Una pagina di Guido Nozzoli nel Museo virtuale del turismo «Balnea-museum online» di Rimini
Anima e corpo al servizio del turismo, da Guido Nozzoli, Lavventurosa estate dei birri, in Federico Fellini,La mia Rimini, Bologna 1967 http://www.balnea.net/default.asp?cmd=doc&id=28 L'ESTATE DEI BIRRI In una città che non offriva poi tanti diversivi e dove la vita dei giovani era tutta da inventare, l'estate era la stagione delle esperienze nuove e dei tanti incontri, delle inconsapevoli reazioni all'angustia della provincia, del cimento fisico, della sfida, una festa dell'amore e della violenza. In questa specie di esaltazione trovava il suo clima e la sua dimensione il "birro", (così detto da "bérr", che in dialetto significa letteralmente tacchino) e che per i riminesi è il giovane intraprendente, spavaldo, apparentemente cinico, un po' esibizionista e aggressivo, che va a caccia di forestiere con un accanimento da collezionista e, a tempo perso, tra una "imbarcata" e l'altra, combina scherzi quasi sempre eccessivi e molesti, organizza cene da olio santo, qualche volta si azzuffa e rompe l'anima alla gente con il "lampézz", capace di strappare una bestemmia a una dama di San Vincenzo. Il "birro", sia che operi isolato, a piccoli gruppi o a bande, si distingue, a seconda della specializzazione, in "birro da spiaggia" e in "birro da hallo". Il "birro da spiaggia", per entrare di diritto nella categoria, deve avere un corpo atletico abbronzato fin sotto la pianta dei piedi, nuotare con bello stile e fare almeno il tuffo di partenza con disinvoltura, saper giocare "alle assette", compiere eleganti esercizi ginnici sulla riva, portare al largo il moscone a remi senza stancarsi (soprattutto al ritorno), pilotare una barchetta, sopportare una doccia gelata senza aver l'aria di restare assiderato e, qualità non trascurabile, riuscire simpatico ai bambini per non averli ostili nella ronda di avvicinamento alla madre. Ovviamente, deve poter disporre di tanto tempo libero. Per essere già a punto all'arrivo delle prime forestiere, il "birro da spiaggia" studente, fannullone, disoccupato approfitta di ogni raggio di sole primaverile, comincia a fare bagni quando l'acqua ha temperature da infarto e, dovendo riparare i guasti degli ozi e delle intrippate invernali, compie segretamente, tra aprile e maggio, faticosi esercizi di ginnastica da camera accompagnati da penosissime diete. Verso i primi di luglio, come stormi di uccelli migratori ormai pronti al volo, i "birri" lasciavano gli scogli del porto e andavano a farsi il nido sulla spiaggia, ognuno nella zona dove "batteva" abitualmente. Al porto (sul porto dicevamo) ci si ritornava ogni sera per gli allenamenti di nuoto e di palla-nuoto che duravano fino al tramonto, quando l'acqua in bonaccia, scaldata da una giornata di sole, mandava un tiepido, femmineo odore di alghe. Il vero "birro" non era malato di snobismo: per lui la donna, a parte 1'origine e la condizione economica era solo una donna, da giudicare per quel che valeva e per quel che sapeva dare. Ognuna veniva poi classificata abbastanza minuziosamente, con definizioni che formavano un vero gergo impastato di parole dialettali italianizzate, di espressioni della marineria, di contaminazioni triviali, ma, in fondo, innocenti come tutto il dialetto romagnolo. Giudicandola dall'età, dall'aspetto, la donna poteva essere: un "tubo" (brutta) o un "vallo" (brutta e sfasciata), un "ludero" (volgare, equivoca e neppure bella), un "osso" (magra), una "spippola" (piccola e vivace), una "creatura" (molto giovane), una "baldona" (prosperosa e di gamba solida), una "carampanaza" (la tardona poco lontana dai cinquanta), un'"orfanella" (modesta, smarrita, sgraziatella), una"zinganazacia" (campagnola o paesana), una "di prima" (bella), una "patacca mondiale" (bellissima). Secondo il carattere la "gnorgna" era la lamentosa che ha sempre le scarpe strette o il mal di testa e per giunta fa la gelosa; la "smanata", quella sciatta nel vestire e disordinata; il "fanello", la furba che sa quel che vuole, la "sbruvaldona", il tipo a cui piace correre di qua e di li, ridere, far chiasso piuttosto che appartarsi, la "gnichela" o 'piangerai" una romantica sospirosa, facile alla commozione, sempre piena di patemi d'animo, la "procaga", una formalista sofisticata e saccente che assume pose da gran dama, la "sureina" (suorina), 1'ipocrita finta moralista, "una da battuta", quella senza smorfie e senza complicazioni. Temutissima, quella che "tira il blocco", la zitelletta in cerca di marito che, dopo un paio di incontri frettolosi, trascina i conoscenti a prendere il caffè dalla zia. Tre categorie di donne che hanno sempre atterrito il "birro": 1o "scacchero" cioè la professionista anche se in veste di villeggiante, quella "di braccio corto" che costringeva "a battere le ginocchia sul bancone" cioè a pagare le spese intere della serata, Li "freida", (la fradicia), malata di un qualsiasi ma1e, dalla tonsillite al "tincone". Incontrando un "birro" accanto a una "f'reida", per metterlo in guardia bastava dirgli: Ti cerca Catrani. Non occorreva altro: il dottor Catrani era il medico riminese più noto di malattie veneree e della pelle. Il vero guaio per i giovani "birri", en quello di ritrovarsi davanti la "nave scuola dieci anni dopo, sfatta con le vene varicose, se non addirittura con il piedone ingessato per la gotta. "Di' la verità, son diventata vecchia stronca". No, stai benissimo. In quel caso il "birro" nella menzogna attingeva il sublime, riscattando con una eroica cortesia tutta la sua gaglioffaggine. Guido Nozzoli
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