28/11/2005

Intervento sulla pratica: Ristrutturazione commerciale dell’area ex Metalmetron

 

La decisione sul recupero delle aree ex- Metalmetron è forse la più importante di questo mandato amministrativo ed è ancora piena di ambiguità, di incoerenze e di cose che non si capiscono.

 

La pratica è una forzatura istituzionale

Questa pratica costituisce una gravissima forzatura rispetto alla vita democratica della città.

 

Il Vice Sindaco ha il problema fondamentale che il suo ruolo non è legittimato dal voto popolare. Avrebbe allora dovuto prendere, come sua stella polare, il programma del Sindaco eletto, e ricavare da quello la sua legittimazione perché, in una qualche misura, i cittadini avevano votato la persona insieme con il suo programma.

 

Per quanto evanescente e retorico come molti programmi elettorali, sulle aree ex- Metalmetron  le indicazioni del programma erano chiare:

 

Il programma è quindi chiarissimo e gli elettori nel 2002 hanno deciso che l’area deve restare produttiva.

 

Non è assolutamente accettabile che un vice Sindaco Reggente che non ha avuto il mandato fiduciario dai cittadini porti alla decisione una scelta ribaltata rispetto a quella che prevedeva il programma elettorale presentato dal Sindaco votato dai cittadini.

 

La pratica è una forzatura amministrativa

L’argomento su cui opera la pratica è di competenza del PUC perché riguarda l’unica dotazione di aree artigianali o industriali della città e deve essere affrontata nell’ambito del PUC. La Provincia ha giustamente affermato che il PUC adottato non va bene in questa area perché è evidente che si tratta di un Distretto di Trasformazione e deve esser affrontato come tale. E’ una critica molto pesante e motivata e l’azione del Comune costituisce una forzatura di cui non si capisce il motivo. Va anche sottolineato che le osservazioni al PUC, che tendono a modificare il PUC adottato, non sono esaminabili singolarmente ma devono esser viste in un complesso da cui emerga un PUC approfondito ed equilibrato: non si può anticipare la valutazione della singola osservazione ma deve essere esaminato il complesso congiuntamente. Va sottolineato che il problema non è urbanistico, come ritenuto dagli uffici comunali, ma è strategico sul futuro della città

 

La pratica è un cumulo di cose che non si capiscono

La prima domanda è la più banale di tutte: “Perché lo facciamo? Perché trasformiamo un’area produttiva, in un’area prevalentemente commerciale?”. La risposta dell’Assessore Aglietto, ripetuta da Lirosi, è che l’alternativa è solo l’abbandono, il buco nero fatiscente. L’Assessore non argomenta, non cerca di convincere, si limita ad affermare, e qualcuno, ingenuamente, gli crede. Io no: ho visto ciò che è avvenuto in tantissime città di Italia nel riuso dei siti lasciati dall’industria: in molte situazioni sono stati creati grandi quartieri artigianali indirizzati al mercato mondiale. E’ emblematico quanto avvenuto a Livorno, città per molti versi simile a savona anche se molto più dotata di spazi, dove una vecchia area industriale, la CMF, è stata trasformata in un’area artigianale che oggi, collegata al porto ed all’autostrada, è brulicante di attività artigianali, venute da ogni dove.

 

Mi sembra anche molto importante ricordare che Berruti, commercialista stimato, Vice Presidente della Provincia e attuale candidato sindaco DS per il Comune di Savona, nel 1999, aveva già staccato un assegno di 17,4 miliardi per l’acquisto delle aree[1] per realizzare un’area artigianale. Però, due giorni prima della firma, Ruggeri lanciò l’idea di mettere lì il carcere, idea che sostenne per oltre un anno, ed i proprietari ritenendo che avrebbero potuto vendere l’area al Ministero, ad un prezzo maggiore cancellarono la vendita. Possibile che Berruti, allora, fosse stato un incapace che investiva 9 milioni di € per comprare un buco nero? E come mai se faceva errori così costosi lo hanno candidato prima in Provincia e poi al Comune di Savona? E perché non hanno candidato Aglietto? Perché sanno che Berruti aveva ragione? E allora perché oggi la Giunta fa decidere la destinazione commerciale delle aree, anticipando e forzando una decisione che appartiene al futuro dibattito sul PUC, pochi mesi prima del possibile insediamento di Berruti? Non si capisce e nessuno cerca di spiegarlo. Forse, anticipano la decisione proprio per impedire a Berruti di ritornare al progetto iniziale o per evitare a Berruti l’imbarazzo di dovere approvare qualcosa che ha deciso qualcuno sopra e su cui lui non è d’accordo?

 

La seconda domanda nasce quando si vede il prezzo pagato per quelle aree: 10 milioni di €. Ma come? il Comune nel 1999 non ha comprato per 9 milioni ( di cui 4 finanziati dall’obiettivo 2) per fare un utilizzo ben più utile, in termini di posti di lavoro e di ritorno economico sull’economia locale, e le aree vanno via a solo un milione di più dopo 5 anni? Meno del costo degli interessi. Possibile che il valore dell’area sia uguale se ha destinazione produttiva o se ha destinazione commerciale? Non mi convince se pensiamo che la valutazione del ricavo dell’iniziativa, nei documenti presentati, è di 54,8 M€, cui vanno aggiunti circa 10 milioni di € per la vendita di aree agli artigiani. Se togliamo il costo di acquisto ed i costi di costruzione di 35.000 m2, si ha un utile dell’iniziativa che non è indicato ma che posso valutare intorno a 20 milioni di €. Se invece l’area fosse interamente dedicata agli artigiani avremmo un ricavo di 40 milioni di € (in una decina di anni) ed un costo analogo, cioè saremmo in sostanziale pareggio. L’utile derivante dalla destinazione commerciale è quindi elevatissimo, il che comporta un valore del terreno enormemente più alto ed allora perché l’area è stata venduta per così poco? Perché è gravata da un vincolo produttivo che viene tolto solo dopo la vendita? Qualcuno ce lo può spiegare? E’ trasparente tutto questo? No.

 

Con questi dubbi relativi in particolare alla trasparenza della decisione è una gravissima responsabilità personale approvare questa pratica.

 

Questa pratica è a vantaggio del singolo imprenditore ma non è a vantaggio della collettività

Si tratta di un’operazione che promette pochissimi posti di lavoro (dicono 230 ma esaminando bene le carte sono solo 184), senza garanzie (ma cosa firmano i sindacati?), che vanno ridotti di quelli che si perdono in città per la inevitabile crisi dei negozi tradizionali, e che, aspetto ancora più importante, riduce di parecchi miliardi il valore aggiunto che resta nell’economia cittadina (almeno 10 milioni di €/anno che, invece di essere spesi a Savona, andranno alle sedi centrali delle catene di distribuzione che si insedieranno nell’area e quindi saranno perduti per la nostra collettività).

 

In conclusione, con questa premesse e con questi dubbi, è necessario bocciare la delibera e dare di nuovo incarico a IPS di acquisire le aree per destinarle totalmente all’attività artigianale rilanciando così l’economia della città.

                                                                                              Roberto Cuneo


 

[1] Ruggeri il 20/7/1999 aveva commentato: “avviato un rilevante processo di reindustrializzazione della città”.