il Rimino - Riministoria



Lettera di Antonio Montanari
al settimanale riminese «Il Ponte»
sull'Ordine dei Giornalisti e l'Inpgi

Caro Direttore.

Permettimi di affrontare una questione particolare, riguardante quanti sono iscritti come pubblicisti all'Ordine dei giornalisti.

L'Istituto di Previdenza dei giornalisti (Inpgi) con un meccanismo che non è chiaro a nessuno (come dimostra il caos presente riscontrabile in varie sedi), obbliga tutti i pubblicisti ad iscriversi alla propria Gestione previdenziale.

Obbliga è dir poco. Terrorizza con una lettera cortesissima in cui si minacciano forti sanzioni pecuniarie. Le quali derivano dal semplice fatto «in base alla legge» che la regolarizzazione sarebbe dovuta partire nel 1998, per cui chi non ha fatto i versamenti «in base alla legge» è passibile delle medesime sanzioni.

Bontà sua, l'Inpgi, con doppia autorizzazione ministeriale (Lavoro ed Economia), ha pensato di venir incontro a quanti non hanno sinora ottemperato.

E questo perché? L'Inpgi non lo dice, ma lo capiamo noi interessati. L'Istituto vuol recuperare le pecorelle smarrite, ed i loro contributi, perché prima non le ha avvertite che avrebbero dovuto versare quanto previsto «in base alla legge».

La «legge» dovrebbe essere il decreto n. 103 del 1996, come si riporta nel modulo di iscrizione. Non ho voglia di andarmi a cercare sulla «Gazzetta Ufficiale» il testo del decreto n. 103. Mi fido. Ma nello stesso tempo mi chiedo: perché Lor Signori non mi hanno scritto successivamente alla pubblicazione del decreto n. 103, cioé nel 1996 o nel 1997, avvertendomi dei miei obblighi?

Qui sta il problema. Loro non sapevano nemmeno chi fossero i pubblicisti coinvolti.

Lo sapevano però all'Ordine dei giornalisti, a cui annualmente versiamo (a fondo perduto) una bella quota che a noi modestissimi scribacchini di provincia non serve a nulla. Come dimostra il fatto che mai il nostro Ordine regionale (con sede a Bologna) mi abbia inviato una lettera raccomandata con cui intimarmi «in base alla legge» (come dicono quelli di Roma), che io avevo l'obbligo di iscrivermi all'Inpgi e di versare le dovute, relative quote.

C'è un risvolto comico. Nei Palazzi governativi si stanno affannando in queste ore (scrivo che è il 20 dicembre 2002), a studiare norme per salvare quei poveri ladri che meritano un condono per evasione fiscale, e che figureranno (parola di Berlusconi) come salvatori della Patria perché con il poco che verseranno rispetto al maltolto porteranno liquidità nelle casse esauste dello Stato. Noi, con redditi ridicoli (nessun giornale potrebbe sopravvivere applicando le tariffe sindacali comunicateci puntualmente dall'Ordine), e regolarmente denunciati al Fisco (per pagare l'Irpef), dobbiamo sottostare ad un salasso di 184 euro di sanzioni ridotte, oltre al dovuto in percentuale alle somme incassate, soltanto perché nessuno ci ha avvisati.

Dato che oggi non vale più il principio secondo cui non è ammessa «ignoranza della legge», e dato che i nostri nomi gli Ordini regionali dei giornalisti e quello nazionale li conoscevano già, chiediamo agli stessi loro responsabili d'intervenire su questo caso: spiegandoci perché non ci hanno avvertito in tempo, quando apparve «la legge», e che cosa intendono fare oggi per evitarci questa beffa.

Per ciò che riguarda la vexata quaestio di quale tipo di lavoro autonomo sia quello delle collaborazioni giornalistiche che annualmente possono rendere poche centinaia di migliaia di lire (per gli euro fate i conti voi), cioè se sia continuativo o saltuario, ebbene usate un po' di logica e vedete se quelle misere somme sono da considerarsi sufficienti per qualificarle come reddito inteso quale mezzo di sostentamento. Tutto il resto appartiene al mondo delle beffe, come questa minaccia di chiederci settecento euro di multa (oltre alle percentuali dovute), in caso di mancata risposta all'intimazione di cui ho detto.

Infine, personalmente, manifesto l'intenzione di percorrere la via più semplice tra quelle indicatemi per il 2003, dallo stesso Inpgi: non iscrivermi più all'albo dell'Ordine, risparmiando così la quota ed i versamenti all'Inpgi. Come suol dirsi, due piccioni con una fava.

Cari amici di Bologna, state in Ordine, che di disordine non ne abbiamo bisogno anche da voi. Dal primo gennaio 2003 consideratemi ex pubblicista.

Antonio Montanari



Risponde Claudio Santini, presidente dell'ordine dei Giornalisti dell'Emilia Romagna.

Sono configurati dalla legge come i "nobili" del giornalismo: coloro cioè che scrivono, non per necessità di lavoro quotidiano, ma perché chiamati a far partecipi i lettori delle loro particolari conoscenze o della loro personale capacità di scrittura. Sono diventati invece spesso i "servi della gleba" di alcuni editori (e non sempre solo di loro). Questa la triste metamorfosi dei pubblicisti da quando, per necessità, hanno assunto compiti che impongono doveri e non garantiscono diritti. Bisognerebbe cambiare le regole che li governano. Ma la legge che li contempla è bloccata da chi ha l'interesse a lasciarla così com'è: come dimostrano i pretestuosi "no politici" alla riforma già pronta. In questo contesto, l'Ordine dei Giornalisti - che da tempo si batte vanamente per il cambiamento delle regole - è parte lesa, al pari dei pubblicisti, e per questo doveroso mutamento continuerà a impegnarsi. Altro non può: perché non gli è permesso.

Non gli è consentito, ad esempio, intervenire su regole finanziarie fissate da decreti legge e riguardanti enti autonomi, con riferimento, per di più, questa volta, a una sanatoria, a un condono, di contributi destinati ad altre casse. La lettera risentita del pubblicista incollerito ha dunque l'indirizzo sbagliato.

Per quanto riguarda infine la proposta soluzione della cancellazione dall'Ordine mi sembra opportuno ricordare che questo ente - per quanto bisognoso di riforma - è, in Italia, l'unico riconoscimento legale della professione giornalistica. Senza "tesserino" non c'è più differenza alcuna fra chi scrive sui giornali e chi scrive sui muri delle toilette pubbliche. Ed è proprio questo che vogliono i veri nemici di tutti i giornalisti.

Claudio Santini


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737/31.12.2002