IL SACCHEGGIO DEL MAGAZZINO TODT DI ISOLA SANTA

 

Dal libro di Tommaso Teora Racconti di guerra vissuta – Garfagnana 1944-1045 – Unione Comuni Garfagnana 2014 , pagg. 225-226 , traggo, dalle memorie di Franco Bravi (allora giovane di 17 anni che, dopo aver lavorato per l’Organizzazione Todt a Isola Santa e a Borgo a Mozzano, era fuggito per il timore di essere deportato in Germania e si era unito a una piccola banda di partigiani), il racconto che segue:

“” Il mattino dopo decisi di partire: Presi quattro o cinque fette di polenta di neccio e seguii la strada che mi aveva indicato (un conoscente di nome Amedeo Dini), e cioè: la Formica, via Nova, la Gatta. Quando arrivai era quasi mezzogiorno e fino ad allora non avevo visto nessuno. Mi sedetti sopra un sasso per riposarmi, perché ero assai stanco e mi misi a mangiare la polenta. Dopo pochi minuti sentii dei passi, mi girai e vidi un uomo con un fucile in mano che mi disse: < Cosa ci fai da queste parti ? >. Allora io risposi: < Mi manda il Volpe > e allora lui mi domandò come mai il Volpe mi mandasse da loro. Gli raccontai la storia e allora mi disse di andare con lui. Dopo circa cento o duecento metri c’era una capanna coperta a piastre e una coperta a paglia, e dentro c’erano una decina di uomini. Mi presentò a uno che disse di essere il capo. Mi chiese il nome e quanti anni avevo. Gli dissi che mi chiamavo Bravi Franco e avevo diciassette anni e mezzo. Volle sapere dove avevo lavorato con i tedeschi e gli raccontai che prima lavoravo a Isola Santa, poi mi trasferirono a Borgo a Mozzano da dove ero scappato. Mi disse che per il momento non aveva armi da darmi, ma che nel giro di qualche giorno sperava di poterle avere, infatti dopo due giorni mi chiamò e mi consegnò un moschetto che disse di aver avuto dai carabinieri di Vagli. Mi insegnò come si caricava e mi disse di conservare bene le cartucce perché erano preziose perché poche.

 Verso sera mi chiamò di nuovo e mi domandò, sapendo che avevo lavorato a Isola Santa, se sapevo di preciso dove era il magazzino viveri della TODT e se era in un posto dove fosse facile attaccarlo per procurarsi dei viveri e se mi sentivo il coraggio di farlo. Gli dissi di sì e così il giorno dopo, verso le tre, si partì in sette compreso il capo che disse di chiamarsi “Lupo” (natuiralmente come nome di battaglia). Gli altri rimaserò lì a fare la guardia. Si arrivò sopra Isola Santa passando dal passo di Scala e da lì con il binocolo si osservavano gli operai che finivano il turno di lavoro. Appena venne buio si scese in paese, ma ci fermammo dietro un muro, perché si sentivano dei passi. Si vide un uomo che io riconobbi subito: era uno che lavorava con me prima che andassi a lavorare a Borgo a Mozzano. Lo chiamai per hnome, si chiamava Bertoni, si fermò ed ebbe un po’ di paura vedendoci tutti armati. Gli dissi le nostre intensioni e se sapeva quanti tedeschi c’erano. Mi rispose che erano solo due, i soliti che passavano tutti i giorni a controllare gli operai sul lavoro.

 <Allora sono anziani> gli dissi < e uno parla abbastanza bene l’italiano>.

 < Si, è proprio lui > mi rispose >ho saputo che è austriaco, non sparate perché ce ne sono altri alle baracche del cantiere. Speriamo che non se la prendano con noi paesani >

 Ci si avvicinò al magazzino e si rimase alcuni minuti ad osservare cosa facevano. Finalmente uno venne fuori e accese una sigaretta. Allora il capo ed altri due partigiani, che erano i più vicini, gli intimarono di alzare le mani, lui le alzò subito e l’altro, nel sentire le voci, venne sulla porta e nel vedere tutti gli uomini armati, le alzò subito anche lui.

 Si entrò dentro, ma di viveri c’era poca roba. Si presero subito i fucili e una decina di pani e un centinaio di scatolette di carne. Quello che parlava italiano si raccomandò di non prendere le armi, altrimenti li avrebbero fucilati. Però noi per essere più sicuri, si presenro i fucili e uno di loro, quello che parlava italiano, lo portammo fin sopra il paese. Gli rendemmo i fucili dopo aver tolto le cartucce e gli si disse di aspettare una mezzoretta prima di tornare al magazzino.

 Si seppe poi che il giorno dopo i tedeschi presero in ostaggio alcuni uomini del paese, ma visto che erano tutti uomini che lavoravano con loro e che non c’era stata violenza da parte dei partigiani, furono rilasciati lo stesso giorno “”

 Questo il racconto. Ed è da sottolineare, nell’ultima frase, “non c’era stata violenza da parte dei partigiani”.  Era il 23 maggio del 1944 e la vera guerra civile non era ancora scoppiata. Questa piccola banda, che poi confluirà nella banda “Coli” , aveva soprattutto problemi di sopravvivenza e,  come scopo prevalente, quello di sfuggire ai tedeschi per non essere deportati in Germania. Ci si preoccupava per le conseguenze che avrebbe potuto patire la popolazione incolpevole e il comportamento tenuto coi due anziani tedeschi dimostra che, a quell’epoca, c’era ancora spazio per una umanità che, purtroppo, verrà meno con il successivo inasprirsi della lotta.

 

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