Tama 903. AllieviNella più famosa trasmissione comica del momento, «Zelig Circus», riscuote grande successo un attore romano, Gabriele Cirilli, con il suo sogno di tornare bambino davanti alle brutture del mondo degli adulti. Se Cirilli trasferisse la sua recita in qualche convegno della Sinistra, potrebbe avere buone probabilità di diventarne un capo indiscusso o per lo meno un esponente di spicco.
Il linguaggio che si parla in quegli ambienti, fra girotondi stradali e tricicli elettorali, rimanda al mondo della fanciullezza, con la grave dimenticanza che certe manifestazioni d'infantilismo politico non sono nuove, e che sempre esse hanno prodotto guai non indifferenti. La contestazione di cui è stato fatto oggetto Piero Fassino sabato 20 alla manifestazione romana per la pace, è un caso di vero e proprio infantilismo, confermato questa volta dal viso allegro del capo dei «disobbedienti», Francesco Caruso, e dall'incolpevole esibizione della sua simpatica cordialità repressa da intenzioni punitive nei confronti di chi non ascolta il suo verbo. Aveva promesso due «ceffoni umanitari» a Fassino, e dichiara di avergli soltanto inviato altrettante pernacchie. Agli atti risulta che gli amici d'asilo di Caruso hanno urlato al leader dei ds il loro gentile pensiero condensato nelle parole «boia» ed «assassino».
Caruso rivendica il diritto alla contestazione verso chi disobbedisce ai «disobbedienti», con lo stesso slancio oratorio con cui Giuliano Ferrara in un recente dibattito televisivo ha gridato «bollito» ad Achille Occhetto, tanto per offrirgli un pensiero aggraziato sul suo ruolo presente nella vita politica italiana.
Non possiamo prendercela con Caruso, se nessuno stigmatizza Ferrara per quella parola. Anzi possiamo sostenere che la fonte delle loro definizioni nei confronti degli avversari politici, è la stessa: la pretesa della verità. Il giovane «disobbediente» rassomiglia al maturo giornalista allievo dell'irruente Giancarlo Pajetta e capogruppo del pci al Consiglio comunale di Torino trent'anni fa. Li unisce il disprezzo per il dissenso, anche se nel primo appare come ghigno e nel secondo quale serafico sorriso.
Ora Ferrara, per il caso Sofri, contesta il Cavaliere: è «uno che sa distrarsi come pochi altri quando non si tratti degli affari suoi». Passato da Pajetta a Craxi ed approdato al culto di Silvio, Giuliano l'Apostata ha finto di mimare l'addio a Forza Italia. La forza di gravità politica lo tiene però ancorato al Potere.
Antonio Montanari [Ponte n. 13, 28.3.2004]
Tama 902. Compagnie
Un ascoltatore di «Prima pagina» a Radio Tre ha suggerito lunedì 15 marzo che i vincitori delle elezioni legislative in Ispagna rinunciassero e chiedessero di andare nuovamente alle urne.
Cè del metodo in questidea. Il metodo di chi crede che le cose vadano nel verso giusto soltanto se è quello che ci piace. Se la strada imboccata è invece quella degli altri (cioè di quanti pensano diversamente da noi), ovviamente è sbagliata, e tutto è da rifare.
Quellascoltatore riteneva che lesito elettorale per il governo di Madrid fosse stato dettato dal panico delle bombe dell11 marzo. Daccordo con lui sono stati anche certi politici nostrani, i quali hanno affermato più o meno che le schede dei vincitori erano state deposte dalle mani dei terroristi.
La politica trasforma ogni tragedia della Storia in un litigio insulso.
Non è una caratteristica soltanto italiana. In un articolo scritto molto prima dell11 marzo, ed apparso in un settimanale proprio due giorni dopo, uno scrittore spagnolo raccontava vizi persino imbarazzanti della classe politica iberica, compresa lopposizione, arrivando alla conclusione che essa è composta da «assoluti cafoni» che però imitano certi modelli italiani facilmente immaginabili.
Abbiamo forse globalizzato lidiozia e stiamo esportando il peggio di noi stessi. Non siamo riusciti a creare una nostra «civiltà» allinterno del nostro Stato, e tentiamo di governare il mondo. Siamo tremendamente sicuri nei giudizi sui fatti altrui, però trascuriamo le rogne di casa.
Lassoluzione per la strage di piazza Fontana, 12 dicembre 1969, è diventata una specie di «breve di cronaca» davanti al dramma di Madrid: ma sarebbe utile non dimenticare che le vittime di quella sera milanese di trentaquattro e passa anni fa sono rimaste senza giustizia. Non è una frase retorica, ma una semplice ed imbarazzante constatazione.
A dodici mesi dallinizio della guerra in Iraq (20 marzo), e dopo la strage spagnola, ha ragione Romano Prodi: le ricette americane contro il terrorismo non erano quelle giuste, bisogna usare le armi della politica e non la politica delle armi. In questo senso ha votato la Spagna. Ma da noi qualcuno vorrebbe che il voto fosse considerato nullo perché contrario ai propri progetti politici.
Ha perso le elezioni un amico di Berlusconi, Aznar. Le ha vinte a Mosca, un altro della sua compagnia di giro, Putin. Si nega valore alla democrazia spagnola, si brinda ad occhi chiusi al dispotismo russo.
Antonio Montanari [Ponte n. 12, 21.3.2004]
Tama 901. Volaareee!
Al festival di San Remo, invece di Tony Renis e Celentano dovevano duettare Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli. Tutto era pronto. All'ultimo momento Sandro Bondi, con lo slancio accorato e devoto che lo sorregge, ha convinto il premier a starsene a casa: «Rutelli pian piano sta dicendo le cose che sosteniamo noi. Rischiamo che la gente voti per lui, credendo di appoggiare le nostre idee». Berlusconi si è lasciato convincere, e si è fatto sostituire da Renis, il quale però ha tradito la fiducia di chi lo aveva mandato a dirigere la barca a San Remo, dichiarando sugli americani: sono tutti amiconi, ma quando si arriva al momento di concludere pensano soltanto ai soldi (tanti).
Renis è un idealista: per il festival ha preso soltanto 500 mila euro, ed oltretutto promesso di pagare le tasse. Con garbo ha fatto capire che non soltanto lui è amico dei boss negli States. Per lavorare in Usa bisogna esserlo, compresa l'Iva (Zanicchi), andata al controfestival comunista di Mantova pur mantenendo fede in Silvio e salutando gli spettatori con un «compagni» ironico e non irato come quello del Cavaliere. Rincara la dose Simona Ventura: «Chi non ha amici criminali?». Le dà ragione Celentano. Rutelli non sarebbe certo giunto a questo condono ideologico dei malavitosi. Abbiamo fatto bene a lasciarlo a casa, ha pensato qualcuno.
Intanto le agenzie di stampa annunciavano che i picciotti americani sono scarsi di numero, per cui Cosa Nostra li sta reclutando in Sicilia.
In tutte le storie c'è una cifra segreta, data dalla coincidenza di fattori distanti tra loro. Anziché a Nuova York, Renis poteva bussare a Casa Nostra. Dove (secondo P. F. Casini) occorre vigilare su «presunte star della finanza o dell'imprenditoria spuntate in una notte, con una fortuna che non si sa da dove viene».
Altra coincidenza. Con il solito entusiasmo il ministro della Difesa Antonio Martino ha negato che in Iraq i nostri elicotteri siano insicuri. Lo affermavano quattro piloti, indagati per ammutinamento.
Negli Usa lo sfidante democratico Kerry ha detto: «I nostri elicotteri in Iraq non hanno sistemi antimissilistici». Martino garantisce: hanno lo stesso standard di sicurezza degli «eserciti più moderni».
Cioè sono messi male come quelli degli Usa, stando a Kerry. Che accusa: i genitori mandano ai soldati i giubbetti antiproiettile non forniti dal Pentagono. Anche Martino poteva raggiungere i colleghi da Bruno Vespa a San Remo, per rasserenarci cantando «Volaareee!»
Antonio Montanari [Ponte n. 11, 14.3.2004]
Tama 900. Povero lui
Silvio Berlusconi non ha tutti i torti quando si sente assediato dai rottami della vecchia politica, dai comunisti mascherati e dai disfattisti che gli rovinano l'esistenza. Anche molti di quelli che lo circondano non lo amano. Non tutti hanno la vocazione all'obbedienza di Sandro Bondi, un portavoce con uso di lacrima devozionale; né l'abilità di Emilio Fede, capace di commuoversi sino al rantolo gastrico leggendo le notizie degli scioperi guastatori della pace sociale.
Qualche Giuda s'annida anche tra palazzo Grazioli (sede personale del governo), Arcore (mausoleo famigliare) e la villa in Sardegna, dove si disegnano i radiosi destini d'Italia in piscina coperta.
La nostra ipotesi si basa sopra un dato di fatto sicuro. Nel libretto elettorale di Forza Italia, si sostiene che con il governo Berlusconi finalmente «i poveri pagano meno tasse».
Nessuno dei fidi consiglieri del presidente del Consiglio si è accorto che questa è una battuta degna di quelli di Zelig, gente che sputa nel piatto dove mangia e fa la più sgraziata satira antiberlusconiana proprio da una rete televisiva che appartiene alla famiglia del Cavaliere.
Dopo che Berlusconi aveva giustificato sotto il profilo morale l'evasione fiscale data l'alta imposizione vigente in Italia, ora c'è chi ammette che anche i poveri «pagano meno». Con simili affermazioni si minano le fondamenta dello Stato. Se gli evasori non si toccano ed i poveri non pagano, come riusciremo a far quadrare i bilanci della Nazione?
Berlusconi doveva dire la verità: è sempre stata la Sinistra a far pagare le tasse ai poveri, ed il suo governo non poteva rovesciare il perfido sistema, anche se soltanto a lui stanno a cuore le sorti della gente comune, mentre gli avversari fanno rincarare il costo della vita per danneggiarlo in vista delle prossime elezioni.
Pure questa è una congiura, come quella scoperta da Enzo Trantino, presidente della Commissione Telekom-Serbia, secondo cui ad accusare Romano Prodi d'aver preso dei soldi nell'affare, non sono stati uomini della Destra (con veri testi falsi) o della Sinistra (incapace di tutto), ma gli «anarchici» (forse amici dei Servizi segreti).
Con sguardo alla Paolo Stoppa ed acume politico, il saggio Trantino spiegherà che i poveri non hanno mai pagato tasse, altrimenti non sarebbero stati tali, a differenza dei ricchi che lo sono diventati per colpa del Fisco. Altro che poveri, concluderà, il vero povero è Silvio: ha tutti contro.
Antonio Montanari [Ponte n. 10, 7.3.2004]
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921, 2004. Revisione grafica, 02.04.2015