Tre giorni per “agire”

la cultura e la tradizione veneta


 

9. “Canti tradizionali veneti”
 

Stefania Gatto

Dino Pozzobon, Christian Tonello

 

   

 

Il Laboratorio sui canti tradizionali veneti ha coinvolto due gruppi di alunni che si alternavano nel Laboratorio di balli popolari veneti.

I gruppi erano eterogenei per età (V elem., I, II, III media) e per provenienza (italiani, rumeni, albanesi, marocchini).

I musicisti Christian Tonello (fisarmonica) e Dino Pozzobon (chitarra) che da anni curano la ricerca e la realizzazione di repertori musicali multietnici ci hanno fornito testi, musiche, una mirabile esecuzione vocale e strumentale e una preziosa assistenza durante le fasi di apprendimento dei canti e della loro presentazione al pubblico.

Si sono scelti i seguenti canti, rappresentativi di contenuti e stili del repertorio veneto:

 

E LA MIA MAMA L’E’ VECHIERELA

CANTI DI LAVORO

NANA BOBO’

NEL TEMPO ANTICO

NO STA’ PIANDAR CATINETA

EL TOROTOTELA



TESTI DELLE CANZONI

“Nel tempo antico” non è una canzone del repertorio tradizionale vero e proprio, ma fa parte di quelle melodie d’autore (anche della musica colta come “Va pensiero”)  che hanno avuto una diffusione popolare. La melodia è quella di una nota canzone del 1940, “Evviva la torre di Pisa”, a cui, con la tecnica della parodia, da sempre in uso nella cultura popolare, sono state sostituite le parole.

 

 

NEL TEMPO ANTICO

 

Nel tempo antico la donna portava la gonna e l’uomo i calson

E lui che comandava ela sapeva ubbidir.

 

Ma la moderna maschietta la gonna l’ha smessa e porta i calson

E l’uomo che se la sposa non lascia fare il padron.

 

            La donna si è messa i calsoni, attensione attensione vi vuol comandar.

            La donna vi sciupa i soldoni,  attensione attensione vi vuol rovinar.

 

                        Si sa che l’uomo è un po’ brontolone

                        e se la donna ha un po’ di libertà,

                        vuoi sapere che cosa ti fa.

 

            La donna si è messa i calsoni, attensione attensione vi vuol comandar.

            La donna vi sciupa i soldoni,  attensione attensione vi vuol rovinar.

 

Oggi la donna è sciatrice, tennista, aviatrice e poi gioca al pallon,

sa in ogni sport primeggiare, solo non sa cucinar.

 

E dovrà l’uomo imparare a lavare, a stirare e a far da mangiar,

a far le faccende di casa e a mettere i botton. 

 

            La donna si è messa i calsoni, attensione attensione vi vuol comandar.

            La donna vi sciupa i soldoni,  attensione attensione vi vuol rovinar.

 

 


 

Con il termine “Torototela” s’intendevano il mendicante o il cantastorie, la filastrocca che essi intonavano e lo strumento con cui si accompagnavano, una sorta di violino costituito da un bastone ricurvo, da una cassa di risonanza formata da una zucca e da (in genere) due corde.

 

EL TOROTOTELA

 

L’e rivà el torototela, l’e rivà el torototà

L’e rivà el torototela, l’e rivà el torototà.

 

Son tri giorni che camino par venirla a ritrovar,

son el povero torototela, son el povero torototà.

 

……………………………….

 

Siora parona me fago avanti par venirghe a domandar,

 son el povero torototela che domanda a carità.

 

E la varda ne la credenza che calcossa la trovarà,

son el povero torototela calche cossa ea me darà.

 

………………………………

 

            E la varda al baldachin

            E la taja un saeamin.

            Son el povero torototela sellongo lo taja a metà.

 

……………………………….

 

Se poenta o se pur farina la me daga voentiera,

son el povero torototela a sachetina go preparà.

 

A la ringrassio tanto tanto che naltr’ano sonncora qua.

son el povero torototela, son el povero torototà

son el povero torototela, son el povero torototà

son el povero torototela, son el povero torototà

son el povero torototela, son el povero torototà.

 

 


 

All’interno della cultura contadina la ninna nanna, oltre alla funzione di calmare o addormentare, assieme ai giochi infantili, a rime e filastrocche costituiva il primo momento di inculturazione del bambino; di trasmissione cioè del patrimonio di forme (modi di parlare e di cantare) e contenuti (valori e visione del mondo) propri di quella cultura.

 

NANA BOBO’

 

 

Nana bobò, nana bobò

tuti i bambini dorme e Guido no.

 

Nana bobò, nana bobò

tuti i bambini dorme e Guido no.

 

Dormi dormi dormi per un ano

La sanità a to padre e poi guadagno

E dormi dormi dormi bambin de cuna

To mama no la gh’è la a-xè andà via

La andà via la ndà Sant’Ana

La ndà a prendar l’aqua ni la funtana

Nana bambin nana bambin.

 


 

Questa ballata, più nota come “La bevanda sonnifera”, è una delle più diffuse in tutto il settentrione italiano. In genere le ballate del Nord-Italia hanno stretti legami con quelle di area franco-provenzale

e catalana. In questo caso la prima parte della canzone (l’incontro fra la ragazza e il cavaliere alla fontana), riprende un tema proveniente dalle aree suddette, mentre il motivo della seconda parte (l’addormentamento tramite narcotico del cavaliere e quindi l’inganno), trova riferimento con le ballate del Nord-Europa.

 

E LA MIA MAMA L’E’ VECHIERELA

 

 

E la mia mama l’è vechierela, e la mia mama l’è vecchierela

e la mia mama l’è vechierela suso bonora mi fa levar.

 

E la mi mete el sechieto in spala e la mi mete el sechieto in spala

E la mi mete el sechieto in spala e a la fontana mi fa andar.

 

E co fui stata metà la strada e co fui stata metà la strada

e co fui stata metà la strada ed un bel giovine mi incontrà.

 

……………………..

 

E ‘ndove vastu bela Silieta e ‘ndove vastu bela Silieta

endove vastu bela Silieta sola soleta per la città.

 

Io me ne vado ala fontana, io me ne vado ala fontana

Io me ne vado ala fontana dove mia mama la mi a mandà.

 

Io ti daria cento e ducati, io ti daria cento e ducati

io ti daria cento e ducati, solo una note dormir con te.

 

………………………..

 

Speta che vada dala mia mama, speta che vada dala mia mama

Speta che vada dala mia mama, qualche consilio la mi darà.

 

Ciàpeli ciàpeli bela Silieta, ciàpeli ciàpeli bela Silieta,

ciàpeli ciàpeli bela Silieta, i sarà boni da maridar.

 

E ghe daremo la medicina e ghe daremo la medicina

E ghe daremo la medicina tuta la note lu ‘l dormirà.

 

 


 

Questo è un canto sul tema dell’emigrazione, visto nel momento della partenza per la “Merica” alla ricerca di un lavoro con la speranza di realizzare un giorno alcune aspirazioni o sogni (sposarsi, l’acquisto di una casa, avere dei figli). Nella versione che qui proponiamo è stata introdotta una strofa con un riferimento alla mutata situazione della nostra regione trasformatasi da terra di emigrazione in terra d’immigrazione, per non dimenticare le difficoltà incontrate dai nostri emigranti nei nuovi paesi: “e nel’America che siamo rivati/non abbiamo trovato né paglia né fieno/abbiamo dormisto sì al cielo sereno/come le bestie noi abbiamo riposà”, come recita un’altra canzone sul tema. (“ Quaranta giorni”).

 

NO STA’ PIANDAR CATINETA

 

 

No stà piandar Catineta se in America ho da ‘ndar,

parchè se la me va dreta noi podarem sposar.

 

Te torò na casetina tuta verde in mezo al prà,

te darò na bela s-cera de bocete da slevar.

 

Eco sona ea trombetta, fis-cia el treno el verde i fren

Dame un baxo Catineta, scrivi speso e stame ben.

 

……………………………..

 

I è pasai ormai vinti ani, finalmente son tornà,

xoghe insieme coi miei fioi, inte a caseta in mezo al prà.

 

Ma ogni giorno bussa aea porta, un de quei, un “vu cumprà,

mi ghe dixe curi via, torna in Africa vae à.

 

Lu’l risponde sensa afano: “mi son qua par lavorar,

ho anca mi a me Catineta e sie bocete da slevar,

ho anca mi a me Catineta e sie bocete da slevar.

 



La prossima sarà una sequenza di canti dedicati a vari mestieri. In successione: consacarieghe, molinaio, moeta, canto di pesca.

 

 

CANTI DI LAVORO

 

Velo qua el consacarieghe,

che vie xo da e montagne,

co le seghe e co le piaghe,

velo qua el consacarieghe.

 

Giuto vu compar Mattio

xa che semo amisi veri,

varda varda caro fijo

se mace nel dadrio.

 

Te voi contarte un fatarelo

Che xe sceso un dì

Dove xela a siora Lussia

Dove xela la Catina.

 

Attento molinaro con le mani, bim, bum, bam.

Attento molinaro con le mani, bim, bum, bam.

E’ arrivata la Rosina con gli occhi bianchi e neri, è arrivata la Rosina a macinare.

 

E mentre che il molino macinava, bim, bum, bam.

E mentre che il molino macinava, bim, bum, bam.

Le mani dentro il seno dagli occhi bianchi e neri

Le mani dentro il seno le metteva.

Le mani dentro il seno dagli occhi bianchi e neri

Le mani dentro il seno le metteva.

 

Me pare fa el moeta e mi fasso el moetin

Menando la gambeta el fa girar la mola

E zum e zum e zum e zin el fa girar la mola.

 

L’è un’arte che consola, l’è un bel mestier in man

A morte de me pare farò ‘l moeta mi…

 

E…      e tiorte i remi e voga che femo sta caeà

e      e ciaparem l’anguela la spartiremo in tre

e se…  se no ciapa gnente no tornaremo a

a       a senza magnare no, no se pol tornar

e      tiremo i remi in barca che femo sta caeà.



Il laboratorio di canto durante lo spettacolo in palestra