Beate
pauperum pater,
Decus Cremonę, Homobone,
Iuva tuos cives tuis
Cantu vacantes laudibus.Nil post
Deum, Deique post
Magnam parentem virginem
Noster chorus te sanctius
Colit sacra tibi die.
Sensere nostri sępius
Tuam patres pręsentiam,
Dum supplicum victus prece,
Nostris ades periculis.
Tu sępe nobis percitum
Ira Tonantem mitigas,
Nec in merentes nos sinis
Sęvire poenis debitis.
Non templa frustra ponimus,
Arasve dictas de tuo
Vetusta rite nomine
Sacravit olim civitas.
Hęc consecuti nobiles
Tui labores pręmia,
Dum more Divum degeres
Vitam caduco corpore.
Tu mente clum cogitans
Deum gerebas pectore,
Quem deperibas unice,
Rerum tuarum nihil memor.
Tu largus indigentibus
Eras, profundes omnibus,
Parvum tuo quod prędium
Vix suppetebat victui.
Quod erogabas, largius
Suppetebat illico Deus,
Et tosta liba crescere
Sunt sponte visa in arcula.
Quid? obvio cum pauperum
Non abnuisti ctui,
Quod afferebas vineę,
Fossoribus pactum merum,
Cados inanes prodigus
Lympha replesti fluminis,
Quę visa mox bibentibus
Merum colonis nobile.
Seu se templi fores
Ultro patebant vi sua,
Dum nocte concinentium
Choros adires flaminum.
Ascriptus deinde clitum
Choris beatis, indicas
Apud Deum qua polleas
Rerum satorem gratia.
Funus vemitur ad tuum:
Cęci vident, claudi meant,
Muti loquuntur, audiunt
Surdi, levantur languidi
Quia et sepulchrum sub tuum
Ducunt furore percitos,
Nunc usque cedit protinus
Vis infernale potentię.
Regi tamen sit gloria,
Horum datori munerum,
Qui trinus unus omnia
Regnat Deus per sęcula.
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O beato padre dei
poveri,
o Omobono, onore di Cremona,
proteggi i tuoi concittadini
che ti lodano nei canti.Il
nostro coro non venera nulla
pił devotamente di te,
nel giorno e a te consacrato
dopo Dio e la grande Vergine.
Abbastanza spesso i nostri antenati
avvertirono la tua presenza, quando,
lasciandoti vincere dalle preghiere di coloro
che ti supplicavano, ci aiutavi nei momenti di pericolo.
Tu spesso plachi l'ira di Dio,
sdegnato con noi,
e non gli permetti di infierire
nei nostri confronti con i giusti castighi,
che pur meritiamo.
Non abbiamo innalzato invano chiese,
e l'antica cittą elevņ un tempo,
con debite cerimonie,
altari e a te consacrati.
Le tue sante fatiche
ti otterranno questa ricompensa,
mentre trascorrevi santamente la vita
nel tuo corpo mortale.
Tu, che avevi il pensiero sempre
rivolto
alle cose del cielo, portavi nel tuo cuore Dio,
per il quale ti consumava un amore esclusivo,
senza alcuna preoccupazione per le tue cose.
Tu eri generoso verso i bisognosi,
dispensando largamente a tutti
ciņ che il tuo piccolo podere produceva
in misura appena sufficiente per il tuo sostentamento.
Dio immediatamente sostituiva,
con ancora maggiore abbondanza, ciņ che donavi,
e furono visti riprodursi spontaneamente
nella madia i pani gią cotti.
E che? Quando non riufiutasti
ad un gruppo di poverelli che ti veniva incontro
il vino che portavi nella vigna,
e che era stato da te pattuito con gli zappatori,
e riempisti i bicchieri vuotati
dalla tua generositą
di acqua attinta al fiume,
che ai contadini che la bevevano
sembrņ eccellente vino.
Le porte della chiesa
ti si spalancavano spontaneamente,
quando nottetempo ti univi al coro
dei sacerdoti in canto.
Quindi, partecipe dei cori celesti,
mostri chiaramente di quale favore
tu goda presso Dio,
autore di tutte le cose.
Si accorre al tuo funerale:
ed ecco che i ciechi riacquistano la vista,
gli zoppi camminano, i muti parlano, i sordi odono,
e coloro che sono privi di forze si risollevano.
Si conducono persino, presso il tuo
sepolcro,
coloro che sono presi dalla pazzia,
e da quel momento, e per sempre,
si allontana da essi la potenza diabolica.
Sia gloria eterna al Re,
che ha elargito questi doni,
e che, Dio uno e trino,
regna attraverso i secoli.
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