Lavori di restauro Convento San Antonio - Grimaldi

LA RISCOPERTA DI UN TESORO
di Marcello Falchi   

Domine dilexi decorem domus tuae
Ho gradito, o Signore, il decoro della Tua Casa

Premessa

I lavori di restauro della Chiesa adiacente il Convento di San­t'Antonio a Grimaldi hanno richiesto un lungo ed articolato intervento, iniziato nella primavera 2006 e concluso nell'esta­te 2008.

Si è dovuto operare infatti in condizioni non agevoli, dovendo concordare urgenti interventi strutturali e di bonifica con de­licate e puntuali operazioni di recupero dei manufatti artistici, il tutto partendo da uno stato di profondo abbandono e de­grado.

La Chiesa, fondata da Fra' Desiderio Saccomanno, passò, come il Convento, ai frati Francescani Conventuali verso la fine del 1600. Fu con l'amministrazione di questi ultimi che essa venne trasformata e, dall'originario aspetto medievale, assunse le odierne caratteristiche fardo barocche. La ricchezza e la potenza dell'Ordine Francescano permisero l'arrivo a Grimaldi di maestranze di alto livello, che lasciaro­no a testimonianza opere di prim'ordine, su tutte lo splendi­do Ecce Homo ligneo di Frate Umile da Pietralia o della sua scuola.

Gli sforzi congiunti dell'amministrazione comunale, della dire-zione lavori e delle imprese coinvolte, nonché la competente supervisione della Soprintendenza di Cosenza, ci restituiscono oggi tutta la bellezza dei manufatti di questo piccolo, unico, prezioso patrimonio del nostro territorio.

 


1. Il restauro degli stucchi e delle decorazioni pittoriche

Pareti e volta della navata centrale e dell'area presbiterale sono preziosamente decorati in maniera tipicamente fardo barocca: un trionfo di stucchi con volute, riccioli, capitelli, nicchie, cornici e lesene, tutto realizzato con la tecnica co­siddetta "a mormorino", che consiste nella stesura, sopra la malta grezza (arriccio), di un sottile strato dì grassello e pol­vere di marmo lavorato con cere o grassi per compattarlo e lucidarlo al fine di creare un effetto simile, appunto, al marmo. Un lavoro che richiede grande maestria, interamente realiz­zato a mano. Il tutto è impreziosito da inserti in oro zecchino. Lo stato di degrado, però, era notevole e i tecnici hanno faticato non poco per rimuovere gli strati di vernici di varia natu­ra applicate nel tempo da improvvisati restauratori. A tutti gli effetti, quello che si presentava alla vista prima dell'intervento era un impasto di vernici, di sporco e nerofumo di candele, che occultava la morbidezza delle forme e la natu­ralezza dei colori, impedendo inoltre la naturale traspirazione dei muri, carichi di dannosa umidità.

Utilizzando particolari solventi e con l'aiuto di appositi stru­menti, il paziente lavoro dei restauratori ha permesso di rimuovere tale patina, riportando alla luce il colore naturale degli stucchi e le tinte originali degli intonaci. Questo ha consentito agli operatori di effettuare scelte secondo un impeccabile criterio filologico e di lavorare per restituire alla Chiesa il suo aspetto originario.

Le maestranze hanno poi ricostruito, imitando il più possibile le tecniche costitutive, le parti di stucco mancanti o rovinate, e riapplicato, dove necessitava, l'oro zecchino. A lavori terminati, quello che si presenta alla vista è un delica­to e curioso effetto di tricromia, con gli stucchi realizzati con un impasto di differente tonalità: bianco nella parte alta e nel presbiterio, avorio nella parte bassa. La gradevole presenza del celeste pastello degli sfondi è arricchita da piccoli tocchi di altri colori come il verde e il blu lapislazzuli della volta. Un discorso a parte meritano i dipinti murali che un tempo abbellivano le volte. A causa dei maldestri interventi di restauro realizzati in passato essi sono andati perduti, e sebbene fossero presenti labili tracce della loro presenza, queste era­no troppo esigue perché i restauratori potessero in qualsiasi modo recuperarli.

Quello che ne rimane oggi è solo una parte, visibile nel San Giovanni Evangelista dipinto sulla sinistra nella volta della navata centrale, e nella bella battaglia affrescata sulla volta della sagrestia, la quale, benché fosse notevolmente rovinata e abrasa per più della metà della superficie, ha potuto essere recuperata grazie ad un paziente lavoro di ritocco pittorico. Osservando la volta della navata centrale il visitatore note­rà poi delle zone realizzate "a macchie", con toni neutri: è il modo in cui i tecnici hanno deciso di segnalare e trattare le zone dove erano sicuramente presenti i dipinti. Osservando l'entità della superficie appare chiaro quale meraviglioso colpo d'occhio sia andato perduto

 

2. Il soffitto ligneo dipinto

Nonostante le ridotte dimensioni (meno di 40 metri quadrati), l'assito di tavole dipinte collocato sul soffitto della cantoria rappresentava una sfida non da poco. Si trattava in origine di circa sessanta tavoloni di legno di pioppo da due centimetri di spessore l'uno, disposti su tre file ed inchiodati a dei travoni quadri di castagno disposti trasversalmente. La decorazione a tempera che vi è al di sopra è un tromp l'oeil vagamente surreale ma, ancora, di ottima fattura. All'inizio dei lavori quello che restava dell'originale erano po­che tavole (meno della metà, vale a dire in buona parte andate perdute), per di più infracidìte, spesso spaccate, lesionate, imbarcate e quant'altro... un vero disastro! Le operazioni di recupero hanno previsto lo smontaggio e la catalogazione del materiale superstite, dando inizio così con una complessa opera di risanamento dell'esistente: le tavole sono state ad una ad una pulite dall'impasto di polveri, terra e deiezioni animali, un deleterio strato di sporco che, oltretutto, appesantiva il materiale compromettendone la stabilità. Pazientemente, poi, ciascuna tavola è stata posta in un bagno di resina acrilica e, quindi, sotto pressione per ventiquattro ore, in modo da ristabilirne la linearità e rinsaldare il materiale di supporto, naturalmente sempre avendo cura di proteggere e consolidare la pellicola pittorica nella par­te frontale. Dopodiché si è proseguito con un laborioso inter­vento di ricostruzione delle parti lignee mancanti, inserendo, dove necessario, frammenti più o meno ampi di "strisce" di legno simile, dello stesso spessore, sempre avendo cura che tutti i frammenti combaciassero alla perfezione. Frontalmen­te, dopo aver pulito la pellicola pittorica, i restauratori hanno trattato i risarcimenti lignei ex novo con la tecnica tradizio­nale di gesso e colle animali, per preparare la superficie al ritocco pittorico.

Prima di proseguire al rimontaggio delle tavole restaurate, sul­la travatura originale del soffitto è stata montata una struttura di travetti a griglia, utile a ricostituire la planarità del soffitto e a dare una maggiore possibilità di ancoraggio alle tavole. Avendo avuto cura di preparare una serie di tavole di numero e dimensioni adeguate (e calcolate con estrema precisione), si è proceduto al rimontaggio di tutto il soffitto (anche laddove era lacunoso), ricostituendo l'assito nella sua interezza. A questo punto si è andati avanti con una complessa opera­zione di ritocco pittorico per la ricostruzione dell'immagine intera del soffitto originale.

Favoriti dalla simmetria dell'impianto decorativo, i restauratori hanno ricopiato e ribaltato il disegno superstite sull'area ricostruita utilizzando la tecnica dello "spolvero". Si tratta di un antico metodo utilizzato dai grandi maestri per realizzare gli affreschi: si riporta il disegno su grandi fogli di carta, che poi vengono bucati con un grosso ago lungo tutte le linee tracciate; poi, una volta applicato il "cartone" sulla superficie da dipingere, vi si spolvera, appunto, della polvere nera sui fori, ottenendo cosi un "ricalco" del disegno precedentemente realizzato.

Oggi, chi visita la cantoria, può ammirare il dipinto nella sua interezza, notando però come si sia fatto in modo, utilizzando toni leggermente discordanti, di poter riconoscere la par­te originale da quella ricostruita.

Noterà inoltre, nella parte centrale, una zona trattata a colori neutri: ancora una volta, non avendo tracce o testimonianze del disegno originale, gli operatori hanno deciso di lasciarne testimonianza in questo modo, senza incappare nel cosiddetto "falso storico" ( ... Vedi in fondo)

3. Gli arredi lignei

La Chiesa è impreziosita da un certo numero di meravigliosi arredi lignei collocati un po' ovunque (e c'è da chiedersi se qualcosa di altrettanto prezioso sia andato perduto): il coro della cantoria, il coro dell'abside, il maestoso mobile-armadio situato nella sagrestia, tre bei confessionali. Ciascuna di que­ste opere è sempre da ricollegarsi al periodo francescano del Convento e, sebbene non documentato, non ci sarebbe da stupirsi se fossero state realizzate dai frati stessi o da uno di loro, la qual cosa non era certamente inconsueta in quegli ambienti, avvezzi al rispetto per il lavoro manuale. Tali pezzi di bravura sono realizzati con legno di castagno e noce nazionale (oggi molto raro e costoso), finemente intagliati e deco­rati, spesso impreziositi con belle tarsie in radica, a volte con inserti di ciliegio.

I restauratori hanno lavorato anche per riportare queste bel­lezze il più possibile vicino al loro stato originale, rimovendo le vernici stratificate e ossidate dalle superfici, agendo sul degrado del legno con puntuali interventi di disinfestazione dai tarli e di consolidamento, sostituendo le brutte integrazioni fatte in passato, riparando le rotture e integrando con legni adeguati le parti mancanti (sia strutturali che decorative), in­fine applicando lo strato di finitura con gommalacca e cera d'api.

In particolare, il coro conservato nella cantoria versava in par­ticolari condizioni di degrado, perciò il restauro è stato lungo e difficoltoso. Il manufatto presentava infatti un gran numero di parti mancanti o rovinate (cornici, assi, intagli, tarsie), che hanno dovuto essere ricostruite e reintegrate, inoltre la strut­tura di sostegno era marcita, generando dei veri e propri crolli in alcune zone. I tecnici hanno quindi operato sulla struttura con l'ausilio di martinetti, rialzando il pesante catafalco e ripristinandone la planarità.

Un caso particolare che vale la pena di menzionare è costi­tuito dal confessionale visibile nel corridoio che collega la sa­grestia alla cantoria: esso era stato curiosamente trasformato in un rudimentale armadio rivestito di legname di recupero. Una volta ripulito con attenzione, e sottoposto ad un accurato lavoro di ricostruzione, ha rivelato una fattura forse più antica, in parte più rozza, ma non per questo meno accattivante degli altri pezzi conservati nella Chiesa.


Dopo aver eseguito il trattamento antitarlo per gassazione (chiudendo ciascuna statua in una busta di pvc sigillata per 30 giorni), i restauratori hanno iniettato all'interno della fibra li­gnea una resina sintetica che di fatto "plastifica" il legno, con­solidandolo. Naturalmente i tecnici hanno recuperato i fram­menti distaccati, rincollandoli accuratamente, ricostruendo poi le parti mancanti imitando la tecnica costitutiva originale. Poi, con appositi solventi opportunamente calibrati, hanno ri­mosso lo strato di sporco accumulatosi nel tempo e le vernici applicate durante precedenti restauri e ormai ingiallite. Infine, con un paziente lavoro di ritocco pittorico, hanno ricostruito l'unità pittorica delle belle statue che ora, ricollocate nelle nicchie, abbelliscono il degno corollario della Chiesa di Sant'Antonio, oggi finalmente riaperta all'affetto dei fedeli.  

4. Le statue lignee

Le quattro statue lignee custodite in altrettante nicchie all'in­terno della Chiesa rappresentano San Francesco d'Assisi, San Pasquale Baylon, San Bonaventura e San Pietro d'Alcantara. Si tratta di gradevolissimi esempi di arte devozionale tardo settecentesca, realizzati in legno scolpito e dipinti a tempera, con inserti di oro zecchino nei piedistalli. Eccezionalmente, lo stato di degrado di tali manufatti non era eccessivamente elevato, ciononostante si è reso necessario un accurato lavo­ro di consolidamento del legno, fortemente tarlato.

 

Da  "Comune di Grimaldi - Chiesa di S. Antonio da Padova"

 

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Osservazione:

Riguardo alle figure dei quatto evangelisti si è trovato solo il dipinto di S. Giovanni. Degli altri tre evangelisti non  si è trovata nessuna traccia per cui gli operatori hanno operato, per non incappare nel "falso storico", dipingendo le parti mancanti con pittura a colori neutri

Per il dipinto centrale della Croce, che è stato tolto completamente per vedere se c'erano tracce o testimonianze del presunto affresco originale non è stato trattato con colori neutri ma è stato ridipinto tutto ex nuovo, (neppure riproducendolo come l'originale e sul dipinto hanno scritto anche  restaurato nel 2008).
(FALSO STORICO) ......

Riguardo all'altare centrale che... IL TERREMOTO...  ha distrutto
non si è potuto rifare perchè sarebbe stato un "FALSO STORICO".

DUE PESI E DUE MISURE