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Les Droites

Via normale, cresta est

26-27 giugno 2004
Mirko, Andrea
 Droites Atto Finale: La Vendetta - 8-9 luglio 2006

Droites Atto II: L'Inganno

A distanza di parecchi anni dalla prima, questa è la seconda volta che ci avviciniamo alle Droites e che partiamo per la via normale. La prima volta ci muovevamo verso l'ignoto, ma oggi conosciamo molto meglio il posto, il terreno che dobbiamo trovare, siamo sicuramente più preparati, e tutte le premesse che abbiamo raccolto, le informazioni sulla neve e sulla montagna, ci rendono assolutamente ottimisti.
Poveri illusi.
Tanto per togliere il dubbio scrivo subito che il titolo non è casuale, che l'inganno c'è stato davvero, e che l'ottimismo è stato malamente fregato, raggirato da questa gente che mi sta sempre più sulle palle. Queste dovrebbero essere le pagine della cronaca della salita alla via normale delle Droites, ma ancora non ne sono che un prologo perché, anche questa volta, della via normale abbiamo visto poco. Per dirla tutta non siamo nemmeno riusciti a raggiungere la via vera e propria, quella che avrebbe dovuto essere la parte impegnativa dell'ascensione; potrei dire che non siamo nemmeno riusciti a mettere piede sulla vera montagna, sulle Droites, visto che quello che abbiamo fatto non è stato che parte dell'avvicinamento...
Vabbè, andiamo per ordine. Partenza sabato 26.
Anzi, no, meglio: prima della partenza. Il prima della partenza è il venerdì 25, quando Galis telefona al rifugio per chiedere al gestore qualche informazione a proposito delle condizioni della via e della neve, per decidere se andarci e fare un tentativo, nonostante la stagione ancora all'inizio. Le informazioni che raccoglie sono la cosa più incoraggiante possibile: le condizioni sono molto buone ("tres tres bon", come informa il gestore senza la minima esitazione), lo informano che la neve è perfetta e non ci sono crepacci (quando Galis chiede dei crepacci sul ghiacciaio viene interrotto ancora prima di finire la domanda, con un secchissimo "no, no, no, pas de crevasses, pas de crevasses"). Ottimo, eccezionale, non possiamo desiderare di meglio, sarà una passeggiata, poco più che una formalità! Beh... più o meno... Cosa faccio? Lo dico subito o aspetto il momento esatto? Vado contro il proposito di rispettare la cronologia degli eventi? Lo anticipo? Vabbè dai, lo dico adesso: ma vaffanculo!
Al momento della partenza da casa siamo contentissimi delle nostre informazioni, ma una volta iniziata la nostra camminata, domenica, ci renderemo conto che tutto quello che ci era stato detto non aveva un minimo fondamento, che il gestore (o meglio la gestrice, la gestora, la gestoressa) non aveva la minima idea di quello che ci diceva, che nessuno quest'anno era ancora stato sulle Droites, nessuno le aveva mai detto niente a proposito delle condizioni di questa montagna, e che tutto quello che ci aveva detto lei lo aveva semplicemente inventato; posso immaginare: allo scopo di convincerci ad andare lì nel loro rifugio, a spendere un po' di eurini con effige francese, per le loro ampie tasche.

Allora, ritorniamo all'ordine cronologico e alla partenza.

Monte Bianco dalla ferrata del Couvercle; ben visibili Mont Blanc du Tacul e Aiguille du Diable; tra le nubi la cima del Bianco

Galis è stranamente in orario (appena 20 minuti di ritardo). Il viaggio è tranquillo, senza particolari di rilievo, ad eccezione della nuova autoradio di Galis, con cd portatile esterno; radio nuova ma musica vecchia: non ci facciamo mancare l'ormai classicissimo disco da viaggio, con la nostra raccolta preferita di pezzi di Cochi e Renato, Nanni Svampa, Latte e i Suoi Derivati, Jannacci, Fantozzi, Abatantuono... un disco Eccezziunale Veramente. Viaggio tra le 12:45 e le 15:30. Parcheggiamo nel solito parcheggio, prendiamo il trenino per il Montenvers, che troviamo stranamente vuoto, raggiungiamo la stazione e iniziamo la camminata.
Prima la discesa lungo le scalette della bastionata di rocce su cui si trova la stazione. Raggiungiamo la Mer de Glace, quindi la seguiamo senza intoppi; per la prima volta riusciamo a tenere un percorso che ci permette di non fare nessuna deviazione a causa dei crepacci: una linea perfetta, senza problemi. Il tempo è ottimo: io sono in calzoncini corti e maglietta, e sto benissimo; ho anche il mio costosissimo cappello sahariano per proteggermi dal sole, molto utile. Finito il ghiacciaio è il turno della lunga e noiosa morena. Anche questa riusciamo a superarla senza problemi: ancora, per la prima volta, riusciamo a tenere un percorso perfetto e poco faticoso, senza troppi salti tra un masso e l'altro,

La parete nord delle Grandes Jorasses vista dai pressi del refuge du Couvercle

senza troppi dislivelli inutili tra le dune, sempre bello lineare e tranquillo, quasi un sentiero. Aiutano gli ometti di sassi che probabilmente sono stati sistemati da poco e che non direzionano verso vie sbagliate come facevano negli anni passati. Finita la morena arriva il momento della risalita della ferrata; il tratto più basso è stato sistemato da poco, perchè una piccola frana ha smosso la base dei sassi che conducevano al suo attacco. Prima di attaccare la ferrata incontriamo un tipo francese, da solo, che sta per salire: scambiamo qualche parola e ci dice che domani vorrebbe salire alle Courtes. Per ora siamo contenti per il tempo, per la nostra forma, per come sta andando la camminata, e per i tempi che riusciamo a tenere: 15 minuti fino al ghiacciaio, 50 minuti per la Mer de Glace e 45 minuti per la morena, più un paio di soste molto lunghe tra una tappa e l'altra, perchè facciamo parecchie fotografie alle nostre montagne: Dru, Grandes Jorasses, Aiguille du Chamonix, Grepon, Aiguille du Lechaux, Aiguilles du Diable, Monte Bianco... Ci manca la salita vera e propria di questa giornata di avvicinamento: prima la ferrata, e poi il sentiero, faticoso perchè al solito siamo un po' carichi, anche se non come siamo abituati ad essere quando veniamo in questo posto. Arriviamo al Couvercle dopo circa 3 ore di cammino, dalla stazione.
A cena mangiamo quello a cui questi rifugi francesi ci hanno abituati; qui in particolare mangiamo le stesse esatte cose che mi ricordo di avere mangiato alla Tete Rousse, il giorno dell'ultima salita al Bianco: brodo di verdure insipido, risotto insipido, fette di arrosto... un po' insipide. Poi una specie di mousse di mela, acidula e speziata. Sufficiente per riprendersi dalla fatica, ma lontano da quello che di solito chiamo cena (anche se in realtà mi ricordo che quella volta al Bianco avevo piuttosto apprezzato il cibo abbondante). Al tavolo con noi ritroviamo il tipo che avevamo incontrato alla base della ferrata; un ragazzo simpatico e cordiale; al rifugio ha incontrato della gente che conosce e a cena scambiamo qualche parola: lui per lo più a proposito dei progetti per l'indomani, mentre Galis al solito si impegna nel tentativo di mostrare agli altri quanto è bravo e quante belle montagne ha salito; intanto io cerco di fare finta di niente perchè mi vergogno come un ladro a sentire Galis che spiega agli altri come si fa a andare in montagna (Andre'! Stamo a scherzà!).
Dopo cena andiamo a nanna alla svelta: sotto le coperte alle 21:30, perchè la sveglia è puntata alle 0:50. Vogliamo fare colazione alla 1 perchè in giornata dovremo riuscire a salire alle Droites, scendere, tornare al Montenvers, prendere il nostro trenino in orario e poi tornare fino a casa.
La nottata la passo piuttosto male, non riesco a dormire quasi per niente, sono molto scomodo sul materassino che ho a disposizione e nel rifugio c'è un gran chiasso: in parte nella nostra camerata, dove le russate si sprecano come al solito, e in parte all'esterno dove chi non ha intenzione di svegliarsi presto continua a fare casino fino a tardi, e dove chi si alza presto lo fa alle ore più diverse, tanto che l'intera nottata è un continuo via vai di rumorosissimi scarponi e schiamazzi. Alla fine, nonostante tutto, possiamo dire di avere rispettato alla perfezione la prima parte dei nostri programmi: la sveglia e la colazione... (altro paio di maniche saranno i programmi per la camminata). A colazione ho un'altra conferma della standardizzazione dei cibi di questi posto: troviamo sul tavolo le stesse prugnette secche che ci erano state date quella volta al Bianco, nelle stesse esatte confezioni (sospettiamo che siano anche dello stesso periodo); per portarci un po' di fortuna ce ne teniamo in tasca un pacchettino, come avevamo fatto quella volta. Alla 1:45 siamo fuori dal rifugio con gli zaini in spalla e possiamo muovere il primo passo in direzione della nostra meta; non fa per niente freddo e siamo incerti se rallegrarcene o se esserne preoccupati.
Devo fare un passo indietro: nella serata di sabato Galis aveva interrogato ancora la gestoressa per sapere quale fosse il modo migliore di attaccare le Droites: se fosse meglio salire come avevamo fatto noi anni fa (prima a sinistra verso la Verte e poi attraverso il ghiacciaio fino al Petit Couloir) oppure se a destra del Jardin du Talefre. Lei risponde che sono possibili due soluzioni: o da sinistra ("comme pour la Verte" e poi fa un segno con le mani per dire che dopo si taglia a destra nel ghiacciaio) oppure da destra della cresta delle Droites, cioè risalendo il pendio della normale delle Courtes per poi tagliare a sinistra fino alla cresta delle Droites, grosso modo nei pressi di dove sbuca anche il canalino (un po' più in alto per la verità). Ripete che le condizioni sono buone, quindi dice che sono fattibili "le deux solutions". Purtroppo decidiamo di fidarci delle parole della gestoressa, immaginiamo che se si permette di dare informazioni probabilmente sa di cosa sta parlando. Per non perdere dislivello nella discesa alla normale alle Courtes e guadagnare tempo con una linea più diretta, scegliamo la prima possibilità, quindi la mattina partiamo seguendo la traccia dei salitori della Verte. La seguiamo al buio per un bel tratto, prima su morena e poi su ghiacciaio. Quando valutiamo di essere saliti a sufficienza e incontriamo una labile traccia che si stacca a destra, la prendiamo e iniziamo ad inoltrarci nel ghiacciaio in direzione delle Droites.
E' qui, ovviamente,

Les Droites dal Jardin du Talefre

che i problemi incominciano. La traccia che abbiamo iniziato a seguire sparisce molto presto e noi continuiamo alla ricerca della nostra migliore direzione di avvicinamento; il ghiacciaio va attraversato, e noi sappiamo che non ci dovrebbero essere crepacci, quindi procediamo tranquilli. Invece le successive due ore di cammino sono una specie di odissea, una lotta continua tra neve molle (buone condizioni...) e crepacci (che non dovevano esserci...), con continue deviazioni, salite e discese, dislivelli inutili e tanti rischi. Il ghiacciaio fa davvero schifo, è rovinatissimo, pienissimo di crepacci, un buco unico, e c'è davvero tanta neve molle che li nasconde. Le gambe affondano tra i 20 e i 50/60 centimetri. Se si fa dello scandaglio con le racchette spesso non si arriva a trovare una base solida; ogni volta che si affonda con i piedi non si sa se ci si fermerà o no. Io sto davanti per la prima metà, poi Galis. Lui affonda per due volte in due bei buchi. In pratica quello che doveva essere un ghiacciaio senza crepacci e con neve buona si è rivelato una ininterrotta successione di crepacci insidiosi nascosti da tanta neve schifosamente molle.
Il tutto solo per cercare una cavolo di via di accesso fino al canalone della normale: ancora non siamo arrivati a toccare la via di salita alla nostra montagna e già vediamo che probabilmente non ci riusciremo nemmeno. Intanto il cielo si rannuvola e spesse nuvole nere iniziano a coprire le cime e ad abbassarsi. Insieme pensiamo: se proprio non c'è verso di salire, almeno che venga fuori una bella giornata di pioggia!
Alla fine la strada non la troviamo:

Les Courtes dal Jardin du Talefre

decidiamo di tornarcene indietro quando finiamo per l'ennesima volta in un posto schifoso di buchi più fitti e neve indecifrabile. Siamo in giro da quasi tre ore, e speravamo di impiegarne meno di due per raggiungere il canalino, quindi un po' per l'orario, un po' per la pericolosità del posto che ci manca da attraversare, un po' per le condizioni della neve che avremmo trovato anche nel canalino di accesso alla cresta, un po' per questo senso di sfiducia che ormai ci troviamo addosso, lasciamo perdere.
Prendiamo la decisione definitiva mentre il buio fitto della notte inizia a dileguarsi; gradualmente il cielo si rischiara mentre ci avviciniamo alla valle. Scendiamo prima lungo la nostra stessa traccia di salita, poi ne inventiamo una nuova più diretta, di fianco al Jardin du Talefre. Scendiamo l'ultimo tratto fino al ghiacciaio sottostante lungo uno schifosissimo ammasso di terriccio e detriti, molto franoso. Nel complesso una linea di discesa diretta e molto veloce, se non altro perchè la parte peggiore, più rischiosa, la facciamo sulle stesse orme della salita, dove sappiamo di non dover sprofondare in un buco da un momento all'altro.
Una volta sul ghiacciaio in valle ci muoviamo in direzione della Courtes, perchè vogliamo andare a vedere come sarebbe stato l'attacco dalla parte opposta. E' subito chiaro che se fossimo saliti da lì non avremmo avuto nessun problema, perchè il traccione della normale alle Courtes è lungo ma perfetto e conduce fino all'inizio del traverso che in breve avrebbe portato alla cresta delle Droites. Di nuovo le maledizioni alla volta della gestora e delle sue informazioni inventate si sprecano.
Per la cronaca: siamo nel giugno del 2004, è appena stata giocata (da due giorni) la partita dei quarti di finale degli europei di calcio, e la Grecia ha appena eliminato la Francia. Abbiamo tanta voglia di tornarcene al rifugio intonando canti di elogio alla Grecia e alla sua impresa calcistica.
Siccome è presto e abbiamo del sonno arretrato da smaltire ci sistemiamo tra i sassi della morena ai margini del ghiacciaio e schiacciamo un sonnellino, anche se il vento e il freddo si fanno sentire e disturbano il riposo. Quando infine il sole si alza più caldo e noi siamo stufi di oziare, riprendiamo la nostra roba e torniamo al rifugio. Ci sistemiamo ad un tavolo all'esterno, dove cominciamo a riorganizzare i nostri zaini con tutto il materiale che abbiamo addosso e tutto quello che avevamo abbandonato qui prima della partenza. Mentre sistemiamo la roba transita in zona la gestora; ci interroga sulle condizioni del percorso, Galis la informa sulle nostre osservazioni, mentre io mi chiedo, incredulo, come mai questa tipa abbia bisogno delle nostre informazioni, visto che già conosce tanto bene lo stato della montagna, della neve e del ghiacciaio. Quando alla fine lei commenta che siamo tornati indietro perchè siamo prudenti, mi viene voglia di prenderla a sberle.
Vabbè, lasciamo perdere questa gente.
Ce ne torniamo a casa: la camminata è la stessa del sabato: la ferrata, la morena, il ghiacciaio; ancora non incontriamo problemi e facciamo tutto piuttosto velocemente. Trovo molto stancante la risalita delle scalette fino alla stazione, invece, che dopo le due giornate di movimento mi sembrano infinitamente lunghe. Scendiamo a Chamonix con un trenino pienissimo, tutt'altra cosa rispetto a quello della salita.
In macchina cambia solo la musica: Elio invece di Cochi e Renato. Ci fermiamo a pranzare a Courmayeur, da Ciccio (cioè: alla pizzeria All'Angolo), per un trancetto di pizza e una coca, e poi a casa. Mi sono fatto una bella dormita, finalmente: anche questa volta la macchina di Galis da i suoi privilegi.
Forza Grecia!


Mirko Sala Tesciat
2004

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