Rimini, un ritratto dalle antiche stampe Come la città è stata rappresentata sino al 1800Giovanni Luisè è autore ed editore di un pregevole volume, «Rimini nelle antiche stampe» che ripropone ampliato un analogo testo che ben si può ormai definire storico, essendo apparso nel 1985, a cura di Marco Pedriali e con prefazione di Sandra Faini, come si dichiara anche nella prefazione della presente iniziativa.
La quale è più ricca «di qualche decina» di pezzi rispetto alla precedente che segnò una tappa importante nel racconto documentario sulla nostra città.
La maggior parte delle stampe riprodotte proviene da raccolte private. Il che testimonia un fervore del collezionismo riminese degno di essere rimarcato non soltanto per confrontarlo con le difficoltà che le pubbliche istituzioni incontrano per arricchire i loro patrimoni.
Questo collezionismo garantisce una ricerca scientifica che va a beneficio di tutta la collettività.
Sfogliare il volume di Luisè significa anche ripercorrere molte tappe della Storia non soltanto locale, pure grazie ai commenti che l'autore pone dopo le annotazioni tecniche.
Queste «osservazioni» sono relative non soltanto agli aspetti «materiali» delle immagini presentate, ma anche al modo espressivo dei vari artisti.
Cito come esempio quanto leggiamo a proposito delle incisioni ottocentesche di Bornaccini, una cui scena sull'acquedotto romano (con il Console Emilio in primo piano), è definita «fumetto ante litteram». O per la litografia che disegnò Antonio de Pian, sulla scia di un Piranesi molto 'pittorico', per l'Arco d'Augusto: «la veduta è immersa in un'atmosfera pienamente romantica».
Gli argomenti di queste «antiche stampe» riminesi spaziano dai monumenti, ovviamente, alla vita religiosa (molto presente è sant'Antonio), sino agli eventi politici dell'Ottocento come la battaglia delle Celle del 1831 e (ultima immagine del volume) «La pubblicazione del proclama di Rimini (30 marzo 1815)», dove sotto la solennità dell'Arco e con lo sfondo di case sufficientemente modeste se non misere, s'accalca una folla di dame e cavalieri che sembrano appena usciti da una rappresentazione di gran gala.
Un altro «fumetto», quindi, dove si vedono i «borghesi» (così li chiama giustamente Luisè) che leggono le parole di Gioacchino Murat. Nelle ore solenni il «popolino» s'assentava oppure non lo rappresentavano perché non sufficientemente elegante per le belle carte illustrate da tramandare ai posteri?
Ai «poster» l'ardua sentenza. Antonio Montanari
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All' indice di Riministoria 746/15.01.2003 |