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DUE POPOLI CONDANNATI ALLA PACE

Abbiamo parlato l'ultima volta di impotenza e di indifferenza. Quel discorso resta. Reso ancora più vero, se possibile, dalla pervicace malattia nostrana di ideologizzare tutto. Alle mobilitazioni sfacciatamente di parte, noi dobbiamo opporre una sola grande mobilitazione delle coscienze libere e responsabili in favore della pace.

Da una sola parte

E' strano che non si sia compreso che questa non è l'ora di "dichiarare" quale dei due contendenti è migliore rispetto all'altro, o ha meno colpe dell'altro, ma è finalmente l'occasione per "stare" da una sola parte. Quella delle vittime. E queste sono persone, sono vite di uomini, donne, bambini, giovani. Sono persone israeliane e persone palestinesi. Altro che equidistanza! Dalla parte delle vittime, che da circa cinquantaquattro anni a questa parte, entrambi i popoli continuano a "collezionare", in una assurda corsa al massacro. Sono decenni, ormai, che Israele continua a vivere in un clima di insicurezza, il cui frutto evidente è una fredda cultura di guerra. Onnipervasiva. Sono decenni che lo stesso popolo palestinese, emblema dei popoli cui viene negata l'identità, continua a coltivare la voglia di rivincita, con i comportamenti conseguenti.

L'esito? Che abbiamo due popoli senza futuro, cresciuti nella vendetta come unica memoria storica, in un presente consegnato al vicolo cieco del colpo su colpo. Tutto ormai é stato sperimentato: l'orrore dei massacri, l'assurdo di una vita senza sbocchi, l'ostinazione che acceca, la soppressione della libertà quotidiana, il sabotaggio dei progetti di pace, il fanatismo che distorce i fattiŠ Questi decenni di violenza sono la prova più evidente che essa non apre ma chiude ogni futuro. Siamo così di fronte ad uno "stato" palestinese in rovina, e ad uno "stato" israeliano ostaggio dell'insicurezza e perciò preda di una logica sola: per la sopravvivenza del gruppo, diceva Machiavelli, tutto diventa lecito. Occorre che si prenda coscienza, ovunque, degli effetti disastrosi di come si sono messe le cose, alla luce degli eventi di questi ultimi giorni.

Con una sola mobilitazione

Può darsi che il mondo occidentale (cioè noi), si sia svegliato. Se non altro perché si inizia a parlare di rincaro del petrolio, e alla fine della benzina. Si toccano le nostre tasche! Qualcuno ai distributori di carburante aveva già da ridire. Ma è solo questo che riesce a svegliarci un pò? Potenza dell'economico! Ironia della sorte: tutti i nostri discorsi sull'interdipendenza dei popoli ritornano qui, come i discorsi più realistici. Ogni narcisismo, del singolo, di gruppo e di popolo, viene spazzato via come irrealistico.

Ma l'unico pensiero fisso è sempre e di nuovo la pace. Come non vedere che i due popoli, israeliano e palestinese, hanno futuro solo se iniziano a pensare alla pace, alla convivenza, ad un destino comune? In un certo senso, mai come ora si scoprono come due popoli condannati alla pace. Ogni altra via sarà un vuoto espediente. E noi dobbiamo mobilitarci solo per la pace. Tutte le altre sono cause di parte, sono strumentalizzazioni. Ma siamo stanchi di cause di parte. In Italia e nel globo. C'è bisogno di dare le nostre mani (e non è poco!) al desiderio di cambiare questo mondo. Cambiarlo in grande. Con una causa che valga il nostro impegno di vita. Oggi, la pace è una di queste cause.

Lorenzo Biagi
(per gentile concessione de «La Vita del Popolo» di Treviso, 14 aprile 2002)

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