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RUGGIERO
OVVERO
L'EROICA GRATITUDINE


Questo dramma manca nell'edizion torinese, perché non era ancora scritto quando il decimo volume di essa fu pubblicato. Il compose l'autore d'ordine dell'imperatrice-regina in Vienna; ed ivi sotto gli occhi del medesimo uscì la prima volta in luce con una correttissima ed elegante impressione della stamperia del Ghelen; e fu rappresentato con musica dell'Hasse immediatamente in Milano, in occasione delle felicissime nozze delle AA. RR. di Ferdinando arciduca d'Austria e dell'arciduchessa Maria Beatrice d'Este, principessa di Modena, l'anno 1771.


ARGOMENTO

L'eroica gratitudine di Ruggiero verso il principe Leone suo rivale, che, generoso nemico, l'avea liberato da morte, si trova mirabilimente espressa ne' tre ultimi canti del Furioso dell'immortale Lodovico Ariosto; di cui nel presente Dramma si son seguitate tanto esattamente le tracce, quanto ha conceduto la nota differenza che corre fra le leggi del drammatico e quelle del narrativo poema.


INTERLOCUTORI

CARLO MAGNO imperatore.
BRADAMANTE nobile ed illustre donzella guerriera, amante di Ruggiero.
RUGGIERO discendente d'Ettore, chiarissimo in armi, amante di Bradamante.
LEONE figliuolo e successore di Costantino imperatore d'Oriente.
CLOTILDE principessa del real sangue di Francia, amante di Leone, amica di Bradamante.
OTTONE paladino di Francia, confidente di Bradamante e di Ruggiero.
PAGGI, NOBILI e GUARDIE con Carlo Magno.
PAGGI con Clotilde.
NOBILI e GUARDIE con Leone.


L'azione succede in riva alla Senna nelle vicinanze di Parigi in una vasta e deliziosa villa reale che contiene diversi, ma quasi contigui magnifici alloggiamenti.



ATTO PRIMO

SCENA I

Logge terrene negli appartamenti destinati a Clotilde.

Bradamante in abito guerriero, ma senza scudo, e Clotilde.

Bradamante - Sì, Clotilde, ho deciso; e il mio disegno
Fido a te sola: all'oscurar del giorno
Voglio quindi partir.

Clotilde - Che dici!

Bradamante - Ah! scorse
Son già tre lune, ed io sospiro in vano
Del mio Ruggier novelle. Il fido Ottone,
Che le recava a me, nulla di lui,
Nulla più sa. Non è Ruggier capace
(Io conosco Ruggier) di questo ingrato,
Barbaro oblio. Chi sa dov'è? fra quali
Angustie, oh Dio, languisce?

Clotilde - E il suo valore
Non ti rende tranquilla?

Bradamante - Ah! principessa,
Son uomini gli eroi. Chi gli assicura
Dall'insidie degli empi,
Da' capricci del caso, e da' funesti
Incogniti perigli
Della terra e del mar? Mille ne finge
Il mio timido amor. Qual pace io posso
Trovar così? No; rinvenirlo io voglio
O perdermi con lui.

Clotilde - Ma dove speri
Ritrovarne la traccia?

Bradamante - Ei contro il greco
Furor (lo sai) de' Bulgari sostenne
La cadente fortuna, e questi il trono
Gli offerser grati al beneficio. I primi
Passi io là volgerò: d'indi a cercarlo
Le imprese sue mi serviran di scorta.

Clotilde - E vorrai, Bradamante,
Così l'afflitto padre e la dolente
Annosa genitrice
Di nuovo abbandonar? Né ti ritiene
Il lor tenero amore?

Bradamante - Ah! questo, amica,
Questo amor sconsigliato è la sorgente
De' mali miei. Per cingermi la fronte
Del serto oriental m'hanno i crudeli
Negata al mio Ruggiero; ei disperato
Cerca errante il rivale, io qui per loro
Palpito abbandonata.

Clotilde - Il trono eccelso,
Che la paterna cura
Provvida a te procura, è gran compenso
Delle perdite tue.

Bradamante - No, non è vero:
Mille troni ha la terra, e un sol Ruggiero.

Clotilde - Ah, Leon non conosci: allor che quindi
Pellegrino ei passò, guerrieri allori
Tu raccoglievi altrove. Ah, se un istante
Il giungessi a mirar!...

Bradamante - So che a te piacque:
Ma non ben si misura
L'altrui dal proprio cor.

Clotilde - Scuoterti almeno
Un tanto amor dovrebbe,
Che sol la tua d'Asia e d'Europa a tutte
Le bellezze antepone.

Bradamante - Amor tu chiami,
Clotilde, una leggiera
Vaghezza giovanile. Ei me non ama;
Ama il mio nome, ama il romor che intese
Di mie guerriere imprese: una donzella
Con l'elmo in fronte e con l'acciaro al fianco
Nuovo è per lui strano portento, e ambisce
Farsene possessor.

Clotilde - Deh! meno ingrata...

Bradamante - Ah, non più, principessa; o taci, o solo
Parlami di Ruggiero, e meco affretta
Co' tuoi voti la notte.

Clotilde - Almen sospendi
Il tuo partir fin che l'atteso giunga
Greco orator. Trarrem da lui, da' suoi,
Del tuo Ruggier forse contezza, e a caso
Errando non andrai.

Bradamante - L'arrivo appunto
Io fuggo di costui. L'unico erede
So che il greco regnante oltre ogni segno
Ama nel suo Leone, e ne seconda
Cieco qualunque brama. E s'ei chiedesse
Che la mia destra il nostro
Cesare ottenga al figlio, e la sovrana
Congiurasse a mio danno
Con la paterna autorità? Di quanto
Peggior sarebbe il caso mio!

Clotilde - S'affretta
Ottone a questa volta.



SCENA II

Ottone e dette.

Bradamante - Otton, che rechi?

Ottone - Giunse il greco orator.

Bradamante - Giunse?

Ottone - E più grande
Sarà, se m'odi, il tuo stupor. L'istesso
Leone è l'orator.

Bradamante - Leon!

Clotilde - Vedesti
Tu il prence?

Ottone - Io no; ma un mio
Fedel, cui molto è noto.

Clotilde - E dove a lui
Destinato è l'albergo?

Ottone - In questo ameno
Recinto ove noi siam.

Bradamante - (altiera e sdegnata) Che vuol? che spera?
Che pretende? a che vien?

Ottone - Tu il chiedi!

Bradamante - È folle
Se conseguire a forza
Vuol la mia man. Di Bradamante il core
Violenze non soffre: i propri affetti
Difender sa come gl'imperi altrui.

Clotilde - Calmati, amica.

Bradamante - (ad Ottone) Ah questo è troppo! Augusto
Il vide ancor?

Ottone - No; qualche spazio a lui
Di riposo concede:
E poi l'ascolterà.

Bradamante - Ma sa che il prence
È l'orator?

Ottone - Né pure. Io ben l'avviso
Corsi a recar; ma Cesare è raccolto
In solitaria stanza, onde permesso
Per or non è l'ingresso.

Bradamante - Ah, questo audace
Giovane mal accorto
Farò pentir! (in atto di partire)

Clotilde - Dove t'affretti?

Bradamante - Dove
L'amor, lo sdegno e il mio valor mi guida.

Clotilde - Odi: pensiamo...

Bradamante - Or non è tempo: avvezza
Non sono a tollerar. Me stessa oltraggio,
Se neghittosa in petto
Del conteso amor mio gl'impeti io premo.
Chiede estremi rimedi un rischio estremo.

Farò ben io fra poco
Impallidir l'audace
Che vuol turbar la pace
D'un sì costante amor.
Vedrà quanto più fiero
Divien l'ardor guerriero,
Quando congiura insieme
Con l'amoroso ardor. (parte)



SCENA III

Clotilde ed Ottone.

Ottone - Seguila, principessa, e quei t'adopra
Suoi primi ardori a moderar. Fra' Greci
Io di Ruggier novelle
A rintracciar men vo.

Clotilde - Del caso mio
Che dici, Otton? Di me t'incresce?

Ottone - Il caso
Comprendo, e ti compiango. Una rivale
Aver sempre su gli occhi; un incostante
Veder che torni ardito a farti in faccia
Pompa d'infedeltà; d'un giusto sdegno,
Lo so, deve infiammarti.

Clotilde - Ah, non procede
Quindi lo sdegno mio! Se merta amore,
Qual colpa ha Bradamante? E qual se cede
Leone a sì gran merto?

Ottone - Con chi dunque t'adiri?

Clotilde - Con me, che un caro oggetto,
Che il Cielo a me non destinò, dovrei
E non posso obliar.

Ottone - Clotilde, addio:
Presto il potrai. Fin che delira amore,
Ogni arbitrio imprigiona:
Docile è già quando sì ben ragiona. (parte)



SCENA IV

Clotilde sola.

Clotilde - Ah! non è ver: pur troppo
La mia ragion mi dice
Che amare un infedel, d'animo insano
È visibile error, ma il dice in vano.
Leon m'accende; e, sol ch'io n'oda il nome,
Già mi palpita il cor. Veggo i miei torti:
Come follia condanno ogni speranza
Che s'offre lusinghiera al mio pensiero;
Ma, folle o saggia, io l'amo sempre e spero.

Io non so nel mio martiro
Se ragiono o se deliro;
So che solo io mi consolo
Con l'idea del caro ben:
Che fatale è ben lo strale
Che avvelena i giorni miei,
Ma ch'io l'amo e ch'io morrei
Nello svellerlo dal sen. (parte)



SCENA V

Galleria negli appartamenti di Leone.

Ruggiero ed Ottone.

Ottone - Oh qual di Bradamante in rivederti
Sarà la gioia!

Ruggiero - Ah! Bradamante, amico,
È perduta per me.

Ottone - Perduta! Oh stelle!
Che mai dici, o Ruggier?

Ruggiero - Taci. Fra' Greci
Erminio è il nome mio.

Ottone - Nulla io comprendo.
Credi il tuo ben perduto!
Ritorni a noi del tuo rival compagno!
Ma che fu? ma che avvenne?

Ruggiero - Ascolta, e dimmi
Se ha più di me la terra
Infelice mortale. Io sconosciuto
Sai che quindi partendo...

Ottone - Io so che andasti
De' Bulgari in difesa
Contro i Greci oppressori
Che reggeva Leon; so che affrontarti
Con lui cercavi, ond'ei mai più potesse
Aspirar a rapirti il tuo tesoro;
Poi mancaro i tuoi fogli, e il resto ignoro.

Ruggiero - Odilo. Il gran conflitto, in cui decise
Contro i Greci la sorte,
Col dì non terminò. Fra l'ombre ancora
Seguendo la vittoria, in parte ignota
Solo e straniero io mi trovai. Smarrito
Cercando asilo, in un munito albergo
M'avvenni, il chiesi, e mi fu dato. Accolto
In nobil stanza io di bramar mostrai
Pronto riposo; e l'ospite cortese
Lasciommi in libertà. L'armi deposi:
Su le apprestate piume al sonno in braccio
Stanco m'abbandonai; ma i sonni miei
Se fur lunghi non so; so che riscosso
Fra catene io mi vidi.

Ottone - Oimè!

Ruggiero - Ne chiedo
Ragione a chi m'annoda;
Nessun risponde. In tenebroso e cupo
Fondo d'antica torre
Mi veggo trasportar: chiuder sul capo
Del carcere funesto
Sento l'uscio ferrato, e solo io resto.

Ottone - E chi tal frode ordì?

Ruggiero - La mia sventura.
Madre d'un, che pugnando uccisi in campo
Temerario garzone, è la germana
Del greco imperador, di quell'istesso
Tetto signora, ov'io smarrito entrai.

Ottone - Oh errore!

Ruggiero - Ognun sapea
Che il cavalier straniero
L'avea trafitto; ed alle note insegne
Palese io fui. Nel suo dolor la madre,
Qual tigre orba de' figli, il suo volea
Vendicar nel mio sangue, e farmi a stento
La mia morte ottener. Già non lontano
Era il mio fin, quando una notte, io credo,
(Ch'ivi per me sempre fu notte) ascolto
Di grida, di minacce,
D'armi, di ferri scossi e d'assi infrante
Strepitoso fragore: e, mentre io penso
Qual ne sia la cagion, faci improvvise
Rischiaran la mia tomba. A me ridente
Un giovane sen corre
Di sembiante real, gridando: ‘Ah! vivi,
Ah! sorgi, Erminio'; e di sua man s'affretta
Intanto a sciorre i miei legami. Io chiedo
Attonito chi sia. ‘Fui' mi risponde
‘Nemico tuo; ma il conservar chi onora
Al par di te l'umanità cred'io
Debito universal. L'adempio, e vengo
A meritarti amico. Altra mercede
Il tuo da te liberator non chiede.'

Ottone - Oh magnanimo! E questo
Chi fu, che generoso
La vita a te donò?

Ruggiero - Fu quell'istesso
A cui dar morte in singolar tenzone
Io geloso volea.

Ottone - Leon?

Ruggiero - Leone.

Ottone - Che ascolto! Ed a salvarti
Qual cagion lo spronò?

Ruggiero - M'avea più volte
Pugnar veduto in campo: il mio coraggio
Stimò degno d'amore, e non sofferse
Di vedermi perir.

Ottone - Dovresti a lui
Scoprirti al fin; già ch'egli ha il cor sì grande...

Ruggiero - Ah, perché grande ha il core
Deggio abusarne? ed obbligarlo a un duro
Sagrificio per me?

Ottone - Dunque a che vieni?

Ruggiero - Leon l'esige: egli non vuol soffrirmi
Da lui diviso; ed io pavento e bramo
Di veder Bradamante.

Ottone - A lei frattanto,
Se vuoi...

Ruggiero - Lasciami: io veggo
Da lungi il prence.

Ottone - A lei dirò...

Ruggiero - No, taci.
Fin che si può, lo sventurato ignori
Nostro destin severo.

Ottone - Ma pur...

Ruggiero - Parti: ecco il prence.

Ottone - (da sé partendo) Il caso è fiero.



SCENA VI

Ruggiero, poi Leone.

Ruggiero - No; fra tutti i viventi alcun non vive
Di me più sfortunato.

Leone - Ma quando, Erminio amato,
Quando una volta io giungerò la bella
Bradamante a veder? Questo riposo,
Che Augusto a me concede,
È tormento per me.

Ruggiero - Ma come, o prence,
Per un sembiante ignoto
Tanto accender ti puoi?

Leone - La fama istessa,
Che il gran valor di Bradamante esalta,
N'esalta la beltà. Forse è mendace?
Dirlo tu puoi. Tu la conosci?

Ruggiero - Assai.

Leone - Parlasti a lei?

Ruggiero - Più volte.

Leone - E qual ti parve?

Ruggiero - Degna della sua fama.

Leone - È dolce? è altiera
Agli atti, alla favella?

Ruggiero - O lusinghi o minacci è sempre bella.

Leone - Ah! non ho ben se mia non è. Si voli
A chiederla ad Augusto. Ai voti miei
Fausto lo speri?

Ruggiero - Il tuo gran padre onora,
Bradamante gli è cara: e a sì gran sorte
Lieto sarà di sollevarla.

Leone - Ed ella
Credi che ubbidirà?

Ruggiero - So che rispetta,
Quanto è ragione, il suo sovran.

Leone - Ma il mondo
Del famoso Ruggier la crede amante:
L'udisti tu?

Ruggiero - L'intesi.

Leone - Ah, saria questo
Un terribil rivale! Afferma ognuno
Ch'or non vi sia più cavalier che ardisca
Seco provarsi al paragon dell'armi.
Ei vorrà forse in campo
Contendermi la sposa.

Ruggiero - No, nol vorrà. Rispetterà Ruggiero
D'Erminio in te l'amico.

Leone - Oh fido, oh caro
Sostegno mio! No, con Erminio accanto,
Cento Ruggieri e cento,
Tutto il mondo nemico io non pavento.

Otterrò, felice amante,
Sol per te sì degno oggetto;
E a te sol del mio diletto
Debitor mi vanterò.
Possessor d'un bel sembiante
Trarrò seco i dì ridenti;
Ed in mezzo a' miei contenti
La tua fé rammenterò. (parte)



SCENA VII

Ruggiero solo.

Ruggiero - Questo è troppo soffrir. Combatter sempre
Fra l'amore e il dover! Sentir dal seno
Strapparmi il cor da quella mano istessa
Che la vita mi diè! Le smanie, oh Dio!
Immaginar di Bradamante... Ah, questa
Idea tremar mi fa. Troppo è crudele,
Troppo barbaro è il caso; e il Ciel sa come
Esposto a lei sarà. Vadasi a lei;
Da me sappialo almeno. Ai fidi amanti
Sollievo è pur nelle sventure estreme
Gemer, lagnarsi e compatirsi insieme.

Ah, se morir di pena
Oggi così degg'io,
Accanto all'idol mio
Io voglio almen morir!
Qual serbo a lei costanza
Almen vedrà la bella
Perduta mia speranza
Nel fiero mio martìr. (parte)



SCENA VIII

Appartamenti imperiali.

Carlo Magno con séguito, poi Bradamante.

Carlo Magno - E ben, dunque ascoltiam l'impaziente
Orientale ambasciadore. Andate
A scorgerlo, o miei fidi,
Da' suoi ricetti al luogo usato. A lui,
Quando giunga, io verrò. Frattanto ammessa
Sia Bradamante; e quindi
Si scosti ognun. (partono i nobili ed i paggi. Le guardie si ritirano al fondo della scena)
Chi creder mai potrebbe
Che fosse una donzella un de' più saldi
Sostegni del mio trono? Eccola. Ah, basta
Per crederlo il vederla! Il suo sembiante,
Quella dolce fierezza,
Quel saggio ardir, quel portamento inspira
E rispetto ed amor. Bella eroina,
Qual mai per me fausta cagione a queste
Soglie guida il tuo piè?

Bradamante - Cesare, io vengo
Grazie a implorar da te.

Carlo Magno - Grazie! Ah, di tanto
Debitor mi rendesti,
Che quanto or chieder puoi
Sarà scarsa mercede a' merti tuoi.

Bradamante - Già che al grado di merto
Solleva Augusto il mio dover, poss'io
Della grazia che imploro
Certa esser già.

Carlo Magno - Sì, la prometto: e nulla
So che teco avventuro.

Bradamante - Ah m'assicuri,
Se il mio pregar n'è degno,
La tua destra real.

Carlo Magno - Prendila in pegno.

Bradamante - Signor, gli studi feminili e gli usi
Sai che sprezzai fanciulla; e che, ammirando
D'Ippolita e Camilla
L'ardir guerriero, i gloriosi gesti,
Procurai d'imitarle.

Carlo Magno - E le vincesti.

Bradamante - Il nome mio, più che il mio volto, or sento
Che a chiedermi in consorte
Induca alcun. Suddita e figlia, io temo
Per un sacro dover vedermi astretta
A diventar soggetta ad uom che meno
Vaglia in armi di me: né mai quest'alma,
A non fingere avvezza,
Sapria ridursi a lusingar chi sprezza.
Da un tal timor m'assolva
L'imperiale autorità.

Carlo Magno - Ma come?

Bradamante - Questa legge a tuo nome
Sia palese a ciascun: che la mia mano
Chi pretende ottener, meco a provarsi
Venga in pubblico agone: e quando invitto
Tutto il tempo prescritto
Si difenda da me, m'abbia sua sposa:
Ma, se fugato e vinto
Mal risponde alle prove
Che intraprendere osò, la cerchi altrove.

Carlo Magno - I lacci d'Imeneo
Dunque aborrisci?

Bradamante - Sì, se de' miei lacci
Deggio arrossir.

Carlo Magno - Se men difficil prezzo
Non proponi all'acquisto
Del tuo bel cor, chi l'otterrà?

Bradamante - Chi degno
Sarà di me.

Carlo Magno - Forse qual sia non sai
Chi aspira al don della tua destra.

Bradamante - In campo
L'apprenderò.

Carlo Magno - Deh, men severa!...

Bradamante - Augusto,
Ah! la grazia che ottenni,
Render dubbia or mi vuoi?

Carlo Magno - No: ripigliarmi
Quel che donai non posso. In questo istante,
Qual tu brami, l'editto
Promulgato sarà. Ma tu ben puoi
Limiti imporre al tuo valor. Fin ora
Che vincer sai già vide il mondo: ah! vegga
Che sai con egual gloria
Trascurar generosa una vittoria.

Di marziali allori
Già t'adornasti assai:
Di mirti è tempo ormai
Che il crin ti cinga Amor.
Mille di tua fortezza
Prove donasti a noi;
Abbia i trionfi suoi
La tua bellezza ancor. (parte)



SCENA IX

Bradamante sola.

Bradamante - Se ardirà, ch'io nol credo,
Meco esporsi a cimento il Greco audace,
Non sarà qui venuto
Impunemente a tormentarmi. Oh Dio,
Perché Leon non è Ruggiero! Il braccio
Emulo al cor rispetterebbe il caro
Mio vincitore; e il divenirne acquisto
Conterei per trionfo. E pur sì strano
Il mio voto non è. Noto a ciascuno
Sarà l'editto. Ei non vorrà, se l'ode,
Trascurar d'ottenermi; ei non è forse
Molto quindi lontan: forse... Ah, di quali
Sogni io mi pasco in tanti affanni e tanti!
Basta pur poco a lusingar gli amanti!

So che un sogno è la speranza,
So che spesso il ver non dice;
Ma, pietosa ingannatrice,
Consolando almen mi va.
Fra quei sogni il core ha pace,
E capace almen si rende
Di sue barbare vicende
A soffrir la crudeltà.


FINE DELL'ATTO PRIMO




ATTO SECONDO

SCENA I

Deliziosa parte de' giardini reali.

Carlo Magno ed Ottone.

Ottone - Non crederlo, signor: dall'ardua impresa
Non v'è ragion che vaglia
Il greco prence a frastornar.

Carlo Magno - Vogl'io
Tentarlo almen. Dicesti a lui che bramo
Seco parlar di nuovo?

Ottone - Il dissi; ei viene,
Ma sol la pugna ad affrettar.

Carlo Magno - Va: prendi
Del guerriero apparato
Tu la cura frattanto: io qui Leone
Attenderò. Chi sa? Forse a mio senno
Svolger potrò quel giovanil pensiero.

Ottone - Cesare, il bramo anch'io, ma non lo spero.

È dal corso altero fiume
L'arrestar difficil meno,
Che agli affetti imporre il freno
D'inesperta gioventù.
Dell'età nel primo ardore
Cede agl'impeti del core
La ragione e la virtù. (parte)



SCENA II

Carlo Magno, poi Leone.

Carlo Magno - Del giovane reale io pur vorrei
Il periglio evitar. S'ei qui perisse,
Qual saria dell'augusto
Suo genitor la doglia! e qual... Ma viene
Già risoluto a me. Principe amato,
Tu già pugnar vorresti: io tutto in volto
Ti leggo il cor.

Leone - Sì, lo confesso, io vengo
Ad affrettarne il sospirato istante.

Carlo Magno - Ma sai di Bradamante
Qual sia l'arte guerriera,
Quanto il poter?

Leone - Sì; ma compagno in campo
So che avrò meco Amore; e i fidi suoi
So che Amor, quando vuol, cangia in eroi.

Carlo Magno - È bello anche l'eccesso
D'un giovanile ardir. Quel che sarai
Io già veggo nel tuo; ma pur conviene
Che il fren senta per or. Del tempo è dono
L'esperienza ed il vigore: e in erba
Gran speranze recidi,
Se innanzi tempo al tuo gran cor ti fidi.

Leone - Se quella ch'or m'alletta
Dolce speme, o signor, perdo o trascuro,
Dell'altre i doni io conseguir non curo.
Deh, secondar ti piaccia
Le impazienze mie.

Carlo Magno - Ma prendi almeno
Qualche tempo a pensar.

Leone - No; di mia sorte
La penosa incertezza
Soffrir non so: vengasi all'armi; il segno
Fa che ne dian le trombe
Senz'altro indugio. Il sol favor che imploro
Da te, Cesare, è questo.

Carlo Magno - Il vuoi? S'adempia
Il tuo voler. Quel marzial recinto
Vedi colà, solo a' festivi assalti
Destinato fin or? Là per mio cenno
La tua bella nemica
A momenti sarà. Va: t'arma e vieni,
Se tentar vuoi di Marte il dubbio giuoco;
Ma pensa che fra poco
Potresti nel periglio
Rammentar troppo tardi il mio consiglio.

Non essere a te stesso
Per troppo ardir crudele:
Pria di spiegar le vele
Guarda di nuovo il mar.
Pensa che poco è fido;
Che or giova essere accorto;
Che sarà lungi il porto
Quando vorrai tornar. (parte)



SCENA III

Leone, poi Bradamante.

Leone - Ah, se d'un tal portento
Di valor, di beltà potrò vantarmi
D'esser io possessor; d'astro sì chiaro
Se illustrar l'Oriente
Fortunato io potrò; chi fra' mortali
Felice al par di me?... Ma Bradamante
Quella non è? Sì, non m'inganno.

Bradamante - Oh stelle!
Ecco il Greco importuno.
Se n'eviti l'incontro. (in atto di ritirarsi)

Leone - Ah! soffri almeno,
Bella nemica mia, soffri ch'io possa,
Pria che al tuo ferro il petto,
Offrire a te d'un fido cor l'omaggio.

Bradamante - Prence, questo è linguaggio
Da vincitor; prima d'usarlo è d'uopo
Nell'arringo prescritto
Di sé far prova ed acquistarne il dritto.

Leone - Se a chi non è capace
Di resisterti in campo è sì gran fallo,
Adorabil guerriera, offrirti il core,
Chi mai reo non sarà? Dritto ha d'amarti
Sol chi ascolta il tuo nome; e a chi ti mira
Divien l'amor necessità.

Bradamante - Se forte
Sei tu quanto cortese,
Io comincio a tremar.

Leone - Ah! so pur troppo
Che a Bradamante in petto
Un ignoto è il timor straniero affetto:
Ma so che un'alma grande
Ingrata esser non può.

Bradamante - Nol sono; e pronta
Eccomi a darne prova, ove tu vogli
Secondar le mie brame.

Leone - Arbitra sei
Del mio voler: tutto farò.

Bradamante - L'impresa
Dunque abbandona, o prence.

Leone - Io?

Bradamante - Sì.

Leone - Crudele!
Così grata mi sei?

Bradamante - Grata non sono
Se contro te mi spiace
Trattar l'armi omicide, e se procuro
I tuoi rischi evitar?

Leone - Fra i rischi miei
Il perderti è il maggior.

Bradamante - (con dolcezza) Deh, s'egli è vero
Che in tal pregio io ti sono, e che disporre
Del tuo voler poss'io, lasciami, o prence,
Lasciami in pace. A gara
A te d'Asia e d'Europa offre ogni trono
Spose di te ben degne.

Leone - Ah no; perdono:
Il sol tuo cenno è questo
Ch'io non posso eseguir.

Bradamante - (con sdegno) No? Forse in campo
Meglio saprò persuaderti armata.
Vieni al cimento: e non chiamarmi ingrata.

Leone - Quell'ira istessa che in te favella
Divien sì bella nel tuo rigore,
Che più d'amore languir mi fa.
Ah, s'è a tal segno bello il tuo sdegno,
Che mai sarebbe la tua pietà? (parte)



SCENA IV

Bradamante, poi Clotilde.

Bradamante - Lo strano ardir di questo
Sconsigliato garzon mi fa dispetto,
Meraviglia e pietà. L'ire a fatica
Io tenni a fren.

Clotilde - Liete novelle, amica. (allegra e frettolosa)

Bradamante - Liete? Ah, son di Ruggier?

Clotilde - Sì.

Bradamante - Vive?

Clotilde - È giunto.

Bradamante - Dove?

Clotilde - Qui.

Bradamante - Non t'inganni?

Clotilde - Io stessa il vidi:
Otton seco parlò.

Bradamante - L'editto intese;
A conquistarmi ei corre. Oh Dio, che assalto
D'improvviso piacere!

Clotilde - Ecco finiti
I palpiti, gli affanni; eccoti sposa
Del tuo fido Ruggiero.

Bradamante - Ah, principessa,
Lasciami respirar! pur troppo è angusto
A tanta gioia il cor... Ma dove è mai?
Perché di me non cerca? Andiam...

Clotilde - Non vedi
Che a noi di là rivolge i passi?



SCENA V

Ruggiero e dette.

Bradamante - Ah vieni,
Mia dolce unica speme,
Mia cura, mio tormento e mio conforto!
A te pervenne il grido
Del proposto cimento?

Ruggiero - Sì.

Bradamante - Dunque va: le usate
Illustri armi ti cingi, e a vincer vieni,
Non a pugnar.

Ruggiero - Mia Bradamante, ascolta:
Molto ho da dir.

Bradamante - Ne stringe
Troppo il tempo, o Ruggier. Chiederti anch'io
Mille cose vorrei: se ognor m'amasti:
Quai furo i casi tuoi; se per costume
Fra' tuoi labbri il mio nome,
Qual fra' miei sempre è il tuo, trovossi mai;
Se penasti lontan quant'io penai.
Ma in campo andar convien: la pugna affretta,
Forse per lui fatale,
Un rival temerario.

Ruggiero - Ah, qual rivale!

Bradamante - Leon!

Ruggiero - Sì, Bradamante,
È il mio benefattor; per lui respiro:
Il ben di rivederti
Solo è dono di lui.

Bradamante - Come?

Ruggiero - Sorpreso,
In un carcere orrendo
Fra gli strazi io moria: Leon nemico
Venne a serbarmi in vita,
E a rischio della sua.

Clotilde - Che ascolto!

Bradamante - Ah, degno
È ben d'alma reale atto sì grande!

Ruggiero - Non deggio essergli grato?

Bradamante - Anzi ho ragione
D'esserla anch'io: son miei
Tutti gli obblighi tuoi.

Ruggiero - Ma vai, ben mio,
Ad assalirlo armata! Egli inesperto...
Tu terror de' più forti...

Bradamante - E ben, se vuoi,
Non l'esponiamo. In campo
Tu precedilo, e nostro
Sia l'arringo primier: luogo al secondo
Non resterà.

Ruggiero - Ma con qual fronte io posso
A tutto il mondo in faccia
Dichiararmi rival del mio pietoso
Liberator?

Bradamante - Dunque la sorte in campo
Tenti prima Leone. Egli al cimento
Non reggerà (lo spero), e tu disciolto
Sarai da ogni riguardo. Allor che un dritto
Da lui perduto ad acquistar tu vieni,
Non sei più suo rivale.

Ruggiero - Ah, s'io felice
Al suo disastro insulto,
Sono ingrato e crudel.

Bradamante - Ma che per lui,
Che di più far potrei?

Ruggiero - Deh! se gli obblighi miei
È pur ver che sian tuoi...

Bradamante - Segui, parla, che vuoi?

Ruggiero - Premialo tu per me.

Bradamante - Ma come?

Ruggiero - Il fato
Nega a me la tua mano; abbiala almeno
Chi mi salvò.

Bradamante - Che? sposa
Io di Leone! Ad altro amante in braccio
Andar dee Bradamante,
E il propone Ruggier! Clotilde, udisti?
Che ti par del consiglio?

Clotilde - Oppressa io sono
Dallo stupor.

Bradamante - Da sì remote sponde
Così la tua fedele
Ritorni a consolar? Bella mercede
Mi rendi in ver di tanto amor, di tanti
Palpiti, affanni e pianti
Sostenuti fin ora,
Sparsi per te! Costa al tuo cor ben poco
Il perdermi, o crudel.

Ruggiero - Quel che mi costa
Non curar di saper: troppo è funesto
Lo stato, oh Dio! di chi crudel tu chiami.

Bradamante - No, tu mai non m'amasti, o più non m'ami.
Questo è un pretesto all'incostanza. I suoi
Confini ha la virtù: non merta fede
Quando a tal segno eccede
La misura comune. Ho un'alma anch'io
Capace di virtù: ma so fin dove
L'umanità può secondarla: e sento
Ch'io non avrei vigore
A sostener bastante
L'idea del tuo martìre,
A trafiggerti il core, e non morire.

Ruggiero - Ah! s'io non moro ancora...

Bradamante - Ad altro amante
Ch'io porga la mia man? Che atroce insulto!
Che disprezzo inumano!
Che nera infedeltà!

Ruggiero - Se meno irata,
Mia vita, udir mi vuoi...

Bradamante - Né voglio udirti,
Né mirarti mai più. (in atto di partire)

Ruggiero - Senti, ben mio:
Non partir: dove vai?

Bradamante - (con pianto ed ira) Vo d'un infido
A svellermi, se posso,
L'immagine dal cor: le smanie estreme
D'un amor che non merti
Vado almeno a celarti:
Di vivere o d'amarti
Vo, barbaro, a finir. (in atto di partire)

Ruggiero - Deh, in questo stato,
Deh, non mi abbandonar! (trattenendola)

Bradamante - (staccandosi da lui) Lasciami, ingrato.
Non esser troppo altero,
Crudel, del mio dolore:
Questo è un amor che more,
E tutto amor non è.
Lagrime or verso, è vero,
Per tua cagion, tiranno,
Ma l'ultime saranno
Ch'io verserò per te. (parte)



SCENA VI

Ruggiero e Clotilde.

Ruggiero - In odio al mio bel nume
No, viver non poss'io. Seguirla io voglio:
Voglio almeno al suo piè...

Clotilde - Gl'impeti primi
D'un irritato amore
Non affrettarti a trattener. Se stesso
Indebolisce il fiume, il suo furore
Se sfoga in libertà.

Ruggiero - Ma intanto, oh Dio!
Ella freme, s'affanna
E mi crede infedele.

Clotilde - Io le tempeste
Di quell'alma agitata
Tenterò di calmar.

Ruggiero - Sì, principessa,
Pietà di lei, pietà di me. Procura
Di raddolcir l'affanno suo: t'adopra
A placarla con me. Dille ch'io l'amo,
Che sarà, che fu sempre
L'unico mio pensier: spiegale il mio
Lagrimevole stato in cui mi vedi:
Dille...

Clotilde - Non più: tutto dirò; t'accheta,
Fidati a me.

Ruggiero - Del tuo bel cor mi fido,
Ma poco è quel ch'io spero:
Quello sdegno è sì fiero...

Clotilde - Ah, quello sdegno,
Ben più che di pietà, d'invidia è degno!

Lo sdegno, ancor che fiero,
Sempre non è periglio:
Quando d'amore è figlio
Ei riproduce amor.
Mai dal furor del vento
Un grande incendio è vinto:
Spesso ti sembra estinto
Quando si fa maggior. (parte)



SCENA VII

Ruggiero solo.

Ruggiero - Oh Dio! comincio a disperar: m'opprime
Il debito e l'amor. Tremo al periglio
Del mio benefattor; moro all'affanno
Del bell'idolo mio. D'ingrato il nome
Inorridir mi fa; quel di crudele
Non ho forza a soffrir. Fuggirli entrambi
Possibile non è: sceglier fra questi,
Infelice, io non so. Morire almeno
Innocente vorrei: le vie m'affanno
A rintracciarne in van; condanno, approvo
Or questa, or quella; e sempre reo mi trovo.
E spiro ancora! E nodi
Questa misera vita ha sì tenaci,
Che a scioglierli non basta
Tanto dolore? Ah perché mai di nuovo
Pietosa man gli strinse, allor che tanto
Già per me l'ore estreme eran vicine?
Che bel morir!...



SCENA VIII

Leone frettoloso, e detto.

Leone - Pur ti ritrovo al fine.

Ruggiero - Prence!

Leone - Ah, mio fido, ecco il momento in cui
Rendere un generoso all'amor mio
Contraccambio potrai.

Ruggiero - Che mai, signore,
Che sperar puoi da me?

Leone - L'onor, la vita,
La mia felicità.

Ruggiero - Spiegati.

Leone - Udisti
Che Bradamante a conquistar...

Ruggiero - Con lei
So che pugnar si dee; so che tu vuoi
Esporti al gran cimento; e gelo al rischio
Del mio liberator.

Leone - Calmati: appieno
Della bella eroina
L'invincibil valor, che m'innamora,
Io ben conosco, Erminio; e tanto ignoto
A me non son, che lusingarmi ardisca
Di resistere a lei.

Ruggiero - Con qual coraggio
Dunque...

Leone - Il coraggio mio,
Caro amico, sei tu. Quel che tu puoi
Vidi io medesmo: e qual per me tu sei,
Senza troppo oltraggiarti,
Io non posso ignorar; perciò l'impresa,
Del tuo poter, del tuo voler sicuro,
Ad accettar m'indussi; il mio destino
Ad un altro me stesso
Prudente a confidar.

Ruggiero - Come?

Leone - Tu déi
Pugnar per me.

Ruggiero - (attonito) Con Bradamante!

Leone - Appunto.

Ruggiero - Io!

Leone - Sì, tu. Ma ciascuno
Leon ti crederà. Le mie d'intorno
Cognite avrai spoglie guerriere; il volto
Nell'elmo asconderai; l'aurea al tuo fianco
Splenderà nello scudo
Aquila oriental. Chi vuoi che possa
Non crederti Leone? Ah, già mi sembra
Vincitor d'abbracciarti; e della mia
Bradamante adorata
Stringer la bella man. Ma tu, se m'ami,
D'offenderla ah ti guarda, e cauto attendi
A difenderti solo. Andiam: vogl'io
Di propria man cingerti l'armi.

Ruggiero - Ah! pensa
Meglio, Leone. Ardua è l'impresa: io tremo
Alla proposta sol.

Leone - Di che! L'arcano
(Fidati) alcun non scoprirà. Gl'istessi
Scudieri miei ti seguiran, credendo
Me di seguir. Nel mio soggiorno ascoso
Io, fin che tu ritorni... Altri s'appressa;
Potrebbe udirne: in più segreta stanza
Cotesti dubbi tuoi
Io scioglierò. Seguimi, amico. (parte)



SCENA IX

Ruggiero, indi Ottone, poi Leone.

Ruggiero - Oh stelle!
Che m'avvien! Che ascoltai!
Sogno? vivo? son io?

Ottone - Ruggier, che fai?
Della tromba guerriera i primi inviti
Non odi già? Vola ad armarti, e vieni
Della tua Bradamante
Le smanie a consolar. Tu la rendesti
Dubbiosa di tua fede:
Tradita esser si crede, e piange e freme
D'ira e d'amor.

Ruggiero - Misero me!

Ottone - Potresti
Trascurar d'acquistarla allor che l'offre
Sì destra a te la sorte? Ah no: l'eccesso
Ti muova almen del giusto suo dolore.

Ruggiero - Sento spezzarmi in cento parti il core.

Ottone - Su: risolvi, o Ruggier.

Ruggiero - (fra sé) (S'uno abbandono...
Se così l'altra oblio... se vo, se resto...)

Leone - Erminio? Amico? Ah, quale indugio è questo! (da un lato indietro)

Ruggiero - Eccomi a te. (movendosi verso Leone)

Leone - Vieni, t'affretta. (parte e Ruggiero vuol seguirlo)

Ottone - E senza
Rispondermi tu parti?

Ruggiero - Ah, per pietà, non tormentarmi!

Ottone - Almeno
Dimmi se vinto il tuo rivale audace...

Ruggiero - Nulla dirti poss'io: lasciami in pace. (con impeto)

Ottone - Povera Bradamante! (parte)



SCENA X

Ruggiero solo.

Ruggiero - (risoluto, dopo aver pensato qualche momento)
Ah sì, da questo
Laberinto di pene
Ecco la via d'uscir. Senza difesa
Ai colpi del mio ben s'esponga il petto;
Si mora di sua man: così... Che dici,
Ruggiero ingrato? E non tradisci allora
Di Leon le speranze? Ah! cerco in vano
Scampo, consiglio, aiuto:
La mia sorte è decisa, io son perduto.

Di quello ch'io provo,
Più barbaro affanno,
Destin più tiranno
Provar non si può.
Io sol della morte,
Ch'è il fin de' tormenti,
Io sol fra' viventi
L'asilo non ho.


FINE DELL'ATTO SECONDO




ATTO TERZO

SCENA I

Gabinetti negli appartamenti di Bradamante con balconi a vista de' giardini, e sedili all'intorno.

Clotilde sbigottita, poi Ottone.

Clotilde - No, della pugna atroce
Il vicino a mirar tragico fine,
No, valor non mi sento. Oh sconsigliato
Leone! oh troppo fiera
Barbara Bradamante! Io gelo, io sudo,
Il piè mi regge a pena. Ottone, ah taci! (vedendolo venire)
Io di Leon lo scempio
Mirar non volli ed ascoltar non oso.

Ottone - Lo scempio di Leon! Leone è sposo.

Clotilde - Che?

Ottone - Sì, Leone è il vincitor.

Clotilde - Ma come?

Ottone - Odimi sol. Ne' primi assalti il noto
Moderò Bradamante
Suo temuto valore: i colpi suoi
Non eran che minacce. Ella atterrito
Sperò (cred'io) spingerlo fuor del chiuso
Recinto marzial, ma tutte in vano
L'arti adoprò. S'avvide poi che lungi
Era già poco il termine prescritto
Al permesso conflitto, e tutto all'ira
Il freno allora abbandonò. Si scaglia
Con impeto minore orsa ferita
Contro il suo feritor, di quel con cui
La feroce guerriera
Contro lui si scagliò...

Clotilde - Pur troppo il vidi:
Nol sostenni e fuggii.

Ottone - L'incalza, il preme;
Al volto, al fianco, al petto
Quasi in un punto solo
Gli affretta il ferro; ei si difende, ed ella
S'irrìta alla difesa, e le percosse
Furibonda raddoppia. Un così fiero
Spettacolo, o Clotilde,
Figurarti non puoi. Veduto avresti
Uscir dagli occhi suoi
Lampi di sdegno, e lucide scintille
Da' brandi ripercossi a mille a mille

Clotilde - E il povero Leon?

Ottone - Leon gli esempi
Di qualunque valor vinse d'assai.
Senza offenderla mai,
Senza colpo accennar, solo opponendo
Al fulminar dell'inimico acciaro
Or la spada or lo scudo, o i fieri incontri
Sol co' maestri giri
Del franco piè schivando, in tal procella
Sempre illeso restò. Scorse frattanto
Il tempo di pugnar: termine all'ire
Imposero le trombe: a lei dal corso
Del furor che l'invase
Cessar convenne: ei vincitor rimase.

Clotilde - Crederlo io posso a pena.

Ottone - Agli occhi tuoi
Creder lo déi. Vedi colà che torna
Al proprio albergo il vincitor. Non vedi
Che i suoi Greci ha d'intorno e che il festivo
Popolo l'accompagna?

Clotilde - È ver. Per sempre
Ecco dunque divisi
Bradamante e Ruggier. Che orridi istanti
Per due sì fidi amanti
Saran mai questi, Ottone! Ai primi assalti
D'un tal dolor l'abbandonarli soli
È crudeltà. Di lui tu cerca: io lei
Qui attenderò. Nostro dover mi sembra
L'assister gl'infelici
In caso sì funesto.

Ottone - Anzi d'ognun sacro dovere è questo.

Di pietà, d'aita indegno
A ragion se stesso rende
Chi di sé cura sol prende,
Chi soccorso altrui non dà.
Questa innata alterna cura
Giusta legge è di natura:
La prescrive a ognun che vive
La pietosa umanità. (parte)



SCENA II

Clotilde, poi Bradamante.

Clotilde - Di Bradamante io bramo
Quanto temo il ritorno. Il suo conosco
Nativo ardor vivace,
D'ogni eccesso capace... Eccola. Oh come
Cambia il furor le sue sembianze usate!
(Bradamante senza manto, con spada nuda e scudo imbracciato esce furibonda, gettando successivamente a terra e lo scudo e la spada, senza veder Clotilde)

Bradamante - Andate a terra, andate
Da me lungi per sempre, armi infelici,
D'una femina imbelle inutil pondo.
Dove, ah dove m'ascondo? A me vorrei,
Non che celarmi ad ogni sguardo. Al fine,
Superba Bradamante,
Fosti vinta: e da chi! Vanta or se puoi
Le antiche palme. Ah, t'involò la gloria
Questa perdita sol d'ogni vittoria!

Clotilde - Calmati, amica: alla fortuna avversa
Magnanima resisti, e ti consola.

Bradamante - Tu qui? Lasciami sola,
Se m'ami, o principessa.
Or soffrir di me stessa
La compagnia non so.

Clotilde - Ch'io t'abbandoni
In tanto affanno? Ah non sia ver!

Bradamante - L'accresce
La presenza d'ognun: va.

Clotilde - No; perdona:
Questa volta appagarti
E non posso e non deggio.

Bradamante - (risoluta) O parto, o parti.

Clotilde - L'assisti, o Ciel pietoso! (parte)



SCENA III

Bradamante, poi Ruggiero.

Bradamante - Io vinta! Io sposa
Di chi non amo! Io da colui divisa
Per cui solo io vivea! Sprezzata, oh stelle, (esce Ruggero non veduto da Bradamante)
Io da Ruggiero ho da vedermi ancora!

Ruggiero - Non è vero, idol mio: Ruggier t'adora. (si scopre)

Bradamante - Ah ingrato! or vieni? E a che sì tardi innanzi
Hai di tornarmi ardire?

Ruggiero - A placarti, mia vita, e poi morire.

Bradamante - Placarmi! E del mio sdegno
Qual cura hai tu, che fin ad or sì poca
Dell'amor mio ne avesti?

Ruggiero - Ah, così non diresti
Se mi vedessi il cor.

Bradamante - Per me son chiuse
Or di quel cor le vie: lo so, ma intendo
Qual è da quel che fai.

Ruggiero - T'inganni.

Bradamante - Allora,
Menzogner, m'ingannai
Che ti credei fedel.

Ruggiero - Sappi...

Bradamante - Pur troppo
So che acquistar non mi volesti.

Ruggiero - Ah! pensa…

Bradamante - Penso che ad altri in braccio,
Barbaro, m'abbandoni.

Ruggiero - E credi...

Bradamante - E credo
Che altra fiamma t'accende,
Che di me più non curi,
Ch'io son tradita.

Ruggiero - Odimi sol...

Bradamante - Non voglio.

Ruggiero - Odi: e meglio conosci
Il tuo Ruggier.

Bradamante - Già lo conobbi appieno. (in atto di partire)

Ruggiero - Ah, se udir non mi vuoi, guardami almeno! (snudando la spada)

Bradamante - Che fai? (rivolgendosi)

Ruggiero - L'ultima prova il sangue mio
Ti darà di mia fé. (in atto di ferirsi)

Bradamante - (trattenendolo) Fermati. (Oh Dio!)
Sazio non sei di tormentarmi?

Ruggiero - E come
Viver poss'io, se un mancator di fede,
Se Bradamante un traditor mi crede?
Io traditore! E dir tu il puoi, che fosti
Sempre l'unico oggetto
D'ogni opra mia, d'ogni pensier? Fra l'armi
Per chi sudai? Per farmi
Degno solo di te. Sol di piacerti
Era desio quel vivo ardor, con cui
Su per le vie d'onore
Indefesso anelar tu mi vedesti.

Bradamante - Tanto per me facesti
Per poi donarmi ad altri: e questa è fede?
E che m'ami puoi dir?

Ruggiero - Sì, mia speranza,
T'amo più di me stesso: e tanto mai,
Quant'ora che ti perdo, io non t'amai.
Ma degli affetti tuoi
Senza rendermi indegno, anima mia,
Conservarti non posso. Una inudita
Virtù salvommi, e chiede
Riconoscenza egual. Di', con qual fronte,
Con qual ragion contender posso al mio
Liberator ciò che più mio non era
Senza la sua pietà? De' doni suoi
Come poss'io far uso
Contro di lui? Fra i detestati nomi
De' più celebri ingrati il mio vorresti
Che si contasse ancor? Con questa infame
Macchia sul volto a te tornando innanzi,
Dimmi, idol mio, non ti farebbe orrore
Il tuo Ruggier?

Bradamante - Che sfortunato amore!

Ruggiero - Deh, pietà, mio tesoro: ah, con la sorte
Non congiurar! Senza il tuo sdegno io sono
Disperato abbastanza. Il sol conforto
Che a sperar mi restava era il vedermi
Compatito da te; ma tu mi scacci,
Traditor tu mi chiami, un mostro, oh Dio!
D'infedeltà mi credi, e mi trafiggi
L'alma così...

Bradamante - Basta, non più. Pur troppo
Ravviso il mio Ruggier ne' detti tuoi.
Ah rendimi, se puoi,
Rendimi i dubbi miei! Se tu mi lasci,
Se da te mi divido,
Perdo assai men quando ti perdo infido.

Ruggiero - Grazie, bella mia speme. Il più funesto
Manca alla mia sventura,
Se più con me non sei sdegnata: e forse
Tollerar più costante
Or saprò...



SCENA IV

Clotilde e detti.

Clotilde - Bradamante,
Cesare a sé ti chiama.

Bradamante - Oimè! che chiede?

Clotilde - Che a liberar tua fede
Venga col don della tua destra.

Bradamante - E tanto
Perché s'affretta il mio supplicio? A' rei
Spazio pur si concede
Di respirar.

Ruggiero - Ma il differir che giova
Ciò ch'evitar non puossi? In che più speri?

Bradamante - Nel mio dolor, che intanto
Forse m'ucciderà.

Ruggiero - No, Bradamante,
Così deboli affetti
Non son degni di te. La fronte invitta
Mostra al destin. Va risoluta: adempi
Nel tempo stesso il tuo dovere e il mio:
Addio, mia vita.

Bradamante - Oh doloroso addio! (s'incammina piangendo e s'arresta)

Clotilde - (Quanta pietà mi fanno!)

Ruggiero - Or perché mai
S'arresta il piè già mosso?
Perché non parti?

Bradamante - Oh Dio, Ruggier! non posso. (si getta a sedere)

Ruggiero - Ah sì, vinci te stessa: a' piedi tuoi (s'inginocchia)
L'implora il tuo Ruggier. Questo l'ottenga
Ultimo di mia fé tenero pegno,
Che imprime il labbro mio
Su la tua man. (le bacia la mano)

Bradamante - Ma come mai, ma come
Esser può questo il tuo voler?

Ruggiero - Sì, questo
È debito, è ragione,
È preghiera, è consiglio. E se fu vero
Quell'assoluto impero
Che un dì sul tuo bel core ottenni amando,
Luce degli occhi miei, questo è comando.

Bradamante - T'ubbidirò, ben mio, (s'alzano)
Se mi resiste il cor;
Ma troppo il core, oh Dio!
Sento tremarmi in sen.
Pur misera qual sono,
Al mio dolor perdono,
Se da sì duro passo
Sa liberarmi almen. (parte)



SCENA V

Clotilde e Ruggiero.

Clotilde - Oh degno, oh grande eroe! Chi mai capace
D'imitarti sarà? Virtù sì bella
Mi sforza ad ammirarti in mezzo al pianto.

Ruggiero - Non ammirarmi tanto,
Generosa Clotilde: or non son degno
Che di pietà. Per sostenere, oh Dio!
Quella di Bradamante, intorno al core
Tutta adunai la mia virtù; ma questa,
Qual face in sul morir, quando ne' suoi
Ultimi sforzi ogni vigor restrinse,
Per l'altrui ravvivar, se stessa estinse.

Clotilde - No, non è ver: tanto da te diverso
Divenir tu non puoi.

Ruggiero - Del mio destino
Tutto or veggo l'orror: forza non trovo
In me per sostenerlo; e fra' viventi
Più soffrirmi non so.

Clotilde - Che dici! Ah, scaccia
Sì nere idee. Lunga stagione è giusto
Che tal vita si serbi e si risparmi.

Ruggiero - Serbarmi in vita! E a chi degg'io serbarmi?

Ho perduto il mio tesoro,
Ogni speme ho già smarrita:
Odio il giorno, odio la vita,
Più non splende il sol per me.
M'ha rapito il fato avaro
Quanto al mondo a me fu caro:
Mi lasciò colei che adoro,
Altro ben per me non v'è. (parte)



SCENA VI

Clotilde, poi Leone.

Clotilde - Così confusa io sono
Fra lo stupore e la pietà, che a pena
Mi ricordo di me. Chi tanto amore,
Chi vide mai tanta virtù?

Leone - La mia
Bradamante dov'è?

Clotilde - D'Augusto appresso
Lo sposo attende; e strano assai mi sembra
Che prevenir Leon si lasci.

Leone - A lei
Di volo andrò; ma prima io voglio il caro
Erminio rinvenir: de' miei contenti
Essere ei deve a parte.

Clotilde - Ah, prence, in pace
Lascia il povero Erminio; assai fin ora
Lacerasti quell'alma.

Leone - Io!

Clotilde - Sì: ti basti
Quanto per te soffrì.

Leone - Per me! Non sai
Dunque a qual segno io l'amo. A conservarlo
Me stesso esposi.

Clotilde - Il conservasti Erminio,
E l'uccidi Ruggier.

Leone - Come?

Clotilde - È Ruggiero
Quel ch'Erminio tu chiami.

Leone - Eh, sogni!

Clotilde - Io veglio,
Leon, pur troppo.

Leone - Il mio diletto Erminio
È il famoso Ruggier?

Clotilde - Sì, quell'istesso
Che, noto al mondo intero,
Solo incognito è a te; quel che sì fido
Bradamante adorò; quel che la perde
Per tua cagion; che dall'amor trafitto,
Che oppresso dal dolor corre a gran passi
Verso il suo fine, e fa pietade ai sassi.

Ah, come tu non sai
Il cor si senta in sen
Chi l'adorato ben
Rapir si vede!
Chi nol provò giammai
Intenderlo non può:
E al cor che lo provò
Non può dar fede. (parte)



SCENA VII

Leone solo.

Leone - Oh, d'un'anima grata
Portentosa virtù! Può dunque a tanto
Aspirare un mortal! Nodi sì cari
Franger per me! Stringer la spada in campo
Contro il suo ben, per farne
Me possessor! Ah, questa
È di Ruggier fra le più chiare imprese
La più stupenda. Ogni altra
Del suo valor sublime
Mi rese ammirator: questa m'opprime.
Quanto, ah quanto or più grande
Ruggier per me divenne!
Qual rispetto or m'impone! e qual m'inspira
Invidia generosa! Astri benigni,
Già che mi deste un core,
Cui sì bella virtù tanto innamora,
Vigor mi date ad imitarla ancora.

Sì: correr voglio anch'io
Più risoluto e franco
Con questo sprone al fianco
Le belle vie d'onor.
Me superar desio,
Sol di Ruggier son pieno;
Sento una fiamma in seno
Che non scaldommi ancor. (parte)



SCENA VIII

Reggia illuminata

Clotilde ed Ottone.

Clotilde - Qui Ottone! E chi difende
Ruggiero da Ruggier? Ne' suoi trasporti
Tu l'abbandoni?

Ottone - Il principe de' Greci
Vidi con lui, né d'appressarmi osai.

Clotilde - Sventurato! Ah qual mai
Pietà ne sento!

Ottone - E tu di lui men degna,
Clotilde, non ne sei.

Clotilde - Deh cessa, Ottone,
D'esacerbar le mie ferite!

Ottone - Io prendo
Parte ne' torti tuoi. Leon detesto,
Né posso immaginar... Ma che mai dice?
Qual è mai la sua scusa?

Clotilde - Il silenzio. Ei non seppe
Rinvenirne migliore.

Ottone - Ah, tu dovevi
La rotta fé rimproverargli! In lui,
Chi sa! destato avresti
Forse l'antico ardor.

Clotilde - No: reso avrei
Il mio caso peggior. Quando in un core
Già la fiamma d'amor palpita e langue,
Chi l'agita l'estingue. E l'alme, a cui
La ragion non dà legge,
Il rimprovero irrìta e non corregge.

Ottone - Ma tu...

Clotilde - Taci: ecco Augusto, e la dolente
Vittima è seco.



SCENA IX

Carlo Magno, Bradamante e detti.

Carlo Magno - Assai difficil prova,
Ma ben degna di lui, donò Ruggiero
D'un grato e nobil cor. L'udirlo solo
Narrar da te m'intenerisce. Imita
Quel valor, Bradamante; e mostra in questo
Di ragione e d'amor duro conflitto,
Che non hai men del braccio il core invitto.

Bradamante - Ah, Cesare, il vorrei,
Ma non basta il volerlo.

Ottone - Ecco lo sposo,
E Ruggier l'accompagna.

Bradamante - E farsi, oh Dio,
Del sagrificio mio
Vuol spettator!



SCENA ULTIMA

Leone, Ruggiero e detti.

Ruggiero - Dove mi guidi, o prence? (a Leone, uscendo dal fondo della scena)
Soffri ch'io parta. In nulla qui poss'io
Esser utile a te.

Leone - (a Ruggiero) Mai non mi fosti
Sì necessario, amato Erminio.

Carlo Magno - Ah venga,
Di sua vittoria i frutti
Venga a raccorre il vincitor!

Leone - È giusto.
Adempia Bradamante
La legge che dettò. Non è tua legge
Che sia degno di te, bella guerriera,
Chi a resisterti in campo
Ebbe valor?

Bradamante - Vorrei negarlo in vano.

Leone - Dunque al fido Ruggier porgi la mano.

Bradamante - Come? se meco armato
Tu pur or...

Leone - T'ingannasti:
L'armi eran mie, non il valor; le cinse
Ruggiero e le illustrò. Nascosto in quelle
Le mie veci ei sostenne: io mai non fui
Nel recinto guerriero;
Ruggier teco pugnò.

Bradamante - Ruggier!

TUTTI - Ruggiero!

Leone - (a Bradamante) Sì, quest'anima grande,
Che in te solo vivea, tant'oltre spinse
L'eroica sua grata virtù, che seppe
E pugnar teco e debellar se stessa
Per conquistarti a me. Qual cor di sasso
Resiste a queste prove? Alme felici,
Già che formovvi il Cielo
Per farne un'alma sola, in dolce laccio
Anche Imeneo vi stringa. Io son beato
Se, come un dì l'amico
Vantai nel fido Erminio, oggi il maestro
Posso vantar nel gran Ruggiero.

Ruggiero - Ah prence,
Di quante vite io deggio
Esserti debitore?

Bradamante - (Ora è portento
Se di gioia io non moro).

Carlo Magno - Io sento il ciglio
A così nobil gara
Per tenerezza inumidir. Ruggiero, (l'abbraccia)
Vieni al mio sen. Vieni al mio seno, o prence,
Gloria del suol natio. (vuol abbracciar Leone)

Leone - (si ritira con rispetto) Perdona, Augusto,
Non ne son degno ancora: ancor non sono
Tutti corretti i falli miei.

Carlo Magno - Quai falli?

Leone - Della real Clotilde un dì m'accese
Il merto e la beltà. Le offersi il core,
Ottenni il suo; fé le promisi, e poi
Di Bradamante il luminoso nome
M'abbagliò, m'invaghì. Tornar mi vide,
Ma non per lei, la bella
Mia prima fiamma; e, di sdegnarsi in vece,
Compatì generosa
La giovanil mia leggerezza, e tacque
Per non farmi arrossir. Son pronto, Augusto,
Ad ogni ammenda: il tuo favor mi vaglia,
Se il pentimento mio, se la mia fede,
Se il mio cor, se il mio trono
Non son bastanti a meritar perdono.

Carlo Magno - Che risponde Clotilde
Ad un reo sì gentil?

Clotilde - Signor... Son io...
È il prence... Ah, mi confondo:
Deh, rispondi per me!

Carlo Magno - Sì, tu la mano
Porgi sposa a Leon. Ruggiero ottenga
Nella sua Bradamante
Di tante pene e tante
La dovuta mercede; e questo giorno
Sia tra i fausti il più grande. Alme non strinse
Mai più degne Imeneo. Da sì bei nodi
Ognun virtude apprenda;
E più chiari i suoi dì la terra attenda.



CORO

Portator di lieti eventi,
Di speranze e di contenti
Mai dall'indica marina
Più gran giorno non uscì.

Fin di clima ancor mal noto
Il remoto abitatore
N'oda il grido in ogni lido
Dove more e nasce il dì.


LICENZA

No, sposi eccelsi, i gloriosi gesti,
Il chiaro onor di questi,
Che vi offerser le scene, amanti eroi,
Non son stranieri a voi. Son avi illustri
Della real donzella,
Che all'augusto Fernando il Ciel destina,
Bradamante e Ruggier. Ne trasse i nomi
Dalla nebbia degli anni, e col più puro
Castalio umor ne rinverdì gli allori
Quel Grande che cantò l'armi e gli amori.
Sì, vostri son: ché vostro
Tutte fin or domestico retaggio
Fur le virtù più belle: e in voi le aduna
A' più tardi nepoti
Per trasmetterle il fato. Oh, al par di noi
Posteri fortunati! oh, quai felici
Venture il Ciel promette! Il Ciel benigno
All'austriaca accompagna
Oggi l'aquila estense: oggi si stringe
Quel da gran tempo innanzi
Fabbricato su gli astri,
Serbato a questo dì laccio sì degno.
Posteri, è il Ciel per noi: ne abbiamo il pegno.


CORO

Portator di lieti eventi,
Di speranze e di contenti
Mai dall'indica marina
Più gran giorno non uscì.

Fin di clima ancor mal noto
Il remoto abitatore
N'oda il grido in ogni lido
Dove more e nasce il dì.


EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Tutte le opere - Pietro Metastasio", a cura di B. Brunelli, Mondadori, Milano, 1953







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