Socialclub: la rubrica del sociale |
||||||||||
di Gigisun | ||||||||||
|
Seattle |
|
Obiettori | |||||||
DA UN ANNO A NOLA SI PUÒ STUDIARE LEGGE |
||||||||||
La
facoltà prediletta dai neodiplomati resta da qualche anno
giurisprudenza, un corso di laurea fattibile che offre tante chance
lavorative. In Campania sono presenti quattro corsi di laurea per gli
aspiranti alla toga: all'Università Federico II, alla Seconda Università
di Napoli, all'Istituto Suor Orsola Benincasa e all'Università di
Salerno. Da un anno anche l'Istituto Universitario Navale ha istituito
l'omonimo corso di laurea. Gli atenei napoletani sono ormai
particolarmente sovraffollati e per ridurre la pressione sulle proprie
strutture e sui trasporti della città, si sono orientati verso un'opera
di decentramento delle attività didattiche. In quest'ottica l'Istituto
Navale ha scelto per il nuovo corso di laurea una sede fuori dal
congestionato capoluogo campano: Nola, non a caso un vivace centro
giuridico con il suo tribunale. Le lezioni si tengono provvisoriamente
nell'Istituto di Santa Chiara, la sede definitiva sarà il palazzo della
Reggia Orsini che attualmente ospita il tribunale in procinto di
trasferire i suoi uffici nel grande edificio del 48° reggimento.
Nell’anno 2000/01 si sono registrate circa 600 matricole, tanti
mancati pendolari tra l’agro nolano e Napoli. Rispetto agli altri
omonimi corsi di laurea campani, tra i 26 esami del piano di studi ci
sono più esami di economia e sono ridotti gli esami che hanno una pura
funzione culturale, non sono presenti per fare un esempio:
storia del diritto romano e filosofia del diritto, che alla
Federico II compaiono tra i fondamentali. Sei gli esami al primo anno
per i pionieri dell'anno accademico 2000/01: istituzioni di diritto
romano, istituzioni di diritto privato, economia politica, diritto
costituzionale, teoria generale del diritto e un esame a scelta. Sono
previsti inoltre stage e tirocini con la collaborazione del tribunale
nolano. La presenza dell'università può avere sicuramente una forte ricaduta sul piano economico della città; si ricorda che, già grazie all'istituzione del tribunale, la zona circostante piazza Giordano Bruno da uno stato di abbandono ha visto nascere una decina di negozi per l'ufficio, punti di ristoro e banche. |
||||||||||
ATTENTI AL TG! |
||||||||||
È scontato ribadire che i mass media raggiungono e influenzano con i loro messaggi un pubblico molto esteso. Il telegiornale, che è una finestra sui fatti del mondo, può dare una notizia da un particolare punto di vista inducendo a farsi una certa idea e a giudicare un fatto in un modo e non in un altro. La notizia diviene una sorta di spettacolo, coinvolge emotivamente l’ascoltatore facendo così più presa. Per difenderci da un tg, dotato quasi delle stesse tecniche di uno spot pubblicitario, dobbiamo ascoltarlo con un atteggiamento attivo e con occhio critico. I mass media sono in grado di condizionare fortemente i nostri comportamenti e le nostre coscienze, sono un forte strumento di potere per soddisfare interessi personali, politici ed economici. Favoriscono atteggiamenti consumistici ( in prossimità delle feste i tg danno un certo rilievo alla cosiddetta corsa per gli acquisti) e più o meno inconsapevolmente odi razziali ( si dà notizia di un comune fatto di cronaca perché coinvolge gli extracomunitari). Insomma spesso si deforma la realtà, si ingigantisce o si sminuisce la reale portata di un evento. È necessario che tutti prendano coscienza di ciò che ci viene offerto, una crescente diffidenza e sfiducia verso gli organi di informazione potrà essere uno stimolo per una maggiore obiettività. |
||||||||||
ALCATRAZ: LIBERI DALLA PRIGIONE DI UN CONSUMISMO SPIETATO! |
||||||||||
"Dal braccio della morte di Alcatraz, il più famoso carcere di massima sicurezza americano, Jack Folla, italiano, detenuto numero 3957 in attesa di salire sulla sedia elettrica, 260 giorni prima della sua esecuzione comincia a trasmettere via radio parole e musica, apparentemente come un qualsiasi dj. Jack ha il destino segnato e tuttavia gode di un grande privilegio perché da quel microfono gli è concesso di dire tutto quello che pensa. Usa parole crude e brutali, Jack ha poco tempo e niente da perdere". Così Diego Cugia presenta "Alcatraz" un libro che riporta fedelmente le parole di Jack Folla trasmesse sulle frequenze di radio2 nel 1998. Una storia vera, Jack è realmente esistito. Al libro si è aggiunto nell'anno 2000 l'omonima trasmissione televisiva su rai 2 con la partecipazione della nota attrice Francesca Neri. Jack, nello spazio di tempo messogli a disposizione dalla rai, lancia i suoi dischi preferiti e si rivolge in particolare alle giovani generazioni, parla di generazioni educate dalla televisione e nutrite dal consumismo. Nel denunciare questa cruda realtà Jack nella sua cella si sente più libero del resto del mondo. Seguendo Diego Cugia, anch'io non voglio dilungarmi in un commento che potrebbe risultare del facile moralismo, è più giusto riportare semplicemente dei passi significativi, preservando in tal modo l'autenticità stessa dei contenuti. Jack ormai non c'è più, è stato giustiziato nel '98 dalla stessa giustizia che prima insegna a non uccidere e poi uccide. JACK FOLLA, IL DJ NEL BRACCIO DELLA MORTE. DICI CHE E' ASSURDO? NO, FRATELLO. LA COSA ASSURDA E' CHE TU STAI FUORI. CHE TUTTI LI' FUORI SIETE LIBERI E STATE DI SCHIFO. VI TENGONO IN VITA SOLO PERCHE' DOVETE COMPRARE….HAI UNA PAURA FOTTUTA MA SCHERZI E FAI FINTA DI NIENTE. NUOTA CONTROCORRENTE, FOTTITENE, LASCIA CHE RIDANO. GUARDALI. SE RIESCI AVEDERLI DIETRO LE LORO SBARRE, CE L'HAI FATTA, RAGAZZO. E' ANDATA. SEI LIBERO, SEI FUORI, SEI NATO. VI VOGLIONO SPENTI PERCHE' NON GLI CONVIENE CHE ILLUMINIATE QUEST'INTERMINABILE NOTTE DEL MONDO. SIETE SCOMODI CON TUTTI I VOSTRI PERCHE' DEL CAZZO…NON HAI PIU' UN IO, SEI UN NUMERO, SEI MASSA, POLLO DA BATTERIA…STO INVITANDOTI A CHIEDERTI SEMPRE CHE COSA STAI FACENDO E PERCHE' CAVOLO LO STAI FACENDO E SE E' GIUSTO O SBAGLIATO. QUESTA E' LA RAGIONE CHE VALE LA VITA. SEI FUORI DEL BRANCO, SEI UN ROMPICOGLIONI, MA SEI TU. UNICO, IRRIPETIBILE. TU, UN GRANDE ALBATRO CHE VOLA SULLA FOLLA. TE LA FARANNO PAGARE CARA, PUOI GIURARCI. FANCULO ALL'AUDITEL E A TUTTI I SONDAGGI. FISSARE LA TELEVISIONE COME DELLE PECORE MORTE NON VUOL DIRE "CONSENSO", NON VUOL DIRE "SUCCESSO", VUOL DIRE SOLO CHE TU HAI IL POTERE DI FARMI VEDERE QUELLO CHE TI PARE E IO NON POSSO FARE ALTRO CHE SUBIRLO. IO ESORTO I GIOVANI A TORNARE A NUTRIRSI D'IDEE. A "FARSI" D'IDEE. NON A FARSI FARE IL LAVAGGIO DEL CERVELLO. AVETE SMESSO DI SOGNARE, DI DESIDERARE. AVETE APPALTATO LA LIBERTA' ALLE AZIENDE CHE VE LA RESTITUISCONO TRASFORMATA IN COSE DA COMPRARE. SONO LE MULTINAZIONALI DEL CONSUMO CHE DESIDERANO PER VOI…. TU DESIDERAVI ALTRO, RAGAZZO, MA NON TE LO RICORDI PIU'. PROVA A RICORDARTI CHE COSA DESIDERAVI DA BAMBINO,PRIMA CHE I GENITORI TI SERVIZIASSERO CON QUINTALI DI GIOCATTOLI INUTILI…IO SONO TORNATO PER INSEGNARTI A SOGNARE. CORAGGIOSO, VIGLIACCO, FASCISTA, PROGRESSISTA, GAY, NORMALE, DEVIATO, PECORA, MOSTRO. PERCHE' DOVETE SEMPRE INCOLLARE UN ADESIVO? LA VITA NON E' UN SUPERMARKET DOVE TUTTO HA UN CARTELLINO. |
||||||||||
AFRICA
AGAINST THE RICHER |
||||||||||
Oggi
l’Africa si presenta come un continente fortemente urbanizzato; un
urbanizzazione che non è in questo caso il segno del progresso, ma è
l’aspetto più drammatico di una terra sul collasso. I governi locali
non riescono a frenare l’esodo dalle campagne verso i centri urbani,
distese di baracche per la gran parte prive dei servizi essenziali. Tra
l’800 e la metà del ‘900 il continente africano era diviso in
diverse zone d’influenza europea. I ricchi paesi europei erano
allettati dalla grande ricchezza di materie prime, in particolare di
beni preziosi, da accaparrarsi ai minimi costi. Gli unici investimenti
erano nelle infrastrutture come porti e ferrovie per il funzionamento di
un’economia coloniale e nei moderni confort per le cittadine
coloniali. La popolazione locale viveva per lo più nelle zone rurali,
nelle città vigevano provvedimenti restrittivi per salvaguardare la
salute e la ricchezza dei coloni. Negli anni ’60 i vari stati africani
hanno raggiunto l’indipendenza politica, la situazione in poco tempo
è precipitata e si è giunti alle condizioni odierne. Si è cercato di
imboccare il cammino verso uno sviluppo economico autonomo. Da sempre
l’Africa esportava materie prime in cambio dei prodotti finiti, per
rimuovere questo sbilancio i governi hanno investito nella creazione di
industrie, ma non hanno fatto altro che indebitarsi fortemente verso i
paesi esteri, un indebitamento reso gravoso dalla caduta dei prezzi dei
prodotti primari, che ha accresciuto lo squilibrio commerciale, e dai
tassi di interesse elevati sui prestiti da parte del Fondo Monetario
Internazionale, la Banca Mondiale e altri istituti bancari. I paesi
africani hanno dovuto inoltre ridurre i beni finiti importati e ciò ha
provocato il deterioramento di ospedali, scuole e strade. Si è puntato
così inutilmente sull’avvio dell’industrializzazione trascurando le
risorse naturali che sono la fondamentale ricchezza del continente
africano, i prezzi dei prodotti agricoli sono al minimo e spingono masse
di persone a lasciare le aree rurali ingrossando i le città dove
trovano una miseria spesso peggiore. Le multinazionali traggono un
grosso vantaggio a far conservare tali squilibri, giungono in Africa a
prelevare materie prime a basso costo e a vendere i prodotti finiti
allargando il loro mercato, perché gli africani più fortunati comunque
sono costretti ad acquistare beni provenienti dall’estero, data la
loro inesistenza sui mercati interni, se così si possono chiamare. In Africa per risollevare l’economia è necessario puntare sulla rivalutazione delle risorse agricole, minerarie e forestali, creando così un certo aumento dei redditi nelle aree rurali e debellando la fame, in tal modo si rimetterebbe in moto un meccanismo che lentamente porterebbe ad un primo sviluppo industriale rivolto a rendere autonomo il sistema economico. Ma come fare? Come sarà possibile mettere in atto queste strategie finché tutto è nelle mani dei paesi ricchi, finché solo questa cerchia ristretta decide il da farsi? |
||||||||||
UN
MUSEO CUSTODE DELLA MILLENARIA STORIA NOLANA |
||||||||||
Da
circa un anno la città di Nola ha un nuovo importante museo: il Museo
Storico-Archeologico, un centro per la valorizzazione dei beni culturali
della città di Nola e del suo territorio. La nuova istituzione si è
insediata nel complesso dell’ex convento delle Canossiane, in pieno
centro storico. Al momento è fruibile solo il pianoterra dove sono
ospitati numerosi reperti archeologici. Dopo la conclusione definitiva
dei lavori di ristrutturazione, gli interni degli altri piani
dell’edificio ospiteranno le sezioni per il periodo medioevale e
moderno. Si può visitare una mostra che passa in rassegna, dal punto di
vista degli archeologi, la storia di Nola, una delle capitali della
Campania antica: la "città nuova" della grande pianura che si
è confrontata alla pari con i Greci, gli Etruschi e i Romani. I reperti
custoditi comprendono numerose tombe, iscrizioni e vari oggetti da
quelli d’uso quotidiano a quelli di lusso, rappresentano sicuramente
solo una parte di un grande tesoro tutto da scoprire, dato che ancora
troppo poco si sa dell'abitato antico di Nola e dei suoi monumenti,
almeno per quanto riguarda la storia più antica dell'insediamento,
prima della conquista della città a opera dei romani. |
||||||||||
LA
CULTURA DEI NOSTRI TEMPI SECONDO WALTER PEDULLÀ |
||||||||||
Walter
Pedullà è professore ordinario di Storia della letteratura italiana
moderna e contemporanea a “La Sapienza” di Roma, critico letterario
dell’Avanti! ed è stato presidente della RAI nel 1992 e 93. Ha
tracciato le linee essenziali della narrativa italiana dagli anni
Quaranta agli anni Novanta in un’edizione tascabile della Newton:
“LA NARRATIVA ITALIANA CONTEMPORANEA 1940/1990”. Oltre al racconto
delle correnti letterarie, gli autori e le opere, esprime il suo
pensiero su quello che è il panorama culturale contemporaneo, un
pensiero critico e graffiante. Ecco che seguono spruzzi presi tra le sue
pagine: Il novecento ha fatto passi da gigante con i linguaggi bassi, la comicità, il plurilinguismo, l’informale, la narrazione polifonica, la deviazione dalla norma, lo straniamento, la leggerezza, la corporalità, la scrittura ad alto tasso metaforico e l’antirealismo che meglio narra la realtà. Ha vinto il capitale, il capitalismo non disturba più nessuno, c’è solo qualche ronzio. Non basta alzare la voce, se nessuno ti ascolta. L’eloquenza non difende più bene chi continua a star male. Sono pacifici gli anni Ottanta. Riposa in pace non solo ogni idea di uguaglianza sociale e di conflitto di classe, ma anche quello di scontro fra culture. Sono morti, o quasi morti, i contestatori, i ribelli, gli utopisti e tutti quelli che volevano cambiare il sistema. Ha vinto il realismo, o meglio il pragmatismo. Ad essere empirici, si tocca con mano che è finita un’epoca, l’età del moderno. È finita ogni trasgressione, anche perché la realtà è andata oltre ogni immaginazione. Non c’è alternativa al postmoderno? È lui la struttura culturale egemone. Mai vista una dittatura così illuminata e tollerante. Col Postmoderno non si va più contro, ma si va altrove. La vita non è più nel conflitto politico e sociale. E va il lettore, non lo ferma nessuno da quando è diventato lui il padrone, colui che stabilisce chi può parlare e che deve tacere. Il mercato impone le sue leggi: tacerà chi non sa parlare in modo che molti lo possano ascoltare. Saranno pensate e scritte solo le storie che i lettori vogliono. Si possono fare opere d’arte soddisfacendo i desideri del committente. Non si demonizzino i bestseller. Se uno ha già detto bene una cosa, che bisogno c’è di cambiare il testo? Si domandava Montaigne. Letteratura che si ricicla. Non ci siamo mai sentiti così vicini agli antichi. Non eravamo mai stati così uguali agli orientali, agli africani, ai sudamericani. Il villaggio è globale, i libri fanno così rapidamente il giro del mondo che in Italia vengono tradotti dopo una settimana romanzi americani, russi, sudafricani e australiani. Talvolta sembrano tanto <<italiani>> che il nostro lettore si ritrova più in essi che non negli autori connazionali. È la vittoria dell’universale o è la mondiale omologazione di un modello egemone? Tutte le epoche ci sono diventate contemporanee, e avvertiamo più le repliche che le differenze. |
||||||||||