Tre freschi, contemporanei autoscatti riminesi. Dopo che nel salotto televisivo di Bruno Vespa è comparso un giovanotto di belle speranze e di provata esperienza (diciamo così) sentimentale, in città si è discusso se e quanto serva alla nostra gloria pubblica ed agli interessi privati dell'economia turistica, la figura del vitellone detto anche (secondo varie Scuole di Pensiero) play-boy o birro.
Sul Corriere di Romagna un'intera pagina riproponeva un vecchio articolo (1974) di Italo Cucci, con un post-scriptum fresco di giornata che al sugo ben rosolato della memoria nulla aggiungeva di piccante se non la notizia che l'autore ha appena pubblicato un libro con «qualche pagina» dedicata alla sua Rimini, definita «maestra di vita».
A Cucci ha risposto il sen. Sergio Zavoli il quale, consapevole dei doveri che gli derivano dal suo ruolo istituzionale, ha accarezzato l'argomento con quello stile elegante che gli è proprio, e che ammalia il lettore come certi profumi orientali che adesso spargono (purtroppo) anche ai mercatini rionali. Zavoli non emette sentenze, ma registra eventi e personaggi, dalla figura benemerita del bagnino (sedotto o seduttore? Facciamoci una tavola rotonda), al vitellone felliniano come figura che vive alla giornata, unica eccezione fatta per Moraldo che fugge dalla provincia addormentata in cerca di riscatto.
Mentre ci trastullavamo con la prosa di Zavoli, fascinosa come il piffero di un incantatore di serpenti, irrompeva irrispettoso un rullar di tamburi che ci svegliava dal nostro torpore provinciale. Senza alcun pudore e rispetto (se non della verità), il Corriere della Sera intitolava che Rimini, con il suo turismo, è la capitale italiana dei crimini «importati». Dopo di noi vengono in graduatoria Imperia, Como, Asti, Novara, Savona, La Spezia, Milano, Modena e Ravenna. La classifica è stata stabilita da Legautonomie, associazione che riunisce enti locali, comuni, province, regioni. Appunto per chi sogna il casinò: esso è qui definito un'ottima calamita per i criminali.
Ultimo autoscatto. Giuseppe Guaraldi sul Corriere di Romagna denuncia l'indifferenza della città verso l'uccisione della moglie. Rimini, dice, è una «terra arida», che egli non riconosce più: «Nessuno è stato vicino alla nostra famiglia, erano tutti troppo occupati a far soldi o a fare politica». Od a discutere se per il nostro turismo servano in tivù da Bruno Vespa, i birri che provocano tanti amarcord più o meno illustri (o geriatrici).