"Ma prima di trovare un rifugio,
una voce chiamò in sordina
e così comprese di dover affrontare il suo ospite.
Con occhi che avevano l'impronta di visioni sconosciute,
curioso e gentile,
pieno della magia di insondabili vuoti, di spazio e di tempo…"
(H.P. Lovecraft)

"Conosci la paura di chi si addormenta?
E' terrorizzato fino alla cima dei capelli,
perché la terra gli frana sotto i piedi,
e il sogno comincia..."

(Friedrich Nietzche)

"Scruto i tuoi tratti, calmi e bianchi alla luce del cero:
le tue palpebre dalle scure ciglia,
dietro il cui riparo ci sono occhi che non vedono domini terreni.
"
(H.P. Lovecraft)

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Molti sono i punti oscuri sulla morte di Benito Mussolini...
Giulino di Mezzegra - 28 Aprile '45 ore 16,10

Una vita che ufficialmente è finita alle 16,10 di una domenica pomeriggio, in un paesino lungo il lago di Como. Una storia che però è stata raccontata in almeno 15 modi diversi…
C'è chi sostiene, infatti, che non fossero le 16,10, e che non fosse una domenica pomeriggio...
Di sicuro, in questa storia, ci sono solo, oltre alle vittime, alcuni personaggi-chiave come Pedro, Bill, Neri, Moretti, Valerio, Lampredi e Caio Mario Cattabeni.
Per ripercorrere questa storia dall'inizio dobbiamo andare a Milano e portare il calendario all'Aprile del 1945…

Milano. Prefettura - 25 Aprile 1945 - 72 ore prima della morte.

Nella prefettura di Milano Mussolini passa i suoi ultimi giorni alla guida della Repubblica Sociale Italiana. Arriva il 18 Aprile 1945. Ne uscirà la sera del 25 Aprile per dirigersi verso Como mentre in tutta l'Italia del nord iniziava l'insurrezione partigiana.
I giorni di Mussolini a Milano sono convulsi: riceve numerose persone, molte delle quali gli propongono di fuggire in vari modi. Ma la sua idea è un'altra: salvarsi sì, ma restando in Italia e facendo valere i dossier compromettenti raccolti in tanti anni di governo. Pensa di averne per tutti: per i nemici interni ed esterni ma anche per gli alleati tedeschi. Da tutti pensa di potersi difendere… attaccando.
E proprio qui prepara la sua difesa personale. A modo suo: riempendo casse e borse di dossier e documenti riservati che lo accompagneranno fino a Dongo e che forse saranno la causa indiretta della sua fine. Ma prima di pensare a se stesso, Mussolini si preoccupa di non lasciarsi un fiume di sangue alle spalle. Per questo, il pomeriggio del 25 Aprile, prima di partire per Como, accetta di andare in Arcivescovado per incontrare i capi partigiani.

Milano- Arcivescovado - 68 ore prima della morte.

Ad attenderlo c'è l'Arcivescovo di Milano, Ildefonso Schuster, successivamente fatto beato da Giovanni Paolo II. Lo scopo dell'incontro è quello di trattare una resa, senza spargimento di sangue. Ma non se ne farà niente:
i partigiani pretendono una resa senza condizioni, che Mussolini non intende concedere. E in più, durante l'incontro, emerge un'altra notizia che convince Mussolini che non c'è tempo da perdere: i tedeschi stanno trattando la resa per conto proprio, senza preoccuparsi dei fascisti.
Fallite le trattative, Mussolini rientra in Prefettura e ordina l'immediata partenza per Como. Ma non sa che ha ancora solo poco più di 60 ore da vivere.
Fino a questo momento gli storici sono sostanzialmente concordi nella ricostruzione dei fatti. Ma per quanto riguarda i due giorni successivi, i misteri e i punti interrogativi lasciano spazio ad ipotesi molto diverse dalla versione ufficiale.

Como - Prefettura - 65 ore prima della morte.

Mussolini arriva a Como nella tarda serata del 25 aprile e si stabilisce in Prefettura. Ci resterà poche ore: poi, prima dell'alba del 26 aprile, d'improvviso ordina di partire di nuovo, destinazione Menaggio, un paesino a pochi chilometri a nord, lungo la sponda sinistra del Lago di Como. Accetta che lo seguano pochi uomini di scorta e alcuni ministri e gerarchi. Ma perché rinunciare alla protezione di migliaia di fascisti armati presenti già a Como per andare a Menaggio? E perché perdere tempo in un paesino per oltre 24 ore, non facendo altro che aspettare? A rendere ancora più enigmatico il comportamento di Mussolini c'è l'improvvisa partenza per il vicino paesino di Grandola, sui monti sopra Menaggio. La mattina del 26 Aprile il dittatore decide improvvisamente di partire e cerca - lungo la strada - di seminare i tedeschi della sua scorta.

Grandola, ex hotel Miravalle - 26 Aprile 1945, mattina - 60 ore prima della morte.

Lo strano comportamento di Mussolini in quelle ore ha fatto nascere numerosi interrogativi. Per molto tempo si è pensato che il dittatore cercasse l'occasione per fuggire in Svizzera, magari scappando a piedi da un sentiero che da qui porta al confine svizzero, non molto lontano.
Ma c'è anche chi, ritenendo improbabile una fuga a piedi, ha sposato un'altra tesi: e cioè che Mussolini avesse un appuntamento e che stesse aspettando qualcosa o qualcuno proveniente dalla vicina Svizzera...
Un appuntamento andato a vuoto, ma che forse spiega il fatto che ai ministri che lo invitano a Menaggio Mussolini risponde, proprio a Grandola: "Aspettiamo ancora un pò".
Però, scesa la sera, si arrende e decide di tornare a Menaggio. Siamo alla mattina del 27 aprile. Quasi d'incanto a Menaggio arriva una colonna militare tedesca, forte di alcune centinaia di uomini. Probabilmente anche questo fatto convince Mussolini ed i suoi a riprendere la strada per la Valtellina.

Da Menaggio a Dongo - 27 Aprile - 36 ore prima della morte.

Nonostante la forza dei tedeschi, la colonna dove viaggia Mussolini non fa molta strada: dopo circa 12 km, un piccolo posto di blocco partigiano tra Musso e Dongo costringe la colonna italo-tedesca a fermarsi.
Di fronte all'ostacolo, italiani e tedeschi si dividono: i fascisti vogliono aprirsi la strada con le armi, mentre i tedeschi, nonostante una evidente superiorità militare, accettano subito di trattare con gli uomini della 52° Brigata Garibaldi: il loro comandante perde molte ore a trattare, mentre i fascisti rimasti nella colonna continuano a consultarsi tra loro. Molti abitanti della zona, ad esempio, notano la presenza di Mussolini tra le macchine ferme lungo la strada. Dopo varie ore, il comandante tedesco torna a comunicare i termini degli accordi: i tedeschi possono passare, i fascisti devono fermarsi a Dongo. Da qui nasce l'idea di far salire Mussolini su un camion tedesco, con un cappotto tedesco addosso: inizialmente il dittatore non vuole accettare questo escamotage, poi, per le insistenze dei suoi, accetta. Ma forse è un tranello. Infatti la testimonianza dell'attendente di Mussolini, Piero Carradori, ci offre un particolare poco noto e inquietante. Carradori infatti doveva rimanere con Mussolini, ma i tedeschi gli impediscono di salire sul camion...

Piazza Dongo - 30 ore prima della morte.

Nella piazza di Dongo avviene la perquisizione della colonna tedesca: è probabile che i partigiani sappiano già che Mussolini è in zona, e ispezionano più volte i camion tedeschi. Una volta, due volte, tre volte: invano. Non trovano nessuno. Poi, anche grazie alla soffiata di alcuni soldati tedeschi, evidentemente desiderosi di riprendere al più presto la strada di casa, finalmente i partigiani individuano Mussolini e lo arrestano.

Dongo Municipio - 24 ore prima della morte.

Mussolini viene condotto all'interno del Municipio, al piano terra. Per poche ore sarà questa la sua prigione mentre, al piano superiore, vengono radunati i gerarchi più importanti. E con le persone, nel municipio di Dongo confluiscono anche documenti importanti e forti somme in denaro, lingotti d'oro e vari gioielli…
Mussolini la sera stessa del 27 aprile viene trasferito in una piccola caserma della Guardia di Finanza a pochi chilometri da Dongo: a Germasino…

Germasino - 16 ore prima della morte.

A Gemasino, in una piccola caserma della Finanza, Pedro, cioè Pier Bellini delle Stelle, porta Mussolini, intuendo che il suo prezioso prigioniero è in pericolo. Bellini delle Stelle è un moderato, vuole che Mussolini sia consegnato alle autorità italiane e processato. E' contrario alla giustizia sommaria che invece prevarrà. E poiché in quelle ore Dongo è lontanissima da Milano decide di prendere tempo e di "nascondere" Mussolini in attesa di capire come procedere…
Intanto a Milano era giunta la notizia che Mussolini era stato arrestato e i capi partigiani iniziano ad agire…
Mentre si sta decidendo la sua sorte, Mussolini rimane qui, a Germasino, sotto il controllo della Guardia di Finanza. Dialoga con i suoi carcerieri che gli fanno tante domande, mangia qualcosa, scrive un breve biglietto dove dichiara di essere stato trattato bene. Poi si addormenta. Ma per poco…

Germasino - Notte tra il 27 e il 28 Aprile.

In piena notte, Bellini delle Stelle e il Capitano Neri, un altro dei capi partigiani di Dongo, vengono a prenderlo. Con la scusa di volerlo proteggere gli fasciano completamente la testa per impedire che sia riconosciuto…
Si apre così uno dei capitoli più misteriosi in una storia che è fatta di mille misteri. Infatti, nel giro di poche ore il destino di Mussolini e di Claretta Petacci, a cui viene riunito dopo aver lasciato Germasino, cambierà più volte...

Lago Moltrasio - 10 ore prima della morte.

Sembra che la destinazione di Mussolini, una volta lasciata Germasino, sia Moltrasio, a 40 km verso sud. Lì deve arrivare un motoscafo incaricato di portare i prigionieri sull'altra sponda e, il giorno dopo, ad un campo d'aviazione, dove era in attesa un aereo che li avrebbe portati al quartier generale alleato…
Quel motoscafo non è mai arrivato. E così, sembra per volere del partigiano Neri, Mussolini e la Petacci vengono portati a Bonzanigo, 20 km a nord, in una casa di contadini amici dei partigiani: i De Maria…

Bonzanigo - Casa De Maria 28 Aprile - poco prima della morte.

E' a casa De Maria che, probabilmente, finisce la vita di Mussolini e Claretta Petacci. Sulla loro fine sono stati versati fiumi di inchiostro, ma la cosa più inquietante è che esistono almeno una quindicina di versioni che raccontano la stessa morte, una morte comunque violenta e improvvisa.

Giulino di Mezzegra, cancello di Villa Belmonte - 28 Aprile 1945, ore 16,10

C'è comunque una versione considerata ufficiale: è quella riportata dall'Unità, il quotidiano dell'allora PCI, nei giorni successivi all'esecuzione di Mussolini e poi confermata da quello che viene considerato il giustiziere, il colonnello Valerio, al secolo Walter Audisio.
Secondo questa versione, Audisio accompagnato da alcuni partigiani comunisti del comasco e da un alto dirigente del PCI, Aldo Lampredi, arriva nel primo pomeriggio del 28 Aprile a Casa De Maria, ordina a Mussolini e alla Petacci di seguirlo. Li fa salire in macchina per poche centinaia di metri. Poi ordina l'alt davanti al cancello di Villa Belmonte, li fa scendere e li uccide con il suo mitra. Ma da molto tempo questa versione è sottoposta a dure critiche...
La verità su questa storia non è facile da trovare. Tuttavia, oltre alle testimonianze discordanti, ci sono alcuni elementi che possono aiutare a fare chiarezza. Ad esempio il risultato dell'autopsia effettuata sul corpo di Mussolini, realizzate in circostanze non certo adeguate.
L'anatomopatologo Gianluca Bello, dell'università di Pavia, ha studiato quei documenti e dalle ferite di Mussolini sembrerebbe che il dittatore avesse le braccia legate dietro la schiena, in completa discordanza con la testimoniaza del partigiano Valerio.

Ci sono poi altri dettagli che fanno pensare che gli uomini venuti da Milano si siano trovati di fronte ad una serie di imprevisti che fecero cambiare i loro piani.
Al primo piano del municipio vennero concentrati i gerarchi catturati con Mussolini. Molti di loro vennero fucilati il pomeriggio del 28 Aprile, meno di 24 ore dopo la cattura. Anche in questo caso fu Valerio a decidere ogni cosa, a cominciare da chi doveva finire davanti al plotone di esecuzione…
I gerarchi vennero schierati davanti ad un parapetto e fucilati poco dopo le 17 del 28 Aprile 1945. Vennero uccise 15 persone, tante quante i fascisti ne avevano giustiziate l'anno prima a Piazzale Loreto per rappresaglia dopo un attentato partigiano.
Tranne forse un paio di casi nessuno di loro sarebbe stato condannato a morte da un tribunale normale. Ma la cosa che qui interessa è che si fucilarono in pubblico, con tanto di foto e filmato, dei personaggi secondari e si giustiziò in tutta fretta e di nascosto il personaggio più importante, Mussolini appunto. Che logica può avere tutto questo?

Forse davvero Valerio e i suoi ebbero una sorpresa arrivando a Casa De Maria? Una sorpresa che impedì di giustiziare con il massimo della pubblicità possibile il nemico numero uno dei partigiani.
Nel corso degli anni sono state avanzate varie versione sulla morte di Mussolini e Claretta Petacci. Versioni diverse tra loro ma tutte accomunate dal fatto di escludere il cancello di Villa Belmonte e di collocare l'ora della morte dei due molto prima di quanto dichiarato dal colonnello Valerio…
Forse i due vennero uccisi nel cortile di Casa De Maria, prima lui e poi lei, di cui alcuni testimoni ricorderebbero le urla strazianti, da una scarica di mitra a bruciapelo daa parte di un commando composto da partigiani italiani e agenti inglesi.
La versione della morte di Mussolini non risulta credibile, ma dopo sessant'anni nessun'altra certezza è arrivata a sostituirla a pieno titolo. Qualunque sia il modo in cui andarono le cose resta il mistero più grande. Perché si sarebbe dovuta nascondere la verità per così tanto tempo? Ci sono state realmente responsabilità inconfessabili in quei fatti? E di chi?

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