. Alla Farnesina il ministro degli esteri ad interim Silvio Berlusconi ha suggerito agli ambasciatori riuniti ad ascoltare il suo verbo, di non promuovere la conoscenza di Manzoni, ma quella della mozzarella. Di mozzarella parlava nelle stesse ore, con le lagrime agli occhi, l'on. Clemente Mastella, dopo aver intrapreso un minuscolo sciopero della fame che ha suscitato un'ilarità generale: voleva protestare contro il rimborso delle spese elettorali ai partiti che hanno ottenuto non la promozione in Parlamento con il quattro per cento dei suffragi, ma almeno l'un per cento dei voti. Mastella è un uomo simpatico, un po' perché non si capisce mai da che parte stia (ovviamente per colpa nostra che non c'informiamo sui suoi spostamenti), e soprattutto perché quando dà delle feste, appare sempre in compagnia della splendida consorte. Mastella ha dichiarato di aver smesso di digiunare per rispetto del capo dello Stato. Perfidi, i giornali hanno affiancato le cronache della sua breve sofferenza con goliardiche immagini d'archivio che lo ritraevano impegnato in abbuffate simili a quelle di Totò che però di professione faceva il comico. Senza rispetto del capo dello Stato, invece, il Cavaliere gli si è rivolto davanti agli ambasciatori di cui sopra, con un cameratesco «tu» mai ascoltato nei severi protocolli diplomatici (o più padronale che filiale, come è stato osservato), dicendogli a saldo: vuoi che lasci la poltrona degli esteri ad un ministro a tempo pieno, ma io resto qui. Quando Rita Levi Montalcini ha parlato in Senato contro un emendamento riguardante il «legittimo sospetto» che potrebbe far cambiare sede ad un processo, contro di lei un governativo ha detto che non si trascina in aula un Nobel «con le stampelle». E' il metodo Berlusconi che suggerisce ai suoi ambasciatori non di rispettare certi galatei politici, ma d'imitare la concessionaria della pubblicità di Mediaset, a dimostrazione di onesti intenti che si possono riassumere nel motto: «Tutto lavoro e famiglia». Antonio Montanari [Ponte n. 29, 4.8.2002]
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