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Grandes Jorasses

Punte Walker e Whymper, vie normali, versante sud e cresta est

3-5 agosto 1996
Mirko, Silvano (Andrea)
 Punta Walker - 6-7 agosto 1994

La salita più divertente dell'estate è stata proprio questa. I progetti erano ben diversi da quelli della salita alle due sole cime principali - contemplavano sogni di un’intera traversata della cresta ovest - ma alla fine posso dire che è stata una salita grandiosa.
Poche parole veloci per la cronaca. Partiamo sabato di mattina presto e arriviamo a Planpinceux intorno alle otto e mezza. Solo mezz'ora più tardi possiamo iniziare la salita, non prima di una lunga ricerca di cucchiaini di plastica: abbiamo in programma un paio di notti in tenda, e abbiamo con noi fornelletto, minestre e scodelline... ma nulla per mangiare. La camminata è pesante: carichi come siamo - ci stiamo portando un sacco di materiale da campeggio oltre alla solita attrezzatura alpinistica e ognuno di noi porta più di venti chili di zaino - impieghiamo quasi quattro ore ad arrivare al Boccalatte. Non sono moltissime se si considera che si tratta più o meno del tempo dichiarato dalle guide, ma Galis e Silvano, due anni fa, avevano fatto lo stesso percorso in due ore e dieci minuti. Mi consola il fatto che questa volta sono più stanchi di me; almeno così dichiarano. Ci fermiamo alcune volte perché il sentiero attraversa prati interi di mirtilli: troppo buoni e succosi per ignorarli sotto questo sole.

Mirko e Andrea durante l'avvicinamento al rifugio Boccalatte

Al rifugio Boccalatte-Piolti non ci fermiamo: lo attraversiamo senza nemmeno guardare in faccia gli alpinisti che si trovano sul suo balcone e lo superiamo di pochi minuti, fino a trovare un posto grazioso e comodo per sistemarci con la nostra tenda: un esposto balconcino di roccia a picco sulla valle. Passiamo il pomeriggio tra i ripiani rocciosi nei pressi del luogo scelto; l'ambiente è stupendo: lo sperone di roccia liscia su cui ci troviamo è affascinante ed è circondato da ghiacciai e seracchi maestosi. Un ruscelletto scorre a pochi metri di distanza e ci rende agevoli le solite operazioni di cucina.
Il tempo è discreto, non bellissimo, il sole va e viene, ma rimane piacevolmente caldo per tutto il pomeriggio. Non piantiamo subito la tenda quando arriviamo, preferiamo mangiare e riposare. Solo tardi, verso le cinque e mezza, iniziamo le operazioni di montaggio, ma il tempo peggiora rapidamente e dopo mezz'ora (il montaggio ci richiede parecchio tempo perché la piazzola dove sistemiamo la tenda è solo parzialmente erbosa e dobbiamo preoccuparci di ancorarla legandola a grossi sassi e prestando particolare attenzione ai dirupi che la circondano) comincia a piovere. Terminiamo di montarla e di sistemare la nostra roba sotto l'acqua, ma all'ora di cena la pioggia è finita e possiamo mangiare la nostra minestra all'aperto.

Silvano, Andrea e Mirko davanti alla tenda, in posizione particolarmente panoramica

La sveglia è per l'una di notte; non dormiamo un gran ché e il risveglio è tragico per il sonno. Silvano cerca di convincerci a dormire più a lungo e intona canti propiziatori per fare peggiorare il tempo e costringerci a non alzarci. Le sue maledizioni non sono ascoltate; solo Andrea, appena si muove, si accorge di non stare bene: un forte mal di testa non gli consente di partire insieme a me e Silvano.
Iniziamo a camminare intorno alle due e mezza, dopo che una decina di persone ci hanno superato davanti alla tenda; nel tratto iniziale le superiamo tutte, poi ci fermiamo parecchio dove ci mettiamo i ramponi, all'inizio del ghiacciaio. Ripartiamo quando abbiamo davanti due cordate. Il passo è spedito e manteniamo la posizione fino all'inizio del Reposoir, dove gli altri cambiano direzione per salire dai seracchi del Couloir Whymper; li giudichiamo troppo pericolosi per i nostri gusti e dopo parecchi minuti di indecisione e peripezie varie nel tentativo di trovare il punto giusto per attaccare il Reposoir iniziamo ad arrampicare. Nel frattempo - mentre siamo persi dietro ai ghiacciaisti - altre cordate ci raggiungono, si dirigono verso di noi, ma poi vedendo che torniamo indietro, si arroccano al punto di attacco e attaccano la via di roccia prima di noi. Possiamo partire solo dopo diverse cordate, ma durante l'arrampicata andiamo bene. Io rimango primo e procedo meglio del previsto: ho la mano destra inutilizzabile perché il venerdì, a casa, mi sono tagliato un dito in modo piuttosto grave; ho l'indice gonfio e dolorante, abbondantemente fasciato, che lancia fitte di dolore ad ogni piccola sollecitazione e non posso usare quasi il resto della mano perché anche il movimento delle altre dita basta a fare male.
Superiamo il Reposoir, il ripido traverso sopra il Couloir Whimper e il canalino roccioso che porta alla base dei Rochers Whimper, tutto senza particolari difficoltà. Subito dopo una camminata su ghiacciaio che attraversa da sotto la Whimper e la Walker. Non capiamo bene dove ci troviamo, io in particolare non sono mai stato in questo posto e non ho mai studiato nessuna cartina, non ne so proprio niente... Silvano inizia qui a soffrire una pesante stanchezza, probabilmente per via della quota - è reduce da tre settimane di vacanze in Canada e di nessun allenamento - e fa una gran fatica sul ghiacciaio e poi sulla cresta rocciosa che porta sulla Walker. Arriviamo comunque in cima senza troppi problemi, ma dopo ben sette ore di lento procedere.

Silvano in cima alla Punta Whymper; spuntano sullo sfondo Dru e Aiguille Verte

Il tempo di poche foto e di un po' di cioccolato; Silvano sembra stare meglio, dopo mangiato, e decide di essere in grado di arrivare anche sulla Whimper. Venti minuti di cammino, una paretina poco inclinata e una breve crestina corniciata ci sono sufficienti.
La discesa inizia semplice, per i Rochers Whimper, dapprima su pochi metri di sentierino, poi un breve pendio nevoso e poi il I e II grado dei Rochers. Il primo impedimento è una semplice doppia di una quindicina di metri, allungata da noi a venti, per comodità; purtroppo la partenza è già occupata da altri e dobbiamo aspettare una ventina di minuti per colpa di pochi alpinisti molto lenti. Poi l'arrampicata in discesa è semplice. Arriviamo al vero problema della discesa: dobbiamo uscire dai Rochers e portarci sul ghiacciaio sottostante; dalla cresta si stacca un canalino di pochi metri che porta, facile e diretto, fino ad un canale che scende dalla cima e termina nel ghiacciaio. Il canale - dal punto in cui vi confluiamo fino alla base - è lungo circa 150 metri e, visto da sopra - i primi 50 o 60 metri - è pure molto ripido, almeno 55°. Tutti - una quindicina di alpinisti - stanno scendendo in doppia: hanno tutti due corde da cinquanta, mentre noi ne abbiamo una sola. Solo un inglese non scende in doppia: sta calando il compagno con corda singola e poi scende con due piccozze da solo. Noi non possiamo attrezzare doppie lunghe e così ci adattiamo ad imitare l’inglese: io calo Silvano per i primi 50 metri e poi scendo; la neve è brutta, spesso molle e scivolosa; sotto molto dura. Scendo piuttosto velocemente, però, e senza problemi: il terreno si dimostra meno ripido delle impressioni iniziali. I 50 metri successivi anche l'inglese si cala in doppia; noi non possiamo che continuare allo stesso modo, calo di nuovo Silvano che questa volta mi lascia la sua piccozza e poi scendo faccia alla parete. Il canale qui è veramente complicato, a tratti vetrato, a tratti con neve mollissima, a tratti di ghiaccio nero, e l'inclinazione continua ad aumentare, tanto che per una quindicina di metri sembra superare i 65°; non sono abituato a terreno così ripido, e mi da l’impressione di essere su una parete quasi verticale. Con due piccozze scendo piano ma me la cavo; sono contento che l’assicurazione che Silvano mi sta facendo sia su uno spuntone roccioso, e non sulla neve brutta del canale. L'ultima calata è una formalità: poco inclinata e solo di neve, fino al ghiacciaio. Resta una semplice traversata sotto ai Rochers fino al famoso canalino roccioso prima del lungo traverso.
Quando arriviamo lo troviamo intasato di persone che attrezzano doppie. Decidiamo di non restare ad aspettare e così calo Silvano fino all'inizio del traverso; io scendo in libera per tratti che mi sembrano di III e che non offrono problemi. Purtroppo sono rimasto disassicurato per tutto il tempo - la metà del tempo perché Silvano è occupato nel tentativo di sistemare la corda ingarbugliata e la restante metà perché la piccozza che mi deve assicurare è piantata in neve molle e del tutto insicura.
Siamo comunque veloci, facciamo il traverso, poi le facili crestine di neve che portano fino a sopra il Reposoir. L'arrampicata sul Reposoir è di nuovo semplice; l'unico problema viene dal fatto che una mia sciocchezza ci fa perdere la strada e ci troviamo a dover attrezzare una doppia per ricongiungerci alla via normale di discesa. L'ultima fatica è l'attraversamento del ghiacciaio, crepacciato e di neve ormai molle, visto che sono già le quattro del pomeriggio; la fatica è giustificata se si considera che da un'ora siamo senza acqua. Arriviamo al termine del ghiacciaio appena in tempo per non svenire dalla sete e venti minuti dopo siamo alla tenda. Galis ci sta aspettando.
Una domenica eccezionale, un tempo stupendo, una salita grandiosa; la più grande fatica è stata ricompensata dalla giornata più splendida di tutta l'estate e dalla soddisfazione più grande. Una fantastica montagna.
Per questa notte rimaniamo ancora in tenda, ma durante la serata iniziamo a parlare delle salite che ci aspettano e del tempo schifoso che è previsto per i prossimi giorni. Pieni di entusiasmo decidiamo di inaugurare quella che abbiamo tutta l’intenzione di rendere una pratica comune: migrare a sud per l’inverno. O meglio: ce ne andremo al mare ad aspettare un aggiornamento in positivo delle previsioni meteorologiche.


Mirko Sala Tesciat
1996

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