I Marchesi Pallavicino

Lo Stemma della Famiglia PallavicinoIl Convento e la Chiesa dei Padri Francescani a Busseto furono costruiti dai Marchesi Pallavicino, in quel tempo potenti signori del luogo e di altre terre vicine. E' d'obbligo, quindi, un approfondimento sulla Famiglia Pallavicino, mettendo in risalto quelle figure che hanno attinenza con Busseto e la Chiesa di S. Maria degli Angeli in modo particolare.

Gli storici, trattando della genealogia della Famiglia Pallavicino, parlano in primo luogo di Oberto degli antichi Duchi e Marchesi di Toscana. Da Ottone I di Germania fu creato Conte di Palazzo e morì circa l'anno 973. Ebbe costui quattro figli: Adalberto, Oberto, Oberto Obizzo e Alberto. In genere si è concordi nel ritenere Adalberto quale capostipite della famiglia Pallavicino, Oberto della famiglia Estense e dei Duchi di Brunswick, Oberto Obizzo dei Malaspina e Alberto dei Duchi di Massa.
Da Adalberto I discende in linea retta Adalberto II. Ottenne dall'Imperatore Corrado il Salico il governo di Piacenza e del Contado dell'Aucia, quest'ultimo comprendente l'accezione territoriale posta tra Cremona, Piacenza e Parma, nella quale venne successivamente formandosi lo Stato Pallavicino. Elevò Busseto al rango di capitale della sua marca, ampliando il borgo e costruendovi una rocca con solide fortificazioni. Sposò Adelaide, figlia del Conte Bosone, e legò il suo nome dell'Abbazia di Castione dei Marchesi, da lui fondata e nella quale si ritiene che sia sepolto.
Vi è poi un Oberto che fu il primo della famiglia ad essere chiamato « Pela-vicino », da cui derivò il cognome Pallavicino. Fu fedele a Federico Barbarossa e grande capitano di ventura.
Ma due personaggi spiccano in modo particolare tra i Pallavicino : Uberto il Grande e Rolando il Magnifico.

UBERTO il Grande

Il Festasio scrive di Uberto il Grande questo elogio: «Era ardito d'animo, possente ed umano e di valore di corpo non vi fu chi l'eguagliasse a quei tempi, vers'ognuno cortesissimo e di profonda benignità, ma ne l'imprese importanti severo». Costumava vestire sempre di ferro. Fu la sintesi della sua epoca, ghibellino audace e guerriero implacabile, tenace e scaltro, ora alleato del popolo e ora dei nobili, ma sempre in vista del potere.
Nacque a Busseto (oppure, secondo altri, a Polesine) nel 1197. Le sue gesta di condottiero, che in seguito avrebbero avuto vastissima eco, ebbero inizio nell'anno 1233. Nel 1234 fu onorato della carica di Podestà di Piacenza insieme a Guglielmo Landi. Ritiratosi a Cremona, si proclamò partigiano dell'impero e, approfittando della venuta in Italia di Federico II, si recò, seguito da una lunga schiera di cavalieri della sua marca, ad incontrare il sovrano a Padova. Ne ebbe particolari onori.
Nel 1239 Federico II lo nominò suo Vicario Imperiale nella Garfagnana e Lunigiana. Un anno dopo prese parte all'assedio di Genova; ma, fallito il tentativo di ridurre alla resa la città, si rivolse contro Pontremoli, alleata di Piacenza, che l'aveva estromesso dal governo per le pressioni esercitate dal Legato Pontificio.
Ripetutamente scomunicato da Innocenzo IV per le atrocità commesse ed anche come sostenitore dell'Imperatore, fu da Federico II, nel 1246, nominato Podestà di Reggio. Due anni dopo partecipò a fianco del sovrano ad un'azione militare contro Parma, la quale si era data nelle mani dei guelfi, sostenuta da Milano e da Piacenza. La terribile battaglia si concluse con la sconfitta dell'esercito imperiale. I parmigiani avevano scritto sui loro vessilli: « Hostis turbetur quia Parmam Virgo tuetur »!
Intanto Federico II raggiunse il Piemonte e, avuta notizia della sconfitta subita dal figlio Enzo, si recò a Pisa. Da quella città, il 9 Maggio 1250, l'Imperatore investì Uberto della marca Pallavicino, riconoscendone il dominio sulle basi del diritto pubblico.
Eletto nel medesimo anno Podestà di Cremona, Uberto provvide a fortificare Busseto cingendola con nuove mura, fossati, e riedificando la superba rocca. Poco dopo, deciso a prendersi una rivincita sui parmigiani, marciò contro di loro e li vinse. Succeduto all'Imperatore il figlio Corrado, Uberto giurò fedeltà al nuovo sovrano dal quale, con diploma del 22 Febbraio 1251, fu nominato Vicario Imperiale in Lombardia. Dallo stesso Corrado ottenne poi l'investitura dell'antico dominio che, maggiormente esteso, comprendeva territori dal Taro a Chiavenna, da Valmozzola al Po.
Nel 1254, ottenuta la signoria di Piacenza ed eletto Podestà di Pavia, si fece promotore di una iniziativa tendente ad unificare la moneta. Pensò anche alla stipulazione di un trattato commerciale tra Genova, Marsiglia e Montpellier. Indi, unitosi a Buoso di Dovara e ad Ezzelino da Romano, celebri capi ghibellini, riprese le scorrerie contro le Città fedeli al Pontefice, collezionando vittorie e scomuniche. La prima scomunica g1i giunse da Anagni il 30 Luglio 1254 da Innocenzo IV, il quale, nel frattempo, aveva proclamato la guerra santa in Lombardia e Liguria. La seconda gli fu inflitta nel 1257 da Alessandro IV che lo dichiarò «nemico di Dio e della Chiesa ».
Al fine di aumentare il suo vasto dominio, determinò di impossessarsi della città di Milano; e con diversi intrighi, nei quali era espertissimo, riuscì ad ottenere lo scopo. Il Papa Urbano IV aveva intanto invitato a scendere in Italia Carlo d'Angiò. Il monarca, nel 1264, valicò le Alpi per accorrere in aiuto dei guelfi. Per Uberto, che inutilmente aveva cercato di ostacolare la marcia dello straniero, fu l'inizio del tracollo. Avvenuta l'occupazione di Busseto, il 24 Ottobre 1268 cedette le armi e, umiliato e vinto, si ritirò nella rocca di Gusalecchio di Valmozzola. Il 29 Aprile 1269 fece testamento, lasciando erede dello stato l'unico suo figlio maschio Manfredino. Mori pochi giorni dopo, 1'8 Maggio, e volle essere sepolto in una umile tomba nella Chiesa del suddetto paese.

ROLANDO il Magnifico

E' il personaggio più illustre della famiglia Pallavicino. Nacque a Polesine il 13 Giugno 1394. Alla morte del padre Nicolò, il quale l'aveva legittimato, contava sette anni di età. Preso sotto la propria protezione da Giovanni Maria Visconti, ed allevato alla corte di Milano, ebbe da questi conferma dei beni e dei privilegi già concessi in passato alla famiglia Pallavicino. All'inizio del suo governo dovette fronteggiare l'esercito di Nicolò d'Este, invasore delle sue terre. Filippo Maria Visconti, nell'intento di vincolare maggiormente a sè i Pallavicino, lo onorò del titolo di cittadino di Piacenza, trasmissibile ai suoi discendenti. Ma il Duca di Milano, mentre da un lato confermava a Rolando diritti e privilegi, dall'altro canto, con pretesti larvati, tendeva a spogliarlo. Infatti gli sottrasse Castelguelfo e Fidenza. Questo fatto spinse il Marchese a troncare i legami con il Visconti, e ad allearsi con la Repubblica di Venezia, contro la quale il Duca era in guerra. I1 giorno 18 Settembre 1426 l'armata navale veneta, al comando del celebre Nicolò da Tolentino, sbarcò a Polesine e pose il quartiere generale a Busseto. Perduto il necessario appoggio di Rolando, ed esposto sul Po, il Visconti fu costretto alla resa dall'ammiraglio Francesco Bembo, e dovette trattare, a Ferrara, la pace con le condizioni imposte dai vincitori. Venezia, in quella circostanza, oltre ad iscrivere Rolando nell'albo d'oro della nobiltà veneziana, gli confermò il dominio sulle terre a lui soggette.
Riaccostatosi poi al Visconti, stipulò un patto di alleanza, impegnandosi a staccarsi dalla lega veneziana, e ricevendo, quale contropartita, la conferma degli antichi privilegi sovrani e la restituzione di Castelguelfo.
Ma, perduto nuovamente il favore del Visconti, le sue terre ed i suoi castelli andarono in feudo al Piccinino. Solo tre anni dopo, il Visconti si convinse della sua lealtà e gli restituì l'intera marca. Morto il Duca, Rolando rafforzò i legami che lo univano allo Sforza, stipulando con lui, nel Febbraio 1448, un trattato di alleanza, col quale si obbligava a sostenere il nuovo Signore di Milano in ogni sua impresa, mentre lo Sforza assicurava ai Pallavicino l'integrità dello Stato. L'amicizia e l'alleanza con lo Sforza procurarono una pace che si protrasse fino alla morte di Rolando, il quale, nel frattempo, ebbe modo di ingrandire di più la sua signoria.
La promulgazione delle leggi patrie, nel 1429, apparsa sotto il titolo di  « Statuta Pallavicinia », rappresenta certamente uno degli atti più importanti del governo di Rolando il Magnifico. La raccolta dei canoni legislativi, fondati sulle consuetudini locali, pur attingendo alle fonti perenni del Diritto Romano e forse, ancor più, alle Leggi Longobarde, fu affidata da Rolando al giureconsulto pisano e suo vicario Agapito Lanfranchi.
Da lui fu riedificata e riccamente dotata la Chiesa Parrocchiale di Busseto, dedicata all'apostolo S. Bartolomeo. Anzi, dal Pontefice Eugenio IV, con Bolla del 9 Luglio 1436, ottenne il titolo di Prepositura Collegiata, aggregandovi altre Chiese curate con la erezione di quattro canonicati e due chiericati.
Alla pari e più di Uberto il Grande, egli può essere ritenuto il restauratore della potenza dei Pallavicino, il cui Stato, alla morte di Rolando il Magnifico, si estendeva su 1600 chilometri quadrati e contava circa 3500 famiglie di vassalli.
Dalla moglie Caterina Scotti di Agazzano ebbe sedici figli, otto maschi ed altrettante femmine. Con testamento, fatto il 25 Luglio 1453, divise lo Stato in varie signorie, assegnandole ai singoli figli. Provvide, poi, le figlie di ingenti somme di denaro a titolo di dote. Ma, nella spartizione della marca tra i suoi figliuoli, non usò la stessa misura: e ciò fu fonte di lagnanze e di contese tra gli eredi, i quali, alla morte del padre, si rivolsero allo Sforza quale arbitro della vertenza stessa. Questi incaricò il suo segretario Cicco Simonetta a redigere la sentenza di composizione della vertenza, pronunziata il 22 Novembre 1457. In forza di essa lo stato dei Pallavícino veniva diviso in parti uguali, assegnate nel modo seguente: a Giovanni Lodovico ed a Pallavicino, in comune, Busseto e Bargone; a Giovanni Manfredo, Polesine e Costamezzana; a Nicolò il feudo di Varano Melegari, la villa di Miano, Castelguelfo e Gallinella; a Uberto, Tabiano, Castellina e metà Solignano; a Carlo, Vescovo di Lodi, il feudo di Monticelli d'Ongina. Il feudo di Stupinigi toccò a Bartolomeo Pallavicino che vantava diritti sulle terre di Zibello.
Rolando il Magnifico morì a Busseto il 5 Febbraio 1457. Emilio Seletti scrive di lui: « Al braccio ed al senno di Rolando è dovuta la salvezza dello Stato di Busseto per ben due volte sui primi del secolo e per una terza volta dopo l'invasione del Piccinino. Bellissimo d'aspetto, d'animo generoso, mirabile in guerra, la sua spada fu sempre temuta, famoso in pace, di acuto ingegno, lasciò leggi allo Stato suo ch'ebbero vita per tre secoli, abbellì la capitale, vi seppe ottenere una larga giurisdizione ecclesiastica, generoso e pio dotò e innalzò Chiese, e per le sue molte virtù si acquistò il titolo di Magnifico. La sua maglia di ferro, il pesantissimo suo elmo, la lunghissima sua spada ed una grossa asta di legno, che doveva essere munita di punta di ferro, furono conservate sino alla soppressione dei Conventi nella biblioteca dei Frati Minori di S. Francesco di Busseto, e passarono dappoi presso il Marchese Antonio Pallavicino di Cremona. Le sue ossa furono trasportate da una in altra Chiesa di Busseto, e non mai in tanti secoli ottennero dalla pietà dei suoi nipoti, nè dalla cura cittadina, un segno che ricordasse il nome di Rolando il Magnifico » (Cfr. Opera citata, vol. I, p. 201 - 202).
Egli, nel suo testamento, dispose pure la costruzione di una Chiesa a Busseto per i Padri Francescani (Cfr. P. Flaminio Da Parma, Memorie Istoriche dell'Osservante Provincia di Bologna, Parma 1760, tomo 1, p. 132).

Munificenza dei Pallavicino

« Insigni monumenti - afferma Dario Soresina - sono rimasti a testimoniare nelle Diocesi di Fidenza, Parma e Piacenza, come in tutto il territorio dell'antico Stato ed altrove, la generosa munificenza della Famiglia Pallavicino. Oltre ai castelli, alle rocche, ai fortilizi, sopravvissuti alla distruzione del tempo (e basterebbe citare le rocche di Busseto, di Monticelli d'Ongina, di Tabiano, di Bargone e di Contignaco), questa nobile Famiglia ha legato il proprio nome a molte Chiese e palazzi, notevoli per concezione architettonica e per ricchezza di opere d'arte ».
« A Castione dei Marchesi è degna di menzione la Chiesa Abbaziale, fondata con l'attiguo Monastero, dal capostipite Adalberto Marchese di Massa; a Monticelli d'Ongina la Chiesa Abbaziale e Collegiata, sorta per volontà di Mons. Carlo Pallavicino, feudatario del luogo e Vescovo di Lodi; a Busseto la Chiesa Collegiata di S. Bartolomeo, eretta da Uberto e fatta ricostruire da Rolando il Magnifico, al quale si deve pure la Chiesa di S. Maria degli Angeli dei Padri Francescani; a Zibello l'artistica Chiesa Parrocchiale, il Palazzo Vecchio, residenza un tempo dei Marchesi del luogo, e l'ex Convento dei Padri Domenicani (che ospita l'Ospedale Dagnini) cui era annesso un oratorio romanico dedicato alla Vergine delle Grazie, ora monumento nazionale; a Polesine la Chiesa Parrocchiale ed il Palazzo delle Tre Torri, residenza degli esponenti della Famiglia infeudati di quel Marchesato, il cui ramo si estinse con la morte di Vito Modesto ».
« Ai Pallavicino si deve anche la costruzione di Chiese Minori, come la Parrocchiale di Bargone, S. Andrea, Ragazzola, Roncole, Varano dei Marchesi e la Chiesa di S. Maria Annunziata a Busseto, tuttora esistenti; mentre altre sono andate in rovina. Spesso la loro liberalità si manifestò non soltanto con la erezione di Chiese, ma anche col provvederle largamente di beni per le spese di culto e per il mantenimento dei suoi ministri, e col donare alle medesime dipinti e sculture, preziosi indumenti sacri e codici miniati. È il caso appunto delle più insigni Chiese costruite dai Pallavicino a Busseto, Zibello e Monticelli d'Ongina, delle quali sarebbe qui troppo lungo elencare le opere d'arte che formano un degnissimo ornamento alla nobiltà della architettura ».
« Da ricordare, infine, altre opere monumentali costruite dall'illustre Famiglia nelle due Diocesi di Parma e Piacenza: per esempio le famose Abbazie di Fontevivo e di Chiaravalle della Colomba; la monumentale Chiesa della Santissima Annunziata a Parma tenuta dai Padri Francescani; la Collegiata e la Chiesa dei Padri Francescani a Cortemaggiore, ambedue imponenti per mole e vastità di concezione ».
« E queste sono tutte opere sopravvissute a quelle concepite dall'umana ambizione di gloria e potenza, quali le munitissime rocche, di cui oggi nemmeno si conserva memoria, dislocate tra il Po e l'Appennino, a difesa avanzata della capitale dello Stato Pallavicino  » (Cfr. Enciclopedia Diocesana Fidentina, Fidenza 1961, p. aia - 314).
Il P. Giovanni Francesco Malazappi di Carpi, già nell'anno 1580, scrisse parole di elogio per l'opera svolta dai Pallavicino a favore dei Frati di Busseto: si tratta di un manoscritto ancor oggi conservato nell'archivio provinciale dei francescani a Bologna e di grande importanza per la storia dei Frati Minori in emilia.

Fondazione della Chiesa e del Convento

A poca distanza dalla Porta Papale, verso mezzogiorno, in un luogo ameno e raccolto, nel 1470-1475 circa, furono edificati la Chiesa ed il Convento per i Religiosi Francescani.
Entrambi i fratelli Giovanni Lodovico Pallavicino e Pallavicino Pallavicino, allora ancora indivisi, ne sono i fondatori, insieme a Carlo e Giovanni Francesco. O meglio, primo promotore dell'opera si deve riconoscere il loro padre Rolando il Magnifico, come essi stessi affermarono nell'atto solenne della donazione del nuovo Convento ai Religiosi: «...in executione legati paterni », dice il documento ufficiale.
Di fatto, l'ultima volontà del defunto genitore Rolando era chiaramente espressa nel suo testamento del giorno 25 Luglio 1453, dettato da Monticelli d'Ongina al notaio Pietro Brunelli di Busseto.
Si costruì, quindi, la Chiesa ed il Convento e vennero offerti al Padre Lorenzo da Parma, il quale per la seconda volta ricopriva la carica di Vicario Provinciale degli Osservanti della Provincia Bolognese. Questi inoltrò petizione al Sommo Pontefice Sisto IV, e dalla Curia Romana furono spedite Lettere Apostoliche al Vescovo di Cremona, all'Abate del Monastero di S. Lorenzo e all'Arcidiacono della Chiesa Cremonese.
L'originale della Bolla Pontificia di Sisto IV è ancora conservata nell'archivio del Monastero di S. Maria degli Angeli a Busseto.

L'atto di Donazione

Quando fu ultimata la costruzione del nuovo Convento e della Chiesa dedicata a S. Maria degli Angeli, il Vescovo di Cremona, S. E. Mons. Giovanni Buttigelli avrebbe voluto intervenire personalmente per dare esecuzione alla Bolla di Sisto IV. Ma essendone impedito da grave infermità, come egli stesso afferma, delegò il Rev.mo Prevosto di Busseto Mons. Donnino Raschi con solenne instrumento, datato nel Palazzo Vescovile e catalogato da Bartolomeo Malossi notaio di quella Curia.
Il Prevosto della Chiesa di S. Bartolomeo di Busseto, dopo avere costatato che il Convento poteva essere abitato e che nella nuova Chiesa si potevano celebrare le sacre funzioni, indisse la data per la lettura della Bolla Pontificia e per procedere alla relativa presa di possesso da parte dei Religiosi Francescani.
Nella nuova Chiesa, sontuosamente addobbata a festa, convennero i Marchesi Giovanni Lodovico e Pallavicino Pallavicino, con tutto il loro seguito e una moltitudine di popolo. Erano presenti, oltre il Prevosto in qualità di Delegato, Mons. Taddeo Platoni Arciprete della Pieve di Olza e Canonico della Collegiata di Busseto; Mons. Paolo Andrea di Castelfranco e Mons. Cosimo De' Cozzi, pure Canonici della Collegiata; i dottori in medicina Gabriele De' Bernazzoni e Domenico Tucci, in qualità di testimoni a ciò espressamente chiamati.
I due Marchesi Pallavicino, non solo in nome proprio, ma ancora in nome degli altri fratelli Carlo e Giovanni Francesco, che per legato del padre Rolando il Magnifico avevano concorso alla spesa della costruzione, fecero ai Frati Minori l'atto solenne di donazione del Convento, della Chiesa e dell'ampio appezzamento di terreno, con tutti i diritti conseguenti. Era il giorno 31 Marzo 1475. Fu quello, secondo i cronisti contemporanei, un avvenimento che procurò una immensa gioia a tutti, dai Marchesi Pallavicino ai cittadini di Busseto, i quali da tempo bramavano di avere tra loro i figli di S. Francesco.
L'atto dell'avvenuta donazione fu trascritto e catalogato dal notaio Antonio di Santovito; la donazione invece fu ricevuta dai bussetani Giacomo Copelletto Vitali e Giovanni Marliani, in nome dei Religiosi Francescani, precisamente come loro Sindaci Apostolici. Negli atti della donazione furono inserite la Bolla di Sisto IV e la delega fatta dal Vescovo di Cremona.
Nel frattempo sorsero delle contese tra i due potenti fratelli Pallavicino e si separarono di comune accordo nel 1478. Per l'arbitrato di Gian Giacomo Trivulzio e di Marsilio Torelli, basato sull'investitura ducale del 1458, nella divisione del Marchesato a Pallavicino toccò il dominio di Busseto; mentre a Giovanni Lodovico furono assegnati Cortemaggiore e Bargone. Egli, accettato il lodo, il 4 Settembre 1479 col figlio Orlando detto il Gobbo ed alcune famiglie lasciò Busseto e si trasferì a Cortemaggiore, dove dette inizio al locale ramo marchionale. Iniziò nel 1480 l'erezione di un possente castello, del quale aveva posta la prima pietra il 20 Gennaio, della Chiesa dell'Annunziata per i Frati Minori, e di una nuova Chiesa Parrocchiale che non poté vedere ultimata perché la morte lo colse l'anno successivo. Continuatore della sua opera fu il figlio Orlando, il più insigne benefattore di quella terra.
Non si deve ascrivere a trascuratezza dei due fratelli se, per circa 17 anni, si prolungò 1'esecuzione del legato paterno per
quanto riguarda la costruzione della Chiesa e del Convento di Busseto. Essi, anzi, dimostrarono sollecitudine ed ampiezza di idee, specie nella scelta del progetto, data la eleganza della Chiesa, a tre navate, e la vastità del Convento, a due ampi chiostri.

Breve del Cardinale Bessarione

Sebbene nel 1474 dai Religiosi venisse inoltrata la supplica al Sommo Pontefice Sisto 1V, e solo nell'anno 1475 ne seguisse la solenne donazione ai Frati, già nell'anno 1472 la nuova Chiesa era talmente avanzata che il Cardinale Bessarione, Legato della Santa Sede in Lombardia, con Breve datato da Pavia il 21 Maggio 1472, concesse particolari indulgenze, per alcuni giorni dell'anno, a chi devotamente visitava la suddetta Chiesa, o comunque concorreva alla sua conservazione e manutenzione. Bisogna inoltre notare che la vastità dell' opera richiedeva, necessariamente, un periodo di tempo abbastanza lungo per essere realizzata; tanto più che lo stesso stile prescelto ed il materiale di ottima fattura, imponevano un lavoro più prolungato ed operai più specializzati.

Lasciti e donazioni

Avvenuta, come s'è detto, la divisione tra i due fratelli, il Marchese Pallavicino Pallavicino, rimasto unico possessore del feudo di Busseto, si dimostrò sempre sollecito protettore dei Religiosi, fino a provvedere da solo alle cose necessarie per il loro mantenimento. Le memorie conservate nell'Archivio del Convento, parlano del mantenimento di quindici Religiosi Francescani. Nel suo testamento, fatto a Milano il 7 Giugno 1484, dispone le seguenti cose a favore del Convento dei Frati: la costruzione a sue spese di una mura intorno alla clausura del Convento; il suo seppellimento in una delle nuove Cappelle della Chiesa di S. Maria degli Angeli, con la elargizione di 12 scudi d'oro all'anno a suffragio dell'anima sua e dei parenti; la donazione annuale di 40 libre imperiali per il sostentamento dei Religiosi.
In particolare evidenza viene messa la generosa bontà di Caterina, figlia del Conte Antonio Maria Fieschi e consorte del Marchese Pallavicino. Nel suo testamento, fatto nell'anno 1496, quando già era vedova, e pubblicato alla presenza del Guardiano P. Pietro da Modena e di altri Religiosi del Convento, ella ordina che il suo sepolcro sia nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli. Fu insieme benefattrice piissima dei Francescani e madre benefica dei poveri di Busseto, per i quali aveva assegnato un capitale dal quale si ricavassero ogni anno 366 staia di frumento. Nel testamento enumera i suoi dodici figliuoli, raccomandando ai figli eredi un particolare aiuto a beneficio delle figlie in caso che, restando vedove, fossero in condizione di bisogno. E costituisce giudici e mandatari il Padre Guardiano del Convento ed il Vicario Provinciale della Provincia Francescana di Bologna.
Anche il figlio Marchese Nicolò, nelle sue disposizioni testamentarie del 23 Giugno 1494, ha un particolare riferimento ai poveri e sceglie il luogo della sua sepoltura nella Chiesa dei Frati. Lasciò anche alla Chiesa di S. Maria degli Angeli ricchissimi paramenti; inoltre cinquanta ducati per il bisogno dei Frati, e trenta ducati per l'acquisto di libri in aumento della biblioteca conventuale. Provvide ancora alla pavimentazione della strada che dalla città, costeggiando il canale, conduce alla Chiesa dei Frati.
Non diverso è il testamento del Marchese Cristoforo Pallavicino, fatto nel Convento di Busseto e pubblicato il 7 Aprile 1515 nella camera di S. Francesco presso la libreria. Purtroppo il suo desiderio non ebbe realizzazione alcuna, perchè, a causa di tumulti e di tradimento, fu incarcerato nel Castello Sforzesco di Milano ed ivi condannato a morte. A Cristoforo Pallavicino venne negata onorata sepoltura. Tra le sue volontà vi era pure quella di costruire una Cappella in onore della Immacolata Concezione di Maria Santissima, nella quale desiderava di essere sepolto. Il 7 Dicembre 1521 il Padre Paolo Giglio di Milano consegnò al notaio Antonio di Monte Novo lo scritto con le ultime disposizioni testamentarie del Marchese Cristoforo Pallavicino, « che lo stesso dettava al nominato Padre, suo confessore, poco prima di essere tratto al patibolo, e che segnava col suo nome ». I1 P. Flaminio a Parma, nella sua citata opera (Cfr. tomo I, p. 139), ci riferisce quel codicillo, trascritto da una copia autentica esistente presso l'archivio di Santa Chiara in Busseto.
Giovanni Manfredo, fratello di Giovanni Lodovico e di Pallavicino, divenuto nella divisione Signore di Polesine, edificò nella Chiesa dei Frati la Cappella in onore della Beata Vergine delle Grazie, nella quale pose pure il sepolcro per sè e per i suoi discendenti. Ancor oggi vi si legge scolpita nel marmo la sua epigrafe.

Mediante le sovvenzioni e i lasciti della Casa Pallavicino e le offerte dei pii benefattori sorsero anche altre Cappelle, tra le quali la grotta della Deposizione con le statue di Guido Mazzoni; e, da ultimo, la Cappella del Santissimo Sacramento decorata nel 1746 dal Padre Delfò Ghirardelli e, nell'anno 1901, riportata alla primitiva linea gotica dal Padre Salvatore Spada.