C o s t a    q u a n t o   u n    s o r r i s o ,   e d    è    u g u a l m e n t e    u t i l e   
il GRILLO parlante
p e r    u n ' i n f o r m a z i o n e    e q u a    e    s o l i d a l e
 
supplemento a " www.educare.it " - Aut. Trib. VR n.1418 del 21 novembre 2000
Direttore Responsabile ed Editoriale: Amedeo Tosi
Redazione:  località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio (VR)
«il GRILLO parlante» è consultabile anche nel siti della Biblioteca di Nogara (VR) http://digilander.iol.it/biblionogara/periodicoinformativo.htm 
che sta curando anche l'archivio di tutti i numeri della newsletter http://digilander.libero.it/ilgrilloparlantevr/
nel sito dell'Associazione Altravicenza  www.altravicenza.it su www.stilelibero.org e

 il GRILLO parlante «AUGURI SCOMODI» è stato inviato a 2729 recapiti e-mail di lettori
Desideri che altri tuoi amici ricevano "il GRILLO parlante"? Segnalaci i loro recapiti e-mail!
Per cancellarti dalla mailing list invia un e-mail al suddetto recapito indicando nell'Oggetto la dicitura "cancellami" 
Torneremo con «IL GRILLO PARLANTE» Appuntamenti N.45 il 12 gennaio 2003

 
Cari amici e lettori, tra poche ore sarà Natale! É questa la Buona Notizia che ci premeva darvi all'alba di questo nuovo importante giorno. Questa mattina «il GRILLO parlante» ha messo la sveglia alle 4,30, per dare alla luce ed inviarvi -nel silenzio della notte, fuori dai rumori inquinanti- i nostri AUGURI SCOMODI, uniti alla promessa che l'umile servizio di informazione che cerchiamo di proporvi continuerà anche nel nuovo anno (con novità, per quanto riguarda la newsletter... a dir poco rivoluzionarie!). Anno che tutti ci AUGURIAMO possa essere di Giustizia e di Pace... Come sempre da costruire insieme!
Il silenzio della notte ci consiglia alcuni pensieri: ve li proponiamo, sotto l'immagine del Presepe. Il primo: a dieci anni dalla sua scomparsa... dalla sua Pasqua (20 aprile 1993), vi proponiamo la scomoda Lettera scritta per il Santo Natale del 1985, dall'indimenticabile Don Tonino Bello, Vescovo di Molfetta e Presidente di Pax Christi dal 1985 al 1993.
A seguire la riflessione-augurale di padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, che -vi anticipiamo- sarà particolarmente presente nel Veneto, impegnato in vari incontri, nel mese di marzo 2003. E vi proponiamo pure la riflessione che ci ha inviato il nostro carissimo volontario-collaboratore, Vincenzo Andrauos, detenuto da 28 anni, in regime di semilibertà è tutor presso la Comunità Casa del Giovane di Pavia, di cui non smetteremo mai di consigliarvi la lettura del suo ultimo libro "Un viaggio" (edizioni CdG, www.cdg.it ). Un grazie anche ad Eugenio Melandri, instancabile animatore di «Chiama l'Africa» e direttore del mensile «Solidarietà Internazionale». Infine, per restare fedeli alla mission informativa, vi proponiamo un significativo appello-riflessione, una lucida chiave di lettura dei fatti che in queste ore stanno sconvolgendo il Venezuela, redatto da Giulio Girardi, filosofo e teologo della liberazione, membro del tribunale permenente dei popoli.
Dulcis in fundo chiudiamo in bellezza con due inviti. Il primo, con la rima baciata: spegnete la tivù / ed andate a visitare il sito " www.aquiloneblu.org  / dalla parte dei bambini "  con i vostri fratelli e nipotini / Troverete le favole sul Natale e molto di più  / ovviamente scritte da Greta Blu
Il secondo invito, per chi vuole: trascorrere un Capodanno "diverso" a Vicenza è possibile: in fondo alla pagina vi spieghiamo come. Intanto... Buon Natale a tutti.
Shalom, Amedeo Tosi
   
 
 
TANTI AUGURI SCOMODI

di Don Tonino Bello
 
Non obbedirei mai al mio dovere di vescovo, se vi dicessi "Buon Natale" senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire.
Non posso, infatti, sopportare l'idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla "routine" di calendario. Mi lusinga, addirittura, l'ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali. E vi conceda la forza di inventarvi un'esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.
Il bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un povero marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa l'idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla ove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini o il bidone della spazzatura o l'inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell'affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi tutte le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna con l'aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio della fame.
I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell'oscurità e la città dorme nell'indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere "una gran luce", dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura ma non scaldano. Che i ritardi dell'edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, "facendo la guardia al gregge" e scrutando l'aurora, vi diano il senso della storia, l'ebbrezza delle attese, il gaudio dell'abbandono in Dio. E vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri: che poi è l'unico modo per morire ricchi.
Sul nostro vecchio mondo che muore nasca la speranza!!!
 
+ DON TONINO BELLO
 
 
 
CI PUO' ESSERE ANCORA UN BUON NATALE

di p. Alex Zanotelli

Un altro Natale e' possibile: ci puo' essere ancora un buon Natale. "Con il Natale  la vita vince nonostante tutto. Ogni bimbo che nasce e' il segno che Dio non si e' ancora stancato dell'umanita'" (Tagore).Viola, la  perla bianca  di Chiara nata nel cuore della ricca Brianza, ha davanti a se' ottanta anni di vita (se tutto va bene) e una dote iniziale di 25.000 euro. Njeri, la perla nera di Rachele nata nella baracca di Korogocho, ha davanti a se' quaranta anni di vita (se tutto fila liscio) e una dote iniziale di soli 250 euro. Due mondi, due bimbe, divise da un invisibile muro di vetro. La prima, Viola, fa parte del 20% dell'umanita' che "si pappa" l'83% delle risorse mondiali. La seconda, Njeri, fa parte dell'oltre un miliardo di "esuberi umani" che devono accontentarsi dell'1,4% delle risorse, costretti a vivere con meno di un dollaro al giorno: sono gli innocenti di cui si rinnova la strage oggi: e Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata perché essi non ci sono più. Milioni di bimbi muoiono di fame, malattie, aids: un bimbo muore di fame ogni due secondi, 11 milioni ne muoiono all'anno per malattie meno gravi di un raffreddore, centinaia di milioni non inizieranno neanche la prima elementare. Due mondi, due Natali. Il nostro e' il Natale dell'opulenza, delle luci, dei regali del consumismo degli affari. E' un business senza fine, e' uno shopping anche di domenica. Questo sfavillio di luci natalizie sembra un meraviglioso acquario in cui guizzano costosissimi pesciolini esotici. A scrutarlo centinaia di milioni di bimbi dal volto scuro che guardano affascinati l'acquoso ed esotico luccichio. Fino a quando la parete di vetro proteggerà il banchetto degli esotici pesciolini? Per assicurarci che la parete di vetro sia davvero infrangibile e ci protegga eternamente da  quei visi sognanti di bimbi affascinati noi investiamo somme astronomiche in armi: Usa ed Europa nel 2003 programmano di spendere 750 miliardi di dollari. Un altro Natale non solo e' possibile ma e' urgente e necessario! Boicottiamo il Natale dei pesciolini esotici: il Natale dei consumi, dei regali, degli affari, un Natale pagano che ha ben poco da spartire con quel Bimbo che nasce in una mangiatoia alla periferia dell'impero, fuori dell'acquario anche lui indistinguibile volto nero in mezzo agli altri volti scuri. Diciamo no al consumismo vieppiù indotto e incentivato e diciamo sì alla festa natalizia della famiglia allargata a nonni, cugini, zii, nipoti ma anche alla famiglia dell'immigrato che lavora per noi o che ci e' più vicino. Diciamo no al  decadente e ripetitivo tango di regali, e diciamo sì ad un consumo critico, al regalo fatto in casa con amore e con le proprie mani, o a quello equo e solidale di lavoro fatto in dignità. Diciamo no alla stupida pervasività televisiva e diciamo sì alle relazioni umane in famiglia, ritornando a raccontarci gioie e dolori e a riprendere confidenza con l'immaginario, la fiaba, prendendo a cuore anche la bellezza del celebrare insieme il fascino del Natale. Diciamo no alla violenza e alla guerra e diciamolo con fierezza, e diciamo sì alla pace  e alla nonviolenza con evidenza mettendo bandiere arcobaleno ai nostri balconi e camminando con uno straccetto bianco di pace. Solo così il Natale ritornerà ad essere la festa della vita che farà rifiorire la speranza di un altro mondo possibile. Coraggio, dunque, ci può ancora essere un buon Natale.
 
ALEX ZANOTELLI
 
 
 
É NATALE

di Vincenzo Andraous

Sono i giorni dei deliri economici, dei sorrisi ricostruiti, dei gesti gratuiti per ricorrenza. Sono giorni che trascorrono veloci ed è gia ieri nelle dimenticanze immediate che non conoscono sensi di colpa. Giorni che non sono uguali, che non possono esserlo, perché non segnano tempo a perdere, nonostante i nostri sforzi per rimanere intruppati in bell’ordine nelle abitudini consolidate, che ci giustificano e assolvono. In questo Natale potremmo provare a sentirci Musulmani, Ebrei, Cristiani, nel senso di scambiarci reciprocamente i solchi che ci dividono e allontanano, fino a renderci nemici. Scambiarci pene e gioie, amori e paure, fino a sentire al fondo della carne e al centro del cuore, il bisogno di conoscere per intero il peso della storia, nella necessità di non chiudere il proprio uscio. Scambiarci le nostre storie personali, le nostre interiorità, che non sanno solo di amaro e non stanno disegnate in piramidali fatti a misura da utopisti e manipolatori di coscienze. In questo Natale perché non provare a stare per un solo giorno dietro le sbarre di un carcere, ma non per un accidente, per nemesi indotta, neppure per volontariato personalistico. Un giorno in cella per una precisa scelta di conoscere e capire un mondo che non è separato, che non è distante.  Non è fuori dal vivere collettivo, bensì è dramma da interpretare nel male ricevuto, nel dolore recato, nelle privazioni doppie e triple ben oltre la stessa condanna. Un giorno da ricordare, dove incontrare pezzi di noi stessi sparsi all’intorno, e sanguinare per le tante vittime del reato, per le tante vite dimezzate, denudate della propria dignità. Un giorno in carcere per toccare con mano ferma e non caritatevole l’urgenza di un ripensamento culturale, che induca non solo a richiedere il castigo per chi infrange la legge, ma riconosca il valore della riconciliazione, della ricomposizione, attraverso  un’attenzione sensibile, che non è accudente, ma accompagna nelle proprie responsabilità e nei propri intendimenti di ritornare ad essere uomini nuovi. Un giorno dietro le sbarre per comprendere l’esigenza di giustizia di chi ha subito come di chi subisce affinché una Giustizia equa favorisca davvero la nascita di uomini equi. In questo Natale proviamo veramente a pregare per un Bimbo che nasce e che vorremmo incontrare all’angolo di ogni strada buia. Un Bimbo che non ha cittadinanze imposte, ma si espande dal principio alla fine per essere “insieme” in un NOI che non volge le spalle alla preghiera che ascolta, ma scopre nuove energie a cui fare ricorso per non ingannarci tra relativismo etico e fede vinta ai tavoli da gioco. Il Bimbo nasce e noi siamo in corsa, con il respiro pesante per le tante cose da fare, siamo preda della pazienza della disperazione. E’ Natale, e allora, e forse, essere più buoni, sta a significare che non sono sufficienti i diplomi, le lauree né i corsi brevi per raggiungere quella dimensione che questa festa ci dona. Quest’Avvento sia finalmente gioia che non smette mai, lo sia fino in fondo, affinché questa vita che non arretra, consenta a tutti una laurea assai più ambita, quella della pazienza della speranza.

VINCENZO ANDRAOUS

 
 
E’ DIFFICILE FARSI GLI AUGURI

di Eugenio Melandri

A Betlemme, nel luogo dove Gesù è nato, i carri armati israeliani hanno fatto il deserto. La gente sta chiusa nelle case. Non un turista. Non un pellegrino. Il rumore delle lamiere che si muovono ha ormai preso il posto delle liturgie e delle feste che in questi giorni tradizionalmente accompagnavano il Natale in Terra Santa. Ogni tanto uno sparo. Nuove vittime si assommano al numero ormai incalcolabile di morti che questa guerra ha provocato. La guerra è stata capace di distruggere tutto. Anche quel po’ di poesia e di dolcezza tipiche delle feste di Natale. Eppure Gesù è figlio di questa terra, di questa Regione difficile dove si scontrano odi secolari con contingenze politiche attuali. Lui che è venuto, come dicono le scritture, a fare di due popoli un solo popolo, oggi si trova schiacciato da una guerra che aumenta le divisioni, fa crescere gli odi ed è foriera di ulteriori guerre, di ulteriori conflitti.
Poco più in là, nella stessa regione, in Iraq, si stanno consumando gli ultimi atti formali per cercare di dare legittimità ad un’altra guerra senza senso. Quello con l’Iraq è un conflitto che l’occidente – gli Usa in particolare – non ha mai terminato. Dieci anni di embargo hanno messo in ginocchio il popolo iracheno, rendendo nello stesso tempo più forte Saddam Hussein. Ma una nuova guerra sembra inevitabile. Nuovi bombardamenti, nuove vittime civili, nuovi “effetti collaterali” che renderanno ancora più tragico il bilancio di questo mondo che ormai sembra votato all’irrazionalità.
Intanto continua la caccia all’islamico. La parola “terrorismo” apre la porta ad ogni genere di mostruosità. Mostruoso porre azioni che seminano la morte tra persone innocenti, solo per creare disordine e per colpire l’avversario. Mostruoso chi non trova altra forma di risposta che quella della vendetta che aumenta l’odio e dà corda al circolo vizioso della violenza. In nome della lotta al terrorismo si sospendono i diritti civili, si crea una situazione in cui l’emergenza pare essere divenuta la norma.
In Africa continuano le guerre senza nome. Sudan, Grandi Laghi, Costa d’Avorio, Liberia. Nomi che ogni tanto, non troppo in verità, leggiamo sui giornali. Dietro ad ognuno di questi nomi un numero senza fine di vittime innocenti che hanno come unica colpa quella di essere nati in questi paesi e non altrove. L’elenco non è terminato e potrebbe continuare a lungo.
Finisce così questo 2002. Ed è difficile, davvero, farsi gli auguri. C’è una cappa di tristezza che pesa su questo mondo. Quella cappa che ha fatto gridare a Giovanni Paolo II. “Dio non si rivela più, sembra nascondersi nel suo cielo, in silenzio, quasi disgustato dalle azioni dell’umanità”.
Farsi gli auguri per un nuovo anno che comincia diventa così un atto di fede e di speranza. Sì, fede e speranza, anche in questa umanità ferita. Che ci ha dato Auschwitz , ma anche San Francesco. Fede e speranza che vorremmo divenissero quella che il sociologo Horkheimer chiama “la nostalgia del totalmente altro”. Verrà un giorno, ne siamo certi, in cui finalmente le vittime avranno ragione dei loro carnefici. Buon Natale e buon anno.

EUGENIO MELANDRI
 
 
LA RIVOLUZIONE BOLIVARIANA DEL VENEZUELA, SEGNO DI CONTRADDIZIONE PER L'EUROPA E PER GLI EUROPEI

di Giulio Girardi

Si sta consumando, nell'indifferenza e nel silenzio del mondo, un crimine contro l'umanità: il soffocamento della speranza dei poveri, rappresentata in Venezuela dalla rivoluzione bolivariana e dal presidente Chávez. Il silenzio che avvolge e nasconde questa battaglia è dovuto in larga misura alla complicità dei mezzi di comunicazione di massa, del Venezuela e del mondo, controllati dal capitale nazionale e transnazionale, che presentano della situazione un'immagine rovesciata, secondo cui un popolo oppresso si starebbe ribellando ad un presidente violento e repressivo. Ma vi è un motivo più profondo di questo silenzio. Mentre nei confronti dell'Afghanistan o dell'Iraq, è possibile fornire all'aggressione, di fronte all'opinione pubblica, un'apparente giustificazione, nessuna giustificazione gl'impresari venezuelani ed i loro complici gli Stati Uniti possono fornire alla loro aggressione. Anche quando i manifestanti antichavisti gridano rabbiosamente per le strade "che se ne vada! Che se ne vada il contadino!" non riescono mai a dire perché.
Mentre infatti l'Iraq rappresenta apparentemente una minaccia, il Venezuela non minaccia nessuno, ma è  minacciato esso stesso all'interno ed all'esterno. Mentre Saddam Hussein può essere a buon diritto denunciato come dittatore, Chávez è un presidente democraticamente e ripetutamente eletto; è un presidente amato dalla maggioranza, che una vasta insurrezione popolare ha liberato dalle mani dei golpisti. Bisogna essere ciechi per non vederlo. Le minacce alla democrazia vengono solo dagli aggressori. Ma anche se i manifestanti antichavisti ed i loro complici imperiali non osano fornire una giustificazione della loro condanna, per i venezuelani queste ragioni sono chiare: «Se ne vada perché è spudoratamente schierato dalla parte dei poveri del paese; perché proclama i diritti degli indigeni e delle donne; perché colpisce temerariamente gli interessi dei miliardari». «Se ne vada  perché è egli stesso di origine popolare, ed è quindi un intruso nelle sfere del potere». «Se ne vada perché ha la pretesa di nazionalizzare le ricchezze petrolifere del Venezuela, per metterle al servizio di tutti,  invece di lasciarle nelle mani dei legittimi proprietari, i ricchi del paese ed i loro alleati imperiali». «Se ne vada, perché  è amico di Cuba ed inviso agli Stati Uniti».
Ma se queste sono le vere giustificazioni di quella mobilitazione, allora, per l'Europa in costruzione, sarebbe una gravissima responsabilità storica, tacere di fronte a questo crimine. Sarebbe un atteggiamento imperdonabile di complicità e di servilismo nei confronti del grande fratello. Sarebbe il segno evidente che l'Europa  in costruzione è incapace di proporre al mondo, oltre una nuova moneta, un nuovo ed autonomo progetto di civiltà; che l'Europa non appartiene al mondo nuovo in costruzione ma alle rovine del vecchio disordine imperiale. Perché la rivoluzione venezuelana è per noi un segno di contraddizione, che impone all'Europa di prendere partito e di rendere chiaro a se stessa ed al mondo il suo progetto di civiltà. Ma la rivoluzione venezuelana non è solo  un segno di contraddizione per l'Europa in generale; lo è anche per ciascuno degli europei e per ciascuna delle europee. In effetti, per ognuno ed ognuna di noi schierarsi in questa battaglia cruciale significa decidere se, nel presente contesto geopolitica, siamo dalla parte dell'impero o dalla parte dei popoli e della loro autodeterminazione; se siamo dalla parte delle minoranze privilegiate o delle maggioranze emarginate; se siamo per un mondo lacerato da lotte fratricide o per un mondo animato dalla solidarietà liberatrice. Quanto dire che schierarci nei confronti del dramma venezuelano non è per noi solo una scelta politica e geopolitica: è anche una scelta di vita.

GIULIO GIRARDI
 
 
UN ALTRO CAPODANNO É POSSIBILE 

a Vicenza
 
Un gruppo di amici della Rete Lilliput di Vicenza sta organizzando in queste ore "Un altro Capodanno è Possibile". Questi gli ingredienti finora messi in nota: 1) Ritrovo alle ore 21 nella grande sala all'interno dei chiostri della Parrocchia dei Carmini (in fondo a Corso Fogazzaro, a Vicenza); Saranno presenti, nella veste di ospiti: 2) Lisa Clark dei Beati i Costruttori di Pace di Firenze, che porterà una testimonianza sulla recentissima esperienza in Iraq; 3) la musica etnica e brasiliana di Alessandro Scandale; 4) L'associazione Malaki Ma Kongo proporrà la proiezione del video "Congo" (15 minuti), breve racconto-testimonianza di ciò che il gruppo sta realizzando e della situazione nel Paese africano; 5) cena a base di prodotti del commercio equo e solidale; 6) micro stage di danza del ventre con Camilla, che spiegherà ai presenti la filosofia di questa danza e ci farà provare qualche movimento molto, molto semplice; 7) meditazione guidata di Maria e Stefano con abbraccio a Madre Terra; 8) fiaccolata a mezzanotte, per la Pace. Il termine ultimo per dare la propria adesione è Domenica 29 dicembre, ma vi consigliamo di farlo al più presto, perché i posti non sono illimitati. Per dire "sì" alla proposta, o per comunicazioni e quant'altro, potete contattare Paolo Michelotto allo 0444-545535 (lavoro) o allo 0444-302804 (casa). E-mail info@verademocrazia.it

 
Vi ricordiamo, infine, che dal 27 dicembre al 5 gennaio presso la Basilica Palladiana di Vicenza si terrà la manifestazione "Unicomondo in MOSTRA" . Unicomondo, cooperativa provinciale per un commercio equo e solidale, assieme a due delle realtà associative che hanno dato vita alla cooperativa stessa e a gruppi/attività collegate, saranno presenti in Basilica Palladiana con materiale informativo, libri, poster, videocassette e presentazioni su: commercio equo e solidale, grazie ai volontari delle Botteghe di Vicenza; sportello di turismo responsabile, grazie ad da alcuni volontari della Bottega di Vicenza e La Tenda;  intercultura e globalizzazione, grazie al Centro Intercultura Unicomondo, che presenta le proprie attività e servizi progetti di cooperazione e sviluppo in Tanzania con la ong CEFA presentati da Frontiere Nuove di Santorso adozione a distanza grazie a CAAP onlus (Centro Attivo Aiuto al Prossimo) di Zane; GAS (Gruppo di Acquisto Solidale) Unicomondo "come spendere meno e vivere meglio". Per informazioni: maxmab@tin.it
 
@@@ FINE @@@

HOME PAGE