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A Montefiore un Dante massonico
Che cosa si nasconde dietro le «tre cene»

L’esoterismo è pagano, al pari della mitologia (che giustamente Manzoni rifiutava in quanto tale). E l’esoterismo è propagandato sotto subdole forme anche a casa nostra: si mescola il profano al sacro, profittando di espressioni innocenti della vita culturale locale. Così s’inganna chi non può distinguere il veleno dell’errore dal miele della Verità.

Ad esempio le «tre cene» programmate per aprile a Montefiore con nomi suggestivi (Mystica, Silentiosa e Gaudiosa), altro non appaiono se non un’occasione di propaganda di temi esoterici, massoni e, quindi, pagani sotto le mentite spoglie di una commemorazione dantesca.
Abbiamo appreso dai giornali che la «lectura Dantis» da svolgere nella seconda serata o cena, quella Silentiosa, avrà per tema «per Crucem et Aquilam ad Rosam».

E’ proprio questa frase oscura per i non addetti ai lavori, che riassume e rappresenta il taglio esoterico-massonico impresso alla manifestazione di Montefiore. Troviamo questa frase collegata alla cosiddetta setta medievale dei «Fedeli d’Amore»: la Rosa (Chiesa) era considerata l’insegna sovrana alla cui luce gli stessi «Fedeli d’Amore» avrebbero voluto vedere armoniosamente risplendere quelle della Croce (Fede) e dell’Aquila (Impero). Si auspicava cioè l’alleanza della Rosa e dell’Aquila, fra la Chiesa e l’Impero.


Di «Fedeli d’Amore» parla Dante nella «Vita Nova» (VIII 7 [3. 7]), ma le sue parole sono state piegate da alcuni vaneggiamenti ad una lettura esoterica di quest’opera, fino al punto di vagheggiare una vera e propria setta eterodossa. Secondo la dottrina esoterica, l’amore per la donna angelicata coprirebbe nient’altro che l’iniziazione ai riti della «dottrina segreta».


Il testo su cui oggi si basano queste interpretazioni è un vecchio volume, «Il linguaggio segreto di Dante e dei "Fedeli d’Amore"» di Luigi Valli, del quale nel 1929 René Guénon scrisse: «Le differenti figure femminili celebrate dai poeti che si ricollegano alla misteriosa organizzazione dei "Fedeli d’Amore", a partire da Dante, Guido Cavalcanti e i loro contemporanei per giungere fino a Boccaccio e a Petrarca, non sono donne che siano vissute realmente su questa terra; sotto differenti nomi, esse tutte sono soltanto un’unica e stessa "Dama" simbolica, la quale rappresenta l’Intelligenza trascendente (Madama Intelligenza di Dino Compagni) o la saggezza divina».


Proprio Valli spiegava che i «Fedeli d’Amore», come società iniziatica medievale, andrebbero inquadrati nella strage degli Albigesi, nonché collegati allo sterminio dei Cavalieri Templari. Valli precisava che i «Fedeli d’Amore» tendevano a scardinare il potere temporale dei papi, auspicando l’intervento dell’imperatore per la restaurazione dell’antica potenza imperiale di Roma. Ma questo è proprio tutto l’opposto del pensiero politico di Dante (riassumibile nella teoria dei «due soli»)! Dove sta il pensiero ‘segreto’ dell’Alighieri? In un rovesciamento di quello consegnato ai suoi scritti («Purgatorio» XVI, 107 e segg.)!


Le correnti esoteriche contemporanee considerano la «Commedia» dantesca il capolavoro dell’iniziazione: si ricorre ai Padri della Chiesa per individuare ipotetiche «nicchie esoteriche» in cui collocare questo poema, considerato «di riferimento dei Fedeli d’Amore e dei Rosacroce».
Appunto i Rosacroce. Il loro simbolo rappresenta una Croce sovrapposta da una Rosa. Ma quanto è lontano questo simbolo dal significato della nostra Fede e dalla vera lettura di Dante: per lui, la Rosa, nel «Paradiso», è Maria Vergine; mentre l’Aquila rappresenta l’Impero (nel bene e nel male: l’Aquila infatti scende anche sul carro del Chiesa, lasciandola «pennuta», cioè corrompendola con la Donazione di Costantino).


La Croce della frase esoterica è all’inizio del discorso iniziatico: nella nostra Fede, invece, è il segno più alto del cammino verso Dio (la Resurrezione passa attraverso la Croce). La Croce della frase esoterica dei «Fedeli d’Amore» (e di Montefiore) non ha nulla in comune con la Croce cristiana ‘teologicamente corretta’. Siamo nel campo dell’eresia bella e buona, sotto le mentite spoglie di un’interpretazione dantesca.


Come arrivano i «Fedeli d’Amore» sino ai nostri giorni? C’è chi li considera antesignani delle sette dell’Ottocento ed odierne, come un tale Alessandrini, il quale poi scrive di Dante: «Egli si salva dal baratro dell’Inferno, sulla cui porta era scritta la sentenza della disperazione, invertendo la posizione dalla testa ai piedi, ovvero accettando l’esatto contrario del dogma cattolico; quindi ritorna alla luce, usando il demonio stesso come una mostruosa scala». Se non è eresia questa...

Lena Vanzi

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