Nel panorama degli scritti riguardanti i vari aspetti della Rimini antica mancava ancora uno studio complessivo relativo alle acque. Eppure per i Romani la disponibilità dell'acqua era parte essenziale e requisito fondamentale della loro civiltà: pensiamo agli acquedotti, alle terme, alle fontane ed anche alle fognature. D'altra parte tutti i popoli antichi consideravano l'acqua come la risorsa ed il bene essenziale alla vita. Anche Ariminum, nome antico della città di Rimini, deriva dal nome del fiume Ariminus, cioè il Marecchia. Tutto ciò che per noi oggi è scontato in questo settore, era per loro molto importante ed anche molto impegnativo dal punto di vista organizzativo e soprattutto costruttivo.
La lacuna è stata colmata grazie all'opera di Cristina Ravara Montebelli che ha curato una trattazione, dal taglio divulgativo, delle complesse tematiche legate all'approvvigionamento, conduzione, utilizzo e smaltimento delle acque nella Rimini romana.
Il libro, "Aqua ariminensis. Approvvigionamento, conduzione e utilizzo nella città romana", è stato presentato venerdì 13 dicembre nella Sala del Giudizio dei Musei Civici alla presenza del sindaco Alberto Ravaioli, della Soprintendente per i beni archeologici dell'Emilia Romagna, Maria Grazia Maioli, e di Paolo Zaghini, presidente dell'Amir, azienda che ha promosso e reso possibile la realizzazione del volume.
Il primo capitolo dell'opera è stato affidato ad Angela Fontemaggi e Orietta Piolanti dei Musei Civici di Rimini, che hanno analizzato i culti legati all'acqua, soprattutto fonti e sorgenti, a partire dalla preistoria. Vengono ricordati il pozzo, adibito a deposito votivo, di Pian del Monte a Verucchio, il deposito della Tanaccia a San Marino e la stipe di Villa Ruffi a Covignano.
Cristina Ravara Montebelli ha poi suddiviso il suo imponente studio in base al rapporto dell'acqua con gli uomini, le abitazioni e la salute pubblica, analizzando questi aspetti sulla scorta delle fonti riminesi e latine nonché interpretando i rinvenimenti locali. Questi, approfonditi in un'appendice di schede archeologiche, vengono puntualmente messi a confronto con analoghe scoperte avvenute in altri luoghi del mondo romano.
Particolarmente interessanti, e particolareggiate, sono le spiegazioni riguardanti le varie tecniche di costruzione di acquedotti e condutture sotterranee, nonché la descrizione dei condotti fognari romani trovati all'interno della città.
L'ultimo capitolo è affidato a Gianni Gurnari il quale presenta l'aspetto che, in epoca preromana e romana, dovevano avere il territorio di Rimini e le sue fonti d'acqua, completando il quadro con annotazioni di carattere geologico.
Il risultato è un libro di cui Rimini aveva bisogno: notizie rigorosamente scientifiche presentate in modo chiaro e comprensibile anche per i "profani".