Vandalismo ideologico LETTERA 94, ottobre 2003 di Ettore Masina 1. Almeno sui teleschermi, li abbiamo visti più e più volte, quei fuochi, nell'estate e nel primo autunno. Le fiamme che ardevano sui rami più alti, guizzando come bandiere di fuoco agitate da un vento avvelenato dai fumi. Il sottobosco diventato un tappeto rovente. I cespugli che scomparivano in un turbinìo di scintille e i vecchi tronchi che si arrendevano in una lunga agonìa. Poi la foresta morta: un immenso fotogramma in bianco e nero. Se ne sono andati così, distrutti, dal 1° gennaio al 14 settembre di quest'anno più di 84 mila ettari di selva: e non è finita, continua in questi giorni. Molti, e diversi fra loro, gli autori di quegli 11 mila incendi: i bambinoni idioti che fanno un pic-nic e non controllano il terreno intorno a loro; gli incoscienti che gettano un mozzicone di sigaretta; i pervertiti; qualche pastore che sogna un pascolo più vasto; qualche lavoratore forestale che spera di difendere il suo precario lavoro. Poi ci sono i peggiori di tutti, i "dritti": quelli che distruggono un bosco per cementificare, a proprio vantaggio o per conto terzi. Per evitare questo lucroso vandalismo, una legge del 2000 aveva disposto il divieto di co-struzione per 10 anni sui terreni devastati da incendi dolosi. L'altra notte al Senato, votandosi la legge finanziaria, quattro parlamentari della maggioranza (i poco onorevoli Grillo (FI), Pedrazzini (Lega),. Eufemi (Udc) e Menardi di AN) sono riusciti a far approvare un emendamento che sopprime quel divieto. Sono stato deputato per dieci anni e so bene che le votazioni dei singoli punti della legge finanziaria sono, per usare un linguaggio appropriato, fitti boschi favorevoli alle imboscate dei masnadieri. Si vota per ore ed ore, talvolta sino al mattino. E' impossibile che il singolo parlamentare conosca il documento in tutte le sue migliaia di pieghe; perciò, soprattutto nei momenti di stanchezza, ci si affida ai colleghi competenti nell'uno o l'altro argomento: sono loro che segnalano con ampi gesti della mano il voto positivo o negativo da esprimere - o l'astensione. (Una volta "La Repubblica" pubblicò una mia foto in cui risultava che io sbadigliavo [fu l'unico caso in cui quel giornale si occupò di me]. Mi ero accorto del teleo-biettivo puntato sul mio settore, ma lo sbadiglio era stato irrefrenabile: in quel momento si prolungava una discussione sull'allevamento dei mitili nella laguna veneta. E la mia Commissione di lavoro era quella degli Affari esteri). Non mi scandalizza, dunque .il voto dell'aula; ma la proposta e l'assenso dei capi-gruppi la dice lunga sull'ideologia della Casa delle Libertà.
2. Tutta la finanziaria la dice lunga su questa ideologia: si sono aboliti l'imposta di successione e il reato di falso in bilancio, si sono diminuite le imposte soprattutto ai ricchi e adesso Berlusconi & Co. raschiano il barile, aggredendo innanzi tutto il sistema previdenziale. Hanno gettato i giovani in un marasma di condizioni lavorative "flessibili", cioè precarie, e poi vorrebbero imporre quarant'anni di contributi per avere una pensione di vecchiaia: esultano, ovviamente, le assicurazioni private e le FINanziarie di INVESTimento, in cui l'onorevole Berlusconi ha qualche propaggine. E ancora: rapinano alle regioni 19 miliardi per la sanità. Svendono beni culturali di valore artistico. Tagliano la ricerca e strangolano le università, impedendogli persino le assunzioni di chi ha vinto i concorsi. Condonano gli abusi edilizi e quelli fiscali, a umiliazione dei cittadini onesti. Tengono in stato di miseria i tribunali (del resto covi di comunisti). Finanziano la scuola privata mentre non hanno ancora "coperto" le spese affrontate dagli istituti lo scorso anno. Tutto ciò che è pubblico è in pericolo. Berlusconi sta per blindare il suo monopolio mass-mediatico e ha già dato un esempio a reti unificate delle sue tentazioni peroniste o peggio. Abbiamo avuto per tanti anni paura di morire democristiani, ma adesso cominciamo a temere di morire menemizzati.
3 . Domani, a Bolzano (scrivo il 25 ottobre), elezioni provinciali. Sono stato in quella città e a Merano a dare la mia solidarietà, per quel che vale, a una lista che mi pare un piccolo labo-ratorio politico tale da interessare molti luoghi d'Italia. Si chiama "Pace e diritti. Insieme a sinistra" e ne fanno parte non solo DS, Rifondazione comunista e Sdi, ma anche i rappre-sentanti di numerose associazioni e movimenti. In una terra in cui fascisti e forzitalioti cer-cano una rissa squallidamente nazionalista con la Volkspartei, "Pace e diritti. Insieme a si-nistra" propone con forza i temi della contiguità fra locale e globale, della chiara compren-sione che i fenomeni del neoliberismo e della guerra invadono anche le autonomie. Della serie "facciamoci del male": i giornali della sinistra hanno quasi ("l'Unità") o del tutto ("il manifesto") ignorata questa formazione.
4. Snobismo salottiero (ancorchè "progressista") o decadimento senile di interesse per realtà che non recano visibilmente un rassicurante copyright o non hanno un pedigree "aristocratico" (ben diverso era Luigi Pintor!) la stampa di sinistra o di centro-sinistra (se "La Repubblica" può essere così etichettata) finiscono per saldarsi obiettivamente al Corrierone e ai giornali di destra nel tenere nascosta una rete pulsante di movimenti e di associazioni, di tentativi di novità, di vitalità della cosiddetta "società civile". Tristissimo fenomeno di autoreferenzialità che non aiuta certamente l'opposizione al regime di Berlusconi. Per fortuna, hanno cominciato a levare la voce in pubbliche cerimonie alcuni nostri grandi intellettuali. Dopo il duro discorso di Sanguineti al Premio Campiello (che ha gettato in confusione il presidente del Senato, Pera), adesso è stata la volta di Claudio Abbado. Ritirando a Tokyo il Praemium Imperiale per la Musica, il grande musicista ha detto di voler leggere alcune parole dello studioso tedesco Peter Schneider, le seguenti: "E' compatibile che nella parte più antica e nel cuore culturale del continente europeo ci sia un uomo che controlla l'80 per 100 dei mezzi d'informazione e che per di più quest'uomo sia il primo ministro?" Abbado ha aggiunto. "Sono preoccupato: nel mio paese e nel mondo intero non si fa abba-stanza per la cultura. Arrivano al potere persone ignoranti che ci raccontano cose alle quali finiamo per credere, come quella della guerra umanitaria (
). Mi preoccupa anche che nel governo italiano vi siano ministri che non conoscono la ricchezza delle culture, in Italia e fuori d'Italia".
5. Forse persino chi ricorda con nostalgia l'avventura eroica di "Avvenimenti", un settimanale che avrebbe meritata ben altra sorte, non sa che accanto a Claudio Fracassi, con una volontà anche più forte della sua di riuscire nell'impresa di dare ai giovani la sacrosanta bussola di un'informazione alternativa, c'era sua moglie Miria, una donna affascinante, talora imperiosa nel chiedere collaborazione per il suo-nostro giornale, altre volte amica dolcissima. Adesso Miria se n'è andata, a poco a poco, lottando contro il male ma senza disperazione, cercando, come sempre, di vedere avanti. La ricorderemo a lungo.
6. I libri Nel 1970 Mondadori pubblicò un libro intitolato "Dai sotterranei della storia", che conteneva le lettere scritte dal carcere da un frate domenicano, Carlos Alberto Libanio Christo, soprannominato "Frei Betto". Leggendolo, la mia impressione fu che ci fosse in Brasile una Chiesa di poveri che riviveva il periodo delle persecuzioni della Chiesa primitiva. Per la difesa dei diritti umani, per la passione evangelica della causa dei più poveri, non solo laici ma anche sacerdoti finivano in prigioni spaventose, in cui le camere di tortura funzionavano giorno e notte. Più tardi seppi che in quella regione atroce e luminosa si muoveva. con coraggio evangelico un prete fiorentino, don Renzo Rossi. Con astuzia, candore, buonsenso, spirito d'avventura e una buona dose di santa incoscienza, don Renzo era riuscito a diventare, di fatto, senza nomine né decreti, il cappellano dei prigionieri politici brasiliani, straziati dalla ferocia della dittatura militare. Sono trascorsi trent'anni: don Renzo ha ottant'anni, è tornato a Firenze, il Brasile è finalmente una democrazia e Frei Betto, oggi il principale collaboratore di Lula, firma la presentazione di un libro pubblicato dalla San Paolo: "Don Renzo Rossi. Un prete fiorentino nelle carceri del Brasile". Il libro, scritto da un ex "preso", Emiliano Josè, è, per così dire, il concentrato di un libro ben più ampio: "As asas invisiveìs do padre Renzo" (Le ali invisibili di padre Renzo) pubblicato in Brasile. E' il racconto di 15 anni di terrore e di gloria, di ferocia e di donazione di sé. Emiliano narra questa storia, don Renzo la contrappunta con la sua incessante meditazione su monsignor Romero, modello di tutti gli evangelizzatori latino-americani. Un libro da non mancare.
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