il Rimino - Riministoria

Ricordo di mons. Luigi Santa

A cinquant'anni dalla morte, avvenuta all'alba del 18 maggio 1953, la Diocesi ricorda mons.Luigi Santa. Sabato 17 da Chivasso, sua terra d'origine, arriverà un pullman di fedeli, che saranno presenti alla Messa in Duomo, prevista per le ore 11.
Ricordiamo il Vescovo riminese con alcuni momenti della sua vita riminese tratti dalla biografia scritta da Antonio Montanari.

Nella Rimini
bombardata
MONSIGNOR Santa giunge a Rimini all'alba del 17 novembre '43. Dal giorno di Ognissanti la città è presa di mira dagli aerei alleati. Fino al 21 settembre '44, giorno della liberazione, ci saranno 396 bombardamenti con 607 morti. Rimini per la sua posizione sulla direttrice adriatica ha un'importanza strategica che spiega l'accanimento delle incursioni anglo-americane: i suoi scali ferroviari sono utilizzatidai tedeschi per i rifornimenti alle loro riserve nella zona di Roma.

Il 28 dicembre è colpito il Vescovado, dalle cui macerie escono, coperti di calcinacci, mons. Scozzoli e mons. Santa che vanno a vedere il vicino Tempio Malatestiano, appena sfiorato dalle bombe. Testimonia la Massani: "Mons. Santa si prodigò, sebbene ferito ma in maniera lieve, ad aiutare i colpiti in tutti i punti della città dove si erano abbattute le bombe; confortava, benediceva, pregava; e chiamava anche lui ad alta voce, per nome, quelli che non si sapeva se fossero vivi o morti sotto le rovine". Fu visto "cavare, con gli altri, i morti dalle macerie; una donna fu estratta semiviva dal Vescovo". Una famiglia "dovette alla sua opera se poté, in parte sopravvivere": due fratellini perirono, mons. Santa "diede mano valida a liberare dalle macerie il babbo, la mamma, un ragazzo".

Le incursioni alleate del 29 e 30 dicembre riducono il Seminario ed il Vescovado ad un ammasso di macerie. La Curia è costretta a trasferirsi alla periferia della Diocesi, nel 'castello' (Comune) di Serravalle della vicina Repubblica di San Marino, dichiarata neutrale e nonostante ciò sottoposta a continue violenze nazi-fasciste.

Il Tempio Malatestiano, simbolo della storia riminese e duomo della città, viene mutilato il 29 gennaio '44. Mons. Santa non riesce a star lontano dalla sede di cui viene nominato Amministratore Apostolico. Lo scrittore Flavio Lombardini annota che il 30 marzo, lungo il corso principale della città mons. Santa "accompagnato da alcuni civili, tiene in braccio una bambina da poco estratta fra le macerie ancora in vita".

Mons. Santa trasloca nell'entroterra riminese, a Montefiore Conca presso il Santuario della Vergine di Bonora, dove è anche riaperto il Seminario. Da qui visita i paesi vicini, accompagnando i seminaristi in passeggiate ed in giornate di ritiro. Il 3 giugno nel Santuario di Bonora avvengono le sacre Ordinazioni.

Il 13 settembre il Santuario è bombardato. "Tra le macerie fumanti e le granate, scrive la Massani, mons. Santa lasciò rapidamente il campanile dove erano rifugiati, per correre a togliere le Sacre Specie dal tabernacolo". Alla fine di agosto, viene dato al Vescovo dal Comando tedesco l'ordine di lasciare Montefiore, assieme a tutti i seminaristi.

Don Carlo Savoretti rammenta: "Il primo settembre gli alleati occuparono Mondaino senza colpo ferire. Mons. Santa, quando seppe della nostra liberazione, lasciò Montefiore e, a piedi, attraversando la linea del fuoco, sfollò a Mondaino" in compagnia di un sacerdote nativo di quel paese: "Era il 3 settembre quando bussò alla mia porta domandando ospitalità. Lo accolsi con gioia, gli assegnai una cameretta con un semplice lettino. Rimase con me circa due settimane". Celebrava nel monastero delle Clarisse Cappuccine e trascorreva tutta la mattinata in confessionale "come un semplice cappellano".

Il Vescovo
della ricostruzione
Ricorda don Lino Grossi che dopo il passaggio del fronte "il novanta per cento delle chiese e delle canoniche della Diocesi di Rimini erano state distrutte o danneggiate. I parroci tutto avevano perduto. Si erano ritirati in un angolo angusto tra i muri diroccati, alla meglio sistemato per ripararsi dal freddo. Non avevano né riscaldamento né panni, perché nei venti giorni di attacchi furibondi tra i due eserciti nemici, avevano perduto tutto. Il Vescovo Santa andava a trovarli, pieno di serenità e di fiducia nella Provvidenza; infondeva coraggio e speranza, confortava, aiutava". E rimediava stoffa per cappotti e talari a chi ne aveva bisogno.

Il 27 settembre mons. Santa può tornare finalmente a Rimini. Il 3 ottobre consacra il cimitero militare greco a Riccione. Con i seminaristi si stabilisce nella parrocchia di San Giovanni Battista, nei pressi dell'Arco di Augusto.

L'11 maggio '45 mons. Santa scrive al Superiore Generale della Consolata: "Ho sentito che a Torino sono tutti in piedi. Deo gratias! Qui ci stiamo rialzando pian pianino dalla prostrazione totale causata dal passaggio del fronte. Di 136 chiese parrocchiali, 40 da riedificare dalle fondamenta, moltissime danneggiate gravemente, appena 25 intatte... Nella stessa proporzione tutti gli altri fabbricati. Fortunatamente poche le vittime umane".

Il 14 ottobre '45, festa di San Gaudenzio, Patrono principale della città e della Diocesi, mons. Santa comunica di aver ricevuto la nomina a Vescovo Ordinario di Rimini.

Il 16 agosto 1946 il Vescovo celebra una Messa da campo nel secondo anniversario dell'impiccagione di tre giovani riminesi da parte dei nazifascisti. Il passato anche più vicino è ormai diventato la storia di un dolore che si trascinerà incancellabile nei cuori, in quel lungo dopoguerra.

Lungo il calvario
della malattia
Nel 1950 ritorna ai suoi antichi splendori il Tempio. Per l'occasione mons. Santa accoglie a Rimini il Capo dello Stato Luigi Einaudi. La riconsacrazione è celebrata il 21 settembre, a sei anni dal giorno della liberazione della città. Costruite le case e le chiese, bisogna ora rafforzare la fede e la comunione di cristiani, minacciati dalle dottrine materialistiche, condannate dalla Chiesa. Il 1950 è anche l'Anno Santo. Il 14 ottobre, festa di San Gaudenzio, il Vescovo inaugura il Duomo con un solenne pontificale. Il primo novembre è a Roma, per la proclamazione del dogma di Maria Assunta in Cielo, fatta da Pio XII. In quei mesi comincia ad avvertire malesseri e stanchezza, segni premonitori della malattia che lo sta colpendo in maniera irreparabile.

Nel maggio '51 si reca a Torino. Deve essere operato subito, ma prima mons. Santa vuol ritornare a Rimini per la processione del Corpus Domini. A giugno subisce l'intervento chirurgico nella stessa Torino, poi è costretto dai medici a trascorrere la convalescenza ad Alpignano: avrebbe voluto infatti rientrare subito in Diocesi. È di nuovo a Rimini in agosto.

Nel gennaio '52 gli ritorna la febbre, dal 10 febbraio è costretto a letto per una quarantina di giorni. Alla fine di marzo riprende a visitare la Diocesi, in giugno si reca a Lourdes, in agosto i medici lo obbligano al riposo alla Certosa di Pesio, in Piemonte. Nel gennaio '53 è sottoposto a Bologna ad un altro intervento chirurgico. Prima di partire ha acquistato un terreno sulle colline del Covignano, dove sorgerà il nuovo, grande Seminario. All'operazione seguono le terapie di radium che gli procurano forte e continuo dolore. Tre mesi dopo è ancora a Rimini. Le sue condizioni si aggravano ulteriormente, con sofferenze atroci, sopportate in spirito di comunione con il Crocefisso: "Chiese e desiderò di essere sempre presente a se stesso; lo chiese al Signore e lo disse alla Suora" che lo assisteva, scrive la Massani. Il 23 aprile riceve solennemente il Viatico. Cessa di vivere all'alba del 18 maggio '53.

Nell'Elogio funebre, il card. Giacomo Lercaro, Arcivescovo di Bologna, lo ricorda "sereno, aperto, gioviale e nel tempo stesso cordialmente deferente". Il suo "spirito apostolico, dinamico e generoso, agile e ardito" lo esercitò dopo l'attività missionaria nella sua funzione di Vescovo: "L'esperienza ormai lunga e la sua viva intelligenza lo rendevano rapido nel decidere, fermo nel volere, lineare sempre nelle intenzioni, alla mano con tutti, aperto, faceto, rimaneva il Missionario cui la dignità episcopale portava soltanto un più acuto senso di responsabilità e un'ansia più profonda per le anime. Conservava la robustezza degli anni giovanili e corse incessantemente la Diocesi, come aveva corso la Missione, presente a tutti e vicino cordialmente a tutti".

Antonio Montanari


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795/25.5.2003