CHIEDIAMO SCUSA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chiediamo scusa se siamo stati tanto ingiusti, insidiosi, malevoli,  da creare amarezza in  persone al di sopra di ogni sospetto, pronte a sacrificarsi per il bene pubblico.

Scusa per aver dubitato che quelle persone abbiano una pur vaga idea di bene pubblico.

Chiediamo scusa di esserci fatti imbambolare dalle sirene dei vari di Pietro, dei vari Borrelli, Biagi, Santoro.

Chiediamo scusa per aver coltivato quest’idea  maliziosa che chi governa non può essere il proprietario di tre reti televisive, per il pregiudizio patetico che potrebbe servirsene come strumenti di dominio.

Scusa per aver preteso che potesse valere per il capo del governo quello che vale per un bidello, un insegnante, un vigile urbano.

Scusa per aver dimenticato che lei è al di là di ogni sospetto, perché lei è infinitamente buono.

E lei è infinitamente buono perché ha vinto.

Chiediamo scusa per aver osato pensare che chi vince non per questo ha ragione.

E che chi vince non per questo si è comprato il paese e perciò lo può vendere.

Chiediamo scusa per aver sospettato che la legge sulle rogatorie o quella sul rientro dei capitali, o quella sulle successioni potessero avere convenienze personali.

E se siamo cristiani, chiediamo scusa se non accettiamo il solito piatto di lenticchie del potere.

Se non ci va chi ci tradisce accettandolo, magari in nome del Padreterno.

E se siamo intellettuali, chiediamo scusa se non ci lasceremo “aggiudicare”.

Chiediamo scusa se perseveriamo nel brutto vizio di non fare semplificazioni; se  ci fissiamo con una cosa  tanto d’impiccio, come l’onestà intellettuale.

Se proprio non ce la facciamo a non distinguere la sicurezza pubblica dalla pubblica umiliazione,

l’uguale pietà dovuta ai caduti dall’indifferenza delle cause per  cui cadere,

se ci ostiniamo a volere un mondo dove con la mafia non si debba convivere.

Chiediamo scusa se nella nostra sfera di cristallo proprio non riusciamo a non vedere la Sua Italia più ammalata, più ignorante e più suddita.

Chiediamo scusa se non  ci piace il Grande Fratello e nemmeno “C’è posta per te”.

Chiediamo scusa se non  riusciamo ad accettare come se niente fosse i pudibondi rossori di chi ci annega quotidianamente nella volgarità televisiva.

Chiediamo scusa per aver anche solo per caso usato  la parola “regime”, che non deve  nemmeno ma nemmeno essere pensata. Non deve. Non deve, se no che regime sarebbe?

Chiediamo scusa per aver insistito a pensare che gli affamati per noi rappresentano una colpa prima che un pericolo.

Chiediamo scusa per essere arrossiti d’imbarazzo dinanzi alle sue scarpe, alle sue corna, alle sue patetiche pacche sulla spalla del suo amico di turno.

Per non aver saputo leggere nei suoi discorsi null’altro che una serie di luoghi comuni.

Chiediamo scusa se proprio non lo riusciamo a  far passare questo fatto che lo sviluppo possa costare la dignità.

Chiediamo scusa per averla fatta sentire in colpa, sentendoci orgogliosi per i sacrifici dei nostri padri, per i valori che ci hanno trasmesso le nostre madri.

Chiediamo scusa per aver osato pensare che anche il futuro dei nostri figli possa valere qualcosa.

Chiediamo scusa per aver difeso la nostra banale memoria, le nostre speranze non valutabili in borsa.

Chiediamo scusa di aver pensato che il libretto che ci ha elargito, senza badare a spese, quando voleva che la votassimo, con lei che romanticheggia in mezzo alle peonie, fosse troppo offensivo per poterle far vincere le elezioni.

Chiediamo scusa di aver pensato che il suo contratto con gli elettori fosse una cosa da venditore dell’enciclopedia Motta.

Chiediamo scusa anche all’enciclopedia Motta.

 Chiediamo scusa per aver perseverato nella convinzione che la politica sia una cosa che ci riguarda.

Chiediamo scusa per aver provato un fremito di dispetto nell’averla sentita definire Gino Strada “un medico dalle idee confuse”.

Chiediamo scusa, e anche a Baget Bozzo, se non riusciamo a dimenticare persone come don Lorenzo Milani e il fatto che “l’obbedienza non è più una virtù”.

Scusa se ci siamo permessi di denunciare  le violazioni  durante il G8 di Genova.

Scusa se esageriamo sempre. Dal momento che il rispetto dei diritti umani è un’esagerazione.

Chiediamo scusa se non ci riusciamo a rassegnare al ruolo di benevola dipendenza che lei ha scelto per noi.

Chiediamo scusa se interpretiamo tanto male la nostra parte.

Scusa se abbiamo un’anima o qualcosa di simile.

Scusa se non l’abbiamo ancora messa in vendita.

Chiediamo scusa di questa manifestazione.

Scusa di aver detto tante cose che non sono bugie.

Scusa per la tanta gente che c’è qui.

E già che ci siamo chiediamo  scusa, scusa mille volte scusa delle manifestazioni che faremo domani.

E  chiediamo scusa per essere sicuri che di gente, domani, ce ne sarà ancora di più.

 

Gloria Bardi