Leditore Bruno Ghigi ha pubblicato (in libreria dal 23 dicembre 2004) la «Storia di Rimini. Dallepoca romana a capitale del turismo europeo», con presentazione di Anna Falcioni e testi di Anita Delvecchio, Tania Mazzotti, Cinzia Cardinali, Benedetta Baroni, Antonio Montanari.
Il volume è di 437 pagine, più le illustrazioni in pagine non numerate.
Il sottoscritto, Antonio Montanari, ha curato lultimo capitolo, DallItalia allEuropa, 1859-2004 (pp. 249-320).
Il lavoro uscito a stampa è ridotto rispetto ad una prima stesura troppo ampia (quindici pagine in eccesso) per le necessità tipografiche delleditore.
Desidero ringraziare la prof. Anna Falcioni, che ha curato lintroduzione, per le parole che ha voluto dedicare al mio lavoro:
«Le grandi trasformazioni, che cominciarono tra la fine dellOttocento e linizio del Novecento (...) sono segnalate nellampio ed articolato saggio di Antonio Montanari, che con indiscussa competenza delinea un pregevole spaccato di storia politica, istituzionale, sociale, economica e persino religiosa dal 1859 ai giorni nostri. Inoltre la ricostruzione degli eventi, precedenti e successivi i due conflitti mondiali, viene puntigliosamente esaminata dallautore sulla scorta di una ricca documentazione coeva e di unaggiornata bibliografia»
Riproduco qui sotto lincipit della prima stesura che non appare nelledizione definitiva.
Ci sono immagini diventate simboli della storia cittadina. Segnalano continuità tra passato e presente come il Tempio malatestiano, oppure testimoniano unassenza: ad esempio il Kursaal. Nel 1993 celebrando i 150 anni dalla nascita del primo stabilimento balneare, la civica amministrazione lo fece raffigurare nel parco Fellini con una gigantografia di legno. Fu un ricordo misto dillusione e nostalgia. Limponente edificio aperto il primo luglio 1873 era scampato pressoché indenne alle bombe ma fu distrutto dalla volontà di scrivere una nuova pagina politica durante la ricostruzione, quando rappresentava «la scomoda memoria storica di una attrezzatura délite» (Gobbi 2002, p. 264). Lo demolirono gruppi di disoccupati guidati da sindacalisti, così come fecero in centro con la parte sopravvissuta del teatro Vittorio Emanuele II. Per il sindaco del 1948 ing. Cesare Bianchini (Pci), il Kursaal costituiva «una bruttura» da eliminare. Nellestate 1993 quando a palazzo Garampi siede Giuseppe Chicchi (Pds), la gente più che pensare ad una sua ventilata ricostruzione, tiene docchio la tangentopoli locale dopo larresto di un alto funzionario del Comune, che sarà condannato a ventidue mesi di reclusione per una mazzetta nel settore edilizio.
Offro in anteprima dalla edizione a stampa una pagina con una notizia inedita.
Nel settembre 1888 giunge in città il re Umberto I per visitare il Kursaal, e pronuncia queste parole: «Qui può venire chiunque». Pure un anarchico giunto dallAmerica, Gaetano Bresci (1869-1901), passerà da Rimini prima di recarsi a Monza per regolare i conti con lo stesso Umberto I domenica 29 luglio 1900. Ospitato nel borgo San Giuliano dalloste Caio Zanni (1851-1913), Bresci si esercita con la rivoltella portata da Paterson (New Jersey) nel cortile di palazzo Lettimi sotto gli occhi di Domenico Francolini (1850-1926), un borghese prima repubblicano, quindi socialista ed infine anarchico. Francolini abita lì con la moglie, donna Costanza Lettimi. La notizia inedita era raccontata dallo scrittore e giornalista Guido Nozzoli (1918-2000), e trova conferma da altre fonti orali da cui apprendiamo che Zani, noto alle autorità come fervente anarchico, fu arrestato dopo il regicidio.
La madre di Zanni, Laura, era la sorella di Federico Poluzzi, soprannominato «Bellagamba» (su cui vedi sotto).
Dalla prima stesura, riporto un passo sacrificato.
Forse Bresci si ferma a Rimini prima di andare dalla sorella sposata a Castel San Pietro dove (secondo i suoi biografi) conosce unoperaia, la ventitreenne Teresa Brugnoli detta «la rizzona», che porta con sé a Bologna sino al 21 luglio, quando parte per la Lombardia. Ma cronache giornalistiche del tempo spiegano che Teresa Brugnoli (fervente anarchica pure lei) era lamante di Bresci a Paterson, dove aveva lasciato una figlia di diciassette anni. Quindi anche lei è giunta dallAmerica in Italia, e non poteva avere soltanto ventitré anni. Da palazzo Lettimi, come testimoniava una lapide dettata nel 1907 dallo stesso Francolini, serano pure mossi «nel 1845 gli audaci rivoltosi, preludenti litalico risorgimento», guidati da Pietro Renzi.
A proposto di «Bellagamba», ecco il passo a lui relativo della stesura originale.
Il 22 dicembre 1854 davanti alla Rocca malatestiana la ghigliottina aveva mozzato il capo di Federico Poluzzi, soprannominato «Bellagamba», fratello di Laura che era la madre del ricordato anarchico Caio Zanni che ospitò Bresci. Secondo Carlo Tonini (1896), Poluzzi era un assassino abituale («imputato, come dicevasi, di molti omicidii»), che doveva rispondere soltanto delluccisione di don Giuseppe Morri, mansionario della cattedrale: «La pena era il taglio della testa colla ghigliottina, e fu eseguita sopra un palco eretto nella piazza Malatesta, o del Corso, sul campo presso la rocca. Intrepido porse il collo alla scure: e un senso di ribrezzo e di orrore ne rimase per lunga pezza al popolo non usato a così fatti spettacoli». Guido Nozzoli nel 1992 ha scritto: Bellagamba non era uno stinco di santo, anzi aveva fama pessima. Di natura indocile e considerato pertanto una «testa calda», doveva essere uno di quei giovani che, nei giorni inquieti di allora, «tra lom e scur i andeva a prét e a pulizai»; nulla deponeva a suo favore, anche se «tra chi lo conosceva, si sussurrava che altri fossero gli uccisori di don Morri e che lui avesse rinunciato a difendersi presentando un alibi per non compromettere la moglie di un fornaio con cui aveva trascorso in intimità lora in cui era stato ucciso don Morri».
Antonio Montanari
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