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Jazz creolo e Jazz negro

A questo punto dobbiamo aprire una parentesi sulla differenza tra il jazz creolo e quello negro propriamente detto.
Nei primi anni del ‘900 i musicisti creoli che provenivano in genere da famiglie piccolo borghesi, avevano ricevuto una discreta se non buona educazione musicale; erano quasi sempre pianisti o clarinettisti, alcuni veramente molto preparati e di buona cultura generale. Anche il colore della pelle e i lineamenti con caratteri negroidi meno marcati favorivano una maggiore integrazione (per quanto in misura molto modesta) o per meglio dire una maggiore accettazione da parte degli ascoltatori bianchi. La loro musica era più raffinata, meno primitiva, risentiva della loro preparazione classica e molti furono compositori, arrangiatori oppure direttori d’orchestra di notevole valore.
Al contrario la musica dei negri, quasi sempre analfabeti, autodidatti come strumentisti, era più sanguigna, istintiva e, per certi versi, rozza e primitiva. Anche gli strumenti adoperati erano quasi sempre di costruzione artigianale, improvvisati o adattati da oggetti di uso comune o suppellettili varie.
Inoltre, quando potevano, prediligevano suonare ottoni o strumenti ritmici quali batterie, piatti, Washboard ecc
Quindi i due filoni culturali furono agli inizi, distinti e solo molto più tardi si mescolarono, si fusero per creare quella forma musicale che conosciamo. Fino a circa metà degli anni '20 questa distinzione è ancora avvertibile nel Jazz: basta ascoltare un brano di Freddie Keppard e paragonarlo al Jelly Roll Morton degli stessi anni. Analogamente, non potendo ascoltare Buddy Bolden, del quale non possediamo alcuna incisione, sentendo la musica registrata nel '47 da Bunk Johnson. Questi era un musicista, un trombettista in particolare, dell'epoca pionieristica del jazz che per una serie di vicissitudini (al solito, la crisi del 1929 e gli anni difficili seguenti) aveva smesso di suonare in relativa giovane età. Nel 1947, nel pieno di quel fenomeno chiamato "New Orleans Revival" fu ripescato, gli fu data una dentiera e una tromba e fu rilanciato nel panorama musicale. Ormai anziano, fuori dal giro e dall'evoluzione rapidissima che il jazz aveva subito, Bunk suonava come sapeva e poteva. Le sue non sono belle incisioni, ma hanno il pregio di riproporci molto verosimilmente, quella che era la musica delle origini, magari resa tecnicamente meno brillante a causa dell'età dell'esecutore, ma ottimo metro di paragone.
Rispetto alle incisioni del clarinettista Omar Simeon o di Albert Nicholas la differenza sia culturale che musicale è nettissima. Per non parlare di Sidney Bechet.
Anche ascoltando lo stesso Louis Armstrong, sebbene siamo in presenza di un vero e proprio genio della musica, riusciamo a cogliere la diversa impostazione data dalla diversa concezione dell'interpretazione dei brani, rispetto ai creoli; frasi magari bellissime, ma basate su attacchi aggressivi, sparati, sofferti in cui il pathos viene espresso sotto forma di un urlo drammatico con lo strumento, in cui le pause assumono il valore dell'attesa della nota successiva, le note sincopate ed i frequenti breaks spezzettano le frasi, polarizzando l'attenzione dell'appassionato su questi ritardi e apparenti esitazioni. Al contrario la scorrevolezza , la fluidità dei creoli sia nell'emissione che nell'impostazione del discorso, soprattutto il suonare a gruppi di quattro note le cosiddette "quartine", che caratterizzano il loro stile, rendono la musica, non solo più elaborata, ma la contraddistinguono per una continuità di tipo più complesso. Anche la loro concezione delle pause è completamente diversa; ascoltando Morton la differenza si nota subito: la pausa viene concepita non più e non solo in funzione ritmica, ma principalmente come eliminazione di note superflue per la continuità del discorso musicale, note che un ascoltatore esperto e a conoscenza del linguaggio "sente" più che intuire anche se non vengono suonate. In ciò anticipando molte espressioni del jazz moderno e contemporaneo.
Con questo spero di avervi data un'idea più precisa di questa musica e che i contorni dell'universo Jazzistico si siano fatti un po' più precisi, meno sfumati e confusi, nonché di avervi dato i rudimentali strumenti per poter iniziare un ascolto non più e non soltanto di tipo edonistico, ma anche con un indirizzo preciso sul modo di avvicinarsi ed interpretare il materiale disponibile. E' chiaro che il discorso non può essere sintetizzato né tantomeno concluso in così poche righe come sono stati finora i miei scritti, ma a parte che periodicamente ne riparleremo, in particolare ogni volta che affronteremo un nuovo periodo nella complessa e veloce trasformazione di questa musica, questi miei discorsi devono solo servire a darvi una dritta, un indirizzo e basta. Tutto il resto tocca a voi.
Spostiamoci adesso, da queste considerazioni di tipo più tecnico a quelle più propriamente storiche.

Si suole affermare che il Jazz di New Orleans inizia il suo declino con la chiusura di Storyville, dato che i musicisti privi ormai di lavoro, furono costretti a lasciare la città per cercare fortuna , spostandosi dal quartiere delle luci rosse, in giro per l'America.
Come abbiamo già visto, le principali, anche se non uniche, città in cui si trasferirono furono Chicago, New York e Kansas City.
In realtà le "correnti migratorie" di jazzisti furono diverse perché provenivano da direzioni diverse; non solo ma sicuramente il jazz aveva incominciato a diffondersi anche prima del 1917 e anche fuori dagli Stati Uniti. Per conferma basti ricordare ciò che J.R.Morton dice durante quelle splendide sedute di incisione effettuate per la Libreria del Congresso degli Stati Uniti (non affrettatevi a cercarle: sono ormai introvabili a meno di non voler spendere una fortuna nel mercato collezionistico), ricordando la sua vita passata. Riferisce di essere stato in tournèe già nel 1907 a Chicago, poi a Houston, poi in California e quindi di essere tornato a New Orleans via Texas e Oklahoma, trovandosi una donna in ogni città e vincendo un sacco di soldi al biliardo.
Il fatto è che fino al 1917 il Jazz non aveva valore commerciale; pertanto non era inciso, non veniva diffuso con i dischi ed era suonato ancora sotto forma di marce bandistiche principalmente nei funerali, come musica da ballo , evoluzione del ragtime e dei Cake-walk.
L'elenco dei nomi dei jazzisti che lavorano nel periodo dal 1917 al 1923 sarebbe troppo lungo, sterile, di scarso interesse e appesantirebbe inutilmente questo lavoro. Ve lo risparmio, indicando soltanto i nomi principali da Buddy Bolden (primo, leggendario cornettista, impazzito per il troppo amore che aveva per il gin e le donne) a Freddie Keppard, King Oliver, Bunk Johnson, Tom Turpin, Tommy Ladnier, Howard Scott, Russel Smith, per citare alcune delle più famose trombe, a Kid Ory, Charlie Green, Benny Morton fra i tromboni ;ai clarinettisti: Johnny Dodds, Jimmie Noone, Omar Simeon, Sidney Bechet, Albert Nicholas, Buster Bailey, Jimmy Strong; numerosissimi i pianisti da Eubie Blake (incredibile pianista, tra i fondatori del ragtime, nato nel 1883 che ho avuto la fortuna di ascoltare dal vivo in uno splendido concerto tenuto a Bologna nel 1982 a 99 anni compiuti), al più volte citato Morton, Lil Hardin, Clarence Williams, Lovie Austin, Meade "Lux" Lewis, Albert Ammons, Pete Johnson, James P. Johnson, Willie "the Lion" Smith.

KING OLIVER

Per una trattazione organica è necessario adesso parlare un po' di King Oliver, pur senza dedicargli una intera monografia , come invece faremo per Armstrong, Beiderbecke, Morton e tanti altri.
Il Nostro nasce a Donaldsville (Louisiana) il giorno 11 Maggio 1885 e muore a Savannah nella Georgia il giorno 8 Aprile del 1938.
Di ambiente familiare modesto, inizia giovanissimo lo studio della tromba da autodidatta e ben presto suona professionalmente nella banda di Walter Kenchen, all'età di 14 anni. Anche adesso non è infrequente , negli USA , il caso di ragazzi molto giovani che vengono avviati allo studio degli strumenti a fiato, contrariamente al nostro paese.
Il suo primo vero ingaggio è del 1900 nell'Olympia Band. Successivamente suona con Clarence Williams, Kid Ory, Eagle Band ecc.
La prima incisione è del 1923, con la sua Creole Jazz Band
Ma il suo merito principale fu quello di aver scoperto, capito e lanciato il giovane Louis Armstrong dandogli la possibilità di emergere; il primo assolo del giovane Louis che è stato registrato, risale appunto al 1923 e si trova in Dippermouth Blues. In questo brano Armstrong che ha la parte di seconda cornetta, fa un giro di assolo che pur non essendo bellissimo, configura quelle che saranno le sue caratteristiche peculiari.
Questa formazione comprendeva il trombonista Kid Ory, il clarinettista Johnny Dodds e la pianista Lil Hardin che diventerà la moglie di Armstrong. Questi stessi musicisti li ritroveremo tutti nel famosissimo complesso degli Hot Five che praticamente consacrerà Armstrong come la prima vera grande tromba del Jazz.
Oliver, dopo la partenza di Armstrong, lo sostituisce con Red Mitchell buona tromba ma neanche lontanamente paragonabile al suo predecessore e continua la sua carriera con alterna fortuna fino al 1934. Le sue ultime incisioni risalgono a quel periodo e si può ricordare un buon "West End Blues" registrato nel 1930 però nemmeno lontanamente paragonabile all'indiscusso, assoluto capolavoro, di Armstong inciso alla fine del 1928.
Per mia fortuna devo confessare che posseggo una copia originale, databile fine anni 1928, primi mesi del 1929 proprio di tale brano, ovviamente a 78 giri.
E' interessante conoscere come Joe Oliver conquistò sul campo il titolo di "King".
Si dice infatti, che quando arrivò a New Orleans, la tromba di maggior prestigio e che richiamava la maggior parte degli ascoltatori fosse Freddie Keppard. Il giovane Oliver, saputo ciò, chiese dove suonasse Keppard e allora, cercò un ingaggio in un locale sito esattamente di fronte a quello del suo rivale. All'ora di inzio, Oliver uscì in strada e trasse dal suo strumento un blues così potente, così intenso che tutti gli spettatori accorsi a vedere e sentire Keppard, uscirono in strada e lo seguirono, eleggendolo "King" immantinenti.
Si dice che quando suonava lui, il suono si diffondesse per tutta New Orleans, richiamando folle di ascoltatori entusiasti, tanta era la sua potenza in quegli anni.
Di carattere difficile, era autoritario, sospettoso , testardo ed esigente con i suoi collaboratori e non sempre ben voluto.
Adesso smetto, altra puntata forse noiosa, ma credo importante per il programma che ci siamo prefissi.
A presto.
Jellyroll

P.S. Un buon libro sul Jazz in particolare sulle sue origini, è un testo di qualche anno fa, di Hobsbawn, intitolato."Storia Sociale del Jazz". Non sono sempre d'accordo con le sue tesi, in particolare quando definisce il Ragtime una delle forme compiute di jazz e anche con certe altre sue affermazioni, ma dal punto di vista storico è un buon libro e anche certe sue osservazioni sono acute ed interessanti. In particolare quando parla delle origini.

 

Su gentile concessione di Jellyroll
Chiacchierando fra amici: http://groups.msn.com/Archiviodelgiornale/musica.msnw
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