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Rivelatore di picco per RF
Lo ammetto subito: il circuito in questione non è farina del mio sacco, ma è tratto da un articolo di QST del gennaio 19871 (vedasi bibliografia); il fatto è che fornisce prestazioni eccezionali, pur essendo estremamente semplice, anzi, proprio per questo è anche estremamente affidabile.
Tutti conoscono il classico rivelatore di picco realizzato con un diodo ed un condensatore, mostrato in figura 1; il problema con questo semplicissimo circuito è che, a causa della caratteristica non lineare del diodo, il circuito fornisce una tensione di uscita approssimabile al valore di picco del segnale di ingresso solo se quest'ultimo è di ampiezza relativamente grande: 300 - 500 mV per diodi al germanio o diodi hot-carrier, addirittura 700 mV - 1 V con diodi al silicio; diminuendo il livello del segnale di ingresso, la tensione di uscita cala inesorabilmente ad una percentuale sempre più infima del valore di picco dell'ingresso.
Infatti l'uscita del circuito di figura 1 in funzione dell'ingresso è data dalla seguente relazione:
Vout = max(Vin - Vd).
Vd è la caduta di tensione sul diodo, il quale purtroppo si "mangia" una parte consistente del segnale, se questo è di basso livello, lasciando "le briciole" ai capi del resistore R2, che costituisce il carico di uscita.
Seppure questo semplice circuito soddisfi molte applicazioni, esistono dei casi in cui è necessaria una sensibilità maggiore: misuratori di campo, millivoltmetri RF, wattmetri per basse potenze, ecc.; di solito si ricorre a circuiti amplificatori posti a monte del rivelatore, con i limiti e le complicazioni del caso: problemi di larghezza di banda, di dinamica, di stabilità e altro ancora.
Per risolvere il problema della scarsa sensibilità del rivelatore a diodo bisognerebbe prelevare l'uscita prima del diodo stesso, ma questo ovviamente non può funzionare, però...
L'idea consiste nell'utilizzare un secondo diodo (D2), identico al primo (D1), nel quale si fa passare una corrente uguale alla corrente di picco che attraversa il diodo rivelatore (D1), in modo che la caduta di tensione ai capi di quest'ultimo sia il più esattamente possibile compensata dalla caduta ai capi di D2.
Con riferimento alla figura 2, al circuito del rivelatore di picco di figura 1 è aggiunto il circuito costituito da U1, D2 ed R3.
Consideriamo per un attimo cosa succede se l'ingresso Vin è costituito da una tensione continua: nel resistore R3 passa tutta la corrente ID2 che attraversa il diodo di confronto D2, come in R2 passa tutta la corrente ID1 proveniente dal diodo rivelatore D1 (il condensatore C1 è trascurabile perchè abbiamo applicato una Vin che non varia nel tempo); le cadute di tensione sui due resistori sono date da:
Vdet = ID1 x R2 (caduta di tensione su R2) = V+ (tensione sull'ingresso non invertente di U1),
Vfb = ID2 x R3 (caduta di tensione su R3) = V- (tensione sull'ingresso invertente di U1).
L'amplificatore operazionale (U1) confronta queste tensioni e produce la tensione di uscita:
Vo = AV x (V+ - V-), (dove AV è il guadagno differenziale in tensione dell'operazionale).
Vo , applicata a D2, controlla ID2 e quindi Vfb = V- ; la retroazione negativa agisce in modo da mantenere gli ingressi dell'operazionale allo stesso potenziale, così che V- = V+ = Vdet .
Abbiamo pertanto che Vfb = Vdet e, se i diodi sono uguali e le loro correnti pure (ID1 = ID2), allora anche le cadute di tensione ai capi dei diodi sono uguali (VD1 = VD2); per cui si ha:
Vin = VD1 + Vdet = VD2 + Vfb = Vout .
In conclusione, grazie all'equalizzazione delle correnti che attraversano i due diodi operata da U1, la tensione di uscita è uguale alla tensone di ingresso.
In questo caso, bisogna tenere conto che la corrente che attraversa R2 è un valore medio che è più basso della corrente di picco che attraversa D1, pertanto occorre scegliere il rapporto R2:R3 in modo da far attraversare D2 da una corrente continua uguale alla corrente di picco che attraversa D1.
Grebenkemper nel suo articolo originale del 19871, citato in bibliografia, indica un rapporto ottimale di 5:1 (R2 = 1 Mohm, R3 = 180 kohm), precisando che un rapporto inferiore riduce la sensibilità del circuito per bassi livelli di ingresso, mentre un rapporto superiore introduce un picco di guadagno il quale supera il valore unitario per una certa banda di livelli di ingresso. Poi però nel 1993 l'autore apporta alcune correzioni3 tra cui la modifica del valore di R3 da 180 a 100 kohm, per un rapporto R2:R3 di 10:1 .
Nella mia applicazione del circuito ho scelto un rapporto R2:R3 = 10:1, ottenendo i risultati indicati dalle misure di guadagno riportate.
Nello schema elettrico completo, il resistore di carico in ingresso (R1) ha valore non specificato poichè esso dipende dall'impedenza del circuito su cui si effettua la misura; per un applicazione come wattmetro a radiofrequenza si sceglierà un resistore non induttivo da 50 ohm, di potenza adeguata a realizzare la funzione di carico fittizio; per applicazioni come rivelatore per millivoltmetro a radiofrequenza tale resistore sarà da 1 Mohm o addirittura sarà eliminato.
Per quest'ultima applicazione e altre similari ad alta impedenza può essere opportuno disaccoppiare l'ingresso dalla corrente continua, facendo precedere in serie al diodo rivelatore (D1) un condensatore di opportuno valore, considerando però che esso farà da partitore con C1 riducendo il segnale ai capi di quest'ultimo.
A proposito di C1, il suo valore dipende dalla frequenza più bassa che si intende utilizzare: la mia applicazione utilizza unicamente la frequenza di 1 MHz.
Il circuito completo comprende altre parti non ancora descritte, che consistono sostanzialmente in:
Filtro passa-basso (R3, C2) tra il rivelatore e l'ingresso non invertente dell'operazionale: anche qui i valori dei componenti possono essere adattati in funzione delle frequenze di utillizzo previste.
Circuito di polarizzazione (D3, D4, R6, C5, C6) per portare la linea di ritorno comune dei segnali ad un livello di 0,7 V positivo rispetto alla massa dell'alimentazione; questo accorgimento è necessario per permettere il funzionamento del circuito di azzeramento dell'offset dell'operazionale: a tutti gli effetti è come alimentare il circuito con tre tensioni: +14,3 V , +0,7 V e -0,7 V.
Circuito di azzeramento dell'offset dell'operazionale (RV1, R4, R5); il trimmer RV1, alimentato tra +0,7 V e -0,7 V , modifica la tensione ai capi di R4, che si somma alla caduta su R7 (corrispondente alla R3 della figura 2) permettendo così la correzione di offset sia positivi che negativi dell'operazionale: il trimmer multigiri RV1 va regolato per avere uscita nulla in assenza di segnale di ingresso.
Infine il condensatore C3 migliora la stabilità dell'amplificatore operazionale riducendone il guadagno alle alte frequenze, mentre il resistore R8 funge da carico di uscita del circuito.
E' da rilevare che, a partire da R2 in poi, tutto il resto del circuito, compreso l'amplificatore operazionale, funziona in corrente continua: non è necessario utilizzare componenti particolari e, se la costruzione è effettuata con i dovuti accorgimenti, il circuito può facilmente essere utilizzato anche per rivelare segnali a frequenze molto elevate: 500 MHz e oltre.
Per la realizzazione consiglio di prevedere sul circuito stampato, dal lato dei componenti, un piano conduttore di riferimento collegato alla linea COMMON (piano di massa), effettuare collegamenti corti, utilizzare resistori non induttivi per R1 ed R2 e condensatori ceramici di buona qualità per C1 e C2.
Tutti i diodi da me utilizzati sono di tipo 1N4148: ho infatti trovato non necessario l'uso di diodi hot-carrier per D1 e D2, inoltre non è necessario selezionare tale coppia di diodi, come precisato anche dall'autore nelle sue correzioni3 del 1993.
Come amplificatori operazionali si possono utilizzare anche altri tipi, come il TL071/TL072/TL074, LF353, LMC272 eccetera. E' bene evitare l'uso di operazionali come il LM358 in questa applicazione.
Il rivelatore di picco può essere utilizzato ovunque ci sia necessità di misurare il livello di segnali a radiofrequenza, i limiti di applicazione sono i seguenti:
Frequenza del segnale in ingresso: dalla corrente continua a 500 MHz e oltre.
Livello minimo di segnale in ingresso: inferiore a 30 mV rms per un errore di guadagno migliore o pari a -3 dB; tale segnale corrisponde ad una potenza di 18 uW rms su 50 ohm.
Livello massimo di segnale in ingresso: circa 10 V rms, pari ad una potenza di 2 W rms su 50 ohm; (il livello massimo dipende dalle caratteristiche dell'amplificatore operazionale utilizzato e dal valore della tensione di alimentazione: il valore indicato si riferisce all'utilizzo del TLC274 alimentato a 15 V).
Dinamica di ingresso: migliore di 50 dB.
Possibili applicazioni comprendono:
accoppiatori direzionali per la misura della potenza diretta e riflessa su di una linea di trasmissione (è l'applicazione di origine del circuito);
wattmetri per basse potenze;
millivoltmetri per radiofrequenza;
misuratori di campo;
ricevitori;
eccetera...
Io l'ho utilizzato come rivelatore in un circuito che misura le correnti a radiofrequenza in un elettrobisturi per piccola chirurgia funzionante a 1 MHz.
1John Grebenkemper, KA3BLO, "The Tandem Match - An Accurate Directional Wattmeter", QST, january 1987, pp. 18-26;
2John Grebenkemper, K6WX (ex KA3BLO), "TANDEM MATCH CORRECTIONS", Feedback QST, january 1988, p.49;
3John Grebenkemper, K6WX, "AN UPDATED TANDEM MATCH", Technical Correspondence, QST, july 1993, p.50;
4Chapter 22 - Station Setup and Accessory Projects: The Tandem Match - An Accurate Directional Wattmeter - The ARRL Handbook CD version 2.0 - ©1997 by The American Radio Relay League, Inc.
5Frank Van Zant, KL7IBA, "HIGH-POWER OPERATION WITH THE TANDEM MATCH DIRECTIONAL COUPLER", Technical Correspondence, QST, july 1989, pp.42-43;
6Chuck Hutchinson, K8CH and Zack Lau, KH6CP, "Improving the HW-9 Transceiver", QST, april 1988, pp.26-29;