Colsi l'occasione per vedere uno degli ultimi tour che Ozzy, uno dei miei cantanti H/M preferiti, svolse in giro per l'europa. Io, Luca, Luca "rosso", Sonia, Nicola e suo cugino, partimmo a mezzogiorno e dopo circa tre ore arrivammo al palasport. Prima di entrare acquistai dei gadget. All'epoca non facevo foto e nessuno degli altri miei compagni fece foto, perciò non ho materiale privato da inserire (tranne il biglietto). E' stato il più bel concerto H/M che ho visto. Il ricordo di Ozzy che tengo è quello della rockstar, ben diverso da quel personaggio che negli ultimi anni è apparso su MTV a fare una soap indegna per la sua persona e per ciò che rappresentava.


Le parole e le foto che seguono, le ho tratte dall'articolo del periodico "Thunder" 12/1995, ppgg 46 e 47

Palatrussardi

Milano 16/12/95

Due recensioni per lo stesso concerto: non è un errore. E' che tanto entusiasmo meritava un tributo un po' particolare ...

Volume I

Questa è la storia dell'Ozzy che non ti aspetti. Un'ora prima del concerto circolavano voci dal backstage inerenti allo stato di salute non troppo felice del Madman; si parlava di laringite, bronchite e qualche linea di febbre. Comprensibile quindi una certa apprensione, ma quando entrano le prime note di "Paranoid" bastano pochi attimi per fugare qualsiasi perplessità: Ozzy è vivo, sta bene e, fra una secchiata d'acqua e l'altra, riesce a dimostrare una non ancora arrugginita voglia di strabiliare il suo pubblico. Lo show inizia con un lungo video pseudo-comico costruito attorno a figure note come Madonna, Elvis, Beatles, Forrest Gump, i quali debbono subire intromissioni del nostro Grande Pazzo in un blob di immagini sequenziali. Subito dopo l'apertura delle ostilità con il brano più famoso dei Black Sabbath, seguito da una scaletta pesantissima costruita da "I don't know", "Flying high again", "I don't want t change the world", "Suicide solution", fino al medley sabbathiano di "Iron man", "Sweet leaf", "Children of the grave" e "War pigs". La band a quattro sembra funzionare, e con Geezer Butler e Randy Castillo, ecco il nuovo Joe Holmes, chitarrista versatile con tutte le carte in regola per reggere il confronto col vecchio Zakk Wilde. Ma il personaggio è sempre lui, Ozzy Osbourne, sempre dato sull'orlo del baratro e sempre risorto come in un incantesimo: guardarlo mentre infila la testa nei secchi d'acqua fredda o mentre, armato di idrante, bombarda pubblico e fotografi, ti fa pensare a quanto sia ancora importante per tutti noi la sua presenza sotto i riflettori. Peccato che la play list dell'anno di Thunder sia già in macchina, perchè il concerto di questa sera meritava sicuramente un posto tra i primi tre della speciale classifica live. Un saluto anche ai Fear Factory, portatori di una sonorità live massiccia ed inquietante, degna del loro nome. Decisamente una bella serata. Voto: il massimo

Max Mingardi

  

Volume II

Ozzy la fa sempre da padrone, ovunque e in qualsiasi tempo. Premesso questo, si può passare a descrivere uno dei concerti più entusiasmanti che l'Italia metallica abbia mai avuto occasione di vedere. E si, perchè Ozzy non è un semplice cantante metal; Ozzy è l'Heavy Metal. Lo è nella sua incarnazione più virulenta, drammatica e beffarda, capace di colpire al buio, nella nebbia delle anime, facendo dimenticare che la quarta dimensione di questo Universo dicono sia il Tempo. Il folle di Birmingham elimina quasi completamente dal suo repertorio gli ultimi due album e svuota sugli ottomila presenti interi barili di tritolo sonoro, ridicolizzando i supporter Fear Factory e devastando l'atmosfera con il macabro goticismo di "Iron Man" o "Mr. Crowley". Per dimostrare che di chitarristi se ne intende, si porta dietro questo Joe Holmes che esegue preziosismi funambolici con una naturalezza da giovane marmotta e lascia di stucco tutti per la perfezione del tocco e il dinamismo degli assoli. "War Pigs" è apocalittica, distruttiva, stringe al petto e non molla finché non arriva la sferzante cavalcata liberatoria di "Children of the grave", suggellata dai salti di tutto il pubblico presente. Geezer Butler raccoglie sei minuti d'orologio di ovazioni e applausi per lui e poi lancia la band sulle lame affilate di "Suicide solution" mentre Ozzy non si fa specie di offrire il suo ghigno e il suo sedere nudo al pubblico ludibrio. "Ozzmosis" fa capolino solo in "I just want you" ma il gran finale è tutto per "Bark at the moon", cantata all'unisono dall'intera platea e credo che l'inferno debba attendere ancora un bel po' per assistere a show come questo. Ozzy è ben gradito da questa parte della Terra.

Maurizio De Paola

(foto di Roberto Villani)