Nella storia sociale della marineria di Rimini, merita un accenno particolare la vicenda delle opere assistenziali che si sono succedute nel corso del XIX secolo. E' un capitolo sul quale finora si possedevano soltanto poche e vaghe informazioni. Attraverso documenti inediti dell'Archivio storico comunale, è possibile ricostruire compiutamente lo svolgersi di un'attività di beneficenza nata per iniziativa privata e gestita dalla pubblica autorità.
Il conte Giacinto Martinelli lascia per testamento (nel 1835) un legato di scudi annui duecento a favore dei «Marinari di questo Porto, quivi nati, e domiciliati, vecchi oltre l'età di cinquanta anni, miserabili ed invalidi». La distribuzione della somma (ripartita fra quanti sono ammessi a beneficiarne) avviene a partire dal primo gennaio 1836.
Riconoscimento
a enti morali
Dal 1877 al legato Martinelli si affianca quello del conte Giovanni Battista Soardi, «a favore delle Famiglie del nostro Porto che avevano perduto il loro Capo nelle straordinarie traversie del mare». Dal 1877, quindi, le somme a disposizione del Comune da erogare in beneficenza per i marinai sono i mille scudi del legato Soardi (lire 5.320) ed i duecento del legato Martinelli (lire 1.064).
Dal 1883 entrambi i legati sono trasformati in Opere pie che, l'anno successivo, sono riconosciute come enti morali dal re d'Italia Umberto. Negli «Statuti» pubblicati a Rimini nel 1884 leggiamo che l'Opera pia Martinelli beneficava i marinai riminesi «vecchi oltre l'età di cinquanta anni, miserabili, ed invalidi», o le loro vedove. L'Opera pia Soardi aveva lo stesso scopo ma non poneva il limite dei cinquanta anni d'età. Nella «Statistica del Regno d'Italia. Le Opere Pie nel 1861. Compartimento dell'Emilia», Firenze 1869, alle pp. 32-33 dedicate a Rimini, si riferisce di un «lascito Giangi» istituito nel 1846 per «sussidi in denaro ai marinai resi impotenti al lavoro»: di esso non abbiamo trovato traccia negli atti comunali. Nel 1938, come annota L. Vendramin, le Opere pie Martinelli e Soardi rimasero in amministrazione all'Ente Comunale di Assistenza.
Numeri, dati
e curiosità
I beneficiati nel periodo 1836-1875 sono stati 305. Le domande rifiutate 184. I dati disponibili si riferiscono solamente a 33 dei 40 anni di questo periodo. Non abbiamo calcolato i dati degli anni in cui mancano i relativi prospetti riepilogativi. Per alcuni di questi anni mancanti di prospetti, esistono però le domande che non abbiamo ritenuto opportuno esaminare perché il dato che esse forniscono è insufficiente, mancandovi ogni annotazione al riguardo, cioè se furono accettate o rifiutate.
Per il periodo 1876-1880, dagli atti comunali si ricavano questi dati: nel 1876, per il lascito Martinelli, 45 erogazioni; per quello Soardi, 47; nel 1877, lascito Martinelli, 9 erogazioni; lascito Soardi, 47; nel 1878, complessive 54 erogazioni su 102 domande, per entrambi i lasciti (mancano gli elenchi distinti); nel 1879, lascito Martinelli, 61 erogazioni; lascito Soardi, 56; nel 1880, lascito Martinelli, 64 erogazioni; lascito Soardi, 66. Dal 1881 alla fine del secolo non esistono documenti dell'Archivio storico comunale.
Alcune curiosità. Le domande presentate nel 1877 sono 90. Tra i non ammessi, risultano a verbale: un pulitore in Ferrovia, un falegname, un carrettiere di bestie, un possidente, un facchino, un velaio, un carcerato, un acquaiolo, un lavoratore agricolo, un pescivendolo ed un «truffaldino». Tra gli ammessi, per sottolinearne la miseria di uno si dice: «Ha i panni del manicomio».
Soprannomi
e parrocchie
Nelle tabelle relative agli anni 1879 e 1780, accanto all'identità legale sono riportati pure i soprannomi. Eccoli: Badarlen, Balocchino, Barbanera, Barbetta, Barlicca, Bazzòla, Bichen, Bivacchino, Bisca, Boccino, Borghi, Boscarezza, Briscolen, Buranello, Cappuccino, Car-maren, Cavalletta [detto: figlio di], Ceschino [detto anche Giuggiolo], Fattore, Fighino, Fingheto, Fogazzino, Fumino, Gallina, Ghinella, Giormett, Gratasassi, Gridaz, Lischio, Luigino, Mandalen, Manfrina, Manguzz, Meneghin porc, Monferrina, Nen, Panoja, Passerino, Pepin [Nicola è il suo nome di battesimo], Pessino, Piova, Pitraz, Popolot, Radisa, Scipulena,Tabacchino, Testone, Tognin dla Zighela, Tono, Zattina.
La maggior parte dei marinai beneficiati dai due legati Martinelli e Soardi, abitava attorno al Marecchia: sulla sponda sinistra, nella parrocchia di San Giuliano e, sulla destra, in quelle di Santa Maria in Corte e San Nicolò. Nei primi sei anni del lascito Martinelli, ad esempio, i residenti di queste tre parrocchie costituiscono in media il 71 per cento del totale. Altre parrocchie interessate sono Sant'Agnese, San Bartolomeo, Santa Colomba, San Giovanni Battista, San Giovanni e Paolo, San Giovanni Evangelista, San Martino. C'erano anche, tra i destinatari del sussidio, marinai ricoverati all'Ospedale. Tra quelli che si videro negata l'assistenza, alcuni abitavano a Riccione o alle Celle.
Per quanto riguarda l'età dei beneficiati, a titolo di semplice curiosità riportiamo i dati sul primo anno (1836, con 39 sussidi concessi): 50-55 anni, 5 persone; 56-60 anni, 9; 61-65 anni, 7; 66-70 anni, 4; 70-80 anni, 12; oltre 80 anni, 2.
Parentele
nobiliari
Tra le famiglie Martinelli e Soardi esistono alcuni legami che è possibile ricostruire attraverso un breve accenno ai loro alberi genealogici.
Giovanni Battista Soardi [1790-1875] era figlio di Luca Soardi e di Maria Martinelli la quale era figlia di Nicola Martinelli e Diamante Garampi. Nicola Martinelli era nipote di Giulio, il quale era fratello di Ignazio bisnonno di Giacinto Martinelli. Il padre di Giacinto Martinelli, Pietro, ebbe una sorella, Gertrude andata sposa a Francesco Garampi (figlio di Lorenzo e di Diamante Belmonti). Da Francesco Garampi e Gertrude Martinelli nasce Lorenzo padre di un'altra Diamante che sposa Giuliano Soleri generando Pietro Soleri.
Questo Pietro Soleri è nominato erede proprio dal nostro Giacinto Martinelli. Giacinto compie tale scelta avendo avuto due figli deficienti. Pietro Soleri ebbe l'obbligo «di prendere dimora in Rimini e d'assumere il cognome di Martinelli trasmissibile ai suoi figli e discendenti», come scrisse padre G. Giovanardi nel 1927. Pietro Soleri-Martinelli muore nel 1862 lasciando eredi i figli Giacinto, Diamante, Chiara, Claudia e Giovanna. Giacinto fondò a Riccione nel 1878 un Ospizio Marino. Nel 1826 (scrive G. Rimondini) il conte Giacinto Martinelli figura in testa all'elenco dei più ricchi proprietari terrieri riminesi, con 21.945 scudi, seguìto dal conte Sallustio Ferrari (15.776 scudi).
La figura
di Soardi
Giovanni Battista Soardi partecipò ai moti del 1831, e quale deputato nell'assemblea generale bolognese sostenne la decadenza del potere temporale nelle province insorte, ritenendo che nelle cose del mondo «il popolo dà e il popolo toglie». N. Matteini, sulla scia di un necrologio apparso sul periodico riminese della Sinistra «La Concordia» (n. 33), descrive Soardi come un filantropo generoso che per sé «mai si partì dai termini della moderazione e della temperanza». (Forse per questo suo atteggiamento non ritenne utile prender moglie.) Scrisse «La Concordia»: «Ecco un Uomo, che fu tipo di liberale a fatti, e non a parole, e senza pretesa di apparirlo. [...] La sua vita lontana da bacchettonismo ed ostentazione fu costante esempio di virtù cristiane, informate non già al Domine, Domine, ma ai sostanziali principii di Fratellanza e Carità. Largamente soccorrevole ai poveri, ed a tutti i suoi famigliari: di modi gentili, eletti; buon cultore di studii classici, protettore intelligente delle arti belle».
Il suo testamento conteneva altre iniziative caritatevoli, per complessive 25 mila lire destinate ai vari istituti pii di Rimini. «Come visse, così morì, beneficando», lasciando ai poveri per il giorno del funerale 1.500 scudi. In Consiglio comunale Camillo Ugolini propose «una iscrizione a perpetuare la memoria delle pingui lascite» per i poveri volute da Soardi, e suggerì d'apporre una lapide pure per i conti Martinelli e Valloni «che precedettero il Soardi in simil genere di beneficenze, non molto frequenti in questi tempi di civiltà e di progresso bancario-borsaiolo», leggiamo sempre su «La Concordia» (n. 34). Prima di questa notizia relativa a Soardi, il giornale pubblicava che a Rimini erano state raccolte 900 lire da inviare a Giuseppe Garibaldi, il quale inviò da Roma «una parola di profonda gratitudine».
Una poesia
di Renzetti
Alla morte del nobile Giovanni Battista Soardi, un suo concittadino di opposte origini sociali, Caio Renzetti, gli dedica sulle colonne della «Concordia» un commosso sonetto: «Seguitasti per umile sentiero / La sublime virtù d'esser pietoso». Renzetti, nato nel 1847 ed ex garzone di barbiere, aveva studiato al Liceo comunale Gambalunga con Giovanni Pascoli e con Giovanni Lettimi. Il padre di Caio, Lorenzo, era stato un cospiratore risorgimentale. (Nell'anno scolastico 1872-1873, Caio Renzetti ebbe dieci in Italiano scritto, e nove in Storia orale.) Fratello di Caio fu Emilio, noto tipografo e presidente della Società Operaia, della quale lo stesso Caio Renzetti fu ispiratore e guida, non potendo apparire ufficialmente perché libero professionista (avvocato).
Dallo stesso Liceo Gambalunga era uscito l'anarchico Domenico Francolini, nato nel 1850, impiegato al Banco di Sconto, figlio di un possidente, e soprattutto nipote (per parte di madre) di Luigi Pani, autorevole avvocato ed esponente politico concittadino. Sposò la sorella di Giovanni Lettimi, Costanza. Francolini aveva cinque anni più del suo fraterno amico Pascoli. Questa differenza di età gli permise di essere suo maestro politico.
La Rimini
del tempo
L'anno prima della morte di Soardi, il 2 agosto 1874 Francolini era stato arrestato a Villa Ruffi sul colle di Covignano, assieme ad altre 27 persone riunitesi per discutere della questione elettorale. Erano i capi repubblicani romagnoli e altri venuti da fuori, accusati di cospirazione contro lo Stato e collusione con gli internazionalisti. (Gli internazionalisti avevano realmente preparato un moto insurrezionale per l'8 agosto, fallito dopo l'arresto a Bologna di Andrea Costa e la fuga di Michele Bakunin travestito da prete.) Per gli arrestati di Villa Ruffi, ha scritto Vittorio Emiliani, nessuno riuscì a trovare uno straccio di prova. Ne derivò uno scandalo enorme: «L'ultimo errore, forse quello decisivo, per il governo Minghetti». Che due anni dopo cadde, lasciando il posto alla Sinistra ed al gabinetto Depretis.
Nell'Italia di quei giorni la questione sociale era affrontata soltanto da questi 'ribelli' che accusavano la cupidigia dei padroni, per usare le parole che però qualche anno dopo (1891) incontriamo anche nella «Rerum Novarum» di Leone XIII.