E io: «Per mezza Toscana si spazia
      un fiumicel che nasce in Falterona,
 18 e cento miglia di corso nol sazia.

Ed io: «Attraverso la Toscana si stende un fiumicello, che nasce dal monte Falterona e cento miglia di corso non gli bastano.

        Di sovr'esso rech'io questa persona:
      dirvi ch'i' sia, saria parlare indarno,
 21 ché 'l nome mio ancor molto non suona».

Sono nato in un luogo situato su questo fiume ed io vengo da lì: dirvi chi io sia, sarebbe inutile, perché il mio nome non è conosciuto nel mondo».

        «Se ben lo 'ntendimento tuo accarno
      con lo 'ntelletto», allora mi rispuose
 24 quei che diceva pria, «tu parli d'Arno».

«Se bene afferro ciò che intendi dire», allora mi rispose quello che parlava prima, «tu parli dell'Arno».

        E l'altro disse lui: «Perché nascose
      questi il vocabol di quella riviera,
 27 pur com'om fa de l'orribili cose?»

E l'altro a lui domandò: «Perché questo nasconde, tacendo, il nome di quella riviera, come fa l'uomo che intende tacere orribili cose?»

        E l'ombra che di ciò domandata era,
      si sdebitò così: «Non so; ma degno
 30 ben è che 'l nome di tal valle pèra;

Colui che ricevette la domanda, così rispose: «Non so; ma sarebbe bene che il nome di tal valle perisca, cancellato per sempre;

        ché dal principio suo, ov'è sì pregno
      l'alpestro monte ond'è tronco Peloro,
 33 che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno,

poiché dalla sorgente dell'Arno, dove è così ricca d'acqua la catena dell'Appennino, da cui in Sicilia si stacca il monte Peloro, che in pochi altri luoghi supera quell'altezza,

        infin là 've si rende per ristoro
      di quel che 'l ciel de la marina asciuga,
 36 ond'hanno i fiumi ciò che va con loro,

fino alla foce, dove per compenso il cielo restituisce l'acqua che il sole prosciuga dal mare e che costituisce il corso dei fiumi che di essa si alimentano,

        vertù così per nimica si fuga
      da tutti come biscia, o per sventura
 39 del luogo, o per mal uso che li fruga:

la virtù come biscia viene sfuggita dagli abitanti, o per sventura del luogo, o per malanimo che li pervade:

        ond'hanno sì mutata lor natura
      li abitator de la misera valle,
 42 che par che Circe li avesse in pastura.

gli uomini di quella misera valle hanno così mutato la loro natura, che più non paiono esseri umani, ma pare che Circe li tenga in pastura.

        Tra brutti porci, più degni di galle
      che d'altro cibo fatto in uman uso,
 45 dirizza prima il suo povero calle.

Tra brutti porci, più degni di ghiande che di cibo in uso agli umani, drizza prima il suo misero percorso.

 

 

 

 

     Panorama del Casentino e del Pratomagno (sullo sfondo) visto da Monte Falco.

 

        Botoli trova poi, venendo giuso,
      ringhiosi più che non chiede lor possa,
 48 e da lor disdegnosa torce il muso.

Poi, proseguendo il suo cammino, si appressa ad Arezzo. Qui trova cani ringhiosi più che non consenta la loro forza, e da loro disdegnosa torce il muso, invertendo il suo corso.

        Vassi caggendo; e quant'ella più 'ngrossa,
      tanto più trova di can farsi lupi
 51 la maladetta e sventurata fossa.

Prosegue poi in discesa; e quanto più la maledetta e sventurata fossa (il corso del fiume) ingrossa, tanto di più trova i cani farsi lupi.

        Discesa poi per più pelaghi cupi,
      trova le volpi sì piene di froda,
 54 che non temono ingegno che le occùpi.

Discesa per tortuosi sentieri, trova le volpi così piene di frode, che non temono congegno che le catturi.

        Né lascerò di dir perch'altri m'oda;
      e buon sarà costui, s'ancor s'ammenta
 57 di ciò che vero spirto mi disnoda.

Non lascerò di parlare per il fatto che altri mi ascolti; oda costui le mie parole, poiché gioverà udire ciò che un verace Spirito profetico mi svela.

        Io veggio tuo nepote che diventa
      cacciator di quei lupi in su la riva
 60 del fiero fiume, e tutti li sgomenta.

lo vedo tuo nipote (Fulcieri) che diventa persecutore di quei lupi sulla riva di quel fiume feroce, e li sgomenta e terrorizza.

Fulcieri da Calboli, nipote di Rinieri, podestà di Firenze nel 1303, uomo senza scrupoli, che favorì in vari modi le rappresaglie dei Neri contro i Fiorentini di parte bianca e ghibellina.

        Vende la carne loro essendo viva;
      poscia li ancide come antica belva;
 63 molti di vita e sé di pregio priva.

Vende la carne delle sue vittime ancora vive (pattuendo il prezzo del riscatto); poi le uccide come belva inveterata nella sua ferocia; egli priva molti della vita, ma priva di Bene anche sé stesso.

        Sanguinoso esce de la trista selva;
      lasciala tal, che di qui a mille anni
 66 ne lo stato primaio non si rinselva».

Lordo di tanto sangue, Fulcieri se ne va da Firenze ("trista selva"); e la lascia in tale condizione, che non rifiorirà come prima, neanche dopo mille anni».

        Com'a l'annunzio di dogliosi danni
      si turba il viso di colui ch'ascolta,
 69 da qual che parte il periglio l'assanni,

Come nelle dolorose previsioni si turba il viso di colui che ascolta, quasi che da qualche parte il pericolo lo travolga,

        così vid'io l'altr'anima, che volta
      stava a udir, turbarsi e farsi trista,
 72 poi ch'ebbe la parola a sé raccolta.

così io vidi l'altra anima che stava ascoltando, turbarsi e farsi triste, dopo aver sentito tali parole.

        Lo dir de l'una e de l'altra la vista
      mi fer voglioso di saper lor nomi,
 75 e dimanda ne fei con prieghi mista;

Le parole dell'uno e l'aspetto dell'altro m'indussero a domandare i loro nomi;

        per che lo spirto che di pria parlòmi
      ricominciò: «Tu vuo' ch'io mi deduca
 78 nel fare a te ciò che tu far non vuo'mi.

perciò, lo spirito che per primo aveva parlato mi rispose: «Tu vuoi che io m'induca a fare ciò che tu non vuoi farmi.

        Ma da che Dio in te vuol che traluca
      tanto sua grazia, non ti sarò scarso;
 81 però sappi ch'io fui Guido del Duca.

Ma dal momento che Dio vuole che in te rifulga tanta Sua grazia, ti dirò che io fui Guido del Duca.

        Fu il sangue mio d'invidia sì rïarso,
      che se veduto avesse uom farsi lieto,
 84 visto m'avresti di livore sparso.

Il mio sangue fu così assetato d'invidia, che se tu mi avessi veduto mentre guardavo un uomo farsi lieto, mi avresti visto pervaso da livore.

        Di mia semente cotal paglia mieto;
      o gente umana, perché poni 'l core
 87 là 'v'è mestier di consorte divieto?

Si raccoglie il frutto di ciò che si è seminato ed io della mia semina tal paglia mieto; o gente umana, perché poni il cuore in quelle cose il cui possesso allontana l'anima dal fraterno bene?

        Questi è Rinier; questi è 'l pregio e l'onore
      de la casa da Calboli, ove nullo
 90 fatto s'è reda poi del suo valore.

Questo è Rinieri, il pregio e l'onore della casa dei Calboli, nella sua famiglia nessuno in seguito ne ha ereditato il valore.

        E non pur lo suo sangue è fatto brullo,
      tra 'l Po e 'l monte e la marina e 'l Reno,
 93 del ben richiesto al vero e al trastullo;

Non soltanto il suo sangue è divenuto spoglio di ogni virtù necessaria alla vita civile e agli svaghi cortesi, ma nella terra di Romagna, tra il Po e il monte e la marina e il Reno;

        ché dentro a questi termini è ripieno
      di venenosi sterpi, sì che tardi
 96 per coltivare omai verrebber meno.

il territorio tutto è ricolmo dei velenosi sterpi delle famiglie degenerate e, per coltivarlo, ormai ogni buon proponimento verrebbe meno.

        Ov'è 'l buon Lizio e Arrigo Mainardi?
      Pier Traversaro e Guido di Carpigna?
 99 Oh Romagnuoli tornati in bastardi!

Dov'è ora il buon Lizio di Valbona e Arrigo Mainardi delle passate generazioni? E Piero Traversaro e Guido di Carpigna? Oh Romagnoli trasformati in bastardi!

        Quando in Bologna un Fabbro si ralligna?
      quando in Faenza un Bernardin di Fosco,
102 verga gentil di picciola gramigna?

Quando in Bologna nascerà di nuovo un uomo come Fabbro de Lambertazzi? ed in Faenza un uomo come Bernardino di Fosco, anima nobile, grande fusto nato da umile erba?

 

 

 

 

 

 

 

 

     Panorama della Romagna visto dalle vicinanze di Poggio Scali.

 

        Non ti maravigliar s'io piango, Tosco,
      quando rimembro con Guido da Prata,
105 Ugolin d'Azzo che vivette nosco,

Non meravigliarti, Toscano, se io piango quando ricordo con Guido da Prato, Ugolino d'Azzo che, pur toscano, visse tra noi romagnoIi,

        Federigo Tignoso e sua brigata,
      la casa Traversara e li Anastagi
108 (e l'una gente e l'altra è diretata),

Federico Tignoso e sua brigata, la casa Traversara e gli Anastagi (tutta la gente che non ha eredi maschi, ed è in via d'estinzione),

        le donne e ' cavalier, li affanni e li agi
      che ne 'nvogliava amore e cortesia
111 là dove i cuor son fatti sì malvagi.

le gentildonne e i cavalieri, le imprese guerresche e i nobili svaghi che invogliavano all'amore e alla cortesia non vi sono più; ora lì gli animi sono diventati malvagi.

        O Bretinoro, ché non fuggi via,
      poi che gita se n'è la tua famiglia
114 e molta gente per non esser ria?

O Bertinoro, perché non fuggi via anche tu, ora che le tue famiglie sono fuggite assieme a tanta gente che non voleva restare in un luogo così perverso?

Bertinoro era aIlora un castello, l'unico cinto da muri ed era in quel tempo quanto un piccolo paese, dove non vi erano né trattorie, né alberghi. Sulla piazza vi era una colonna con tante piccole campane, ognuna delle quali corrispondeva ad una delle famiglie che vivevano nel castello. Quando un forestiero giungeva a Bertinoro, veniva accompagnato da coloro che erano alle porte nei pressi della colonna e gentilmente invitato a legare il proprio cavallo ad una di quelle campane; se il cavallo lasciava il posto, per mangiare o riposare, il forestiero vi appendeva il proprio cappello, Da quel momento, egli diventava ospite della famiglia alla quale la campana corrispondeva.

        Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia;
      e mal fa Castrocaro, e peggio Conio,
117 che di figliar tai conti più s'impiglia.

Fa bene la famiglia Bagnacavallo, a non far figli; e fanno male i conti di Castrocaro, e peggio quelli di Conio, a mettere al mondo eredi così degeneri.

        Ben faranno i Pagan, da che 'l demonio
      lor sen girà; ma non però che puro
120 già mai rimagna d'essi testimonio.

Bene faranno i Pagani, signori di Faenza, a non far figli, poiché dopo che sarà morto Maghinardo, il demonio della famiglia, non rimarrà testimonianza del loro malvivere.

        O Ugolin de' Fantolin, sicuro
      è il nome tuo, da che più non s'aspetta
123 chi far lo possa, tralignando, scuro.

O Ugolino dei Fantolini, sicuro è il nome tuo, dal momento che non ci sarà chi, tralignando, potrà oscurarlo.

        Ma va via, Tosco, omai; ch'or mi diletta
      troppo di pianger più che di parlare,
126 sì m'ha nostra ragion la mente stretta».

Ma ora vai, Toscano, mi piacerebbe star solo, il nostro ragionamento mi ha tanto stretto la mente di dolore, che desidero piangere».

        Noi sapavam che quell'anime care
      ci sentivano andar; però, tacendo,
129 facean noi del cammin confidare.

Noi sapevamo che quelle anime care, pur non vedendoci, ci sentivano allontanare e, pertanto, tacendo, ci rendevano sicuri del cammino.

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