DON FANO

Teofanio Pedretti, da tutti conosciuto come Don Fano, nato a Grimaldi il 1° agosto del 1940, deceduto a Padova il 25 febbraio del 1979, nella sua pur breve vita pastorale, era stato consacrato sacerdote nel 1965, lasciò indelebili i segni del suo amore profondo verso il prossimo e, a Cellara, dove per dieci anni esercitò il suo ministero, "seppe entrare in tutte le case per ascoltarne i sospiri e per portare a tutti il conforto della parola di Dio". Durante la restaurazione della Chiesa parrocchiale di S. Pietro, non disdegnò di dare il suo contributo manuale, impastando la malta cementizia e trasportandola per essere utilizzata dai muratori. La casa del Signore doveva essere accogliente e, Don Teofanio aiutato da giovani e anziani che prestavano la loro opera gratuitamente, si "buttò" nel lavoro con la forza della fede e della sua giovanile età e "la vita in paese rifioriva, giorno per giorno, perché vi era impressa la operosità di Don Fano". La testimonianza più schietta della ricchezza dei suoi sentimenti si ricava dal contenuto di una lettera scritta all'amico Pietro Rose, emigrato negli USA e alcuni passi possono essere assunti come testamento spirituale, lascito di indubbio valore di fede e d'amore "il Signore ha chiamato me per una via quella del sacerdozio, te per un'altra, quella del matrimonio. Ambedue le vie conducono alla stessa vetta: la felicità. Ambedue sono tortuose e difficili, ambedue richiedono sforzo di volontà e molti sacrifici. A te, chiedo, perché possa diventare un santo Prete, che ogni giorno, a cominciare da quando riceverai la lettera, tu dica per me un Ave Maria". Il popolo di Cellara lo pianse come una madre può piangere un figlio e a firma del Dott. Fiore Altomare chiese "che le spoglie di un così esemplare sacerdote venissero traslate dal cimitero di Grimaldi alla Chiesa Parrocchiale di Cellara in un tumulo di marmo, quasi a significare ai posteri che il lavoro e il sacrificio degli eroi merita eterna ed umana riconoscenza".
Da "Grimaoldi 2000" Prof. Antonio Guerriero

Pietro carissimo,
appena ti sarà data questa lettera, del tutto inaspettata, ti domanderai: chi mi scrive? chi è costui che ancora, dopo tanti anni, si ricorda di ne? Son un tuo amico d1infanzia, sono fanuzzo Pedretti; ti ricordi ancora di me? Ti ricordi quando insieme facevamo le corse di resistenza per le "Tinelle"-"Pileri"-Forno elettrico e con l'arrivo ali1"aria"? Ricordi quando facevamo le "cupe" di noci dentro il fiume o andavamo in cerca di quelle che avevano fatto gli altri? Ricordi quando andavamo a fare i bagni all "Annisanto" o alla "Segheria"? A- caccia di nidi o di granchii; a fare quelle inter4inabili partite a carte difronte alla casa di Michele Greco o sulle scale di Ermanno Veltri? Ricordi quelle partite con palle di pezze ali1"aria" e che non finivano mai sino a tarda sera?
Bei ricordi quelli! Ma ormai siamo uomini maturi; parecchi come te si sono già sposati, altri si sposeranno fra poco. Come vedi ormai bisogna pensare all'avvenire nostro e .dei nostri figli; non ci possiamo più cullare nei sogni e nelle fantasie, come quando'ragazzi seduti intorno alle "gregne" in mezzo ali1"aria", fantasticavamo sul nostro avvenire e su ciò che avremmo fatto nel futuro.
Ma insomma, mi dirai forse, perone mi hai scritto? Cosa vuoi? Tu sai, caro Pietro, che nella vita ognuno sceglie la sua via, ognuno scopre la via che il Signore gli ha tracciato.
Non so se ricordi che 13 anni addietro, parecchi anni prima che tu emigrassi negli U.S.A., e precisamente il 3 Novembre 1951, mentre tu rimanesti a Grimaldi io entravo in Seminario a Cosenza per diventare Prete. A dirtelo in confidenza allora non sapevo neanche cosa significasse farsi Prete. Da quel giorno le nostre vie si son divise; il Signore ha chiamato me per una via, quella del Sacerdozio, te per un'altra: quella del matrimonio. Ambedue le vie però conducono alla stessa vetta: la Felicità. Ambedue sono tortuose e diffidi, ambedue richiedono sforzo di volontà e molti sacrifici. Dopo 13 anni di Seminario e di studio ormai è arrivata per me la data tanto desiderata  e tanto attesa: il Sacerdozio. 
Mentre tu hai sposato Rosetta a cui, lo ricordo molto bene, hai voluto tanto bene sin da quando eravamo ragazzi, io sposerà la Chiesa, dedicherò tutto me stesso al servizio della Chiesa e- per il bene delle anime. Nella prima settimana di Luglio, a Dio piacendo, sarò ordinato Sacerdote a Grimaldi assieme a Sergio Saccomanno. Puoi immaginare la gioia e la felicità che provo sin d'ora al solo pensare al gran dono che Gesù mi ha fatto chiamando
a seguirlo più da vicino! So pure, però, che nonostante 13 anni di prepa­razione in Seminario, sono molto impreparato e indegno di tale compito, mentre invece è necessario esser santi Preti se si vuole che i fedeli ubbidiscano a ciò che il Prete dice. Ecco perché ti ho scritto. Nei momenti più difficili si ricorre agli amici; ma i miei amici son tutti in America; ecco perché una lettera più o meno come questa l'ho scritta pure a Michele Greco,Francesco Gatto,Italo Nigro,Carlo Ficherini,Peppino Rino, Giovanni Albo,Tonino Caria.
A te, come anche agli altri, chiedo, perchè possa diventare un santo Prete, che ogni giorno,, a cominciare da quando riceverai la lettera, tu dica per me un'Ave Maria. Questo, son sicuro, mi farà certamente diventare più buono. Ti scrivo come si scrive ad un amico, cioè con tutto il cuore, perciò credo che non mancherai nell1aiutare un amico con la preghiera; io non mi dimenticherò di te quando celebrerò la mia Prima Messa a Grimaldi.
Salutami tutti gli altri grimaldesi che vedi. Saluti pure a Rosetta, dille che pregherò anche per lei affinché possiate continuare ad esser felici per tutta la vita. Un'altra cosa voglio che tu faccia, che risponda cioè appena puoi a questa mia lettera un po' lunga e che forse ti avrà stancato. 'Ricordati che voglio la tua Lettera di risposta, che conserverò con tutti gli altri ricordi della mia Ordinazione Sacerdotale.
Ti abbraccio affettuosamente
 Fanuzzo Pedretti

P.S.
L'indirizzo è sulla busta. Ti scriverò in seguito per farti sapere la data precisa della mia Ordinazione Sacerdotale. 

==============

Don Pedretti, il prete operaio

TEOFAMO Pedretti, parroco di Cellara (Cosenza) dal 1967 al 1979, sarà ricordato domani in occasione del venticinquesimo anniversario della morte.
Una rievocazione importante per­ché riguarda un sacerdote di spic­cata sensibilità pastorale, che ha segnato in modo indelebile la vita di molti, giovani. Con zelo intelligente e devoto, si adoperò anche per la ricostruzione della chiesa che si intitola a San Retro Aposto­lo. A questa dedicò senza rispar­mio le sue energie. A volgere lo sguardo al passato, occorre ricono­scere che don Pedretti ha compiuto un lavoro mirabile senza particola­ri sovvenzioni, sostenuto dalla col­laborazione di tutti, ha portato avanti un'imponente opera di ripri­stino dell'intera struttura della chiesa di San Pietro.
La popolazione molto gli deve: un debito verso la memoria di colui che tutti ricordano come il 'prete operaio.
E oggi all'inizio del XXI secolo, stringe il cuore vedere questa ma­gnifica chiesa nel peggiore abban­donò e degrado, segno dell'incle­menza del tempo e dell'indifferenza degli uomini, viene naturale la do­manda; dov'è finito il finanziamen­to di 309 mila euro che il ministero dei Beni Culturali ha concesso alla chiesa di Cellara per opere di consolidamento e di restauro? Doman­da che attende una risposta non so­lo dalla Sovrintendenza cosentina, ma anche dalle autorità cittadine che hanno il dovere di contribuire all'opera di tutela e salvaguardia della storica chiesa che, dal 1982, conserva la tomba del compianto parroco Pedretti (morto a soli 39 anni), qui fortemente voluta dal po­polo, per rendere incancellabile il ricordo della sua operosa presenza a Cellara.
In realtà, don Pedretti, calabrese di Grimaldi (Cosenza), visse con in­tensità e coerenza la sua esperienza di parroco. Amò la vita sacerdo­tale ma anche l'impegno culturale, prediligendo la ricerca storica, co­me dimostra il libro Cellara attra­verso i secoli (Ed. Satem, 1982), pubblicato postumo da Agata Cesa­no. Promosse il dialogo tra i giova­ni, stringendo un patto di amicizia con loro. Un rapporto che andava coltivando con cristiano ottimismo affinché tutti potessero camminare "nella luce del Signore". Gli ultimi anni di don Pedretti furono resi difficili da una grave malattia, il 26 febbraio 1979 concludeva nell'o­spedale di Padova il suo pellegri­naggio terreno.
Ai suoi funerali furono i giovani di Cellara a portarlo a spalla. Monsignor Bino Trabalzini, allo­ra arcivescovo di Cosenza, all'ome­lia disse: "Nulla può essere percepi­to di Teofanio Pedretti se non è col­locato sul piano della fede e dellatestimonianza. Pastore amatissimo, la sua scomparsa ha lasciato vuoti non facilmente colmabili. lI più accettato grazie è ora proprio quello di valorizzare ed utilizzare a fondo i semi da lui sparsi, affinchè non rimangano sterili, ma possano fiorire e fruttificare. Che il suo esempio trovi imitatori! I tempi sono cam­biati. Ai nostri giorni, caratterizzati da una "società largamente scri­stianizzata e religiosamente indifferente" si potrebbe pensare che non esistano più fondati motivi per tornare ad occuparsi del tempio di Dio. Il Dio del terzo millennio non si prega, più nelle chiese, ma nelle case private, nei movimenti, nei gruppi ecclesiali, nelle piazze o lun­go le strade, mentre nuove forme di religiosità rinnegano i valori tradizionali della fede cristiana e il ruolo che la chiesa svolge da millenni. Ma il vero punto debole è in famiglia: i genitori non trasmetto­no più la fede ai propri figli. "Nella nostra bella Italia - scrive don Mazzi - il televisore potrebbe essere in­nalzato con tutte le regole del gioco al posto dei tabernacoli. La divinità. adesso è solo questa. Adorata, pre­gata, ringraziata,e pagata". Effettivamente, troppi interessi umani ci turbano, troppi calcoli facciamo, troppe voci ci seducono. San Paolo, grande comunicatore, ammonisce: se vi occupate delle cose del mon­do, come potrete occuparvi delle cose di Dio?" Ciò che conta non sono le discussioni, ma avere obiettivi elevati, guardare oltre le rievoca­zioni con realismo e con fiducia. Un pensiero intriso di nostalgia e di speranza ci induce ad estendere l'appello ad operare concretamente per la salvaguardia del bel tempio di San Pietro e per la sua rinascita, affinché resti perenne punto di riferimento per credenti e non. An­che perchè attorno alla figura di don Pedretti c'è ancora tanto da scoprire per capirne la dimensione interiore e culturale.

 ========

In memoria di Teofanio Padretti, il prete operaio

 Teofanio Pedretti, par­roco di Cellara (Cosenza) dal 1967 al 1979, sarà ricordato il 26 febbraio in occasione del venticinquesimo anniversario della morte. Una rievozionecazione importante perché ri­guarda un sacerdote di spiccata sensibilità pastorale, che ha segnato in modo indele­bile la vita di molti giovani. Con zelo intelligente e devo­to, si adoperò anche per la ricostruzione della chiesa che si intitola a San Pietro Apo­stolo. A questa dedicò senza risparmio le sue energie. A volgere lo sguardo al passato, occorre riconoscere che don Pedretti ha compiuto un          lavoro mirabile: senza particolari sovvenzioni, sostenuto dalla collaborazione di tutti, ha portato avanti un'impo­nente opera di ripristino dell'intera struttura della chiesa di San Pietro. La popolazione molto gli deve: un debito ver­so la memoria di colui che tutti ricordano come il 'prete operaio'. E oggi all'inizio del XXI secolo, stringe il cuore vedere questa magnifica chiesa nel peggiore abbandono e degrado, segno dell'incle­menza del tempo e dell'indifferenza degli uomini. La storica chiesa dal 1982, conserva la tomba del compianto parroco Pedretti (morto a soli 39 anni), qui fortemente voluta dal popolo, per rendere       incancellabile il ricordo della sua operosa presenza a Cellara. In realtà, don Pedretti, calabrese di Grimaldi (Cosenza), visse con intensità                     e coerenza la sua esperienza di parroco. Amò la vita sacerdo­tale ma anche l'impegno culturale, prediligendo la ricerca storica, come dimostra il libro "Cellara attraverso i secoli" (Ed. Satem, 1982), pubblicato postumo da Agata Cesano. Promosse il dialogo tra i giovani, strìngendo un patto di amicizia con loro. Un rapporto che andava colti­vando con cristiano ottimismo affinchè tutti potessero camminare "nella luce del Signore". Gli ultimi anni di don Pedretti furono resi difficili da una grave malattia. Il 26 febbraio 1979 concludeva nell''ospedale di Padova il suo pellegrinaggio terreno. Ai suoi funerali furono i giovani di Cellara a portarlo a spalla. Mons. Dino Trabalzini, allora arcivescovo di Cosenza, all'omelia disse: «Nulla può esse­re percepito di Teofanio Pedretti se non è collocato sul piano della fede e della testimonianza. Pastore amatissimo, la sua scomparsa ha la­sciato vuoti non facilmente colmabili. Adesso l'obiettivo da perseguire deve essere quello di Valorizzare ed utilizzare a fondo i semi; da lui sparsi, affinchè non rimangano sterili, ma possano fiorire e fruttificare. Che il suo esempio trovi imitatori».
Giacomo Cesano
======================

Ricordato Don Teofanio Pedretti

Rimane indelebile nel cuo­re dei cellaresi,il ricordo di don Teofanio Pedretti.

A venticinque anni dalla sua scomparsa, l'ammini­strazione comunale guidata da Paolo Lucio Pera, si stringe intorno ai cittadini per ricordare la figura di colui che non disdegnando di uscire dalla sacrestia si unì ai suoi fedeli coinvolgendoli in tante attività che gli valsero l'appellativo di prete operaio. Si è partiti ieri con le manifestazioni comme­morative, con il triangolare di calcio, al quale hanno partecipato i vecchi amici del prete scomparso e i  ragazzi dell'oratorio di San Pietro Apostolo. Il 26 febbraio, i sacerdoti della dio­cesi di Cosenza- Bisignano, ricorderanno il collega con una Santa Messa. Un inte­ressante convegno dal te­ma Tu sei sacerdote per sempre è previsto per ve­nerdì 5 marzo. L'incontro vedrà gli interventi di sua eccellenza padre Giuseppe Agostino, del parroco di Grimaldi don Sergio Saccomanno, di monsignor Leonardo Bonanno, di don Salvatore Bertucci e del dottor Domenico Andrieri. «Inoltre - ha spiegato il primo citta­dino di Cellara - nel ricordare un prete amato da tut­ti e soprattutto un amico quale è stato don Teofanio, sarà allestita in questa oc­casione anche una mostra fotografica stilerete - operaio». Infine doménica set­te marzo sarà la giornata dedicata ai chierichetti. «Don Teofanio - ha concluso Paolo Lucio Pera - ha curato tantissimo a suo tempo il rapporto con ogni singolo chierico, ricordiamo
che era anche il responsabile provinciale di tale cate­goria». L'opera di don Teofanio scomparso a soli 39anni) è stata dunque al ser­vizio della chiesa parroc­chiale di Cellara (nella quale è ospitata anche la tomba del sacerdote) che risale al diciassettesimo secolo ed è dedicata a San Pietro Apostolo. Interessanti dal punto di vista storico risultano le tre campane in bronzo collocate sul campanile della chiesa.

_____________________________________________

Don Teofanio Pedretti
La famiglia Pedretti proviene dalla provincia di Trento. Il capofamiglia, Pierluigi, era capo cantoniere Anas e aveva la sua residenza in Grimaldi con abitazione nella piazza della Libertà nel palazzo, oggi, proprietà del dottore Giovanni Vecchio.
Lavoratore instancabile, servizievole, umile, dedito alla famiglia, amico di tutti.
Altrettanto stimata era la moglie, Erminia Calza, donna esemplare, madre di famiglia, simpaticissima, amata da tutto il vicinato.
Da questa unione nacquero Silvano, Mirella, Rita, Mario, Liliana e Teofanio.
Don Fano, per gli amici Fanuzzu, è nato nel nostro paese, mentre gli altri in altre località e precisamente dove prestava servizio il padre. Don Fano visse tutta l'infanzia a Grimaldi, fino a quando non ebbe la chiamata del Signore che ~luminò il giovane con una luce divina e, come disse all'evangelista Matteo, "Seguimi", così ripeté al giovane che, ordinato sacerdote, lasciò parenti ed amici per iniziare la sua missione nelle parrocchie, entrando a far parte dei grandi servitori di Dio sparsi in tutto il mondo.
Sulla vita trascorsa in diverse parrocchie è intervenuto il dottore Altomare. Noi siamo lieti di lasciare lo spazio a un non grimaldese per, maggiormente esaltare la figura di un sacerdote che ha lasciato un'eredità preziosa di bontà, rettitudine, operosità, santità. I grimaldesi annoverano il caro don Fano tra i figli migliori ed esprimono tutto il loro ringraziamento ed il loro amore per un giovane, prematuramente scomparso, che tanto bene avrebbe potuto continuare a fare in questa società che necessita la presenza di persone oneste e preparate, al fine di far sentire il calore della solidarietà e della fratellanza umana.
Ci limitiamo a dirgli "Grazie!". Dal Cielo, certamente, ci assisti sapendo che tutti noi ti ricordiamo e trasmettiamo ai posteri il tuo esempio da imitare.
"Don Teofanio è nato a Grimaldi li .08.1940, scrive il dottore Altomare. Fin da bambino si distinse per la sua bontà ed il suo altruismo. Nell'età scolare primeggiò per intelligenza, spirito di osservazione e di solidarietà. Mai impreparato, mai scontroso, sempre buono e disciplinato.
Entrato in seminario fu tra i primi in tutte le attività culturali, didattiche e religiose. Animato da una gran fede sapeva spiritualizzare tutte le avversità della vita e mantenersi sereno nel giudizio del passato e del presente quasi a volere storicizzare l'immanenza dei fatti e rapportarli giustificati alla trascendenza a cui era rivolta tutta l'attività e la creatività dell'anima sua.
Consacrato sacerdote nel maggio del 1965, il giorno 4 del mese di ottobre 1967, gli fu affidata la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo in Cellara (Cs) ed il vicariato di quella di Belsito e Piane Crati, sempre in provincia di Cosenza.
Ecco, quindi, pastore delle anime che si avvia al pascolo della fede per il trionfo della Chiesa e di Cristo in questa remota terra di Calabria.
Don Teofanio Pedretti si buttò nell'agone della grande missione con tutto lo slancio dei suoi giovani anni, con tutto l'ardore della sua fede, con tutto lo spirito dell'Apostolo di Cristo".
Così ha commemorato il nostro don Fano il dottore Altomare e noi non possiamo che sottoscrivere il contenuto della dichiarazione con lo stesso sentimento e convinzione oltre che con lo stesso amore verso quel giovane sacerdote che abbandona tutto e tutti, perché "la messe è immensa e gli operai sono pochi". Trascinatore del popolo inculcando, specialmente ai giovani, la necessità di frequentare la Casa del Signore e renderla sempre più bella ed accogliente. E, con tutto il popolo di Cellara iniziò e completò il rifacimento della Chiesa: "Vai... ripara la mia casa".
A Padova, città del santo dei miracoli, don Fano ha cessato di vivere il giorno 25.02.1979, lasciando questa valle di lacrime e raggiungere la gloria eterna: "Vieni. .servo buono e fedele... entra nel gaudio del tuo Signore!".
La notizia per quanti lo conoscevano e lo amarono è stata come un grosso macigno caduto dal cielo.
Solenni i funerali a Cellara e, successivamente, la salma portata a Grimaldi. Ma gli abitanti di Cellara vollero che il proprio Pastore venisse tumulato nella chiesa dove ha svolto la sua missione. Oggi don Fano riposa in quella Casa di Dio che lo ebbe come Padre spirituale, consolatore degli afflitti, faro che illuminò l'intera Valle del Savuto.
In quell'angolo della chiesa don Fano è presente. Quella tomba sprigiona amore, protezione, assicurazione, per quanti, recandosi in chiesa, danno uno sguardo al Parroco che dorme nel Signore e che, presso il quale, si ricorda di tutti.
Cellara non ha dimenticato il pio Sacerdote e ha voluto intitolare un oratorio parrocchiale "Don Teofanio" dove si svolgono dibattiti, conferenze, incontri.
Anche perché, don Fano, si interessò della storia del paese scrivendo un libro di ricerche storiche che non poté terminare per l'improvvisa scomparsa ma che professionisti del luogo hanno ultimato, pubblicato e distribuito.
Cellara e Grimaldi sono orgogliosi di annoverare nella storia, a caratteri indelebili, il Santo, l'amico, il consolatore delle anime, che ha esaltato il Sacerdozio e, come scrisse ad amici residenti all'estero: "Il Signore indirizza ciascuno per la sua strada. A me quella del Sacerdozio, a voi quella del matrimonio, strade che, se abbracciate con amore e responsabilità, portano al Datore della vita ed al Padre che attende i suoi figli per godere l'eternità".
Matteo Saccomanno