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PIETRANSIERI...PERCHE'?

Il 21 novembre 1943, in località Limmari (Valle della Vita) nella frazione Pietransieri di Roccaraso, i Paracadutisti tedeschi del III Battaglione, 1° Reggimento, della 1ª Divisione del generale Richard Heidrich perpetrarono sulla inerme popolazione che lì si era rifugiata e costituita prevalentemente da donne, vecchi e bambini, uno dei più efferati eccidi avvenuti in Italia durante l’ultima Guerra Mondiale.

 

   

Pietransieri oggi

 

Il Mausoleo in ricordo delle vittime dell'eccidio

 

L'iscrizione all'ingresso del Mausoleo

 

La targa ricordo affissa in una delle località dell'eccidio

 

Virginia Macerelli, unica sopravvissuta all'eccidio. Si salvò in quanto protetta dal corpo della madre

 

Paracadutista tedesco

 

Il maggiore von der Schulenburg (con la bottiglia) qui ritratto durante le operazioni in Olanda del maggio 1940

 

Paracadutisti tedeschi in Russia

 

La targa ricordo affissa nel 1949 in memoria delle vittime dell'eccidio e, sotto, il "Bando Kesselring"

 

 

Si salvò miracolosamente solo una bambina che la mamma coprì con il suo corpo. La neve ricoprì poi i corpi delle vittime e solo alla fine della primavera del 1944, quando il fronte si spostò più a Nord, fu possibile recuperare i resti che trovarono la giusta sepoltura prima nel cimitero e, dopo diversi anni, nel sacrario che fu costruito al centro del paese.

Lo storico Paolo Paoletti, incaricato dal Comune di Roccaraso, circa dieci anni fa, di condurre per la prima volta uno studio approfondito sui fatti, si è recato anche in Germania alla ricerca di documenti militari ed è riuscito a dare un nome al capitano che comandò il plotone di esecuzione.

Molte vicende sono state messe da lui in discussione, il nome del comandante fino ad allora indicato come il responsabile della strage (il Maggiore Wolf Werner Graf von der Schulenburg) e soprattutto la ragione che indusse invece il capitano Georg Schulze a colpire con quella ferocia inaudita, soprattutto in relazione alla titubanza della popolazione di abbandonare quei luoghi.

Nei paesi vicini le popolazioni furono caricate con la forza sugli automezzi e trasportate fuori dalla fascia di combattimento, a Pietransieri non fu così…perché?

Fino ad oggi nessuno ha contestato il risultato della ricerca svolta e le tesi sostenute da Paolo Paoletti, tant’è vero che il Comune di Roccaraso ha pubblicato un libro che raccoglie il lavoro compiuto e quindi si può ritenere che la sua ricerca sia attendibile.

Si riportano di seguito alcune considerazioni espresse dallo storico e riportate nel libro “L’eccidio dei Limmari di Pietransieri (Roccaraso): un’operazione di terrorismo – Analisi comparata delle fonti scritte ed orali italiane e straniere”:

"Come non essere d’accordo col Sindaco Redaelli, che nel 1966 concludeva la sua relazione con queste parole: - Se le 128 vittime, trucidate dal 15 al 21 novembre, si fossero allontanate da quella zona…ed avessero riparato, dopo l’obbligato sfollamento, nelle zone che offrivano una certa sicurezza perché assai distanti dalla linea Gustav, si sarebbero indubbiamente sottratte a tanta ferocia”. 

Il riferimento del Sindaco, anche se non esplicitato, era evidentemente al manifesto di Kesselring del 30 ottobre 1943, che recitava tra l’altro: - “Tutti coloro che si troveranno ancora in paese o sulle montagne circostanti saranno considerati ribelli e ad essi sarà riservato il trattamento stabilito dalle leggi di guerra dell’esercito germanico”.

Cosa prevedessero “Le leggi di guerra” per i ribelli trovati in zona d’operazioni è facilmente intuibile: la fucilazione sul posto. Non c’era dunque bisogno di andare a cercare ipotetiche rappresaglie per uccisioni di soldati mai avvenute, bastava ricordare il contenuto dell’ordinanza, che equivaleva alla dichiarazione dello “stato di emergenza” a Tra il 16 ed il 17 novembre, i paracadutisti tedeschi effettuarono gli ultimi tentativi incruenti per far allontanare gli sfollati di Pietransieri dalla loro fascia di sicurezza: o sotto la minaccia delle armi o più esplicitamente con il minamento o l’incendio dei fabbricati. Purtroppo allo scoppio delle cariche esplosive non segue lo sfollamento di quei disperati dei Limmari.

La gente preferisce ancora sistemarsi alla meglio tra le macerie piuttosto che abbandonare gli uomini e gli animali alla macchia.  

Gli uomini alla macchia che dovrebbero aver capito che quello non era un ulteriore segnale d’insofferenza, ma l’ultimo avvertimento degli occupanti germanici, invece di prendere l’iniziativa soprassedettero ancora. Ma neanche i soldati tedeschi avevano capito che le mine da sole non servivano a far allontanare i civili e i loro armenti.

E’ in queste incomprensioni reciproche che matura la tragedia.

Il sangue di questi innocenti cade sempre a sud di Pietransieri, tra il villaggio e il fiume Sangro. Le donne, i vecchi e i bambini, vengono uccisi semplicemente perché si trovano davanti a quella che sulle carte geografiche tedesche è definita HKL, “Hauptkampflinie”, la linea di combattimento principale.

Su quella linea del fronte, dai primi di novembre, comandava la 11ª Compagnia del III Battaglione della 1ª Divisione paracadutisti il capitano Georg Schulze. “Alto, magro, claudicante e stizzoso”. Uno dei tanti responsabili di eccidi di guerra morti serenamente nel proprio letto. Nel luglio del 1943 era stato decorato, era un paracadutista, un uomo che apparteneva all’elite delle forze armate. Un ufficiale del genere non poteva confessare ai superiori, nel momento in cui gli eventi fecero presagire un attacco alleato di sfondamento della linea, proprio in quell’area, che in due settimane non era riuscito a far sgombrare un centinaio di persone.

Non poteva dire che non si era abbassato a compiere un’azione di polizia militare. Soprattutto non poteva ammettere che nel momento di massimo pericolo lui si trovava con un numero imprecisato di civili nella fascia di sicurezza. Dunque è possibile che l’orgoglio e la paura possano aver condizionato la decisione così terribile che assunse.

Egli non seppe ottemperare all’ordinanza di sgombero di Kesselring e ordinò uno degli eccidi più efferati che furono commessi in Italia. Nessuno si salvò, tranne una bambina, Virginia Macerelli, rimasta protetta dal corpo della mamma…

La strage si configura in ogni caso come un fatto episodico di alcuni comportamenti di quella 11ª Compagnia. Infatti le altre pattuglie, come quella che passa al Casolare Cantini e al Di Florio, perlustrano la zona ma senza più fare vittime…

Poi finita l’emergenza del pericolo di un attacco alleato, i rapporti tra militari e popolazione si “normalizzano”, almeno nel settore del 3° Reggimento. Alcuni giorni dopo la strage, l’unica scampata, Virginia Macerelli, non solo viene medicata più volte da un infermiere tedesco, ma poi viene accompagnata a piedi dalle Carceri Alte a Pescocostanzo. Un gesto che la situazione militare e un animo ben diverso da parte delle truppe del III Reggimento permettevano.

L’unico elemento inspiegabile è la sproporzione tra la colpa (quella di trovarsi nel momento sbagliato in zona di operazioni) e la punizione, che colpisce con una mezz’ora di puro terrorismo.

 

WOLF WERNER GRAF VON DER SCHULENBURG

Wolf-Werner von der Schulenburg veniva da una famiglia nobile dell’Altmark. Era il secondo di quattro figli del generale prussiano Friedrich Bernhard Graf von der Schulenburg (1865-1939) e della contessa Freda Marie von Arnim (1873-1939).

Nella Prima Guerra mondiale combatte al fronte nel periodo 1917-1918. Dopo il conflitto studia legge a Gottingen. Il 1° Novembre 1930 aderisce al Partito Nazista e nel febbraio successivo entra a far parte delle SA.

Lo scoppio della Seconda Guerra mondiale lo vede come ufficiale d’ordinanza con il 1° Reggimento paracadutisti in Polonia e successivamente partecipa alle invasioni dell’Olanda, di Creta e dell’Unione Sovietica. Comanda il 1° Battaglione del FJR 1 e il 20 giugno del 1943 ottiene con il grado di Maggiore la Croce di Cavaliere per il suo comportamento in battaglia nei pressi di Orel (Russia). Dal 15 novembre 1943 al 22 gennaio 1944 comanda il 1° Reggimento Paracadutisti (1ª Divisione) e partecipa alla battaglia di Cassino. Successivamente passa al 13ª Reggimento Paracadutisti (5ª Divisione) e partecipa alla Campagna di Normandia, dove cade in combattimento il 14 luglio 1944 nei pressi di Saint-Lô. Dopo la sua morte gli viene assegnato il grado postumo di Tenente Colonnello. Era sposato con Gisela von Stralenheim.

 

IL PRIMO REGGIMENTO PARACADUTISTI

Il I Battaglione viene formato a Stendal (sede della Scuola di Paracadutismo della Luftwaffe) il 1° Aprile 1938 attingendo personale dal IV Battaglione del Reggimento “Goering”. A questa unità segue, il 1° gennaio 1939, il II Battaglione, che invece viene creato a Brunswick con elementi del Battaglione Paracadutisti dell’esercito (in Germania esistevano fino al 1938 Paracadutisti sia sotto l’Aviazione che sotto l’Esercito, poi per decreto del Reichsmarschall Hermann Goering tutte le unità di questo tipo passarono sotto il controllo della Luftwaffe) e il III Battaglione, formato a Gardelegen. Il Reggimento, che riceverà un proprio Stato Maggiore solo il 1° giugno 1939, era sotto la 7ª Flieger Division ed aveva la seguente organizzazione:

 

Quartier Generale di Reggimento

I Battaglione: compagnie 1, 2, 3 e 4

II Battaglione: compagnie 5,6,7 e 8

III Battaglione: compagnie 9,10,11 e 12

Nel Marzo 1944 viene formato un nuovo III Battaglione e l’originario III viene utilizzato per formare la nuova 3ª Fallschirmjäger Division.

 

Durante i fatti di Limmari Pietransieri il comando del 1°Reggimento Paracadutisti era dislocato a Roccaraso e aveva sede alla villa d’Avalos. L’area di competenza, da Ovest verso Est, era compresa tra l’Aremogna e poco oltre Pietransieri, mentre da Sud a Nord, era compresa tra Roccacinquemiglia e gli Altopiani verso Sulmona e la stazione di Palena, dove confinava con il 3° Reggimento paracadutisti, che aveva come competenza l’area tra Ateleta, Gamberale e Pizzoferrato.

 

Impiego operativo

Allo scoppio della guerra, la Campagna di Polonia vede l’impiego degli uomini del FJR.1 come truppa appiedata con compiti di occupare alcuni aeroporti e svolgervi compiti di sicurezza. Presso Radom si hanno i primi scontri con le truppe polacche ad opera del III Battaglione.

Il III Battaglione.

Ancora, durante le operazioni in Norvegia e Danimarca (aprile 1940) la 4ª Compagnia (I Battaglione) occupa Aalborg e Falster combattendo come fanteria specializzata e non come paracadutisti, mentre invece la 1ª e la 2ª vengono lanciate sull’aeroporto di Oslo-Fornebu e la 3ª su quello di Stavanger-Solaüber.

Dopo la presa dell’aeroporto di Oslo, la 1ª Compagnia viene lanciata ad interrompere la linea ferroviaria presso Dombas, allo scopo di evitare che i rinforzi inglesi provenienti da sud arrivino a dar forte sul campo di battaglia. L’unità aveva solo quattro giorni di autonomia di combattimento e, in mancanza dell’arrivo delle truppe tedesche di rinforzo, fu costretta ad arrendersi per mancanza di viveri e munizioni alle soverchianti forze britanniche e norvegesi intanto accorse. I superstiti saranno liberati solo a maggio, alla conclusione della campagna. La restante aliquota del I Battaglione combatte a Narvik di supporto alle truppe da montagna e presso i vitali ponti di Moerdijk e Dordrecht con rinforzo di una Compagnia Pionieri, un Plotone Trasmissioni, la 7ª Batteria artiglieria della 7ª Flieger Division e altre unità minori, mentre il III Battaglione si lancia sull’aeroporto di Waalhaven.

Durante l’attacco all’isola di Creta (maggio 1941), il FJR.1 entra in azione con la seconda ondata lanciandosi nell’area di Heraklion (il I Battaglione a Gournes, a est di Heraklion, assieme al II Battaglione e il III Battaglione sulla città vera e propria di Heraklion). Durante i combattimenti si  hanno scontri durissimi con perdite quasi proibitive da parte tedesca.

Nell’agosto dello stesso anno troviamo il FJR.1 presso il campo di addestramento di Bergen-Hohne in Germania, pronto per la sua prossima destinazione…la Russia. Nel settembre successivo l’unità è dislocata nell’area di Leningrado, mentre l’estate del 1942 la vede operative nel settore di Smolensk prima e, alla fine dello stesso anno, nell’area di Orel.

Nel maggio del 1943 il Reggimento entra nell’organico della 1ª Divisione Paracadutisti assieme al FJR.3 e al FJR.4 e viene inviato a combattere in Italia, dove concluderà la guerra nel maggio del 1945.

 

FALLSCHIRMJAGER REGIMENT 1 – CAMPAGNE ACCREDITATE

Polonia, dal 14/9 al 24/9/1939

Danimarca (Falster, Aalborg), 9/4/1940

Norvegia (Stavanger-Sola, Oslo-Fornebu, Dombas), dal 9/4 al 14/4/1940

Norvegia (Narvik), dal 26/5 al 9/6/40

Olanda (Leyden, Rotterdam, Moerdijk), 10/5/40

Creta (Heraklion), dal 20/5 al 2/6/41

Russia (Leningrad, Volkhov, Rshev, Orel), da fine settembre 1941 all’inizio del 1943.

Dal Maggio del 1943 il Reggimento entra a far parte della 1ª Divisione Paracadutisti


COMANDANTI
Oberst Bruno Bräuer, 1° giugno 1939

Major Erich Walter, 1940

Major General Bruno Bräuer, 1940

Oberst Karl-Lothar Schulz, 5 settembre 1942

Major Werner Wolf Graf von der Schulenburg, 15 novembre 1943

Major Kurt Groschke 22 gennaio 1944

Oberst Karl-Lothar Schulz, 12 febbraio 1944

Oberstleutnant Rudolf Rennecke, Novembre 1944

Oberstleutnant Muller (Esercito), 1945

 

 

 

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