il Rimino - Riministoria

Otello Pasolini
scomparso ad 81 anni

Ciao, Otello. Quando ritornerà l'autunno non ti aspetteremo più con gli altri amici per le tue rapide puntante in bicicletta in piazza Tre Martiri, sotto la torre dell'orologio, e non ci incontreremo verso il ponte di Tiberio quando tu ritornavi, sempre in bici, dalla spesa fatta nel Borgo San Giuliano.

Ci siamo visti l'ultima volta un mese e mezzo fa proprio nel cuore del Borgo, mi raccontasti della morte di tua sorella, e della fatica che l'altra sorella faceva per comprendere quella notizia. Dicevi che le avevi sistemato grandi cartelli dappertutto in casa: vi avevi scritto che la sorella scomparsa era andata in Cielo e che di lassù pregava per voi.

Adesso siete in due lassù a pregare per l'ultima rimasta, con il peso di una silenziosa malattia che le rende difficile il contatto con il mondo.

Era stato un lungo doloroso itinerario, quella malattia ti aveva prostrato. Tu dicevi che eri dimagrito per via di una dieta che ti eri imposto, rimediando un rimprovero del cardiologo che t'aveva ammonito (o invitato, piuttosto, conoscendo il tuo carattere) a non esagerare nel privarti del cibo.

Adesso Otello, non potremo scambiarci i saluti in quelle occasione sempre meno frequenti dei tuoi passaggi in città, ma lo faremo sempre anche quando gli altri non ci vedono (e non ci credono, da buoni materialisti storici).

Intoneremo come sempre il discorso con il registro scanzonato e beffardo, a volte soltanto sorridente altre invece pronto a raccogliere come in un fulmine la tua battuta sferzante contro tutto ciò che non si mostrava autentico, ma sforzato, falso, persino pericolosamente malsano nel comportamento delle persone che tu censuravi con perfetta conoscenza dei capi d'accusa, delle prove raccolte, delle colpe riconosciute e dichiarate da quel tuo personalissimo tribunale che non ammetteva appello, perché ogni sentenza era definitiva in quanto sinceramente sicura della sua fondatezza.

Ci eravamo conosciuti oltre quarant'anni fa, quando frequentavo la quarta magistrale, e dovevo sostenere l'esame finale di abilitazione all'insegnamento oggi detto di maturità. Il nostro insegnate di Latino valeva ben poco: non conosceva la materia. Mia madre chiese consiglio ad una sua parente, l'Elena Savini Baldino che insegnava alle Medie con te, e fu lei a suggerirci il tuo nome.

Nacque di lì una rispettosa amicizia consolidatasi negli anni e negli incontri. Proprio alcune sere fa, cercando alcuni vecchi giornali per fornire informazioni a Piero Meldini che me le aveva chieste in vista di una mostra che ricoderà Davide Minghini, ho ritrovato le belle parole che mi scrivesti nel 1974 quando morì mio padre.

Ricordo le pagine stupende che tu hai composto nel libro sulla Via Garibaldi, la Contrada dei Magnani: un capolavoro che, ti dissi, faceva rimpiagere che tu non avessi dedicato un poco del tuo tempo anche alla scrittura.

Tu fosti tra i soci fondatori della Società di Studi Romagnoli nel 1950, partecipando al primo convegno con un saggio «Sul nome di Riccione». Quando quattro anni fa ricevesti dalla Società un ricordo per il cinquantenario della sua istituzione, tu rimandasti di mese in mese una risposta, un ringraziamento, pregandomi di scusarti negli incontri annuali di Cesena per l'assemblea dei soci, e preannunciado che la lettera che avrei dovuto consegnare in quell'occasione o per i convegni autunnali sarebbe stata pronta di lì a poco.

Invece, quel ringraziamento non lo hai mai scritto. Non è stata pigrizia, la tua, ma un progressivo rinchiuderti in un modo sempre più piccolo dove s'ingrandiva il senso della sofferenza che vedevi sul volto delle tue sorelle e che si rifletteva anche sul tuo.

Ciao, Otello. E come sempre, ridiamo dei tanti buffoni che circolano impunemente o con grandi onori.

Antonio Montanari


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814/12-07-2003