«Federico, dammi un bacio» Un racconto sul mito di Fellini in tutte le salse «Noi sottoscritto brigadiere Procopi Giuseppe dichiariamo quanto segue. Ieri notte in una giornata particolarmente afosa, eravamo di pattuglia in ordinario controllo di Ordine Pubblico quando occasionalmente si mostrava una figura nella piazza della Fontana, che sembrava in preda ad una forma di delirio leggero da assunzione incontrollata di sostanze alcoliche. A sèguito di ulteriori accertamenti, potevamo constatare trattarsi di donna di sesso femminile in età avanzata, vestita elegantemente con abiti non in uso nei correnti tempi che a detta della medesima persona sono nella di lei legittima proprietà, essendo custoditi nella propria abitazione in via Tempio Malatestiano, dove la medesima persona dichiara di abitare sin dalla nascita in appartamento sito nel Palazzo Lettimi. Da più accurate informazioni assunte presso il Nucleo di Polizia Giudiziaria si ricava in maniera assolutamente certa che il detto Palazzo risulta essere da parecchi anni un rudere a far tempo dai noti bombardamenti bellici, come da ulteriore conferma acquisita presso i competenti Uffici Comunali che hanno dichiarato a nostro incaricato che mai il detto Palazzo ha cambiato sede in differente luogo cittadino, non esistendone oggi altro con il predetto nome».
Certificato anagrafico Il magistrato di turno Bertolotti Bruna si passava fra le mani il rapporto investigativo del brigadiere Procopi Giuseppe che recava in allegato i seguenti documenti: a) foto segnaletica di tale Gambetti Lucia, anni 85, «di professione casalinga, ma sedicente scrittrice»; b) copia di voluminoso dattiloscritto con attestazione della medesima Gambetti Lucia che dichiara di avere composto un proprio testo lungo tutti questi anni, in sèguito ad eventi particolari su cui vedi l'allegato seguente; c) memoria composta su foglio protocollo ad uso legale intitolata: «Testamento di me Gambetti Lucia, sana di mente, salda di fede e speranzosa nell'umana comprensione del prossimo»; d) certificato anagrafico in cui si attestano nascita e morte di tale Gambetti Lucia fu Romualdo e Marchi Giovanna etc.; e) interrogatorio di tale Gambetti Lucia effettuato presso il locale Commissariato di Polizia in riferimento al verbale del brigadiere Procopi Giuseppe, dopo attenta lettura del certificato anagrafico dichiarante il decesso della medesima Gambetti Lucia. Il magistrato Bertolotti Bruna aprì il voluminoso dattiloscritto, e s'accorse che erano in effetti pagine battute a macchina per scrivere, con correzioni manuali ricorrenti ove necessario, ben composte ed altrettanto regolarmente numerate tranne in alcuni casi in cui, oltre alla mancanza del numero della pagina, si notava anche l'assenza di qualsiasi testo, annotazione o postilla. Le pagine mancanti non mancavano però del tutto ma erano state raccolte in copie a parte nel primo fascicolo che appunto recava il regolamentare numero «uno», scritto a matita in carattere molto grande nella parte superiore destra della «camicia» che lo conteneva.
Alla ricerca del segreto Che scherzo sarà mai questo, pensò il magistrato Bertolotti Bruna sfogliando il malloppo delle carte come a cercarvi nascosto un segreto tra lo sfarfallio dei fogli. Eppure da qualche parte dev'esserci un segreto, rifletté il magistrato Bertolotti Bruna convinta che i segreti non siano mai tali, ma indizi nascosti accuratamente dall'intelligenza di chi ne ha procurato la sistemazione in maniera apparentemente illogica. Bertolotti Bruna si mise ad appuntare i venticinque numeri che componevano il fascicolo «uno», cercando di trovarne la giusta collocazione nei fascicoli successivi. Era una specie di gioco ad incastro. Nel fascicolo «uno» è raccontata una storia a non lieto fine: lei che incontra un bel ragazzo, si piacciono, poi lui se ne va lontano, lontano, lasciando lei sola per sempre, come la sera in cui Procopio Giuseppe la incontra sulla piazza della Fontana. Disarticolando il fascicolo «uno» nei suoi 35 fogli contati e ricontati che andavano progressivamente riempiendo i vuoti lasciati nei fascicoli successivi con le pagine bianche senza numero e senza testo (una faticaccia della miseria), il magistrato Bertolotti Bruna riuscì a ricostruire una storia diversa da quella semplicemente raccontata dal fascicolo «uno» in oggetto. Non c'erano soltanto lui e lei, ma la loro famiglia, la città, le scuole, gli uffici, ed in fondo alle ultime carte una scritta a caratteri maiuscoli: «TUTTO QUESTO NON CONTA. DELLA MIA VITA SALVATE SOLTANTO I 35 FOGLI DEL PRIMO FASCICOLO». Il magistrato Bertolotti Bruna ebbe finalmente tutto chiaro alla sua propria personale mente: trattarsi cioè di classico esempio d'infatuazione amorosa, storia di un legame scioltosi nel nulla dei ricordi, quasi che il ricordo fosse nulla e non invece, come pure nel caso di Gambetti Lucia, tutto il marchingegno che regge la macchina di un'esistenza.
Non è lei, ma è lei Esistenza? Parola grossa, pensò il magistrato Bertolotti Bruna, se la riferiamo a persona che al momento in cui è verbalizzata dal brigadiere Procopi Giuseppe risulta deceduta da molti anni. Esistenza dunque no, ed allora? Simulazione neppure, perché mancando la condizione pregiudiziale dell'esistenza non può darsi per la persona in questione la possibilità né di intendere né di volere, e neppure di mentire e fingere perché palesemente impossibile (per elementare questione logica apprezzabile e valutabile da chiunque sia in grado dintendere e di volere). Orbene, concluse il magistrato Bertolotti Bruna, la predetta Gambetti Lucia (per il momento ospitata nell'anticamera del magistrato medesimo, in attesa di convocazione per fornire ulteriori delucidazioni sul suo stato presente e soprattutto passato), non poteva essere lì in quanto inesistente agli atti di Stato Civile del Comune. Il magistrato Bertolotti Bruna non si perse d'animo. Finse d'aver compreso il segreto della vicenda e disse a tutti: «Procediamo pure. Tranquillamente. Con l'interrogatorio». Da donna a donna, il magistrato Bertolotti Bruna e Gambetti Lucia si guardarono negli occhi. Poi negli abiti. Gambetti Lucia era perfetta in ogni particolare. «Lei ha mai recitato?», chiese Bertolotti Bruna a Gambetti Lucia la quale rispose positivamente: «Sin da ragazza», aggiunse, quando aveva conosciuto Federico. Pronunciò il nome come un'attrice consumata, e con la voce impostata come se avesse frequentato l'Accademia d'arte drammatica: un tono delicato, muovendo gli occhi a cercare un'immagine proiettata nel soffitto. Anche il magistrato guardò in alto sul soffitto, e senza sorprendersi pure lei vide l'immagine che cercava, anzi che aveva trovato Gambetti Lucia. Alla quale chiese: «È lui?». Lei rispose con la commozione che le impediva quasi di parlare: «Sì, proprio lui», ed abbassò gli occhi per cercare nelle mani guantate un fazzoletto bianco ricamato, «lui come sempre, e sempre lui».
Tutto, disse, è chiaro Era una scena da telenovela, pensò Bertolotti Bruna prima di decidersi di fermarsi lì con l'interrogatorio. La vecchia signora le aveva provocato un'inaspettata emozione, e temeva di doversi commuovere di più proseguendo: «Signora, la faccio accompagnare a casa. Tutto è chiaro. Il brigadiere Procopi ha preso un abbaglio. Un errore di valutazione. Lei non era e non è in delirio». Avrebbe voluto aggiungere altre cose, ne precisò una soltanto: «Tra i tanti che parlano oggi di Federico, lei è l'unica persona sincera, non pensa agli affari, ma soltanto ai veri ricordi». Sul soffitto della stanza del magistrato, per un gioco di luci naturali ed artificiali, le ombre formavano una figura che la signora Gambetti Lucia continuava ad invocare: «Federico, dammi un bacio». E lei gliene scoccò uno soffiandolo sulla mano guantata con quella delicatezza che si vede nelle antiche pellicole: «Ciao Federico». La signora Gambetti Lucia uscì dalla stanza del magistrato Bertolotti Bruna, guardandola ancora negli occhi che avevano un riflesso strano che vibrava giovinezza ed ironia. Nell'ufficio entrò infine il brigadiere Procopi Giuseppe il quale rispettosamente s'interrogava sul misterioso apparire di quel fantasma a nome Gambetti Lucia, da lui personalmente intercettato in una notte come le altre. Il magistrato Bertolotti Bruna gli rivolse un sorriso, ovviamente indagatorio: «Ieri sera lei era sobrio come al solito, oppure aveva brindato assieme ai tanti convenuti con i vini intitolati a Federico?». Il brigadiere Procopi non poté negare: pure essendo in servizio, non si era sottratto al cerimoniale della serata ed al clima di festa di autorità civili e militari. «Orbene», spiegò il magistrato al brigadiere, «il suo fantasma ha anni 23, aspirante attrice, ora figurante nei mesi estivi per le feste in costume come quella a cui pure lei, Procopi Giuseppe, era presente per dovere di servizio. Vede: Gambetti Lucia, nipote di Gambetti Lucia, indossava vestiti della nonna. Niente fantasmi, nessun mistero». Il più celebre quotidiano locale il giorno successivo riportava la notizia sconvolgente che Gambetti Lucia data per morta era tuttora viva. Non aggiunse che era un'altra persona, studentessa di Sociologia con tesi sul regista di «Amarcord», antico amore della nonna, e con documenti originali composti dalla nonna medesima, da allegare al suo lavoro intitolato: «Lo sfruttamento commerciale del mito di Federico Fellini». Il brigadiere Procopi Giuseppe rilesse incredulo la notizia varie volte, prima di andare a congratularsi con il magistrato Bertolotti Bruna: «Ah voi donne, sempre c'indovinate». Continuava a non comprendere che cosa c'entrasse la Sociologia con una festa in piazza alla presenza di autorità civili e militari. Il giorno appresso, un altro quotidiano montò il caso: «Il mistero della vecchia scomparsa». Arrivarono i telegiornali. Il magistrato Bertolotti Bruna volle mostrarsi misteriosa pure lei: «Indaghiamo a 360 gradi». Gambetti Lucia, anni 23, decise una vacanza sul Tirreno. Il professor Onusto De Trombonis chiamò a raccolta in fretta e furia le sue immense energie per scrivere in poche ore ben trecento pagine di un libro sui fantasmi romagnoli, dalla conquista romana a quella napoleonica, con prefazione di vari assessori ai rami, da presentare alla prossima sagra provinciale del formaggio dedicata al tema «Dolce vita, un film per tutti, diabetici compresi».
(Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti, è puramente casuale anche se voluto.)
Antonio Montanari
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