S. Pio X
TRA
LE SOLLECITUDINI
(Motu
Proprio, de musica sacra, 22 Nov. 1903)
TRA LE SOLLECITUDINI dellofficio pastorale, non solamente di questa Suprema Cattedra, che per inscrutabile disposizione della Provvidenza sebbene indegni occupiamo, ma di ogni Chiesa particolare, senza dubbio è precipua quella di mantenere e promuovere il decoro della Casa di Dio, dove gli augusti misteri della religione si celebrano e dove il popolo cristiano si raduna, onde ricevere la grazia dei Sacramenti, assistere al santo Sacrificio dellAltare, adorare laugustissimo Sacramento del Corpo del Signore ed unirsi alla preghiera comune della Chiesa nella pubblica e solenne officiatura liturgica. Nulla adunque deve occorrere nel tempio che turbi od anche solo diminuisca la pietà e la devozione dei fedeli, nulla che dia ragionevole motivo di disgusto o di scandalo, nulla soprattutto che direttamente offenda il decoro e la santità delle sacre funzioni e però sia indegno della Casa di Orazione e della maestà di Dio.
Non tocchiamo partitarnente degli abusi che in questa parte possono occorrere. Oggi lattenzione Nostra si rivolge ad uno dei più comuni, dei più difficili a sradicare e che talvolta si deve deplorare anche là, dove ogni altra cosa è degna del massimo encomio per la bellezza e sontuosità del tempio, per lo splendore e per lordine accurato delle ceremonie, per la frequenza del clero, per la gravità e per la pietà dei ministri che celebrano. Tale è labuso nelle cose del canto e della musica sacra. Ed invero, sia per la natura di questarte per se medesima fluttuante e variabile, sia per la successiva alterazione del gusto e delle abitudini lungo il correr dei tempi, sia per funesto influsso che sullarte sacra esercita larte profana e teatrale, sia pel piacere che la musica direttamente produce e che non sempre torna facile contenere nei giusti termini, sia infine per i molti pregiudizi che in tale materia di leggeri si insinuano e si mantengono poi tenacemente anche presso persone autorevoli e pie, vha una continua tendenza a deviare dalla retta norma, stabilita dal fine, per cui larte è ammessa al servigio del culto, ed espressa assai chiaramente nei canoni ecclesiastici, nelle Ordinazioni dei Concilii generali e provinciali, nelle prescrizioni a più riprese emanate dalle Sacre Congregazioni romane e dai Sommi Pontefici Nostri Predecessori.
Con vera soddisfazione dellanirno Nostro Ci è grato riconoscere il molto bene che in tal parte si è fatto negli ultimi decenni anche in questa Nostra alma Città di Roma ed in molte Chiese della patria Nostra, ma in modo più particolare presso alcune nazioni, dove uomini egregi e zelanti dal culto di Dio, con lapprovazione di questa Santa Sede e sotto la direzione dei Vescovi, si unirono in fiorenti Società e rimisero in pienissimo onore la musica sacra pressoché in ogni loro chiesa e cappella. Codesto bene tuttavia è ancora assai lontano dallessere comune a tutti, e se consultiamo lesperienza Nostra personale e teniamo conto delle moltissime lagnanze che da ogni parte Ci giunsero in questo poco tempo, dacché piacque al Signore di elevare lumile Nostra Persona al supremo apice del Pontificato romano, senza differire più a lungo, crediamo Nostro primo dovere di alzare subito la voce a riprovazione e condanna di tutto ciò che nelle funzioni del culto e nelloflìciatura ecclesiastica si riconosce difforme dalla retta norma indicata. Essendo infatti Nostro vivissimo desiderio che il vero spirito cristiano rifiorisca per ogni modo e si mantenga nei fedeli tutti, è necessario provvedere prima di ogni altra cosa alla santità e dignità del tempio, dove appunto i fedeli si radunano per attingere tale spirito dalla sua prima ed indispensabile fonte, che è la participazione attiva ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa. Ed è vano sperare che a tal fine su noi discenda copiosa la benedizione del Cielo, quando il nostro ossequio allAltissimo, anziché ascendere in odore di soavità, rimette invece nella mano del Signore i flagelli, onde altra volta il Divin Redentore cacciò dal tempio gli indegni profanatori.
Per la qual cosa, affinché niuno possa dora innanzi recare a scusa di non conoscere chiaramente il dover suo e sia tolta ogni indeterminatezza nellinterpretazione di alcune cose già comandate, abbiamo stimato espediente additare con brevità quei principii che regolano la musica sacra nelle funzioni del culto e raccogliere insieme in un quadro generale le principali prescrizioni della Chiesa contro gli abusi più comuni in tale materia. E però di moto proprio e certa scienza pubblichiamo la presente Nostra Istruzione, alla quale, quasi a codice giuridico della musica sacra, vogliamo dalla pienezza della Nostra Autorità Apostolica sia data forza di legge, imponendone a tutti col presente Nostro Chirografo la più scrupolosa osservanza.
I.
- Principii generali.
1. La musica sacra, come parte integrante della solenne liturgia, ne partecipa il fine generale, che è la gloria di Dio e la santificazione ed edificazione dei fedeli. Essa concorre ad accrescere il decoro e lo splendore delle cerimonie ecclesiastiche, e siccome suo officio principale è dì rivestire con acconcia melodia il testo liturgico che viene proposto allintelligenza dei fedeli, così il suo proprio fine è di aggiungere maggiore efficacia al testo medesimo, affinché i fedeli con tale mezzo siano più facilmente eccitati alla devozione e meglio si dispongano ad accogliere in sé i frutti della grazia, che sono propri della celebrazione dei sacrosanti misteri.
2.
La musica sacra deve per conseguenza possedere nel grado migliore
le qualità che sono proprie della liturgia, e precisamente
la santità e la bontà delle forme, onde sorge
spontaneo laltro suo carattere, che è luniversalità.
Deve essere santa, e quindi escludere ogni profanità, non solo in se medesima, ma anche nel modo onde viene proposta per parte degli esecutori.
Deve essere arte vera, non essendo possibile che altrimenti abbia sullanimo di chi lascolta quellefficacia, che la Chiesa intende ottenere accogliendo nella sua liturgia larte dei suoni.
Ma dovrà insieme essere universale in questo senso, che pur concedendosi ad ogni nazione di ammettere nelle composizioni chiesastiche quelle forme particolari che costituiscono in certo modo il carattere specifico della musica loro propria, queste però devono essere in tal maniera subordinate ai caratteri generali della musica sacra, che nessuno di altra nazione alludirle debba provarne impressione non buona.
II.-
Generi di musica sacra.
3. Queste qualità si riscontrano in grado sommo nel canto gregoriano, che è per conseguenza il canto proprio della Chiesa Romana, il solo canto chessa ha ereditato dagli antichi padri, che ha custodito gelosamente lungo i secoli nei suoi codici liturgici, che come suo direttamente propone ai fedeli, che in alcune parti della liturgia esclusivamente prescrive e che gli studi più recenti hanno sì felicemente restituito alla sua integrità e purezza.
Per
tali motivi il canto gregonano fu sempre considerato come il
supremo modello della musica sacra, potendosi stabilire con ogni
ragione la seguente legge generale: tanto una composizione
per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nellandamento,
nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia
gregoriana, e tanto è meno degna del tempio, quanto più da quel
supremo modello si riconosce difforme.
Lantico
canto gregoriano tradizionale dovrà dunque restituirsi
largameute nelle funzioni del culto, tenendosi da tutti per
fermo, che una funzione ecclesiastica nulla perde della sua
solennità, quando pure non venga accompagnata da altra musica
che da questo Soltanto.
In particolare si procuri di restituire il canto gregoniano nelluso
del popolo, affinché i fedeli prendano di nuovo parte più attiva
allofficiatura ecclesiastica, come anticamente solevasi.
4. Le anzidette qualità sono pure possedute in ottimo grado
dalla classica polifonia, specialmente della Scuola Romana, la
quale nel secolo XVI ottenne il massimo della sua perfezione per
opera di Pier Luigi da Palestrina e continuò poi a produrre
anche in seguito composizioni di eccellente bontà liturgica e
musicale. La classica polifonia assai bene si accosta al supremo
modello di ogni musica sacra che è il canto gregoniano, e
per questa ragione meritò di essere accolta insieme col canto
gregoriano, nelle funzioni più solenni della Chiesa,
quali sono quelle della Cappella Pontificia. Dovrà dunque anche
essa restituirsi largamente nelle funzioni ecclesiastiche,
specialmente nelle più insigni basiliche, nelle chiese
cattedrali, in quelle dei seminari e degli altri istituti
ecclesiastici, dove i mezzi necessari non sogliono fare difetto.
5. La Chiesa ha sempre riconosciuto e favorito il progresso delle arti, ammettendo a servizio del culto tutto ciò che il genio ha saputo trovare di buono e di bello nel corso dei secoli, salve però sempre le leggi liturgiche. Per conseguenza la musica più moderna è pure ammessa in chiesa, offrendo anchessa composizioni di tale bontà, serietà e gravità, che non sono per nulla indegne delle funzioni liturgiche.
Nondimeno, siccome la musica moderna è sorta precipuamente a servigio profano, si dovrà attendere con maggior cura, perché le composizioni musicali di stile moderno, che si ammettono in chiesa, nulla contengano di profano, non abbiano reminiscenze di motivi adoperati in teatro, e non siano foggiate neppure nelle loro forme esterne sullandamento dei pezzi profani.
6.
Fra i vari generi della musica moderna, quello che apparve meno
acconcio ad accompagnare le funzioni del culto è lo stile teatrale,
che durante il secolo scorso fu in massima voga, specie in Italia.
Esso per sua natura presenta la massima opposizione al canto
gregoriano ed alla classica polifonia e però alla legge più
importante di ogni buona musica sacra. Inoltre lintima
struttura, il ritmo e il cosiddetto convenzionalismo di
tale stile non si piegano, se non malamente, alle esigenze
della vera musica liturgica.
III.
Testo liturgico.
7. La lingua propria della Chiesa Romana è la latina. È quindi proibito nelle solenni funzioni liturgiche di cantare in volgare qualsivoglia cosa; molto più poi di cantare in volgare le parti variabili o comuni della Messa e dellOfficio.
8.
Essendo per ogni funzione liturgica determinati i testi che
possono proporsi in musica, e lordine con cui devono
proporsi, non è lecito né di confondere questordine, nè
di cambiare i testi prescritti in altri di propria scelta, nè
di ometterli per intero od anche solo in parte, se pure le
rubriche liturgiche non consentano di supplire con lorgano
alcuni versetti del testo, mentre questi vengono semplicemente recitati
in coro. Soltanto è permesso, giusta la consuetudine della
Chiesa Romana, di cantare un mottetto al SS. Sacramento dopo il Benedictus
della Messa solenne. Si permette pure che, dopo cantato il
prescritto offertorio della Messa, si possa eseguire, nel tempo
che rimane, un breve mottetto sopra parole approvate dalla Chiesa.
9.
Il testo liturgico deve essere cantato come sta nei libri, senza
alterazione o posposizione di parole, senza indebite ripetizioni,
senza spezzarne le sillabe e sempre in modo intelligibile ai
fedeli che ascoltano.
IV.
- Forma esterna delle sacre composizioni
10. Le singole parti della Messa e dellofficiatura devono conservare anche musicalmente quel concetto e quella forma che la tradizione ecclesiastica ha loro dato, e che trovasi assai bene espressa nel canto gregoriano. Diverso dunque è il modo di comporre un introito, un graduale, unantifona, un salmo, un inno, un Gloria in excelsis, ecc.
11. In particolare si osservino le norme seguenti:
a)
Il Kyrie, Gloria, Credo, ecc. della Messa devono
mantenere lunità di composizione, propria del loro testo.
Non è dunque lecito di comporli a pezzi separati, così che
ciascuno di tali pezzi formi una composizione musicale compiuta e
tale che possa staccarsi dal rimanente e sostituirsi con altra.
b)
Nellofficiatura dei Vesperi si deve ordinariamente
seguire la norma del Caeremoniale Episcoporum, che
prescrive il canto gregoriano per la salmodia, e permette la
musica figurata pe versetti del Gloria Patri e per linno.
Sarà
nondimeno lecito, nelle maggiori solennità, di alternare il
canto gregoriano del coro coi cosiddetti falsibordoni o
con versi in simile modo convenientemente composti.
Si
potrà eziandio concedere qualche volta che i singoli salmi si
propongano per intero in musica, purché in tali composizioni
sia conservata la forma propria della salmodia; cioè, purché i
cantori sembrino salmeggiare tra loro, o con nuovi motivi, o
con quelli presi dal canto gregoriano, o secondo questo imitati.
Restano
dunque per sempre esclusi e proibiti i salmi cosidetti di
concerto.
c)
Negli inni della Chiesa si conservi la forma tradizionale
dellinno. Non è quindi lecito di comporre p. es. il Tantum
ergo per modo che la prima strofa presenti una romanza, una
cavatina, un adagio, e il Genitori un allegro.
d)
Le antifone dei Vesperi devono essere proposte dordinario
con la melodia gregoriana loro propria. Se però in qualche caso
particolare si cantassero in musica, non dovranno mai avere nè
la forma di una melodia di concerto, nè lampiezza di un
mottetto e di una cantata.
V.
- Cantori.
12.
Tranne le melodie proprie del celebrante allaltare e dei
ministri, le quali devono essere sempre in solo canto gregoriano
senza alcun accompagnamento dorgano, tutto il resto del
canto liturgico è proprio del coro dei leviti, e però i cantori
di chiesa, anche se sono secolari, fanno propriamente le veci del
coro ecclesiastico. Per conseguenza le musiche che propongono devono,
almeno nella loro massima parte, conservare il carattere di
musica da coro.
Con
ciò non sintende del tutto esclusa la voce sola. Ma questa
non deve mai predominare nella funzione, così che la più gran
parte del testo liturgico sia in tale modo eseguita; piuttosto deve
avere il carattere di semplice accenno o spunto melodico ed essere
strettamente legata al resto della composizione a forma di coro.
13.
Dal medesimo principio segue che i cantori hanno in chiesa vero
officio liturgico e che però le donne, essendo incapaci di tale
officio, non possono essere ammesse a far parte del Coro o
della cappella musicale. Se dunque si vogliono adoperare le voci
acute dei soprani e contralti, queste dovranno essere sostenute
dai fanciulli, secondo luso antichissimo della Chiesa.
14.
Per ultimo non si ammettano a far parte della cappella di
chiesa se non uomini di conosciuta pietà e probità di vita, i
quali, col loro modesto e devoto contegno durante le funzioni liturgiche,
si mostrino degni del santo officio che esercitano. Sarà pure
conveniente che i cantori, mentre cantano in chiesa, vestano labito
ecclesiastico e la cotta, e se trovansi in cantorie troppo
esposte agli occhi del pubblico, siano difesi da grate.
VI.
- Organo ed istrumenti musicali.
15. Sebbene la
musica propria della Chiesa sia la musica puramente vocale,
nondimeno è permessa eziandio la musica con accompagnamento dorgano.
In qualche caso particolare, nei debiti termini e coi
convenienti riguardi, potranno anche ammettersi altri
strumenti, ma non mai senza licenza speciale dellOrdinario,
giusta la prescrizione del Caeremoniale Episcoporum.
16. Siccome il canto deve sempre primeggiare, così lorgano o gli strumenti devono semplicemente sostenerlo e non mai opprimerlo.
17. Non è permesso di premettere al canto lunghi preludi o dinterromperlo con pezzi di intermezzo.
18. Il suono dellorgano negli accompagnamenti del canto, nei preludi, interludi e simili, non solo deve essere condotto secondo la propria natura di tale strumento, ma deve partecipare di tutte le qualità che ha la vera musica sacra e che si sono precedentemente annoverate.
19. È proibito in chiesa luso del pianoforte, come pure quello degli strumenti fragorosi o leggeri, quali sono il tamburo, la grancassa, i piatti, i campanelli e simili.
20.
È rigorosamente proibito alle cosidette bande musicali di
suonare in chiesa; e solo in qualche caso speciale, posto il
consenso dellOrdinario, sarà permesso di ammettere una
scelta limitata, giudiziosa e proporzionata allambiente,
di strumenti a fiato, purché la composizione e laccompagnamento
da eseguirsi sia scritto in istile grave, conveniente e simile
in tutto a quello proprio dellorgano.
21.
Nelle processioni fuori di chiesa può essere permessa dallOrdinario
la banda musicale, purché non si eseguiscano in nessun modo
pezzi profani. Sarebbe desiderabile in tali occasioni che il
concerto musicale si rcstringesse ad accompagnare qualche cantico
spirituale in latino o volgare, proposto dai cantori o dalle
pie Congregazioni che prendono parte alla processione.
VII.
- Ampiezza della musica liturgica.
22.
Non è lecito, per ragione del canto o del suono, fare attendere
il sacerdote allaltare più di quello che comporti la ceremonia
liturgica. Giusta le prescrizioni ecclesiastiche, il Sanctus
della Messa deve essere compiuto prima della elevazione, e
però anche il celebrante deve in questo punto avere riguardo ai
cantori. Il Gloria ed il Credo, giusta la
tradizione gregoriana, devono essere relativamente brevi.
23.
In generale è da condannare come abuso gravissimo, che nelle
funzioni ecclesiastiche la liturgia apparisca secondaria e quasi
a servizio della musica, mentre la musica è semplicemente parte
della liturgia e sua umile ancella.
VIII.
- Mezzi precipui
24.
Per lesatta esecuzione di quanto viene qui stabilito, i Vescovi,
se non lhanno già fatto, istituiscano nelle loro diocesi
una Commissione speciale di persone veramente competenti in cose
di musica sacra, alla quale, nel modo che giudicheranno più
opportuno, sia affidato lincarico dinvigilare
sulle musiche che si vanno eseguendo nelle loro chiese. Nè
badino soltanto che le musiche siano per sé buone, ma che
rispondano altresì alle forze dei cantori e vengano sempre bene
eseguite.
25.
Nei seminari dei chierici e negli istituti ecclesiastici, giusta
le prescrizioni tridentine, si coltivi da tutti con diligenza ed
amore il prelodato canto gregoriano tradizionale, ed i
superiori siano in questa parte larghi di incoraggiamento e di
encomio coi loro giovani sudditi. Allo stesso modo, dove torni
possibile, si promuova tra i chierici la fondazione di una Schola
Cantorum per lesecuzione della sacra polifonia e
della buona musica liturgica.
26.
Nelle ordinarie lezioni di liturgia, di morale, di gius canonico
che si danno agli studenti di teologia, non si tralasci di
toccare quei punti che più particolarmente riguardano i
principii e le leggi della musica sacra, e si cerchi di compierne
la dottrina con qualche particolare istruzione circa lestetica
dellarte sacra, affinché i chierici non escano dal
seminario digiuni di tutte queste nozioni, pur necessarie alla
piena cultura ecclesiastica.
27.
Si abbia cura di restituire, almeno presso le chiese principali,
le antiche Scholae Cantorum, come si è già praticato con
ottimo frutto in buon numero di luoghi. Non è difficile al clero
zelante distituire tali Scholae perfino nelle chiese
minori e di campagna, anzi trova in esse un mezzo assai facile dadunare
intorno a sé i fanciulli e gli adulti, con profitto loro
proprio ed edificazione del popolo.
28.
Si procuri di sostenere e promuovere in ogni miglior modo le
scuole superiori di musica sacra dove già sussistono, e di concorrere
a fondarle dove non si possiedono ancora. Troppo è importante
che la Chiesa stessa provveda allistruzione dei suoi
maestri, organisti e cantori, secondo i veri pnincipii dellarte
sacra.
IX.
- Conclusione.
29.
Per ultimo si raccomanda ai maestri di cappella, ai cantori, alle
persone del clero, ai superioni dei seminari, degli istituti
ecclesiastici e delle comunità religiose, ai parroci e rettori
di chiese, ai canonici delle colleggiate e delle cattedrali, e
soprattutto agli Ordinari diocesani di favorire con tutto lo
zelo queste sagge riforme, da molto tempo desiderate e da tutti
concordemente invocate, affinché non cada in dispregio la
stessa autorità della Chiesa, che ripetutamente le propose ed
ora di nuovo le inculca.