Jens Yao AmanfuSe vuoi conoscere veramente una persona, guardala nei suoi occhi, forse potrai arrivare a vedere il suo cuore.

Jens Amanfu è stato uno dei primi ragazzi di colore a trasferirsi a Modena. Nato in Ghana il 20 novembre 1980 in una cittadina chiamata Ho Bankoe, si ritrovò catapultato giovanissimo in un mondo per lui sconosciuto, dove la sua determinazione lo portò a fare cose che pochi altri si sarebbero sognati di fare.

Il suo cuore, un cuore d’atleta, porta un peso, che è quasi un rancore, un fardello fatto di tempo non di materia, costituito da 68 centesimi di secondo che lo dividono dai suoi sogni. Figlio d’operai, suo padre Joe Amanfu fa il saldatore in fabbrica, mentre sua madre Hariette, lavora in una fabbrica di ceramica. Jens inizia ad integrarsi nella realtà modenese grazie alla scuola, il suo primo insegnante alle elementari è Arturo Ghinelli, che nota in quel ragazzo una grande determinazione e lo aiuta a perfezionarsi, poi alle superiori Jens sì diploma all’istituto Corni, dove il suo professore d’educazione fisica, Giuseppe Mestucci, lo spinge a praticare l’atletica leggera, in seguito segue uno stage di sei mesi alla Coop Bilanciai di Campogalliano per neo diplomati, viene assunto, ed inizia a lavorare. Per realizzare il suo sogno fatica duro dividendosi tra le canoniche otto ore della fabbrica e i pesantissimi allenamenti su pista, tutto questo senza mai perdere di vista il suo sogno e senza perdere di vista la realtà. Nel Giugno 2002 diventa cittadino italiano, poche settimane dopo veste la prima maglia della nazionale italiana in un meeting under 21, dove nella sua specialità, i 400 metri piani, conquista la medaglia d’argento ed il suo nuovo record sia sociale che personale, correndo in 46”90, era il 28 luglio 2002, da questa data Jens inizia a diventare un simbolo sia per l’antica società modenese per cui difende i colori, La Fratellanza 1874 Modena, e sia per la comunità ghanese residente sotto l’ombra della Ghirlandina. Nel 2003 veste la maglia dell’Italia nella staffetta 4x400 nella prestigiosa Coppa Europa di Firenze, poi è una continua escalation che lo porta ad essere uno dei papabili per le Olimpiadi, ma quanto è difficile continuare a sognare rimanendo con i piedi piantati in officina, abbiamo provato a chiederglielo.

Jens cosa ti rode dentro?

Una cosa semplice, competere con i più forti in Italia, essere tra i favoriti, ma non avere nessuno che si muova per aiutarmi.

Come te lo spieghi? Credo che i maggiori teams, quelli che ti possono far praticare l’atletica da professionista, cioè le società militari, vogliano investire in gente che va più piano di me per poi sperare che si migliorino, dopo i miei primi successi speravo che qualche gruppo sportivo militare si facesse avanti, ho avuto solo qualche promessa poi più niente.

Cosa credi che ti manchi? Solo le Olimpiadi! Ho bisogno di fare un buon tempo per poter staccare quel biglietto.

Che lavoro fai? Lavoro nella Coop Bilanciai di Campogalliano, faccio imballaggi, mi trovo abbastanza bene, ho iniziato a lavorare lì quasi per caso dopo uno stage per neo diplomati.

Cosa significa per te integrarsi? Spostarsi in un altro paese, fondamentalmente in un’altra cultura, e cercare di apprendere le cose positive di questa integrandole con il bagaglio culturale che ci appartiene, ampliando così la propria visione di vita.

Quando sei in gara cosa pensi dei tuoi avversari?

L’invidio tantissimo per il fatto che si allenano da professionisti senza dover lavorare, come me che faccio l’operaio, facendo in pratica i miei stessi risultati.

Come vedi il tuo futuro? Lo vedo come adesso, diviso tra fabbrica e pista d’atletica, credo che i prossimi due anni mi porteranno ad un bivio, dove deciderò se smettere o diventare una stella dell’atletica.

Dalla tua attuale società sportiva cosa ti aspetti?

Fiducia! Mi hanno allevato e cresciuto, ma vorrei premiarli regalando loro e specialmente al mio allenatore, Mario Romano, un record, magari quello italiano.

Giudichi una cosa negativa il dover lavorare? No! Il mio lavoro mi ha permesso d’essere autosufficiente, le mie otto ore d’officina mi hanno permesso di correre i 400 metri in 46 e 68, sono fiero di esserci riuscito nonostante il peso del lavoro!

L’ultima domanda è d’obbligo: quanto pensi di poter valere allenandoti da professionista? Di sicura sotto quella fatidica soglia dei 46 secondi sul giro della morte, (come sono chiamati i 400 metri.).

Quella di Jens è una storia fatta di lavoro e passione, con un amore, quello per lo sport, che lo porta a crescere e a voler realizzare anche l’impossibile, contro quel muro, spesso invisibile, fatto di un niente, con quei 68 centesimi, che dividono un campione dai suoi sogni, un sentimento di intensa umanità fatto di quella gloria umana, troppo spesso dimenticata......


 

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Luigi Esposito(Gino)

Aprile 6, 2007 2:21

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